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ChatGPT, cos’è e come funziona: limiti e opportunità

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ChatGPT, cos’è e come funziona: limiti e opportunità

ChatGPT è il chatbot di OpenAI basato sull’Intelligenza Artificiale (IA). Le sue funzioni sono molteplici: si va dalla stesura, alla revisione, alla traduzione di testi, fino alla creazione di linee di codice. Insomma, ChatGPT si è rivelata un’incredibile invenzione che, tuttavia, lascia aperti tantissimi dibattiti come, per esempio, le implicazioni nel mondo del lavoro. Il programma di Intelligenza Artificiale, infatti, ha fatto molto parlare di sé, sia per le vicende legate alla sicurezza e gestione dei dati – si ricorderà la limitazione imposta dal Garante della privacy, revocata poi il 28 aprile 2023 – sia per le numerose implicazioni correlate all’utilizzo di ChatGPT nella vita quotidiana, dall’istruzione, al lavoro, alle fake news. Attraverso l’aiuto dell’Osservatorio di Artificial Intelligence del Politecnico di Milano, scopriremo in questa guida alcune delle questioni più importanti legate a ChatGPT. Prima di approfondire tali aspetti, però, occorre comprendere cos’è ChatGPT e cosa è in grado di fare questo nuovo e avanzato algoritmo.(altro…)

Intelligenza Artificiale: significato, storia ed evoluzione dell’AI

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Intelligenza Artificiale: significato, storia ed evoluzione dell’AI

L’Intelligenza Artificiale è, ormai, una delle più grandi rivoluzioni tecnologiche che l’uomo abbia mai sperimentato: dal Machine Learning, alla Robotica, fino alle Reti neurali. Questi e molti altri ambiti per un’unica grande sfida tecnologica.L’Intelligenza Artificiale (abbreviato, a oggi, in IA), infatti, è un tema storicamente e scientificamente ricchissimo e su cui si sono generati diversi dibattiti. Dibattiti che, soprattutto, si sono aperti a seguito del lancio di ChatGPT. L’Intelligenza Artificiale, dunque, si rifà ad una intima ispirazione dell’uomo, quella di creare una “macchina” in cui si riflettono appieno le proprie capacità.La storia dell’Intelligenza Artificiale rende ancora più affascinante questo paradigma che già di per sé è centrale nel nostro processo di progresso e sviluppo tecnologico. Dalle prime intuizioni di Alan Turing, passando per la contrapposizione Intelligenza Artificiale forte e debole degli anni’80. Fino, poi, ai visionari scenari di inizio millennio (su tutti, il film A.I.- Intelligenza Artificiale di Spielberg del 2001). Tutto ciò ha portato a oggi, dove l’Intelligenza Artificiale rappresenta uno dei principali ambiti di interesse della comunità scientifica informatica.L’intelligenza Artificiale ha, poi, innumerevoli settori di applicazione e, molti di questi, potrebbero avere impatti importanti sulle attività di impresa e sulle pubbliche amministrazioni, ma non solo.L’Intelligenza Artificiale potrebbe anchemigliorare la vita delle persone. In questo settore, poi, non mancano anche implicazioni etiche e filosofiche.Attraverso questa guida sull’Intelligenza Artificiale, comprenderemo diversi aspetti. Il suo ruolo nell’attuale contesto di trasformazione digitale e sociale, l’evoluzione tecnologica del fenomeno e gli ambiti applicativi principali. Oltre alle diverse tipologie di Intelligenza Artificiale e il mercato dell’AI in Italia, con tutte le sue possibili sfaccettature.Con l’aiuto dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano, potremmo approfondire questa tematica. L’Osservatorio, infatti, è da anni impegnato a far chiarezza sul tema da un punto di vista sia tecnologico che manageriale. Approfondiremo anche le principali opportunità unite agli altri ambiti applicativi come: Internet of Things, Cyber Security, Fintech, Retail, Design Thinking e Healthcare. Comprenderemo anche quali sono i maggiori rischi dell’Intelligenza Artificiale e le sue ultime regolamentazioni a livello europeo e internazionale. Capiremo anche come sfruttare le potenzialità dell’Intelligenza Artificiale in campo aziendale e i progetti più diffusi in Italia. Intelligenza Artificiale, che cosa si intende per IAPrima di comprendere i meccanismi alla base dell’Intelligenza Artificiale e di spiegare esattamente come funziona l’IA, bisogna approfondire il concetto di AI. Per farlo, dovremo rispondere in modo chiaro ad un paio di semplici domande:Che cosa si intende per Intelligenza Artificiale?Qual è l’origine dell’Intelligenza Artificiale?Per dare una risposta possiamo, prima di tutto, cercare una definizione puntuale di Intelligenza Artificiale. Quindi, per comprenderne il significato possiamo chiedere aiuto all’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano. Ecco come l’Osservatorio definisce il concetto di IA, rispondendo alla prima delle due domande:Per quanto si tratti di una tecnologia complessa, l’idea che sta alla base dell’Intelligenza Artificiale è molto semplice. Si tratta, infatti, di sviluppare delle “macchine” dotate di capacità di apprendimento automatico e di adattamento che siano ispirate ai modelli di apprendimento umani.Intelligenza Artificiale, le origini: Alan TuringDopo aver chiarito e compreso che cosa si intende per Intelligenza Artificiale, possiamo ora chiarire altri due concetti. Il primo concetto da chiarire è perchè si chiama proprio Intelligenza Artificiale, mentre il secondo riguarda le origini dell’IA come disciplina scientifica. Per comprendere la storia dell’Intelligenza Artificiale, tradotto in inglese come Artificial Intelligence, si può chiedere ancora una volta l’aiuto dell’Osservatorio AI del Politecnico.Bisogna aver chiaro che i primi studi in materia di Intelligenza Artificiale le origini e la sua storia come disciplina scientifica, risalgono agli anni Cinquanta. Fu proprio in questo periodo di grande fermento scientifico che si tenne il primo convegno a cui presero parte i maggiori esperti di informatica dell’epoca. Tra questi grandi esperti di informatica c’era anche Alan Turing, considerato uno dei padri dell’informatica moderna.È stato proprio grazie a Turing che l’Intelligenza Artificiale ai tempi iniziò a ricevere attenzioni da parte della comunità scientifica. Qualche anno prima, all’interno dell’articolo “Computing machinery and intelligence”, Alan Turing aveva proposto un test, noto come “Test di Turing”. Secondo questo test, una macchina poteva essere considerata intelligente se il suo comportamento, osservato da un essere umano, fosse stato considerato non distinguibile da quello di una persona.Si può dire, dunque, che chi ha creato l’Intelligenza Artificiale sia proprio Alan Turing. Turing, però, può essere considerato il padre dell’Intelligenza Artificiale solo a livello teorico.Intelligenza Artificiale e Machine Learning, le differenzeIntelligenza Artificiale e Machine Learning (e anche Deep Learning) sono spesso considerati sinonimi. In realtà i concetti sono differenti. In particolare, il Machine Learning (apprendimento automatico) è la sottoarea dell’AI che si concentra sullo sviluppo di algoritmi che permettono ai computer di imparare dai dati e migliorare le loro prestazioni nel tempo, senza essere esplicitamente programmati per ogni specifica attività.Il ML utilizza una varietà di tecniche statistiche per consentire ai computer di “apprendere” dai dati, identificando pattern e prendendo decisioni basate su esempi passati. Questa capacità di apprendimento automatico è al cuore del ML e lo distingue dalle tecniche tradizionali di programmazione AI.Qual è la differenza tra Deep Learning e Machine LearningIl Deep Learning (apprendimento approfondito) è un sottoinsieme più specifico del Machine Learning che utilizza reti neurali profonde (composte da molteplici livelli) per apprendere dai dati. All’interno del Deep Learning troviamo, ad esempio, i grandi modelli fondazionali. Modelli come GPT e DALL-E di OpenAI e LLaMa di Meta che hanno ridestato attenzione verso l’Intelligenza Artificiale Generativa. Nello specifico, i foundation model per l’interpretazione del linguaggio naturale prendono oggi il nome Large Language Model (LLM).I due tipi di Intelligenza Artificiale, l’IA Forte e l’IA DeboleDopo i primi studi degli anni Cinquanta, le aspettative sull’Intelligenza Artificiale iniziarono ad aumentare. A causa di una mancata disposizione di una capacità di calcolo adeguata dei dispositivi, però, ben presto il concetto di ‘Intelligenza Artificiale si frammentò in due teorie distinte. Queste teorie sono, tutt’oggi, condivise ed permettono di distinguere le due tipologie di Intelligenze Artificiali:Intelligenza Artificiale Forte, secondo cui le macchine sono in grado di sviluppare una coscienza di sé, che studia sistemi in grado di replicare l’intelligenza umana. Questo paradigma è supportato dal campo di ricerca dell’Intelligenza Artificiale Generale (AGI), che studia i sistemi in grado di replicare l’intelligenza umana.Intelligenza Artificiale Debole, la quale ritiene possibile sviluppare macchine in grado di risolvere problemi specifici senza avere però coscienza delle attività svolte. L’obiettivo di questa teoria non è solo quello di realizzare macchine dotate di intelligenza umana. Il fine ultimo, infatti, è quello di avere sistemi in grado di svolgere una o più funzioni umane complesse.Per dare una definizione di Intelligenza Artificiale come disciplina di studio, quindi, possiamo dire che:L’Intelligenza Artificiale è quel ramo della computer science che studia lo sviluppo di sistemi Hardware e Software dotati di specifiche capacità tipiche dell’essere umano. Alcuni esempi potrebbero essere l’interazione con l’ambiente, l’apprendimento e adattamento, il ragionamento e la pianificazione. Questi sistemi sono capaci di perseguire in modo autonomo una finalità definita, prendendo decisioni che fino a quel momento erano solitamente affidate alle persone.Quindi, cosa si studia in Intelligenza Artificiale? Per spiegarlo si può dire che, l’IA, è un campo di ricerca che studia la programmazione e la progettazione di sistemi. Questi sistemi, poi, sono costruiti e pensati per dotare le macchine di una o più proprietà considerate tipicamente umane, che variano dall’apprendimento alla percezione visiva o spazio-temporale.In questo scenario, l’Intelligenza Artificiale deve essere trattata combinando gli aspetti teorici a quelli pratici e operativi. Partendo da una definizione puntuale di IA, possiamo descrivere, poi, le principali tecniche di Intelligenza Artificiale (Machine Learning e Deep Learning su tutte), ma non solo.Possiamo capirne il funzionamento, le diverse applicazioni, le opportunità derivanti dall’utilizzo dell’IA e il percorso di introduzione dell’Intelligenza Artificiale nelle imprese italiane. Rispondendo a un roboante quesito finale: l’Intelligenza Artificiale, è una minaccia o una necessità per l’uomo? Le Applicazioni di Intelligenza ArtificialeDopo aver spiegato in modo approfondito e compreso le origini e il significato di Intelligenza Artificiale, possiamo iniziare a comprendere cosa può fare l’Intelligenza Artificiale.L’Intelligenza Artificiale può essere applicata a diversi ambiti; tuttavia, questa tecnologia non è destinata a diffondersi in essi alla stessa velocità. Considerato questo, bisogna fornire un quadro completo delle applicazioni di Intelligenza Artificiale. L’Osservatorio Artificial Intelligence ha elencato sei classi di soluzioni di IA adottate (o adottabili) dalle imprese e distinte in base alle finalità d’utilizzo. Alla base di queste soluzioni ci sono algoritmi, tecniche di computazione e soluzioni in grado, dunque, di replicare il comportamento umano.I ChatbotTra le applicazioni Intelligenza Artificiale, il Chatbot, o Virtual Assistant, è una delle soluzioni più diffuse tra le aziende italiane e internazionali. Gli assistenti virtuali sono strumenti capaci offrire assistenza 24/7 sia ai clienti che ai dipendenti. Inoltre, i ChatBot si prestano anche a diversi impieghi in ambito marketing, supporto alla vendita, HR Management, domotica e Ricerca e Sviluppo.NLP (Natural Language Processing)Un’altra applicazione di Intelligenza Artificiale è il Natural Language Processing (NLP). Le tecniche di NLP si pongono l’obiettivo di creare sistemi in grado di favorire l’interazione e la comprensione uomo/macchina. L’NLP è un algoritmo di apprendimento che si occupa principalmente di testi. Ad esempio, una qualsiasi sequenza di parole che in una lingua esprime uno o più messaggi (come pagine web, post, tweet, informazioni aziendali).Computer VisionTra le applicazioni di Intelligenza Artificiale, la Computer Vision è una delle più importanti. Questa, infatti, studia gli algoritmi e le tecniche per permettere ai computer di raggiungere una comprensione di alto livello del contenuto di immagini o video. Gli avanzamenti di questa applicazione dell’IA negli ultimi anni sono stati importanti. Questi, infatti, hanno portato a soluzioni basate su descrizioni statistiche delle immagini e hanno in modo progressivo lasciato il passo a reti neurali addestrate su milioni di immagini.IDP (Intelligent Data Processing)La classe di soluzioni degli Intelligent Data Processing è quella più ampia dal punto di vista delle applicazioni dell’Intelligenza Artificiale. Qui vi rientrano tutte quelle soluzioni che utilizzano algoritmi di Artificial Intelligence – su dati strutturati e non – per finalità collegate all’estrazione delle informazioni presenti nei dati stessi. Le principali finalità che muovono le imprese nell’utilizzo di queste soluzioni di Intelligenza Artificiale sono: il Forecasting (Previsioni) e la Classification & Clustering (Classificazione e Raggruppamento).Recommendation SystemDi tutte le applicazioni finora viste, i Reccomandation Systems sono le applicazioni di Intelligenza Artificiale più utilizzate. Non tutti sanno, infatti, che gli algoritmi di raccomandazione sono il pilastro del modello di business di tutte le piattaforme social ed eCommerce. Per esempio, sia Amazon che Netflix ne fanno largamente utilizzo.Alla base di tanti servizi digitali, ci sono algoritmi di Intelligenza Artificiale che tengono traccia delle azioni dell’utente. Comparandole, poi, con quelle degli altri utenti, apprendono le preferenze e sono in grado di produrre suggerimenti più precisi al fine di migliorare l’esperienza dell’utente sulla piattaforma.Soluzioni Fisiche di Intelligenza ArtificialeLe soluzioni fisiche di intelligenza artificiali, in Italia, sono ancora poco diffuse. Tra queste applicazioni di AI, tre sono le categorie da prendere in esame. La prima sono i veicoli autonomi (mezzi di trasporto dotati di guida autonoma), seguita dagli Autonomous Robot (robot in grado di muoversi senza l’intervento umano).Ultima categoria, ma non meno importante, è quella degli Intelligent Object. Questioggetti sono in grado di compiere azioni senza l’intervento umano e di prendere decisioni in base alle condizioni dell’ambiente circostante.Esempio di applicazione dell’Intelligenza Artificiale: l’AI GenerativaA partire dal rilascio di algoritmi di Intelligenza Artificiale Generativa al grande pubblico, queste soluzioni hanno acquisito nuove funzionalità. I Chatbot, per esempio, sono molto più capaci e flessibili.I modelli fondativi capaci di elaborare testi (come GPT 3.5 e GTP4) hanno anche contribuito notevolmente all’aumento delle performance degli NLP. Modelli fondativi capaci di generare immagini (come DALL-E) hanno invece portato cambiamenti radicali nell’ambito della Computer Vision.Intelligenza Artificiale Generativa, cos’è e come funzionaQuando si parla di IA, al giorno d’oggi, si pensa quasi subito alle ultime piattaforme sbarcate sul mercato ormai più di un anno fa, in particolare ChatGPT, DALL-E o Bard (ora rinominato in Gemini). Anche molte altre Big Tech hanno cercato di non rimanere indietro, creando nuovi modelli fondativi e lanciando piattaforme come Bing AI (Microsoft) o la più recente Deepseek, allo scopo di sfruttarne appieno le potenzialità.Tutte queste piattaforme si basano sull’AI Generativa, o Intelligenza Artificiale Generativa, o ancora Generative AI.L’AI Generativa è un tipo di Intelligenza Artificiale che utilizza algoritmi di Machine Learning (ossia apprendimento automatico) per generare nuovi contenuti che in precedenza si basavano sulla creatività dell’uomo. Questi contenuti possono essere ad esempio testo, audio, immagini, video e codice informatico.ChatGPT, il primo tool di AI GenerativaIl primo programma di Generative AI che ha mostrato al grande pubblico le opportunità di questo ramo dell’Intelligenza Artificiale è stato ChatGPT. Lanciato sul mercato nel novembre 2022 dall’impresa statunitense OpenAI, il programma ha avuto un immediato successo. Dopo solo una settimana, infatti, la piattaforma registrava più di un milione di utenti al giorno. Non solo curiosi, però. Anche addetti ai lavori e professionisti di diversi altri ambiti, tra cui il Marketing.ChatGPT, sfruttando gli algoritmi di Intelligenza Artificiale di apprendimento automatico, è in grado di svolgere moltissime funzioni. Dal dialogo con gli utenti, alla stesura di testi (come articoli, ricette, e-mail, ecc.), alla generazione di immagini (tramite l’integrazione con DALL-E nella versione a pagamento, ChatGPT 4), ma non solo. ChatGPT, infatti, è in grado di analizzare e compilare snippet di codice in diversi linguaggi di programmazione.La versione base del tool si basa sul modello fondativo linguistico GPT-3.5 (Generative Pretrained Transformer), mentre ChatGPT 4, a pagamento, utilizza il modello GPT 4. Quest’ultimo è multimodale, in grado, cioè di comprendere e rispondere a input (che prendono il nome di prompt) sia testuali che visivi.Gemini, l’AI Generativa di GoogleDopo mesi di studio e di esperimenti negli Stati Uniti, anche Google ha lanciato la propria piattaforma di Intelligenza Artificiale Generativa con il nome di Google Bard. Bard è stato redo disponibile in Italia a partire dal 13 luglio 2023. L’8 febbraio 2024 Bard ha poi cambiato nome in Gemini che, proprio come ChatGPT, è una piattaforma multimodale. Il rebranding è avvenuto in concomitanza con il lancio di Gemini Advanced, una versione premium più avanzata e potente del modello linguistico.Gemini vanta diverse peculiarità fin dalla sua prima versione, Bard. Una delle sue principali caratteristiche è la possibilità di poter essere integrato con gli altri servizi Google, come Google Documenti e Gmail. Un’altra sua caratteristica riguarda l’aggiornamento delle informazioni, in quanto può attingere da Google stesso, e quindi una grandissima mole di dati. Diversamente, le informazioni di ChatGPT 3.5 risalgono a gennaio 2022, mentre quelle di ChatGPT 4 ad aprile 2023.Cosa può fare una Intelligenza ArtificialeCome fanno le applicazioni di Intelligenza Artificiale come i Chatbot, gli algoritmi di NLP o Computer Vision a raggiungere gli scopi applicativi richiesti? Per comprendere meglio come funziona una Intelligenza Artificiale, possiamo pensare a ogni soluzione di IA come avente numerose proprietà, definibili “capacità”.Si possono chiamare capacità perché, appunto, ispirate alle capacità degli esseri umani. Tali proprietà, poi, si ottengono grazie all’adozione di specifiche metodologie, concretizzate grazie alle diverse tecnologie di Intelligenza Artificiale in forma hardware o software.elaborazione del linguaggio naturale (realizza di discorsi e dialoghi, estrapola informazioni, risposte a domande)elaborazione delle immagini (riconoscimento di volti e movimenti, recupero di immagini e video, visione artificiale)apprendimento (Machine Learning, intelligenza in grado di computare)ragionamento e classificazione (ragionamento in modo autonomo, elaborare ontologie)interazione sociale (sistemi multi-agente, teoria dei giochi, coordinare e collaborare)interazione con l’ambiente (localizzare, mappare e navigare, pianificare i movimenti e percorsi)Intelligenza Artificiale e Robotic Process Automation (RPA)Una spiegazione di come funziona l’Intelligenza Artificiale possiamo averla spiegando cosa sono gli RPA. Storicamente associati all’utilizzo di bot software per rendere autonome attività predefinite, i sistemi di RPA (acronimo di Robotic Process Automation) sono molto importanti. Infatti, a oggi sono questi sistemi sono in grado di integrare tutte le capacità di Intelligenza Artificiale descritte finora.Le metodologie di Intelligenza Artificiale integrate ai software RPA sono sempre più utilizzate. Anche in Italia, per esempio, nelle imprese italiane. Questo perché consentono di migliorare l’esecuzione di alcuni task, con benefici in termini di efficienza ed efficacia dei processi, ma anche di customer satisfaction.Si tratta di un vero e proprio cambio di prospettiva verso l’Intelligenza Artificale. Prospettiva in cui non si programma più il bot, ma si definiscono i confini dentro cui il bot opera con autonomia decisionale. Quasi come una mente artificiale.Dopo aver analizzato le maggiori applicazioni dell’Intelligenza Artificiale e compreso le sue capacità, è importante ricordare che il funzionamento di questa tecnologia si basa su algoritmi che hanno diverse funzioni. Quindi, per capire esattamente come funziona l’IA si dovrà parlare sicuramente del Machine Learning, altra grande branca di studio appartenente all’IA.Le applicazioni e la storia dell’Intelligenza Artificiale si incrociano, dunque, con quella del Machine Learning (oapprendimento automatico). L’Intelligenza Artificiale si configura come lo studio dello sviluppo di sistemi dotati di capacità tipiche dell’uomo. Il Machine Learning, invece, può considerarsi una strada (molto battuta) per la sua applicazione.Quando parliamo di apprendimento automatico o Machine Learning ci si riferisce a quei sistemi in grado di apprendere dall’esperienza. Come lo fanno? Grazie a un meccanismo simile a ciò che un essere umano fa sin dalla nascita. Si tratta dell’apprendimento.In base alle tecniche di apprendimento è poi possibile distinguere diverse tipologie di Machine Learning legate all’IA. La più nota tra queste è sicuramente il Deep Learning. Tuttavia, i volti del Machine Learning sono assai più sfaccettati. Secondo l’Osservatorio Artificial Intelligence, infatti, sono sei le metodologie principali del Machine Learning:Model Prediction;Deep Learning;Online Learning;Explainable Regression & Classification:Information Retrieval;Reinforcement Learning.Nei prossimi paragrafi si cercherà di dare alcune definizioni di queste metologie del Machine Learning appena elencate, spiegando le loro peculiarità e collocandole nel panorama dell’Intelligenza Artificiale. Questo approfondimento aiuterà anche a capire con chiarezza come funziona l’IA.Model Prediction o Modellazione PredittivaLa Model Prediction, o Modellazione Predittiva, è un’area del Machine Learning che include una varietà di tecniche. Queste tecniche di Machine Learning permettono di raccogliere informazioni dai dati a disposizione e apprendere modelli da applicare a nuovi dati.Tali modelli sono a loro volta capaci di operare su nuovi dati. La Modellazione Predittiva si pone, quindi, l’obiettivo di fare predizioni su dati o eventi nel futuro. Questo canale di applicazione dell’AI sta prendendo sempre più piede nelle aziende italiane ed è applicato specialmente in materia di prevenzione frodi, manutenzione predittiva e analisi qualitativa.Deep Learning o Apprendimento ProfondoIl Deep Learning, o apprendimento approfondito, è uno degli ambiti più importanti del Machine Learning. Si tratta di un insieme di tecniche che simulano i processi di apprendimento del cervello attraverso reti neurali artificiali stratificate. In queste reti neurali, poi, ogni strato calcola i valori per quello successivo.In poche parole, il Deep Learning è una tecnica di apprendimento automatico in cui, le reti neurali artificiali, vengono esposte a una vasta quantità di dati. Queste sono, poi, in grado di imparare da sole a svolgere determinati compiti senza la necessità di un pre-processamento dei dati.Online LearningL’Online Learning, detto anche Real Time Machine Learning, è il ramo del Machine Learning e dell’Intelligenza Artificiale, che studia tecniche di soluzione di problemi. Problemi in cui, i dati diventano disponibili sequenzialmente e le decisioni devono essere prese man mano che un dato diventa disponibile.L’Online Learning funziona diversamente dall’Offline Learning. Infatti, le decisioni si basano su un’acquisizione precedente di un insieme di dati, così che, l’apprendimento online e la presa di decisioni, sono correlati e interdipendenti. Ciò che viene appreso, infatti, condiziona le decisioni, che, a loro volta, condizionano i dati che vengono osservati per un ulteriore apprendimento.Explainable Regression & ClassificationL’Explainable Regression & Classification, o Regressione e Classificazione Spiegabili, è un’altra tecnica di Machine Learning e dell’Intelligenza Artificiale. Infatti, esso consiste in tecniche atte a risolvere problemi di regressione (predizione di quantità ordinali) e di classificazione, tali da permettere la spiegazione dei risultati ottenuti.In altre parole, l’Explainable Regression & Classification consente di capire perché modelli di Intelligenza Artificiale per regressione e classificazione prendono determinate decisioni. Tutto ciò avviene a seguito dell’elaborazione dei dati, permettendo anche di comprendere cosa avviene nella “scatola nera” dell’apprendimento del Machine Learning.Information Retrieval (IR)L’Information Retrieval, in italiano “reperimento dell’informazione” è un insieme di tecniche di Machine Learning utilizzate per gestire differenti aspetti. Ad esempio, la rappresentazione, la memorizzazione, l’organizzazione e l’accesso a oggetti contenenti informazioni quali documenti, pagine web, cataloghi online e oggetti multimediali. L’obiettivo finale di questi processi consiste nel fornire all’utente le informazioni che egli ha in cercato in precedenza e che sono rilevanti per i suoi interessi.Reinforcement LearningIl Reinforcement Learning, o apprendimento per rinforzo, è una tecnica di apprendimento automatico atta a risolvere problemi decisionali sequenziali mediante il conseguimento di determinati obiettivi. Tutto ciò avviene tramite l’interazione con l’ambiente in cui opera.Un agente che apprende con algoritmi di reinforcement impara a prendere le decisioni ottimali attraverso un approccio empirico del tipo “trial-and-error” (ossia apprendendo per tentativi). A ogni iterazione l’agente osserva l’ambiente tramite i suoi sensori, fisici o virtuali. In seguito, decide quale azione eseguire e osserva gli effetti che l’azione scelta hanno avuto sull’ambiente.In che ambiti si sta sviluppando l’Intelligenza ArtificialeMolti sono gli ambiti in cui l’Intelligenza Artificiale si sta sviluppando. Dal campo della Sanità Digitale a quello dell’Internet of Things, al campo del Fintech e dell’Insurtech, fino a quello della Privacy e della Sicurezza Informatica. Nei paragrafi successivi di questa guida sull’Intelligenza Artificiale, saranno riportati alcuni esempi di IA applicata all’Innovazione Digitale. Tra questi, vi sono i casi più significativi di applicazione dell’Intelligenza Artificiale in altri campi di ricerca analizzati dall’Osservatorio Artificial Intelligence in collaborazione con altri Osservatori.Healthcare e MedicinaUno degli esempi di Intelligenza Artificiale applicata più interessante, è quello dell’introduzione della tecnologia AI a livello medico.Le applicazioni dell’Intelligenza Artificiale in ambito sanitario, infatti, possono portare a numerosi benefici. Ad esempio, consentono di definire diagnosi sulla base di dati clinici dei pazienti, supportando i medici nel prendere decisioni in modo più rapido e nel personalizzare le cure. Utilizzare l’Intelligenza Artificiale in ambito sanitario, infatti, non significa sostituire il medico. Il suo impiego consente, però, a quest’ultimo di ridurre i tempi per la ricerca e l’incrocio di informazioni necessari a effettuare diagnosi.Finance e AssicurazioniNon mancano, poi le applicazioni dell’Intelligenza Artificiale anche a livello finanziario e a livello di assicurazioni. L’Intelligenza Artificiale in ambito Fintech e Insurtech è, infatti, sempre più diffusa.In particolare, il comparto più attivo è quello del Banking, Finance & Insurance. Questo perché è possibile conoscere in maniera più approfondita i propri clienti e della finalità di garantire un servizio mirato e coerente con il rispettivo profilo di rischio. Tra le soluzioni più conosciute e applicate nell’ambito finanziario, vi sono gli assistenti virtuali o chatbot, utilizzato per l’assistenza ai clienti post-vendita.Design ThinkingDopo aver visto alcuni esempi di Intelligenza Artificiale applicata in campo sanitario e finanziario, l’Osservatorio AI ha analizzato come l’Intelligenza Artificiale possa essere utile al Design Thinking.Il Design Thinking è quella capacità di risolvere problemi complessi attraverso una visione creativa. L’Intelligenza Artificiale, per questo, rappresenta una delle principali tecnologie che possono aiutare i lavoratori di questo settore durante tutto il processo creativo. L’IA, infatti, attraverso la reinterpretazione di dati, può supportare e stimolare tale processo, senza sostituire le figure professionali come i manager.Inoltre, l’AI Generativa, attraverso i suoi output, è in grado di stimolare il processo creativo, sia individuale che di gruppo. Può accompagnare l’elaborazione di un pensiero e, attraverso le immagini, può anche stimolare una creatività più profonda, se non addirittura provocatoria.Dispositivi Connessi e IoTL’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale risulta sempre più impattante anche per le soluzioni IoT (acronimo di Internet of Things), ossia per gli oggetti “intelligenti”. In quest’ambito, l’Intelligenza Artificiale, è impiegata principalmente per soluzioni di Smart Factory, Smart Home e Smart City. Il Machine Learning, insieme ad altre tecniche di apprendimento basate sull’IA, sta acquisendo un ruolo sempre più importante nel soddisfare i bisogni di aziende e consumatori.Come visto in precedenza nel corso di questa guida, le soluzioni di Intelligenza Artificiale, possono riguardare anche ambiti domestici. Basta pensare ai sistemi di Smart Home per rendere la casa domotica. Questi sistemi che sono capaci di regolare temperatura, umidità e luminosità in base alle abitudini degli utenti mediante l’utilizzo della voce come input.eCommerce e RetailAltro ambito in cui l’Intelligenza Artificiale potrebbe, nel breve e nel lungo termine, determinare un’evoluzione è l’eCommerce. Diversi, infatti, sono gli usi dell’Artificial Intelligence impiegati in questi ambiti, a partire da chatbot, ma non solo. Le soluzioni di tecnologia AI per e-commerce comprendono i sistemi di raccomandazione, o Recommendation System (visti in precedenza).Questi sistemi sono in grado di suggerire acquisti basandosi su quelli fatti in passato, influenzando l’utente nel suo processo decisionale. Inoltre, il Virtual try-on, che consente di simulare la prova di un capo, integra insieme alle soluzioni di Realtà Aumentata anche l’AI.Nel caso di negozi fisici, invece, le applicazioni di AI sono presenti nei camerini dotati di display trasparenti e touch. Questi forniscono in tempo reale le informazioni richieste da cliente e, una volta comprese le preferenze, mostrano i prodotti in linea con i loro interessi.Cybersecurity e PrivacyUltimo, non per importanza, è l’ambito di applicazione della Sicurezza Informatica e dei dati degli utenti all’Intelligenza Artificiale. In questo ambito, l’IA, potrebbe garantire una maggiore efficienza nel processo di difesa degli utenti e dei loro dati.Infatti, in Cyber Security le soluzioni di Intelligenza Artificiale possono svolgere diverse funzioni. Possono essere impiegate per rilevare e prevenire le anomalie nel traffico di rete e per analizzare e correlare grandi quantità di dati provenienti da diverse fonti. Tutto ciò, con l’obiettivo di identificare le minacce (come attacchi informatici) e accelerare il tempo di risposta.Inoltre, l’Intelligenza Artificiale può essere impiegata per automatizzare e orchestrare le azioni di risposta a eventuali incidenti, riducendo così il carico di lavoro e gli errori umani. Infine, esistono sistemi di detect and response (ossia che rilevano e rispondono a minacce informatiche) che vengono integrati a sistemi evoluti di Intelligenza Artificiale e Machine Learning. Questi sistemi sono utilizzati per monitorare le attività dei dispositivi e bloccare il malware e il ransomware.Pro e Contro dell’Intelligenza ArtificialeComprendere e studiare la disciplina dell’Intelligenza Artificiale ha tante sfaccettature. Significa sviluppare nuove competenze, mettere in campo nuove tecnologie e padroneggiare le tecniche per implementare progetti sempre più innovativi. Questi fattori sono fondamentali per porre le basi del cambiamento culturale e del modo di pensare la relazione con i consumatori.Quella “uomo vs macchina” è una disputa senza tempo. Sono ancora molte le problematiche etiche e legali legate all’Intelligenza Artificiale. Altrettanti sono i dubbi su quale sarà l’impatto dell’Intelligenza Artificiale sul mondo del lavoro e sulla nostra società.Soprattuttoci si chiede se la tecnologia dell’Intelligenza Artificiale sia una minaccia o un’opportunità. Saranno le macchine di sostituire l’uomo, e sistemi di IA saranno più abili e più intelligenti degli esseri umani?Sebbene spesso si riporti una visione distorta dell’IA, l’idea che sta emergendo tra i consumatori italiani è abbastanza aderente alla realtà raccontata dall’Osservatorio AI. Senza però essere influenzata da alcune rappresentazioni fantascientifiche spesso accostate all’Intelligenza Artificiale. Nel futuro occorrerà, comunque, capire quali professionalità saranno le più coinvolte da questa rivoluzione tecnologica e come incideranno le soluzioni di job automation sul sistema previdenziale. Una sola cosa è certa: l’innovazione è una necessità e non una minaccia!Le sfide etiche dell’Intelligenza ArtificialeSe si vuole analizzare le sfide etiche dell’Intelligenza Artificiale, bisogna dividere in due le tipologie di rischi che possono evidenziarsi con l’applicazione di questa nuova tecnologia AI. Si possono individuare, come riportato di seguito in due elenchi dettagliati, le implicazioni che derivano dalle scelte progettuali degli sviluppatori. Così come si potrà notare l’impatto sulla nostra società dell’Intelligenza Artificiale.Implicazioni derivanti dalle scelte progettuale degli sviluppatori di Intelligenza ArtificialeBias: distorsioni involontarie che esistono nei dati e/o negli algoritmi o che possono essere introdotte da sviluppatori e utilizzatori.Black Tech: sistemi appositamente creati per soddisfare scopi malevoli.Fairness: acquisizione di un vantaggio iniquo rispetto agli utilizzatori della tecnologia.Privacy: non rispetto della normativa in materia di trattamento dei dati personali, monitoraggio e profilazione degli utenti.Transparency: mancanza di trasparenza dei processi decisionali che caratterizzano i sistemi di Artificial Intelligence.I rischi dell’AI per la nostra societàTra i rischi dell’Intelligenza Artificiale (IA) ci sono, poi, alcune implicazioni che riguardano direttamente persone, società e sistema economico-politico:Equality: disuguaglianza in termini di accessibilità alle tecnologie e di eliminazione delle discriminazioni.Freedom: limitazione della libertà e dei diritti del singolo (libertà di pensiero, di espressione, di autodeterminazione, diritto all’oblio) e delle libertà collettive.Job: implicazioni sul singolo lavoratore ed evoluzione del mercato del lavoro in ragione della crescente automazione di alcuni task lavorativi.Psychology: minaccia del benessere mentale ed emotivo degli utenti.Sustainability: utilizzo smoderato delle risorse ambientali.Trust: accentramento di risorse economico-finanziarie, di asset e di know-how tecnologico. Intelligenza Artificiale e normative: l’AI ActL’AI Act, ossia l’Artificial Intelligence Act, è il primo regolamento al mondo sull’Intelligenza Artificiale. Il suo obiettivo è quello di far sì che i sistemi di AI che si trovano all’interno del mercato europeo siano sicuri e rispettino i diritti dell’UE.Nello specifico l’AI Act prevede di classificare i sistemi di AI in base al loro livello di rischio e di normare tali sistemi, di conseguenza, introducendo anche requisiti e obblighi per la loro immissione nel mercato europeo. Per i sistemi il cui rischio è considerato inaccettabile si giungerà, pertanto, al divieto di utilizzo.Presentato per la prima volta ad aprile 2021, l’AI Act è stato approvato dal Parlamento Europeo il 13 marzo 2024. Entrerà in vigore presumibilmente nel corso del 2024 a seguito dell’effettiva approvazione del Consiglio europeo. Stando all’accordo provvisorio, tale regolamentazione verrà applicata due anni dopo la sua entrata in vigore (salvo alcune eccezioni).Con questo regolamento l’UE si afferma come istituzione all’avanguardia nella regolamentazione dell’AI. Questo lungo percorso è iniziato, in realtà, già nel 2018 con il GDPR, ed è proseguito poi con il Digital Markets Act, il Digital Services Act e il Data Act. Attraverso l’AI Act l’Unione Europea mira a porre le basi per raggiungere un equilibrio tra una regolamentazione adeguata in materia di Intelligenza Artificiale e lo sviluppo di una forte economia del settore.Intelligenza Artificiale e lavoro, cosa cambia?Sempre secondo la Ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence da qui a dieci anni, l’Intelligenza Artificiale sarà in grado di automatizzare diverse attività. L’IA sarà, dunque, uno strumento necessario per garantire un livello di produttività tale da rispondere alla crescente domanda di servizi. Difatti, come dichiarato da Giovanni Miragliotta, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence, “Il mercato è in forte crescita, come i progetti, e ormai quasi tutti gli italiani hanno sentito parlare di AI, ma guardano a questo ambito con interesse e qualche timore. Nel valutare il reale impatto sul lavoro, però, bisogna tenere in considerazione le previsioni demografiche che, a causa dell’invecchiamento della popolazione, prospettano un gap di 5,6 milioni di posti di lavoro equivalenti entro il 2033. In questa prospettiva, la possibile automazione di 3,8 milioni di posti di lavoro equivalenti appare quasi una necessità per ribilanciare un enorme problema che si sta creando, più che un rischio. Tuttavia, soltanto prestando attenzione alle nuove esigenze dei lavoratori, alla formazione e ad un’equa redistribuzione dei benefici, la società riuscirà a trarre valore dallo sviluppo dell’AI”.Per quanto riguarda l’AI Generativa nelle mansioni più creative, come la scrittura, la creazione di immagini, di fotografie e di opere d’arte, è difficile dire cosa avverrà nel lungo periodo. Dai dati raccolti fino ad ora dall’Osservatorio risulta che nelle aziende i dipendenti non sono stati sostituiti dalla Generative AI. Quest’ultima, infatti, è stata introdotta per offrire maggiori servizi ai propri clienti. La GenAI viene dunque usata come collaboratore, o più propriamente Job Augmentation, affiancando e intensificando le capacità del lavoro dell’uomo. Le piattaforme, sia testuali che visive, possono infatti fornire una buona base per il proprio lavoro, attraverso spunti e nuove idee. Tuttavia, non sostituiscono il lavoro dell’uomo.L’Intelligenza Artificiale in ItaliaDopo aver scoperto insieme cos’è l’Intelligenza Artificiale sia nella teoria che nella pratica, è doveroso concentrarsi sul livello di diffusione in Italia di questo paradigma tecnologico. Così come è anche capire quali siano le progettualità più attuate.Secondo la Ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence nel 2023 il mercato dell’Intelligenza Artificiale in Italia è cresciuto come mai prima d’ora e ha raggiunto i 760 milioni di euro (+52% rispetto al 2022). Il 90% di questo valore è dovuto alle grandi imprese, mentre la quota restante si suddivide in modo sostanzialmente equilibrato tra piccole e medie imprese e Pubblica Amministrazione.Le progettualità realizzate tramite la Generative AI pesano oggi il 5% (circa 38 milioni di euro). La principale area di applicazione è legata all’introduzione di assistenti virtuali, come Chatbot, ma non solo.L’avvento dell’AI Generativa ha sicuramente contribuito alla crescita del mercato. Come sottolineato da Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence, “due organizzazioni su tre hanno già discusso internamente delle applicazioni delle Generative AI e tra queste una su quattro ha avviato una sperimentazione (il 17% del totale)”. Nonostante ciò, sempre secondo Piva “l’avvento della Generative AI non sembra tuttavia essere una via per ridurre il gap nell’adozione dell’Intelligenza Artificiale tra le grandi organizzazioni, chi è indietro nel percorso di adozione dell’AI, infatti, non riesce a trarre beneficio delle opportunità della Generative AI (nel 77% dei casi)”.L’introduzione dell’Intelligenza Artificiale Generativa mediante API in azienda, infatti, è un processo più complesso rispetto al semplice utilizzo di piattaforme come ChatGPT. Sebbene le potenzialità di tali integrazioni siano enormi, la gestione delle soluzioni di AI comporta diverse sfide e difficoltà. La maggior parte delle aziende, però, sono pronte ad affrontarle. Diversamente, le imprese che avevano già avviato almeno una sperimentazione proseguono e accelerano velocemente.Intelligenza Artificiale, un modello interpretativoLe teorie e le applicazioni relative all’Intelligenza Artificiale sono molteplici e, in questo scenario, comprendere in profondità il funzionamento dell’IA non è semplice. Per trasformare le definizioni fornite in questa guida in un modello di business, l’Osservatorio Artificial Intelligence ha elaborato un modello interpretativoin grado di descrivere al meglio la complessità delle tecnologie basate su logica IA. Il modello si compone di quattro “strati”:Soluzioni, ossia classi di applicazione dell’IA distinte in base alla finalità d’utilizzo;Capacità, per comprendere cosa fa e come si comporta una Intelligenza Artificiale;Metodologie, che per ogni capacità realizzano funzionalità distintive;Tecnologie, che concretizzano le metodologie in forma hardware, software o sistema.

Storia dell’Intelligenza Artificiale: da Turing ai giorni nostri

Artificial Intelligence

Storia dell’Intelligenza Artificiale: da Turing ai giorni nostri

La storia dell’Intelligenza Artificiale (IA) parte dagli anni Cinquanta con il test di Turing. Si prosegue con le prime teorie di reti neurali, di IA forte e di IA debole, e con le prime applicazioni industriali degli anni Ottanta. Fino ai giorni d’oggi, giorni in cui l’Intelligenza Artificiale è ormai al centro delle scelte tecnologiche di imprese e governi, nonché parte della vita quotidiana di tutti noi. Aiutati dall’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano, in quest’articolo abbiamo provato a fare un breve viaggio nella storia dell’Intelligenza Artificiale.(altro…)

Blockchain: definizione, funzionamento e applicazioni

Blockchain & Web3

Blockchain: definizione, funzionamento e applicazioni

Oggi si fa un gran parlare della tecnologia Blockchain. Siamo in un momento storico in cui questa innovazione sta catalizzando moltissime attenzioni, ma troppo spesso si rimane incagliati in una confusione ancora abbastanza generalizzata, tra Criptovalute, Bitcoin, Piattaforme Blockchain, Smart Contracts e quant’altro. Questa guida nasce proprio con l’intento di provare a fare ordine e dare una spiegazione su cos’è la Blockchain e a cosa serve questa tecnologia. Iniziamo, quindi, dando una netta definizione di Blockchain.Cos’è e come funziona la BlockchainLa Blockchain (letteralmente “catena di blocchi”) sfrutta le caratteristiche di una rete informatica di nodi (ossia computer della rete aventi una copia del registro Blockchain) e consente di gestire e aggiornare, in modo univoco e sicuro, un registro contenente dati e informazioni in maniera aperta, condivisa e distribuita senza la necessità di un’entità centrale di controllo e verifica.La Blockchain può essere introdotta per disintermediare interazioni di varia natura, consentendo potenzialmente, di fare a meno di banche, notai, istituzioni finanziarie e così via. Altre modalità di utilizzo variano dalla creazione di processi sicuri all’introduzione di nuovi modelli di interazione.La Blockchain è inclusa nella più ampia famiglia delle tecnologie di Distributed Ledger, ossia sistemi che si basano su un registro distribuito (che può essere letto e modificato da più nodi di una rete). La rivoluzione digitale della Blockchain, però, è nata dal Bitcoin, la prima criptovaluta. Da allora la tecnologia si è evoluta e ha dimostrato il proprio potenziale in diversi settori oltre a quello finanziario. Oggi i principali ambiti di applicazione della tecnologia Blockchain possono essere divisi in tre macroaree, quali Internet of Value, Blockchain for business e Decentralized web.Molte sono quindi le tematiche da affrontare, trasversali a diversi ambiti e applicazioni. Compito di questa guida sarà quello di spiegare la Blockchain in maniera semplice, mettendo comunque a fuoco le opportunità per il business e i benefici da cogliere. Il tutto con l’aiuto dell’Osservatorio Blockchain & Web3 del Politecnico di Milano, che da sempre si pone l’obiettivo di produrre conoscenza e far ordine e chiarezza su questi temi. Storia della BlockchainNonostante la tecnologia dei registri distribuiti (DLT) fosse già in circolazione da molto tempo, la Blockchain nasce il 3 Gennaio 2009 con l’invenzione di Bitcoin. Dalla nascita della prima criptovaluta sono state condotte numerose sperimentazioni e studi sulle piattaforme esistenti e sui casi d’uso.Il 2016 è caratterizzato da un grande hype mediatico. La stampa inizia a parlarne e si diffonde l’idea che la Blockchain possa essere una delle tecnologie che rivoluzioneranno il digitale. Successivamente si assiste a un’esplosione dei progetti Blockchain, spesso accompagnati da delle ICO (Initial Coin Offering). Esaurito l’hype mediatico, avviene un drastico crollo delle criptovalute. Questo periodo passerà alla storia come “Cryptowinter”, in cui molti progetti falliscono e le ICO incontrano numerosi ostacoli normativi e difficoltà nello sviluppo di progetti.Nel 2020 si assiste, invece, a delle iniziative da parte di banche centrali e governi. Accelerano le sperimentazioni per emettere delle Central Banks Digital Currencies (CBDC) e la commissione EU lavora nel Finance Digital Package su un regolamento per i crypto asset.Nel 2021 cresce il mondo della finanza decentralizzata (DeFi), mentre i crypto-asset guadagnano rilevanza grazie all’adozione di alcuni istituti finanziari e alla riscoperta del fenomeno degli NFT.Nel 2022 si assiste alla diffusione del termine Web3 e alla crescita delle applicazioni costruite su piattaforme pubbliche.Nonostante i cicli di hype mediatico, possiamo notare una continua evoluzione della Blockchain. L’adozione di questa tecnologia è, infatti, in costante crescita e, anno dopo anno, attrae investimenti da ogni parte del globo.Perché la Blockchain è sicura, le principali caratteristicheLe Blockchain non sono dei comuni registri, incorporano, infatti, delle proprietà uniche in grado di offrire diverse opportunità in ambito business. I valori che stanno dietro alla tecnologia Blockchain rispecchiano in tutto e per tutto le motivazioni per le quali è stata creata.La Blockchain nasce, infatti, in risposta alla crisi finanziaria del 2008, figlia di un sistema finanziario opaco, controllato da pochi attori. Allargando le vedute oltre al mondo finanziario, la Blockchain nasce per dare alle persone uno strumento digitale sicuro, trasparente, decentralizzato e disintermediato.Il mondo della Blockchain è molto vario, ogni piattaforma ha i suoi vantaggi e le sue particolarità. Tuttavia, è possibile identificare sei caratteristiche comuni a molte delle Blockchain presenti oggi. La prima fa ovviamente riferimento alla digitalizzazione e alla trasformazione dei dati in formato digitale. Di seguito, le altre cinque caratteristiche della Blockchain e che rendono questa tecnologia molto sicura e affidabile:DecentralizzazioneLe informazioni vengono registrate distribuendole tra più nodi per garantire sicurezza informatica e resilienza dei sistemi.DisintermediazioneLe piattaforme consentono di gestire le transazioni senza intermediari, ossia senza la necessità di affidarsi a una terza parte.Trasparenza e VerificabilitàIl contenuto del registro è trasparente e visibile a tutti ed è facilmente consultabile e verificabile.Programmabilità dei TrasferimentiPossibilità di programmare determinate azioni che vengono effettuate al verificarsi di certe condizioni.Immutabilità del RegistroUna volta scritti sul registro, i dati non possono essere modificati senza il consenso della rete.La Blockchain nel Web3Con il termine Web3 si descrive una nuova versione del web basata sulla Blockchain e principi come la decentralizzazione, la componibilità delle applicazioni, l’accessibilità dei servizi, la privacy dei dati e la possibilità per gli utenti di possedere e scambiare asset digitali e gestire la propria identità online senza intermediari.La parola “Web3” viene, quindi, usata per descrivere l’evoluzione del Web2 odierno, fortemente centralizzato e in cui i dati e le informazioni transitano attraverso pochi attori. Questa nuova forma di web offre la possibilità di creare applicazioni decentralizzate interoperabili (DApp), in cui diverse funzionalità possono essere combinate e integrate tra loro in modo modulare. Ciò permette agli sviluppatori di creare soluzioni personalizzate e innovative, ampliando le possibilità e le opportunità offerte dal Web3.Un esempio di queste applicazioni del Web3 è dato dai protocolli di finanza decentralizzata (DeFi) di cui parleremo più avanti. Tutto questo è possibile grazie a tre componenti della tecnologia Blockchain: i token(fungibili e Non Fungible Tokens), gli smart contract e i wallet.Mentre il Web3 rappresenta ancora una fase iniziale di sviluppo, le sue potenzialità sono ampie e promettenti. Gli utenti, le aziende e le istituzioni pubbliche stanno iniziando a esplorare e a adottare questa nuova era del web, spinti dalla ricerca di maggiore sicurezza, trasparenza e dalle nuove dinamiche di interazione abilitate dalla tecnologia Blockchain. Le applicazioni della BlockchainLa Blockchain e il Web3 stanno rivoluzionando il panorama tecnologico mondiale, introducendo una vasta gamma di applicazioni innovative. Queste tecnologie non si limitano più alla mera gestione delle transazioni finanziarie, ma si estendono in modo trasversale a diverse tipologie di applicazioni. Tali soluzioni innovative possono essere suddivise in tre categorie.1. Internet of Value: costituita dalle applicazioni incentrate sugli scambi di valore, questa categoria comprende le criptovalute, che hanno aperto la strada a una nuova forma di moneta digitale, gli stablecoin, che offrono stabilità attraverso ancoraggi a riserve reali, e le monete virtuali proposte dalle banche centrali (CBDC).2. Blockchain for Business: cluster che comprende applicazioni che sfruttano la tecnologia Blockchain per ottimizzare processi tradizionali aziendali. Include la tracciabilità della supply chain, la gestione dell’identità digitale, i titoli finanziari tokenizzati e molto altro ancora.3. Decentralized Web: questa categoria incarna l’universo dei Non-Fungible Token e dei collectibles e delle applicazioni decentralizzate (DApps).Nei prossimi paragrafi, esploreremo dettagliatamente ciascuno di questi cluster, gettando luce sulle loro applicazioni, impatti e potenziali futuri.Internet of ValueQuando si parla di Internet of Value si fa riferimento ad applicazioni incentrate sullo scambio del valore, che spesso si concretizzano attraverso criptovalute, stablecoin e valute virtuali supportate dalle banche centrali, note come CBDC. Queste applicazioni introducono un nuovo paradigma nell’amministrazione degli scambi di beni di valore, in quanto eliminano la necessità di intermediari.L’Internet of Value potrebbe, dunque, segnare una svolta epocale nel modo in cui le imprese e i singoli utenti conservano e trasferiscono valore tra di loro, rendendo superflui i tradizionali circuiti di pagamento privati.La tecnologia Blockchain apre le porte a una nuova forma di moneta. Che siano criptovalute, stablecoin o CBDC, le monete digitali introducono nuove caratteristiche, come la programmabilità e la trasferibilità globale, a tempi e costi inferiori rispetto agli standard di oggi.Bitcoin e le criptovaluteCome abbiamo già detto Bitcoin è la prima criptovaluta, ma non è più l’unica. Negli ultimi anni il mondo delle criptovalute è letteralmente esploso, tanto che oggi se ne contano almeno un migliaio. Ma esattamente cosa sono le criptovalute? Sono strumenti finanziari alternativi? Valute vere e proprie?Definizione alla mano, le criptovalute sono monete digitali decentralizzate che utilizzano tecniche crittografiche per garantire la sicurezza degli scambi tra gli utenti. Tante sono le differenze dalle valute tradizionali e tante sono anche le nuove piattaforme che si sono guadagnate le luci della ribalta. Parliamo di Ethereum, Litecoin, Polkadot, Algorand, Cosmos, nomi ormai noti non soltanto agli addetti ai lavori.Molti i punti di forza, diversi anche quelli di debolezza. Una cosa è certa: la rivoluzione digitale delle criptovalute continua!StablecoinLe stesse proprietà “rivoluzionarie” delle criptovalute unite alla stabilità della moneta a corso legale, come l’euro e il dollaro. In una parola sola: stablecoin. Essi rappresentano, infatti, l’incontro di due mondi e potrebbero offrire i vantaggi di due sistemi monetari: la versatilità e la programmabilità delle criptovalute da un lato e le garanzie delle monete garantite dai meccanismi istituzionali dall’altro.Non a caso, però, la criticità principale delle criptovalute è la volatilità. L’andamento schizofrenico di questo mercato negli ultimi anni ha rappresentato infatti il limite più grande alla loro adozione. Il funzionamento degli stablecoin permette di superare proprio questo limite.Le CBDC (Central Bank Digital Currencies)L’emergenza sanitaria ha indirettamente accelerato diversi trend relativi ai pagamenti digitali già in forte sviluppo nell’ultimo decennio. Uno di questi riguarda l’adozione delle criptovalute sia da parte dei privati che da aziende e istituzioni.Inoltre, la pandemia ha fornito anche un forte impulso ai progetti delle banche centrali in vari Paesi, spingendole a esplorare le potenzialità della tecnologia alla base delle criptovalute per creare le versioni digitali delle loro valute nazionali, note come CBDC (Central Bank Digital Currency).Le CBDC rappresentano una forma digitale delle valute fiat nazionali, ossia le valute legali emesse e gestite da istituzioni sovrane come le banche centrali. A differenza delle criptovalute, le CBDC non sono decentralizzate, ma sono supportate da un governo e costituiscono una passività della banca centrale.Di conseguenza, godono dello stesso status legale delle valute tradizionali emesse dalle banche centrali. Mentre nei metodi attuali di pagamenti elettronici, come carte prepagate, dispositivi elettronici e bonifici, le transazioni avvengono attraverso intermediari, le Central Bank Digital Currency consentono trasferimenti digitali diretti senza dover ricorrere ai circuiti di pagamento tradizionali.Tuttavia, nonostante i numerosi vantaggi legati all’introduzione delle CBDC, sorgono anche diverse sfide in questo nuovo panorama dei pagamenti digitali. Tra queste, vi sono questioni legate alla privacy dei cittadini, la necessità di garantire l’interoperabilità con i sistemi legacy e le altre valute digitali globali, nonché l’importanza di evitare stravolgimenti eccessivi nell’attuale settore finanziario.A livello globale sono numerosi i progetti di CBDC in corso, ma pochi sono quelli che hanno già preso forma. In Europa, ad esempio, si sta discutendo del Digital Euro, una proposta di valuta digitale emessa dalla Banca Centrale Europea che coesisterebbe con il contante. Incluso nella proposta di regolamento Single Currency Package, il Digital Euro rappresenterebbe un’alternativa sicura, economica e ampiamente accettata per i pagamenti digitali.Blockchain for BusinessTra le diverse applicazioni della tecnologia Blockchain, quelle rientranti nella categoria “Blockchain for Business” si focalizzano su progetti che mirano a efficientare i processi aziendali tradizionali. Questo particolare utilizzo della tecnologia a registro distribuito trova applicazione in vari settori, dalla logistica alla moda, all’agricoltura, al mondo finanziario.I progetti “Blockchain for Business” possono essere ulteriormente suddivisi in due categorie: la prima riguarda i progetti di ecosistema, che implicano la partecipazione di più attori all’interno di un settore. Per tale motivo, i progetti spesso prevedono la creazione di piattaforme per la gestione sicura di documenti e flussi di informazioni. La seconda categoria riguarda, invece, i progetti indipendenti, proposti e sviluppati da singole aziende. Questi progetti costituiscono iniziative a sé e non coinvolgono necessariamente altri attori all’interno dello stesso settore.Tra le diverse tipologie di applicazioni presenti nella Blockchain for Business, forniamo un approfondimento sull’uso della Blockchain nelle Supply Chain e sulla tokenizzazione nel settore finanziario.La Blockchain nella Supply Chain, utilizzi e vantaggiAll’interno delle Supply Chain – ovvero nei processi di produzione e distribuzione di beni e servizi, dalla loro origine fino al consumatore finale – si possono trovare usi della Blockchain molto diversi. Le principali aree di applicazione di questa tecnologia presenti nella “catena di approvvigionamento” sono:gestione sicura di dati condivisi tra diverse funzioni aziendali o aziende dello stesso gruppo;tracciabilità di prodotti e merci lungo la catena di approvvigionamento per garantire la trasparenza dell’origine dei beni e certificare i diversi passaggi avvenuti lungo la filiera;scambio di documenti in formato digitale, come ordini e Documenti di Trasporto (DdT);automazione del portale fornitori tramite l’utilizzo delle Verifiable Crendentials (VC);automazione di contratti e pagamenti lungo la filiera.Oltre all’applicazione della tecnologia Blockchain nei processi di Supply Chain in azienda, ci sono infine applicazioni in ambito Supply Chain Finance che combinano diversi casi d’uso tra quelli presentati per efficientare sinergicamente sia i flussi finanziari che quelli informativi all’interno della filiera.Tokenization, significato e utilizzo per i processi tradizionaliI token possono essere utilizzati per rappresentare una vasta gamma di cose, tra cui certificati, prodotti, diritti di accesso o appartenenza a un’organizzazione. A oggi l’applicazione più diffusa riguarda l’utilizzo dei token per rappresentare asset sulla Blockchain, soprattutto asset finanziari.Numerose iniziative di rilevanza internazionale stanno esplorando la tokenizzazione di asset come immobili, crediti di carbonio e orologi di lusso, ma le iniziative più significative riguardano la tokenizzazione di azioni e obbligazioni. Tra i progetti più celebri si possono citare il Six Digital Exchange (SDX) in Svizzera e il progetto del London Stock Digital Exchange (LSEG) in Inghilterra.La tokenizzazione degli asset finanziari può aprire la strada a una rivoluzione nel mondo finanziario globale, consentendo l’introduzione di logiche di programmabilità, migliorando l’efficienza dei processi e stabilendo nuovi standard di sicurezza e trasparenza nei mercati finanziari.Decentralized Web e BlockchainCome abbiamo visto, tra i vari utilizzi della tecnologia Blockchain spicca la sua figura come pilastro fondante di una nuova versione di Internet, nota come web decentralizzato o Decentralized Web.A oggi, Internet è amministrato principalmente da un ridotto numero di aziende, responsabili sia dell’infrastruttura che dei servizi. Non solo, però. Queste aziende, infatti, gestiscono anche i dati degli utenti – spesso, infatti, le nostre identità online sono affidate ad aziende come Google e Meta –.Questa nuova versione del web, che si baserà sulla tecnologia Blockchain, propone una gestione disintermediata dell’identità, ma non solo. Introduce, infatti, anche il concetto di possesso di oggetti “virtuali” su Internet e la possibilità di interagire con applicazioni decentralizzate e molto altro. Tutto ciò permette di offrire un’esperienza utente nuova e avanzata.Evoluzione di internet, dal Web1 al Web3In questa sezione della guida digitale dedicata alla Blockchain, forniremo un’introduzione dettagliata ai concetti chiave del Web3. Tra di questi, le applicazioni decentralizzate (DApp), le organizzazioni decentralizzate (DAO), gli asset rappresentati sotto forma di token non fungibili (NFT), i collectibles e un nuovo paradigma di identità digitale noto come Self-Sovereign Identity (SSI).Che cosa è una DApp: gaming DeFi e molto altroLe DApp (acronimo di “Decentralized Applications”, che letteralmente significa “applicazioni decentralizzate”) costituiscono una rivoluzione nell’ambito delle applicazioni online: a differenza delle app tradizionali, le DApp sfruttano le piattaforme Blockchain e la loro rete distribuita anziché affidarsi a server centralizzati.Tramite l’appoggio alla Blockchain, le DApp consentono di introdurre servizi innovativi, impensabili nel Web2, come per esempio il lending peer-to-peer (ossia prestiti tra utenti senza intermediari). Un ulteriore elemento distintivo delle applicazioni decentralizzate è la gestione dei dati. Le app tradizionali richiedono l’accesso ai dati dell’utente, mentre le DApp permettono agli utenti di utilizzare la propria identità sulla Blockchain. Ciò consente un’interazione disintermediata con le applicazioni.Numero di DApp nel mercato e distribuzione settoriale delle prime 100 applicazioni decentralizzate per numero di utentiLe DApp sono varie e molto diverse tra loro, tra le categorie più diffuse ci sono:la DeFi (acronimo di “Decentralized Finance”, in italiano “finanza decentralizzata”);le DApp di gaming;i marketplace;i social network;le DApp di gambling.Nel settore DeFi, le DApp sfruttano le piattaforme Blockchain, principalmente Ethereum, per creare nuovi prodotti e servizi finanziari. Le DApp DeFi possono essere a loro volta divise in diverse categorie, come gli exchange decentralizzati (es. Uniswap), le piattaforme di lending (es. Compound) e le soluzioni di tokenizzazione di asset finanziari (es. OndoFinance).Le DApp, quindi, presentano vantaggi rilevanti nel risolvere alcune delle sfide tipiche delle applicazioni del Web2. La loro solidità deriva dall’assenza di un singolo punto di vulnerabilità, mentre l’immutabilità incorporata assicura l’integrità operativa dell’applicazione. Infine, agevolano interazioni sicure tra gli utenti, consentendo loro di mantenere un controllo diretto sui propri asset e dati.Cos’è e come funziona una DAOLe DAO (acronimo di “Decentralized Autonomous Organization”, ovvero “Organizzazione Autonoma Decentralizzata”), rappresentano un innovativo modello di organizzazione basato sulla Blockchain.L’Osservatorio Blockchain & Web3 definisce le DAO come una particolare tipologia di community online di proprietà collettiva degli stessi membri della community. La partecipazione a una DAO è gestita attraverso l’utilizzo di token, ciascun possessore del relativo token ha la possibilità di esprimere il proprio voto sulle questioni inerenti alla DAO stessa.Le DAO, ovvero entità autonomamente gestite, permettono agli utenti di prendere decisioni democratiche attraverso votazioni decentralizzate, riducendo la necessità di intermediari fidati.Le DAO, infine, sono utilizzate in vari contesti, tra cui la finanza decentralizzata (DeFi), la gestione di progetti open source e organizzazioni senza scopo di lucro. Un esempio di successo è l’uso dei DAO nelle piattaforme DeFi per votare su modifiche di protocollo o per decidere su proposte di finanziamento. Negli Stati Uniti si è invece assistito all’acquisto di un campo da golf da parte di un gruppo di utenti privati, riunitosi sottoforma di DAO (“LinksDao”).Cosa sono gli NFT: il mondo dei collectibles nella BlockchainGli NFT, o Non-Fungible Tokens (“token non fungibili”), rappresentano un’innovazione dirompente con impatti significativi nella rappresentazione della proprietà di qualsiasi asset digitale (e non). Basati sulla tecnologia Blockchain, offrono tracciabilità e autenticità attraverso un codice unico.I primi NFT hanno iniziato a diffondersi nel 2017 con il gioco Cryptokitties, permettendo agli utenti di acquistare, collezionare e scambiare gattini virtuali unici sulla Blockchain di Ethereum. Nel tempo, gli NFT hanno ampliato la loro portata, guadagnando popolarità nel mondo dell’arte, della finanza, della musica e dei giochi online.Il primissimo e più popolare utilizzo degli NFT in ambito retail riguarda la creazione e la vendita di immagini collezionabili, oggetti digitali che oggi vengono definiti “collectibles”. A partire dal 2017 si è verificata un’esplosione del numero di collectibles, trend sicuramente facilitato dalla semplicità di realizzazione degli NFT.La creazione di un token non fungibile è, infatti, accessibile anche a chi non ha competenze di programmazione, attraverso servizi e piattaforme. Nonostante l’hype attorno al mondo dei collectibles sia calato da allora, la tecnologia offre possibilità d’innovazione in diversi ambiti. La tokenizzazione potrebbe, infatti, trasformare beni illiquidi in asset rapidamente negoziabili, con potenziali applicazioni nel settore immobiliare, finanziario e non solo.Gli NFT, quindi, rappresentano una tecnologia innovativa con molteplici applicazioni, dalla musica ai giochi, alla finanza. Mentre il mercato potrebbe subire cicli di hype e raffreddamento, la loro natura unica e la loro potenziale evoluzione sembrano indicare un futuro florido per questa tecnologia.SSI e BlockchainIl termine “Self-Sovereign Identity” (SSI) è stato coniato nel 2016 da Christopher Allen, esperto di sicurezza e identità online. Indica un modello di identità digitale decentralizzato basato sulla tecnologia Blockchain, che restituisce agli utenti il controllo sulle proprie informazioni personali.Il modello SSI mira a superare i limiti dei sistemi di identificazione digitale centralizzati, come quelli basati sugli Identity Provider (di cui il caso italiano di SPID è un esempio). La Self-Sovereign Identity consente infatti agli utenti di generare un identificativo univoco, controllato attraverso meccanismi crittografici simili a quelli utilizzati nelle transazioni su Blockchain come Bitcoin o Ethereum.Il funzionamento tecnico della SSI si basa su tre elementi principali: i Decentralized Identifiers (DID), le Verifiable Credentials (VC), e i DID Document. I DID sono identificativi univoci basati su chiavi crittografiche, le VC sono attributi collegati a un’entità e i DID Document forniscono informazioni aggiuntive a un DID.La tecnologia Blockchain fornisce la base per la SSI, con vantaggi come il controllo dell’utente sulle informazioni personali, la flessibilità nella creazione di certificati, la riduzione del rischio di frodi e duplicazioni dei documenti e costi infrastrutturali inferiori.Alcuni esempi internazionali di implementazione della SSI includono progetti come Verified.me in Canada, uPort in Svizzera, DIZME in Europa, e l’iniziativa europea ESSIF. Come funziona il sistema BlockchainLa Blockchain è alla base degli utilizzi illustrati nei precendeti paragrafi, in quanto è una struttura dati che contiene una sequenza di transazioni solitamente raggruppate in blocchi concatenati. La transazioni da includere e il loro ordine nel blocco vengono stabilite tramite un meccanismo di consenso. Questo si basa tipicamente su incentivi e disincentivi economici, attuati tramite asset contabilizzati nella Blockchain stessa, e al suo interno può partecipare chiunque (piattaforme permissionless). Per aggiungere una transazione alla Blockchain, questa deve essere firmata dall’emittente tramite un dispositivo di firma, comunemente chiamato wallet.La Blockchain, però, è molto di più che un insieme di transazioni. Con Ethereum sono, infatti, state introdotte anche le virtual machines (VM), in particolare l’Ethereum Virtual Machine (EVM), una componente software specializzata che gestisce lo stato della Blockchain e permette l’esecuzione di smart contracts.In questo paragrafo della guida sulla Blockchain, approfondiremo alcuni aspetti tecnici che pongono le fondamenta per la realizzazione di tutte le applicazioni discusse fino a questo momento.Cosa sono gli smart contractsSebbene il concetto di smart contract , a livello informatico, esista da prima dell’avvento di questa tecnologia, è proprio la Blockchain ad aver “esaltato” caratteristiche e potenzialità dei cosiddetti “contratti intelligenti”. Per comprendere cosa sono gli smart contract è, dunque, fondamentale approfondirli all’interno del più ampio scenario della tecnologia Blockchain.Nonostante si chiamino contratti intelligenti, gli smart contracts non sono dei documenti, bensì dei programmi che garantiscono agli attori coinvolti la certezza di una corretta esecuzione delle condizioni a cui si ha acconsentito. L’inserimento degli smart contract in una Blockchain conferisce loro l’immutabilità del codice, la trasparenza e la non interrompibilità dell’esecuzione.Tuttavia, esistono ancora alcuni limiti e criticità. Le difficoltà principali includono la gestione di contratti complessi, il riconoscimento e la trattazione giuridica di questi strumenti. La realizzazione di contratti troppo complessi potrebbe infatti aumentare il rischio della presenza di errori nel codice dello smart contract. Alcune problematiche di tipo giuridico derivano invece della natura globale della Blockchain.Cosa sono i tokenL’Osservatorio Blockchain & Web3 ha definito i token come:strumento utilizzato per la gestione di asset digitali non nativi all’interno di una piattaforma Blockchain. I token possono essere utilizzati come rappresentazioni di altri beni digitali o fisici o di un diritto, come la proprietà di un asset o l’accesso a un servizio.Messa in parole semplici, quindi, un token è un’unità digitale che può essere scambiata senza intermediari, e che può rappresentare qualsiasi cosa: il diritto di voto, un’opera d’arte, un biglietto, un abbonamento, oppure la proprietà di una casa.Non tutto nasce nativamente sotto forma di token. Anzi, la maggior parte del mondo oggi ancora si basa su processi cartacei o garantiti da intermediari. Alcune aziende, però, stanno iniziando a sfruttare i token e il processo di rappresentazione di un bene o un diritto sotto forma di token prende il nome di “tokenizzazione”.Cosa sono i walletI wallet Blockchain sono essenzialmente dei “dispositivi di firma” che permettono agli utenti di custodire token e criptovalute ed effettuare operazioni sulla Blockchain.Che si tratti di aziende o utenti, i wallet conservano le chiavi private degli utenti. Gli account degli utenti sulla Blockchain sono infatti costituiti da una chiave pubblica (il corrispettivo di un indirizzo IBAN), una chiave privata (il corrispettivo della password), e una seed phrase (o frase di recupero). Per effettuare una transazione sulla Blockchain l’utente o l’azienda utilizza il wallet per firmare le transazioni con la propria chiave privata.Esistono diverse tipologie di wallet e diverse possibili configurazioni. La distinzione principale si articola tra wallet custodial e wallet non-custodial.Wallet custodial: le chiavi del wallet sono gestite da una terza parte. L’utente utilizza il wallet fidandosi del provider, senza però dover conservare autonomamente le chiavi private.Wallet non custodial: questi wallet sono gestiti direttamente dagli utenti, che diventano quindi i soli possessori e responsabili del proprio wallet.La differenza maggiore tra questi due approcci risiede nell’effettivo controllo degli asset. Il concetto può essere brevemente riassunto dal mantra “not your keys, not your coins”. Questa frase, spesso utilizzata nel mondo Blockchain, esprime come nel caso di un wallet custodial l’utente non si possa definire direttamente proprietario degli asset, in quanto gestiti da terze parti.I progetti Blockchain nel mondoLa diffusione della Blockchain nel mondo in ambito aziendale è in costante crescita. Le imprese continuano a guardare la Blockchain come uno dei grandi paradigmi innovativi del prossimo futuro.In particolare, il 2023 ha evidenziato importanti segnali di consolidamento per il settore. È stata promossa un’evoluzione più consapevole della tecnologia Blockchain, dando una maggiore attenzione agli aspetti etici e sostenibili. Inoltre, si sono registrati numeri di mercato incoraggianti. Infine, le autorità di tutto il mondo si sono mosse verso una maggiore attenzione alla regolamentazione del settore. L’Europa, in particolare, ha dimostrato una certa sensibilità nei confronti delle crypto-attività. Con l’entrata in vigore del MiCAr (acronimo di Market in Crypto Asset regulation) nel 2024 le aziende europee avranno dunque una normativa di riferimento nell’approcciarsi a questa tecnologia.In questo contesto aziende e PA di tutto il mondo hanno proseguito lo sviluppo di progetti Blockchain: l’Osservatorio Blockchain e Web3 ha identificato 297 nuovi casi, +19% rispetto al 2022.Nello specifico, i nuovi progetti legati all’Internet of Value rilevati sono 95, ossia il 32% del totale, in continuità con quanto registrato nel 2022. Tali progetti coinvolgono servizi di custodia e investimento in criptovalute, l’utilizzo di stablecoin e CBDC. In questo ambito si trova il già citato Digital Euro, che potrebbe rappresentare una potenziale rivoluzione dei pagamenti nel panorama finanziario europeo.Il settore Blockchain for business continua a riguardare il maggior numero di iniziative sviluppate dalle aziende. Nel 2023 sono 106 in tutto i casi (36% del totale), con una crescita del +58% rispetto all’anno precedente. Tale crescita è principalmente attribuibile alle numerose aziende che hanno sviluppato progetti di tokenizzazione per innovare i propri processi aziendali. Il settore finanziario, in particolare, è quello che ha dimostrato più di tutti l’impatto dei token nel proprio ambito. Crédit Agricole Italia e Mediobanca, ad esempio, hanno introdotto fondi tokenizzati per migliorare i propri processi.Infine, anche il Decentralized web continua a evolversi, con 96 nuovi casi (32%), in linea con il precedente anno. In questi progetti la Blockchain funge da piattaforma tecnologica per sviluppare servizi innovativi più vicini al paradigma Web3, come le applicazioni decentralizzate (DApp) o i progetti legati agli NFT.

5G: cos’è, come funziona, evoluzione e applicazioni in Italia

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5G: cos’è, come funziona, evoluzione e applicazioni in Italia

Il 5G, la quinta generazione di tecnologia mobile, sta rapidamente trasformando il panorama digitale globale. Con velocità di connessione enormemente superiori rispetto alle precedenti generazioni e una latenza quasi inesistente, il 5G promette di rivoluzionare non solo il nostro modo di comunicare, ma anche di vivere e lavorare. Dalla connettività ultra-rapida per smartphone, alle innovazioni nel campo dell’Internet delle Cose (IoT), del gaming, e delle città intelligenti, il 5G sta aprendo la strada a nuove possibilità che fino a poco tempo fa sembravano inimmaginabili. In questo articolo, a cura dell’Osservatorio 5g & Connected Digital Industry della POLIMI School of Management, esploreremo come il 5G sta cambiando il nostro mondo e quali opportunità offre per il futuro.Che cos’è il 5G, più di una tecnologiaPer 5G (acronimo di 5th Generation) intendiamo la quinta generazione delle tecnologie radiomobili cellulari. Questa tecnologia, a oggi, abilita un numero elevato di applicazioni e nuovi servizi a valore aggiunto, promettendo maggior velocità di accesso alla rete trasformando la stessa in una piattaforma programmabile. Questa tecnologia apre, quindi, grandi opportunità per imprese, PA e cittadini e il suo potenziale è ancora in parte da scoprire.Malgrado il mercato del 5G sia ancora agli albori, è già da qualche anno che si parla di reti e infrastruttura 5G. Il tema, poi, è finito ancora di più sotto i riflettori per via del presunto legame tra le antenne 5G e la diffusione del Covid-19, fake news che ha contribuito a portare alla ribalta le reti di quinta generazione, ma in maniera confusa e forviante.Il 5G però non è pericoloso: infatti, permette di rivoluzionare interi ambiti della nostra vita economica e sociale, con un impatto decisivo sulla digitalizzazione del Paese. Questo perché la rete di quinta generazione non è solamente un mezzo di comunicazione più veloce o più affidabile, ma è un modo nuovo di concepire i servizi che saranno abilitati dal 5G stesso.Parlando di reti 5G, è più corretto parlare, dunque, di piattaforma di connettività e di sviluppo di applicazioni e servizi, che non di mera rete di trasporto di dati e, quindi, di connessione vera e propria. A partire da tali presupposti, questa guida digitale si pone l’obiettivo di fare definitivamente chiarezza sul tema delle reti 5G.Come funziona la rete 5G e cosa cambia tra 4G e 5GRispetto alla terza e quarta generazione delle reti cellulari che hanno favorito la diffusione di Internet nei dispositivi mobile, il 5G rappresenta una certa discontinuità piuttosto netta. Non si tratta di una mera questione di velocità di trasferimento dati.Sono tre, infatti, le dimensioni evolutive che hanno reso unico questo passaggio generazionale:maggiore velocità di accesso alla rete (enhanced Mobile Broadband, abbrev. eMBB), quasi 20 volte superiore a quella attuale, che consente, a parità di tempo, di trasferire una quantità maggiore di dati;maggiore affidabilità e bassi tempi di risposta (Ultra Reilable Low Latency Communications, abbrev. URLLC), quasi 25 più rapidi della rete attuale, indispensabile per quelle attività critiche come la chirurgia da remoto o la guida autonoma;aumento del numero di dispositivi connessi a parità di perimetro (Machine Type Communications, abbrev. mMTC), quasi dieci volte più dispositivi della rete attuale.Queste tre dimensioni fisiche, sintetizzate al meglio dal triangolo di applicazioni e servizi del 5G proposto dall’ITU (International Telecommunication Union), sono solitamente incompatibili tra loro, motivo per cui richiedono un’articolata gestione delle risorse radio, affinché siano allocate ai diversi servizi in base alle esigenze. Le proprietà di bassa latenza, maggiore affidabilità e connettività, rendono il 5G in grado di abilitare punti di lavoro multipli e un numero elevato di nuove applicazioni. L’evoluzione delle reti mobili: dall’1G al 5GPrima GenerazioneIl primo standard di trasmissione di telefonia mobile trasmetteva i dati utilizzando trasmissioni dati analogiche per servizi voce. Tra le caratteristiche principali vi era la possibilità di chiamate vocali in un solo continente, la scarsa sicurezza, l’efficienza dello spettro molto bassa e la bassa velocità (2.4kbps).Seconda GenerazioneQuesta generazione si basa su tecnologie digitali per il segnale voce, raggiungendo una velocità di 64kbps con una larghezza di banda di 30-200KHz. Ha reso possibili i primi servizi di SMS e MMS. Lo standard 2G più diffuso è il GSM (Global System for Mobile Communications), prima tecnologia a supportare il roaming internazionale.Terza GenerazioneCon la terza generazione è stataincrementata la velocità, rendendo possibile passare dai 144kbps a 384kbps nelle aree a maggiore copertura. Inoltre, è stato abilitato per la prima volta lo scambio mobile di e-mail, il download, in pratica lo scambio di dati non voce, che consiste in un insieme di differenti standard che possono lavorare insieme.Quarta GenerazioneRispetto al 3G abilita una trasmissione dati più veloce, elevata e meno costosa, nonché applicazioni multimediali avanzate. Tra gli standard 4G più famosi si ricorda il Long Term Evolution (LTE). Tra le caratteristiche principali vi sono la velocità di download da 100Mps a 1Gbps e una sicurezza maggiore.Le caratteristiche principali del 5GUna delle novità principali del 5G è dunque quella di essere un sistema tecnologicamente più complesso rispetto al passato. Tale complessità, se da un lato aumenta le sfide infrastrutturali relative a copertura, frequenza e connessione, dall’altro introduce opportunità di business a malapena immaginabili con gli standard 4G. In questa parte della guida ci soffermiamo sulle principali novità architetturali relative al 5G per comprendere il reale potenziale di queste reti.Alta velocita x Bassa latenzaCome visto nella definizione di 5G, la nuova rete radiomobile garantisce maggiore velocità di calcolo e trasmissione dati nonché minor tempo di latenza e risposta. Questi avanzamenti sono resi possibili grazie all’aumento dello spettro di frequenze disponibili (in Italia si va dai 700 MHz ai 26 GHz) e all’introduzione di antenne dinamiche, progettate per adattarsi in modo dinamico e in grado di moltiplicare la capacità del sistema.Essi, infatti, consentono al 5G di ottimizzare lo spettro assegnato, fornendo una maggiore capacità di trasmissione dati, velocità di calcolo e una riduzione del tempo di latenza nella comunicazione.Le decisioni sull’allocazione delle frequenze e sulle specifiche tecniche del 5G spesso vengono prese a livello internazionale, con eventi come la World Radiocommunication Conference (WRC) che contribuiscono a stabilire standard e linee guida a livello globale.Coperture dedicate ad alte frequenzeAlcune applicazioni B2b 5G critiche richiedono coperture ad hoc in grado di soddisfare i requisiti prestazionali. In questo contesto, l’uso delle frequenze a onde millimetriche (mmWave) riveste un ruolo cruciale.Queste onde, caratterizzate da una frequenza più elevata rispetto alle onde tradizionali (superiore ai 24 GHz), consentono di raggiungere velocità di trasmissione dati estremamente elevate e latenze molto basse. Tali caratteristiche risultano fondamentali per abilitare applicazioni che richiedono risposte immediate, come il controllo preciso dei macchinari in un ambiente di produzione, la guida autonoma o l’assistenza remota.Virtualizzazione e SlicingLa rete 5G può essere divisa in reti logiche specializzate, o “fette di rete”. Il concetto di slicing si riferisce alla capacità di creare diverse reti virtuali su un’unica infrastruttura fisica, sfruttando tecniche di virtualizzazione delle risorse sia di trasmissione che di calcolo.In altre parole, lo slicing consente di “affettare” la capacità complessiva della rete in segmenti separati e dedicati, ottimizzati per specifiche esigenze. Di conseguenza, la rete 5G può garantire simultaneamente il pieno funzionamento di diverse applicazioni, che possono essere gestite da nuovi attori.Calcolo e Mobile Edge ComputingIl concetto di Edge Computing, che colloca il processo di elaborazione dei dati vicino alla fonte stessa dei dati (cioè, all’edge della rete, in prossimità degli utenti o dei dispositivi), trova la sua massima espressione nella quinta generazione delle reti di comunicazione.Questa tecnologia abilita su larga scala l’Edge Computing con elevate capacità computazionali e bassa latenza di accesso alle risorse di calcolo. In parole più semplici, il 5G consente di eseguire elaborazioni di dati in modo molto efficiente, direttamente sul luogo in cui i dati vengono generati o utilizzati, anziché inviarli a server centralizzati.Ciò offre maggiore potenza di calcolo e tempi di risposta più veloci, il che è particolarmente vantaggioso per le applicazioni che richiedono una comunicazione rapida e interattiva.Open RANGuardando al futuro, una novità tecnologica che permetterà al 5G di differenziarsi dalle tecnologie precedenti è l’introduzione sul mercato di soluzioni basate su Open RAN (Radio Access Network).Questa nuova architettura sfrutta la disaggregazione della rete di accesso radio in componenti separate e la possibilità di trasformare la maggior parte di esse in applicazioni software su un hardware generale. Si tratta di una novità che cambierà le relazioni tra chi produce gli strumenti e i componenti di rete, consentendo anche l’uso di più fornitori diversi.Inoltre, la possibilità di programmare le piattaforme di controllo permetterà a terze parti di creare applicazioni per tale rete, aprendo la strada a nuove idee, come algoritmi intelligenti che gestiscono le risorse in base ai dati in tempo reale della rete. È un tema, dunque, che porterà notevoli cambiamenti nella tradizionale catena del valore delle reti mobili. L’evoluzione degli Standard 5GLe prime reti commerciali 5G in Italia sono state lanciate nel 2020 sulla base dello standard 3GPP (Third Generation Partnership Project). L’evoluzione del 5G, tuttavia, procede gradualmente e solo una parte dei servizi che possono essere abilitati da questa tecnologia sono già disponibili sul mercato. Di seguito elenchiamo le quattro fasi salienti che contribuiranno alla piena standardizzazione nel periodo 2020/2026:Fase 1 – Release 15Include fondamentalmente i servizi di eMBB (enhanced Mobile Broad Band) che garantiscono una maggiore velocità di accesso alla rete (fino a 10 Gb/S). Inoltre, la fase 1 include ovviamente la definizione di tutto l’impianto architetturale della rete 5G, nonché alcuni meccanismi per la suddivisione della rete in più reti virtuali.Fase 2 – Release 16Include principalmente il servizio URLLC (Ultra Reliable Low Latency Communications), che consente di ridurre la latenza di rete fino a 1-2 ms per l’invio di sporadiche comunicazioni in tempi brevissimi e con un’affidabilità massima. Attraverso questo servizio l’obiettivo è quello di abilitare le applicazioni industriali più avanzate, i meccanismi di funzionamento del 5G per l’utilizzo in banda non licenziata (5G NR-U), le reti 5G private e una prima versione dei servizi di localizzazione basati sul segnale 5G.Fase 3 – Release 17Questo terzo stadio di evoluzioni del 5G include l’arrivo di una nuova interfaccia radio per i servizi mMTC (massive Machine Type Communications), che permette l’aumento del numero di connessioni a dispositivi con basso consumo energetico (fino a 1 mln di dispositivi per 2 km). Inoltre, la fase tre prevede l’importante supporto dei servizi a ritardo garantito (Time Sensitive Communications).Fase 4 – Release 18Nel 2021 è stata aperta la fase di definizione della prima versione del cosiddetto 5G Advanced, che implica una serie di direzioni di miglioramento ed espansione della tecnologia che promettono di spostare ancora più avanti il confine delle prestazioni raggiungibili.Nel corso del 2022 sono state portate a termine le tre fasi principali, cioè la Release 15, la Release 16 e la Release 17. Il 2023 segna la conclusione della fase 3 relativa alla Release 17 “IoT” delle reti cellulari e l’avvio della fase 4 con la Release 18 “5G Advanced”, che riguarda numerose altre soluzioni e applicazioni. Le possibili applicazioni del 5G in Italia e nel mondoL’introduzione del 5G nel panorama delle tecnologie radiomobili permetterà il miglioramento di servizi già esistenti, ma anche l’erogazione di servizi innovativi, alcuni dei quali non realizzabili con le tecnologie attuali.Tale rivoluzione non riguarderà dunque soltanto gli ambiti spiccatamente digital-based quali Smart City, Entertainment, Domotica e Mobility. Anche le sfere economiche più tradizionali (Agricoltura, Retail, Sanità, Istruzione) gioveranno delle caratteristiche di affidabilità e velocità di trasmissione e calcolo proprie delle reti 5G.A partire da tali presupposti, l’Osservatorio 5G & Beyond ha identificato 8 classi di soluzioni che beneficeranno (o stanno già beneficiando) della spinta innovativa del 5G. Si parla di robot collaborativi, sistemi per il monitoraggio da remoto di intere città, veicoli a guida autonoma e molto altro. Tali soluzioni combinano le caratteristiche distintive della rete 5G con le peculiarità di altre tecnologie già consolidate. Su tutte droni, sensori, realtà aumentata, realtà virtuale e algoritmi di intelligenza artificiale.Tali soluzioni, come anticipato, trovano applicazione in quasi tutti i comparti economici e produttivi. Nel quadro successivo abbiamo provato a riassumere quali saranno i settori più impattati dal 5G e attraverso quali innovazioni.Utility ed EnergyLe applicazioni del 5G nell’Utility ed Energy interagiscono con alcune delle applicazioni in ambito IoT: una di queste è il monitoraggio e la gestione da remoto degli asset cittadini. Ancora più interessante, però, è un’altra applicazione delle reti 5G: il monitoraggio dei consumi delle utenze (come, ad esempio, nello smart metering e nello smart metering idrico), che permette di migliorare anche il risparmio dei consumi nelle abitazioni.Altre due applicazioni 5G in ambito Utility ed Energy, sono: il potenziamento dei dispositivi connessi nelle abitazioni e il miglioramento della connettività delle reti mobile nelle aree meno raggiungibili.Automotive e MobilityAltro ambito di applicazione della tecnologia 5G è quello dell’Automotive e della Mobility. In questo campo, nello specifico, troviamo soluzioni di intrattenimento e servizi a bordo delle autovetture e soluzioni per la sicurezza dei guidatori (pneumatici connessi, ampliamento campo visivo).Non solo, però: ci sono anche applicazioni della rete mobile 5G che riguardano lo sviluppo della guida autonoma e l’integrazione veicoli e colonnine elettriche per la ricarica delle autovetture.Logistica, trasporti e InfrastruttureAnche nel campo della Logistica e dei trasporti esistono applicazioni correlate allo sviluppo della rete mobile 5G. In questo ambito si parla di applicazioni della tecnologia e della velocità 5G nello sviluppo di mezzi autonomi per effettuare consegne di prodotti in città e di soluzioni che consentono il pilotaggio di una flotta di autoveicoli (platooning).Altro sviluppo molto interessante in ambito infrastrutturale risulta essere quello che riguarda il monitoraggio predittivo di infrastrutture, porti, fabbriche e altri ambienti circoscritti.ManifacturingLe applicazioni 5G in ambito Smart Manifacturing includono lo sviluppo di robot collaborativi per l’automatizzazione delle operazioni più semplici ed alcune delle principali soluzioni a supporto della forza lavoro sul campo, ma non solo.Il settore manifatturiero beneficerà, infatti, anche di sviluppo di tecnologie potenziate dal 5G sia per il pilotaggio da remoto di veicoli industriali che in ambito di sicurezza, con la manutenzione predittiva.AgricolturaAnche nel settore agricolo la tecnologia ha contribuito e contribuirà a forti cambiamenti con la sua applicazione. Uno degli aspetti principali di miglioramento, deriva dallo sviluppo di sistemi di monitoraggio e di gestione a distanza dei campi agricoli, di pilotaggio ed esecuzione da remoto della attività agricole (es. robot per l’irrigazione) e dell’introduzione e dello sviluppo di nuovi mezzi per l’agricoltura di precisione.Sanità e HealthcareAnche in campo sanitario la tecnologia 5G ha apportato cambiamenti. Un esempio di queste innovazioni sono le soluzioni che permettono il monitoraggio a distanza dei parametri vitali di pazienti e atleti e la telechirurgia robotica.RetailAnche nel settore delle vendite il 5G ha introdotto diverse novità come, ad esempio, l’introduzione della realtà aumentata e di altre soluzioni per il miglioramento dell’esperienza di acquisto in store.Media & EntertainementLa tecnologia 5G non si ferma solo al settore Retail però: entra anche nel settore dell’intrattenimento proponendo diverse soluzioni tecnologiche all’avanguardia, come i tour turistici in realtà aumentata, i servizi giornalistici in 4K, nuove esperienze di advertising ed eventi live più immersivi.SicurezzaÈ ormai noto come la sicurezza, oggigiorno, sia fondamentale e sempre più rilevante. Anche in quest’ambito, il 5G, ha trovato la sua applicazione rivoluzionando e implementando nuove soluzioni per la videosorveglianza di ambienti pubblici e privati.I benefici del 5G, alcuni esempiPiù che soffermarsi sui presunti e infondati pericoli del 5G è bene comprendere perché e quanto sia importante investire su una rete 5G. Comprendere, cioè, quali siano i benefici concreti che il 5G offre ai lavoratori, alle aziende, ai vari settori produttivi e, in senso più allargato, all’intero sistema economico.Toccando svariati ambiti applicativi, come visto nel quadro precedente, i vantaggi sono svariati ed è difficile inquadrare benefici comuni a tutte le applicazioni. Per descrivere i concreti vantaggi delle reti 5G, possiamo analizzare un’applicazione del 5G dagli sviluppi più interessanti: quella del pilotaggio da remoto dei grandi mezzi.Il 5G per il pilotaggio da remoto:Prendiamo come esempio la possibilità di pilotare da casa una gru per il carico e scarico di navi merci in un porto, attraverso un modulo di controllo basato su 5G che esegue il controllo in tempo reale delle operazioni di carico e scarico, di raccolta di dati tramite sensori e telecamere impiantate sul veicolo e nel cantiere e prende decisioni operative basate sull’elaborazione analitica in tempo reale. L’esempio è calzante e appaiono evidenti i principali benefici:maggior produttività e velocità di movimentazione del mezzo;maggior sicurezza del pilota, che evita condizioni di potenziale pericolo (come la salita fino alla cabina di comando della gru);maggiore soddisfazione del pilota, grazie alle migliori condizionale lavorative;minori emissioni di CO2 e altre componenti inquinanti.Lo Scenario attuale del 5G in Italia ed Europa tra sfide e progressiA fronte di queste opportunità abilitate dal 5G, è il momento di capire cosa stia effettivamente accadendo nel mercato italiano ed europeo, in particolare in ambito industriale, settore in cui questa tecnologia promette di essere rivoluzionaria.Sul fronte consumer, il rallentamento dello sviluppo è attribuibile alla mancanza di una copertura diffusa della rete pubblica. Le aziende stanno esplorando nuove applicazioni abilitate dal 5G per i consumatori, ma i risultati sono stati limitati finora.D’altra parte, il mercato enterprise sta accelerando. Nonostante ci siano ancora sfide da superare, come la scarsa disponibilità di chip, il 2023 ha visto progressi significativi sia a livello italiano che europeo. Sono emersi i primi progetti finanziati da fondi privati, segnando una transizione dalla fase incentrata principalmente su incentivi pubblici e sforzi di ricerca congiunta.Questa tendenza evidenzia il riconoscimento da parte delle grandi aziende che il 5G non è solo sinonimo di maggiore velocità, ma costituisce anche la piattaforma chiave per la digitalizzazione dei processi aziendali e il supporto all’automazione futura.In particolare, nel contesto industriale dell’Europa continentale, al termine del 2023 l’Osservatorio 5G & Beyond ha identificato 117 progettualità. Gli ambiti applicativi più significativi comprendono il settore manifatturiero, con particolare riferimento ai settori automotive e minerario, nonché il settore logistico, soprattutto nelle zone portuali.Il 5g è pericoloso per la salute?Dopo aver definito al meglio le caratteristiche, le applicazioni e la diffusione del 5G, è doveroso chiudere la guida chiarendo alcune fake news relative alla presunta pericolosità delle reti e delle antenne 5G. Il particolare, vogliamo sottolineare che il 5G non è pericoloso per la salute e non è in nessun modo legato alla pandemia da Covid-19.Dal punto di vista fisico, l’interazione tra le onde elettromagnetiche dei sistemi radio e il corpo umano non dipende dalla tecnologia, ma solo dalla potenza e frequenza usate. Per questo, il 5G non è sostanzialmente diverso dalle generazioni precedenti o da altre tecnologie radio.Le linee guida internazionali, particolarmente cautelative, confermano poi che i limiti utilizzati finora sono assolutamente adeguati a proteggere la salute della popolazione esposta. Organismi come l’Organizzazione Mondiale della Sanità e la Commissione Europea hanno inoltre pubblicato analisi dettagliate nelle quali confermano che non ci sono evidenze di pericolosità se l’esposizione si mantiene nei limiti suggeriti dalle linee guida.

Internet of Things (IoT): significato, esempi e applicazioni

Internet of Things

Internet of Things (IoT): significato, esempi e applicazioni

Cosa si intende per IoTOggi si parla spesso di IoT (acronimo di Internet of Things), o di Internet delle Cose, o ancora di Internet degli oggetti. In ogni caso, si parla di una nuova tecnologia, quella IoT, che poi ha dato vita a un nuovo paradigma e a un ecosistema molto complesso.L’IoT si basa su una particolare forma di tecnologia, gli oggetti intelligenti (detti anche Smart Objects, o Oggetti Smart). Non stiamo parlando solo di computer, smartphone o tablet. L’IoT riguarda, soprattutto, oggetti quotidiani di cui siamo circondati. Ad esempio, quelli all’interno delle case, sul luogo di lavoro, nelle città e che ci accompagnano nella vita di tutti i giorni. L’Internet of Things nasce proprio con questo scopo, ovvero dall’idea di portare nel mondo digitale gli oggetti della nostra esperienza quotidiana. Si tratta di un paradigma tecnologico dal potenziale applicativo sconfinato, in grado di incidere su competitività delle imprese, sull’efficienza delle pubbliche amministrazioni e sulla qualità della vita.Dopo oltre cinquant’anni dalla nascita di Internet e più di venti da quando è stata coniata l’espressione “Internet of Things”, queste tecnologie si sono moltiplicate e sviluppate. Parallelamente, si sono profondamente evoluti i numerosi ambiti applicativi. Alcuni esempi di applicazioni IoT sono:auto intelligenti, o Smart Carle città intelligenti, o Smart Cityla casa intelligente, o Smart Homelo Smart Building, o edifici intelligentila Smart Agricolture, o agricoltura intelligentelo Smart Metering, o contatori connessil’Industrial IoT, o IoT industriale, tra cui rientrano la Smart Factory (o fabbrica intelligente) e la Smart Logistics (o logistica intelligente)Questi sono solo alcuni dei tantissimi ambiti in cui l’IoT ha messo radici. Ci sono, infatti, anche campi più specifici e ancora in via di sviluppo, come ad esempio:lo Smart Environnement, ossia la gestione intelligente dell’ambientela Smart Grid, o rete elettrica intelligentelo Smart Lifecycle, ossia il Ciclo di vita intelligentelo Smart Asset Management, o gestione intelligente degli assetlo Smart Retail, la vendita al dettaglio intelligentela Smart Health, l’IoT in ambito saluteTutte queste applicazioni sono rese possibili dall’IoT e dall’interconnessione degli oggetti intelligenti.Il compito di questa guida digitale sull’IoT è quello di approfondire e comprendere da vicino le opportunità derivanti da questi oggetti connessi. Ci inoltreremo nei principali campi di applicazione dell’Internet of Things, analizzandone caratteristiche, proprietà e tecnologie, comprendendo pienamente cosa sono le soluzioni IoT. Illustreremo anche quali sono i numeri, le prospettive di mercato e i trend tecnologici. Infine, un focus sarà dedicato anche alla privacy e alla sicurezza dei dati nell’IoT. Per approfondire tutte le tematiche, ci faremo aiutare dall’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano. L’Osservatorio è, infatti, da tantissimi anni un punto di riferimento in Italia in questo settore per aziende pubbliche e private. Internet of Things: la definizionePer capire meglio cos’è l’IoT, o Internet delle Cose, ecco la sua definizione completa:Per IoT, acronimo di “Internet of Things” si intende quello sviluppo tecnologico in base al quale, attraverso la rete Internet, ogni oggetto acquista una sua identità nel mondo digitale. Come detto, quindi, l’IoT si basa sull’idea di oggetti “intelligenti” tra loro interconnessi in modo da scambiare le informazioni possedute, raccolte e/o elaborate.Il significato di IoT, però, va ben oltre i singoli oggetti intelligenti e trova piena realizzazione nella rete che interconnette gli oggetti stessi. Gli esempi di Internet of Things, in questo senso, sono innumerevoli. Basti pensare alle automobili, inizialmente rese connesse “solo” tramite box GPS-GPRS con finalità assicurative, ma che oggi escono dalle fabbriche già dotate di connettività a bordo. Oppure all’ambito domestico dell’IoT: in questo caso abbiamo assistito all’evoluzione dalla “sola” domotica cablata a soluzioni wireless sempre più alla portata di tutti. Oppure ancora, si pensi alla fabbrica, ambito in cui le tecnologie dell’Internet of Things stanno contribuendo ad ottimizzare ed efficientare il sistema.Quando è nato ufficialmente l’IoT?L’espressione “Internet of Things” (IoT), è stata formulata per la prima volta nel 1999. Il concetto di IoT, però, non viaggia da solo. Esso, infatti, è in stretta relazione con i dispositivi RFId (Radio Frequency Identification). Il creatore dell’espressione IoT è l’ingegnere inglese Kevin Ashton, cofondatore dell’Auto-ID Center del Massachussetts Institute of Technology.Quali sono i dispositivi IoTI dispositivi IoT sono numerosi e riguardano diversi ambiti applicativi, come la già citata Smart Home o la Smart Factory. Per fare ulteriori esempi, pensiamo ai comunissimi lampioni delle nostre città. Questa nuova tipologia di illuminazione urbana è in grado di regolarsi sulla base delle condizioni di visibilità. O ancora, ai semafori che si sincronizzano per creare un’onda verde per il passaggio di un mezzo di soccorso. Oppure, consideriamo le telecamere di sorveglianza che inviano segnali di allarme alle centrali di pronto intervento in caso di rilevamento di infrazioni. Un altro esempio è il monitoraggio dei parametri microclimatici nelle coltivazioni agricole, che permette un uso ottimizzato delle risorse e una riduzione dell’impatto ambientale. Tutto questo è Internet of Things!Quali sono i principali campi di applicazione dell’IoTL’IoT è un paradigma che non conosce, potenzialmente, confini applicativi. Si parte dall’autovettura intelligente che dialoga con l’infrastruttura stradale per prevenire incidenti, agli elettrodomestici di casa che si coordinano per ottimizzare l’impegno di potenza. Per non parlare delle applicazioni IoT in impianti di produzione che scambiano dati con i manufatti per la gestione del loro ciclo di vita.In questo panorama così variegato, occorre definire quali sono le principali aree di applicazione dell’IoT in Italia. Di seguito ci soffermiamo proprio su questo punto, analizzando anche le proprietà degli oggetti intelligenti che ne supportano il funzionamento.Tecnologia IoT per le auto connesse: la Smart CarL’IoT sta rivoluzionando il concetto di Smart Car (detta anche “auto connessa”). Tramite questa applicazione, l’IoT permette la connessione delle auto per comunicare informazioni in tempo reale al consumatore. Non solo, però. L’Internet of Things permette anche la connessione tra veicoli o tra questi e l’infrastruttura circostante per la prevenzione e la rivelazione degli incidenti.IoT per la Smart City e lo Smart EnvironmentL’IoT nella Smart City (o “città intelligente”) è utilizzato per il monitoraggio e la gestione degli elementi di una città. Un esempio sono i mezzi per il trasporto pubblico, l’illuminazione pubblica e i parcheggi. L’Internet of Things, tuttavia, non si ferma solo qui. Il cosiddetto Smart Environment prevede infatti il monitoraggio e la gestione dell’ambiente circostante (come il monitoraggio di montagne per rilevare rischi di franamenti). L’impatto dell’IoT sulle città intelligenti e sulla gestione intelligente dell’ambienteconsente quindi di migliorarne vivibilità, sostenibilità e competitività.Dispostivi IoT per la Smart HomePer quanto riguarda la Smart Home, le soluzioni IoT per la “casa intelligente” sono ormai note alla maggior parte di noi. La domotica ne è un esempio. Queste soluzioni di Internet of Things sono utilizzate per la gestione in automatico e/o da remoto degli impianti e degli oggetti connessi dell’abitazione. Lo scopo è quello di ridurre i consumi energetici e migliorare il comfort, la sicurezza della casa e delle persone al suo interno.L’IoT per lo Smart BuildingL’IoT è entrato a far parte anche degli edifici, grazie all’introduzione di soluzioni smart. Lo Smart Building prevede, tramite sensori IoT, soluzioni per la gestione automatica degli impianti dell’edificio per l’efficientamento energetico. Gli impatti dell’IoT sulla gestione degli edifici in Italia portano, di conseguenza, a numerosi vantaggi, come il risparmio energetico. Ulteriori benefici riguardano anche un maggiore comfort e sicurezza degli occupanti (basti pensare alle videocamere intelligenti).Oggetti Intelligenti per la Smart AgricultureL’innovazione dettata dall’introduzione della tecnologia IoT, si affaccia anche nel mondo dell’Agricoltura, prendendo il nome di Smart Agricolture, o Agricoltura 4.0. Tramite l’interconnessione degli Oggetti Intelligenti vengono monitorati diversi parametri microclimatici a supporto dell’agricoltura. Queste soluzioni servono per migliorare la qualità dei prodotti, ridurre le risorse utilizzate e l’impatto ambientale.Smart Metering & Smart Grid, l’IoT per monitorare e distribuire i consumiAltra rivoluzione dettata dall’introduzione di soluzioni IoT sono i contatori connessi (o “Smart Meter”). Si tratta di una tecnologia per il monitoraggio dei consumi (elettricità, gas, acqua, calore). Ma le potenzialità di questa tecnologia non finiscono qui. Questa soluzione Internet of Things aiuta infatti la corretta fatturazione e la telegestione delle utenze, permettendo agli utenti di risparmiare. In questo ambito si colloca anche la rete elettrica intelligente, o Smart Grid, che consente di ottimizzare la distribuzione dell’elettricità, gestendo la produzione distribuita (ad esempio evitando sovraccarichi e consentendo un uso massiccio di energia per la mobilità elettrica).Industrial IoT, dispositivi connessi per l’IndustriaL’Industrial IoT, conosciuto anche con l’acronimo IIoT, è un’evoluzione della tecnologia Internet of Things applicata al settore industriale. L’adozione di Cyber Physical Systems – che combinano componenti fisiche come sensori e macchine con elementi informatici – permette la connessione dei macchinari, degli operatori e dei prodotti per abilitare nuove logiche di gestione della produzione e dei magazzini. All’interno dell’IoT industriale, sono tre gli ambiti d’impiego:Smart FactoryLa Smart Factory prevede l’utilizzo di tecnologie IoT per connettere macchine, sensori e sistemi. L’IoT in ambito manifatturiero permette la raccolta e l’analisi in tempo reale dei dati di produzione, migliorando l’efficienza operativa e riducendo i tempi di inattività. Infatti, oggi con la “fabbrica intelligente” è possibile anche raccogliere dati utili a introdurre nuovi servizi di manutenzione predittiva, che consentano di limitare i fermi in produzione e garantire interventi più tempestivi.Smart LogisticsNella Smart Logistics, o “Logistica intelligente”, l’uso di tecnologie IoT, quali tag RFId e sensoristica, è volto a migliorare l’efficienza e l’efficacia della logistica di magazzino e della gestione della supply chain (ad esempio il monitoraggio della catena del freddo o la gestione della sicurezza in poli logistici complessi).Smart LifecycleLo Smart Lifecycle comprende tutte le tecnologie IoT per il miglioramento della gestione dell’intero ciclo di vita “intelligente” di un prodotto, dall’ideazione alla dismissione.Oltre a questi tre ambiti, un altro ramo dell’IIoT riguarda i dispositivi indossabili (Wearable) applicati in ambito industriale, utili, ad esempio, a raccogliere informazioni sull’ambiente di lavoro e, in maniera del tutto autonoma, comprendere se il lavoratore si sta esponendo a una situazione di pericolo, allertandolo tempestivamente.Smart Asset Management, l’IoT per la gestione degli asset aziendaliLo Smart Asset Management, ossia la “gestione intelligente delle risorse”, è un approccio avanzato alla gestione degli asset aziendali (come strumenti, infrastrutture e risorse tecnologiche). Sfrutta le tecnologie IoT per raccogliere dati e gestire da remoto asset di valore a fini di rilevazione di guasti e manomissioni, localizzazione, tracciabilità e gestione inventariale, riducendo i costi di manutenzione, migliorando l’efficienza operativa e prolungando la vita degli asset.IoT e vendita al dettaglio: lo Smart RetailUn ulteriore applicazione dell’Internet of Things riguarda la vendita al dettaglio e, in particolare, lo Smart Retail. Questo ramo dell’IoT consiste nel monitoraggio del comportamento del cliente in negozio, con il fine di migliorare l’esperienza utente e, di conseguenza, incrementare le vendite. Esempi applicativi sono i camerini dei negozi dotati di display trasparenti e touch in grado non solo di fornire in tempo reale tutte le informazioni richieste dall’utente, ma anche di comprenderne nel tempo le preferenze e mostrare i prodotti di maggiore interesse. Lo Smart Retail consente anche di adottare soluzioni che abilitano una maggiore visibilità nelle operazioni di fornitura, ottimizzando così la gestione delle scorte e riducendo la probabilità di stock-out.Smart Health, l’IoT per la saluteL’ambito applicativo della Smart Health, letteralmente “salute intelligente”, permette di applicare le tecnologie IoT nell’ambito della salute. Alcuni esempi sono il monitoraggio di parametri vitali da remoto a fini diagnostici e di cura, oltre che di riduzione dell’ospedalizzazione, e la localizzazione dei pazienti, in modo da garantirne la sicurezza. Come funzionano i dispositivi IoTL’IoT, come detto in precedenza in questa guida digitale, connette termostati, elettrodomestici, automobili, impianti produttivi. Si tratta di oggetti alla base della nostra vita quotidiana; tuttavia, sono anche oggetti alla base dell’Internet of Things.Quando parliamo di IoT, non è errato parlare di “Internet degli oggetti”, ossia di un Internet diverso da quello che tutti conosciamo. Gli oggetti smart, infatti, sono in grado di connettersi a una rete per elaborare dati e scambiare informazioni con altri oggetti. Arrivati a questo punto, però, sorge una domanda spontanea: quali proprietà deve avere per potersi meritare l’appellativo “smart”?Innanzitutto, l’oggetto IoT deve essere identificabile, cioè, dotato di un identificativo univoco nel mondo digitale. Deve poi essere connesso, per poter trasmettere e ricevere informazioni. Deve anche consentire un’analisi del suo stato di funzionamento, della sua localizzazione, della sua tracciabilità (ossia origine e movimentazione). Inoltre, deve essere in grado di interagire con l’ambiente ed elaborare dati, attraverso la misurazione di determinati parametri ambientali (in questo caso si parla di “sensing”) e il monitoraggio di variabili di flusso, come i consumi (“metering”).Queste tecnologie IoT consentono di raccogliere dati mediante sensori e dispositivi, di scambiarli mediante strumenti di connettività e, in seguito, di analizzare i dati raccolti in tempo reale. Gli utenti possono poi monitorare e interagire con i dispositivi IoT attraverso app o comandi vocali. Anche le aziende, mediante i dati raccolti, hanno un maggiore controllo dei dispositivi, oltre che analisi e insight per prendere decisioni sicure e strategiche.Le tecnologie IoT per la connettivitàSe è vero che alla base del concetto di IoT c’è una rete di oggetti “intelligenti” interconnessi, proviamo ora a rispondere alle seguenti domande, quali sono le tecnologie che rendono possibile questa interconnessione? E quali sono i principali trend tecnologici dell’Internet of Things?Nei vent’anni dalla loro nascita, le tecnologie IoT si sono moltiplicate e sviluppate. Partendo da tecnologie consolidate, come RFId (Radio Frequency Identification), connessioni IoT cellulari, PLC (Power Line Communication), NFC, Bluetooth, WiFi e RMLP (Reti Mesh Low-Power), emergono oggi trend tecnologici che promettono di evolvere in meglio i dispositivi IoT sia in termini di prodotto che soprattutto di servizio:tecnologie di comunicazione a lungo raggio, ossia le reti LPWA;protocolli di comunicazione a corto raggio;interoperabilità tra dispositivi IoT;sistemi operativi embedded.Qual è lo stato dello IoT in Italia: il vero valore degli Smart ObjectsChe l’Internet of Things svolga un ruolo centrale nello sviluppo digitale del nostro Paese è un dato di fatto, con il 2023 che è stato, nel complesso, un anno positivo per l’Internet of Things, caratterizzato da una buona crescita del mercato. Ma, precisamente, qual è la dimensione attuale del mercato IoT in Italia?Dalla Ricerca dell’Osservatorio emerge che l’IoT in Italia ha proseguito la sua corsa iniziata negli scorsi anni, raggiungendo un valore complessivo di 8,9 miliardi di euro, registrando una crescita dal valore di 600 milioni di euro (+9% rispetto al 2022). Allo stesso tempo sono aumentati il numero degli Smart Objects, per un totale di 140 milioni (+13% rispetto al 2023), poco più di 2,4 per abitante.Quello raggiunto dal mercato italiano è un ottimo risultato, in linea con i tassi di crescita dei principali Paesi occidentali, compresi tra il 7% e il 15% (Fonte: IDC, IoT Analytics e Transforma Insights).Le principali tendenze nel mercato IoT in ItaliaA guidare la crescita del mercato italiano sono soprattutto le applicazioni IoT che utilizzano tecnologie di comunicazione alternative alla rete cellulare – tra le più diffuse –, che arrivano a quota 100 milioni di connessioni, +17% sul 2022. Ad aumentare particolar modo è l’utilizzo di reti LPWA (acronimo di Low Power Wide Area), ossia reti a bassa potenza e ampio raggio, come le reti LoRaWAN (acronimo di Long Range Wide Area Network).Per quanto riguarda invece gli ambiti applicativi dell’IoT, al primo posto in termini di fatturato troviamo la Smart Car, con un valore di 1,56 miliardi di euro, ossia il 18% del mercato IoT. Sempre sul podio, ma al secondo posto, si posizionano le applicazioni in ambito utility (Smart Metering e Smart Asset Management), con un valore di 1,38 miliardi di euro, in crescita del +1%.Per quanto riguarda, invece, i tassi di crescita, spiccano i settori della Smart Factory (+16%, per un totale di 905 milioni di euro) e della Smart City (+15%, 950 milioni di euro).Anche la Smart Logistics, con una crescita del +8%, registra un aumento significativo, che porta il comparto a un valore totale di 770 milioni di euro. Seguono le soluzioni di Smart Asset Management (+7%, 330 milioni di euro) e quelle per la Smart Agriculture (+6%, 570 milioni di euro).Diversi sono invece i trend della Smart Home e dello Smart Building, soprattutto a causa della riduzione di incentivi, come il Superbonus 110%. Le soluzioni per la Smart Home hanno registrato un aumento del +5%, portando il settore a un valore di 810 milioni di euro, mentre lo Smart Building ha invece registrato una decrescita del -1%, arrivando a quota 1,3 miliardi di euro.L’IoT e i trend dell’Innovazione DigitaleL’evoluzione dei servizi IoT, in termini di mercato e di tecnologie è favorita anche dall’integrazione con i principali trend innovativi che occupano la scena digitale. Tra questi trend troviamo i Big Data, l’Artificial Intelligence e la Blockchain, che rappresentano, in tal senso, tasselli sempre più importanti dell’ecosistema IoT. Questo perché la tecnologia IoT è in grado di abilitare nuove opportunità di business, nuove funzionalità e nuovi servizi a partire dai dispositivi e dagli oggetti connessi.In questa parte della guida approfondiamo come l’Internet delle Cose e gli altri trend dell’Innovazione Digitale possono fondersi per favorire il processo di Digital Transformation nei diversi settori.IoT e Big DataL’evoluzione dei prodotti IoT è declinabile in ambiti tra di loro molto trasversali. Le aziende di qualsiasi settore, ad esempio, possono oggi raccogliere tantissime informazioni sul funzionamento dei device e sulle persone che li utilizzano. Possono farlo, soprattutto, attraverso la moltiplicazione e l’evoluzione dei dispositivi connessi dell’Internet of Things.La definizione di opportune strategie per valorizzare la grande mole di dati raccolti dai dispositivi IoT, sia in ambito consumer sia business, rappresenta un tema sempre più rilevante per le aziende. Si tratta dei Big Data, vera e propria merce di valore che oggi rappresenta a tutti gli effetti un a nuova occasione di guadagno economico e di ulteriore sviluppo tecnologico.IoT, AI e AI GenerativaDai Dati all’Intelligenza Artificiale il passo è breve. Il tema di come valorizzare i dati, infatti, va di pari passo con la capacità di estrarre informazioni utili da essi. In questo specifico ambito di raccolta dati, l’Intelligenza Artificiale può giocare un ruolo molto importante.Lo dimostra il lancio sul mercato di un numero crescente di nuove piattaforme IoT. Queste piattaforme, infatti, integrano tecnologie avanzate di analisi dati e algoritmi di Intelligenza Artificiale in grado di semplificare la gestione dei dispositivi connessi, pratica solitamente complessa. Le applicazioni in grado di integrare IoT e Intelligenza Artificiale sono tante. Tra di esse possiamo trovare il Retail (Smart Retail), le fabbriche, la casa e le città, con un impatto radicale su aziende, PA e consumatori.Con l’avvento dell’AI generativa le applicazioni si sono moltiplicate e potenziate. In ambito consumer, ad esempio, gli smart home speaker possono avere interazioni più intuitive e personalizzate. In contesti B2b, come quello manifatturiero, la Generative AI semplifica i processi di installazione e di manutenzione, in particolare predittiva e prescrittiva.Internet of Things e BlockchainL’incrocio tra il mondo IoT e quello Blockchain ha grandi potenzialità. Tra queste due tecnologie, però, ci sono anche tante difficoltà di integrazione non trascurabili. La Blockchain può fungere da garante dell’identità dei diversi nodi della rete e da ente certificante della provenienza e dell’integrità dei dati raccolti dagli oggetti connessi. Questo grazie a un timbro digitale e alla registrazione dell’istanza temporale.Chiarito che la Blockchain può portare contributi importanti in termini di sicurezza e integrità dei dati degli oggetti smart, sorge un problema. Essa può essere gestita solo esternamente rispetto a un dispositivo IoT, i quali sono tuttora limitati da alcuni vincoli tecnici.IoT e sostenibilità ambientaleAbbiamo visto, finora, tantissime applicazioni e caratteristiche dell’IoT. In un’epoca di Trasformazione Digitale, però, anche l’Internet of Things può contribuire a migliorare gli aspetti di Sostenibilità Ambientale. A tal proposito, l’Osservatorio Internet of Things ne ha individuato quattro diversi livelli:monitoraggio e avviso, consentendo di gestire meglio le risorse che hanno un impatto sull’ambiente (ad esempio il monitoraggio dei consumi energetici in casa per dare consigli su come ridurli) e aumentare la consapevolezza degli utenti;monitoraggio e ottimizzazione che, grazie ad algoritmi e modelli, permettono di eseguire azioni migliorative in ottica sostenibilità (ad esempio con sensori che monitorano parametri del suolo e consentono l’attivazione di sistemi di irrigazione e fertilizzazione);monitoraggio, ottimizzazione e automazione per gli oggetti smart che svolgono in autonomia le azioni di efficientamento, senza l’intervento umano (come sensori per monitoraggio perdite idriche che attivano la chiusura della valvola di alimentazione);nuovi modelli di business, come la servitizzazione, che permette di allungare il ciclo di vita dei dispositivi, oppure il riacquisto, a programmi di manutenzione che allungano la vita utile del bene.IoT e Smart EnergyL’applicazione di tecnologie IoT in ambito energy si propone di migliorare l’efficienza energetica di case, edifici e impianti attraverso applicazioni, soluzioni e progettualità per la gestione dell’energia, come ad esempio:il monitoraggio dei consumi attraverso lo Smart Metering;il risparmio energetico nel settore Smart Home o Smart Utility;l’ottimizzazione della distribuzione elettrica tramite Smart Grid;la gestione automatizzata degli impianti e dei consumi energetici negli Smart Building;la possibilità di creare contesti di produzione e autoconsumo di energia da fonti rinnovabili grazie alle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER);il miglioramento della vivibilità urbana e della sostenibilità ambientale nelle Smart City.Internet of Things: dall’obsolescenza programmata alla servitizzazioneLa sostenibilità ambientale ci consente di introdurre un altro tema inevitabilmente correlato. Si tratta dell’obsolescenza programmata, materia di contesa di vecchissima data, di ampia portata e difficilmente affrontabile con leggi e norme.Il primo caso “storico” di obsolescenza programmata è quello delle lampadine (la cosiddetta “bulb conspiracy”) in cui quattro grandi produttori agli inizi del ‘900 si accordarono in un cartello per contenere la vita delle lampadine (e assicurarsi così un sostanzioso mercato di sostituzione). Il motivo alla base è l’intrinseco conflitto di interesse che i modello di business basati sul ciclo acquisto-scarto-riacquisto hanno nei confronti della durabilità degli oggetti.Tuttavia, l’Internet delle cose vuole spostare il mercato da cicli acquisto-scarto-riacquisto verso modelli di business basati sulla servitizzazione, tagliando alla radice il problema del conflitto di interessi.In questo nuovo scenario, il cliente / consumatore acquista il servizio reso dal bene, non più il bene. È dunque nell’interesse del produttore ottimizzare la vita del prodotto, perché ogni extra costo ricadrà su di lui. Al cliente resterà la libertà di scegliere il fornitore del bene “pay-per-use” più competitivo (in qualità, servizio, e ovviamente prezzo).In alcuni settori la servitizzazione è già ampiamente diffusa. Un esempio sono le soluzioni da ufficio: nei contratti di office printing si pagano le stampe fatte, e il cliente si dimentica del problema di eventuali guasti “ad orologeria”, perché la loro risoluzione è nel dominio di responsabilità del fornitore. Questo stesso modello, nel settore industriale, è utilizzato ad esempio per i compressori industriali, per cui l’impresa non paga il bene, ma nel tempo si pagano i m3 di fluido effettivamente processati. Dati IoT e Smart Objects: quali rischi per la Privacy e la sicurezza?Dopo esserci soffermati su definizioni, applicazioni, tecnologie e trend di mercato e di innovazione dell’IoT, è bene interrogarsi su quali implicazioni possano esistere in materia di privacy e security. Questi due aspetti sono fondamentali in un’era in cui gli Smart Objects sono di uso quotidiano degli utenti. Videocamere, smart speaker, termostati, lavatrici connesse, sono tutti dispositivi intelligenti presenti in casa, in grado di interagire con le persone e con l’ambiente circostante registrando suoni, girare video e collegarsi a Internet. Questi oggetti sono quindi in grado di raccogliere, elaborare e comunicare dati e informazioni di diverso genere – dalla voce alle password, fino ai gusti, alle preferenze e alle abitudini della famiglia.Il delicato equilibrio tra l’innovazione offerta dall’Internet of Things e la tutela della privacy e dei dati personali diventa, dunque, sempre più difficile da mantenere. Soluzioni come gli smart home speaker, ad esempio, possono generare profitti profilando utenti, personalizzando le raccomandazioni di prodotti e, potenzialmente, vendendo i dati raccolti a terzi. Allo stesso tempo, anche i numerosi attacchi hacker dimostrano come nascano ulteriori potenziali rischi per la protezione dei dati del consumatore. In aggiunta, oltre a furti di dati, le azioni malevole possono riguardare anche la possibilità di attivare o disattivare oggetti intelligenti da remoto (come la disattivazione del sistema di allarme).Il crescente interesse per la valorizzazione e la sicurezza dei dispositivi sta stimolando un’evoluzione normativa a livello globale. Regolamenti quali GDPR, Cyber Resilience Act e Data Act e paradigmi come il cybersecurity by design mirano a creare un quadro normativo e applicativo che garantisca la tutela della privacy e la sicurezza dei dati personali e, allo stesso tempo, favorisca l’innovazione e la competitività.

Cos’è il Natural Language Processing (NLP) e come funziona

Artificial Intelligence

Cos’è il Natural Language Processing (NLP) e come funziona

L’NLP (Natural Language Processing) è un sistema di Intelligenza Artificiale (AI) che rientra tra le soluzioni software che negli ultimi anni hanno registrato maggiori progressi. Correttori ortografici e sistemi di traduzione automatici sono solo alcune delle applicazioni di NLP che usiamo nella vita quotidiana. Grazie al contributo di tecniche di Artificial Intelligence sempre più avanzate, come Machine Learning e Deep Learning, l’NLP trova numerosi ambiti applicativi. La strada da percorrere è però ancora lunga per una lingua complessa come l’italiano, caratterizzata da modi di dire, espressioni gergali e influenzata da numerosi dialetti.(altro…)

PNRR, cosa prevede il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza

Agenda Digitale

PNRR, cosa prevede il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza

Il PNRR, acronimo di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è il documento strategico che il Governo italiano ha predisposto per accedere ai fondi del programma Next generation EU (NGEU). Il 30 aprile 2021 l’Italia ha presentato alla Commissione Europea il PNRR. Il Piano, approvato il 13 luglio 2021, intende in sintesi:rilanciare il Paese dopo la crisi pandemica, stimolando una transizione ecologica e digitale;favorire un cambiamento strutturale dell’economia, a partire dal contrasto alle diseguaglianze di genere, territoriali e generazionali.L’obiettivo principale del PNRR è quello di rilanciare la struttura economico-sociale del Paese. Per farlo si punta, in particolare, sulle leve della digitalizzazione, della transizione ecologica e dell’inclusione sociale.In questa guida digitale sul PNRR, con l’aiuto della ricerca dell’Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico di Milano, illustreremo che cosa è il PNRR e cosa prevede. Approfondiremo, inoltre, quali sono le sei Missioni del PNRR e i principali interventi previsti negli ambiti economici, sociali e tecnologici interessati.Che cosa è il PNRRPer capire meglio che cos’è il PNRR, partiamo da una sua definizione puntuale.Il PNRR, approvato definitivamente il 13 luglio 2021, prevede una serie di investimenti e riforme in risposta alla crisi pandemica. Questo piano è previsto per l’arco temporale 2021-2026 e si inserisce in un quadro più ampio di fonti di finanziamento. Questi includono il Next Generation EU (investimenti e riforme UE a favore dell’innovazione ecologica e digitale, della formazione dei lavoratori e dell’equità), ma non solo. Vi sono anche finanziamenti della politica di coesione europea per il periodo 2021-2027, risorse ordinarie statali e risorse aggiuntive dedicate agli interventi complementari al PNRR.Come vedremo più nel dettaglio, il PNRR prevede 134 investimenti (235 se si conteggiano i sub-investimenti) e 63 riforme. Inizialmente il totale dei fondi della Next Generation EU erano pari a 191 miliardi di euro; a seguito di un aggiornamento del PNRR i fondi complessivi sono stati stanziati più di 220 miliardi di euro.Il Governo ha iniziato a mettere in atto il PNRR nella seconda metà del 2021 e dovrà completarlo e rendicontarlo entro la fine del 2026. Per supervisionare l’attuazione del PNRR il Governo in carica nel 2021 ha previsto un sistema di coordinamento che fa capo al Ministero dell’Economia, con strutture di valutazione e controllo create appositamente. Inoltre, si prevedono task force locali per aiutare le amministrazioni locali a migliorare le capacità di investimento e a semplificare le procedure.Secondo l’Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico di Milano, il 2022, per il PNRR, è stato l’anno cruciale per impostare al meglio le tante iniziative previste, pena la perdita di finanziamenti preziosissimi da parte della Commissione Europea.Per concretizzare tutto il potenziale di trasformazione digitale associato al PNRR è, quindi, necessario “unire i puntini”, cioè, raccordare visioni, risorse e sforzi che – se non ben allineati – rischiano di far perdere tempo ed energie veramente cruciali in questa fase.Il PNRR nel Next Generation EU (NGEU)Per parlare di come si è arrivati alla nascita del PNRR, bisogna fare una premessa. Innanzitutto, la pandemia ha colpito l’Italia corroborando una crisi economica, sociale e ambientale già in atto. Ormai da prima del Covid-19, il nostro Paese arrancava rispetto alle altre nazioni europee avanzate. Il nostro Paese, infatti, si confrontava con problemi di produttività, un tessuto produttivo frammentato e una scarsa propensione all’adozione di nuove tecnologie. Tutto ciò sia nel settore privato che nella Pubblica Amministrazione.Questo, però, non significa che l’Italia, senza il PNRR, sia condannata al declino: è qui che entra in gioco il Next Generation EU (NGEU), meglio noto in Italia con il nome di “Recovery Fund”. Tale programma dell’Unione Europea prevede una serie di fondi per risollevare le sorti degli Stati membri in seguito alla crisi provocata dalla pandemia. Per accedere ai fondi l’Italia, così come ciascun Stato membro, ha dovuto presentare il suo pacchetto di investimenti e riforme, vale a dire il PNRR, oggetto di questa guida. Quanti sono gli obiettivi del PNRR e la sua strutturaLa proposta del PNRR si concentra su tre obiettivi, detti anche assi di intervento, condivisi a livello europeo. Questi obiettivi sono:digitalizzazione e innovazione;transizione ecologica;inclusione sociale.Il PNRR intende, infatti, affrontare le conseguenze immediate della crisi pandemica, ma non solo. Con il Piano, il Governo italiano mira a risolvere e sbrogliare i diversi nodi strutturali che hanno rallentato lo sviluppo economico e sociale del Paese negli ultimi trent’anni.In primis la scarsa dinamica degli investimenti e la debole capacità amministrativa del settore pubblico. In seconda battuta, anche a una serie di fattori strutturali quali disparità di reddito, di genere, generazionali e territoriali.Stando alle stime contenute nello stesso PNRR, il Governo prevede entro il 2026 un aumento del PIL di 3,6 punti percentuali e un aumento dell’occupazione di 3,2 punti percentuali ottenuti grazie al Piano. Il Piano si struttura in quattro aree:Obiettivi generaliRiforme e MissioniAttuazione e monitoraggioValutazione dell’impatto macroeconomicoQuanto dura il PNRRAbbiamo approfondito quali sono gli obiettivi, ma, esattamente, quanto dura il PNRR? Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è stato pensato per scandire gli investimenti per un arco di cinque anni. Il Governo italiano, infatti, ha iniziato a mettere in atto il PNRR nella seconda metà del 2021. Il Piano, poi, dovrà essere portato a compimento e rendicontato entro la fine del 2026.L’iter normativo del PNRRMaggio 2020 – Next Generation EUI lavori di preparazione del PNRR sono iniziati il 27 maggio 2020, quando la Commissione europea ha proposto lo strumento Next Generation EU, oltre a un rafforzamento mirato del bilancio a lungo termine dell’UE per il periodo 2021- 2027.Aprile 2021 – Il PNRR in ParlamentoIl PNRR è stato predisposto garantendo un ampio coinvolgimento del settore privato, degli enti locali, delle parti sociali e delle forze produttive del Paese ed è stato presentato in via ufficiale dal Governo italiano il 30 aprile 2021, dopo un approfondito esame da parte del Parlamento.Luglio 2021 – Il PNRR è approvatoIl 22 giugno 2021 la Commissione europea ha pubblicato la proposta di decisione di esecuzione del Consiglio relativa all’approvazione del PNRR dell’Italia, accompagnata da una dettagliata analisi del PNRR italiano. Il 13 luglio 2021 il PNRR dell’Italia è stato definitivamente approvato con Decisione di esecuzione del Consiglio, che ha recepito la proposta di decisione della Commissione europea.Febbraio 2023 – Revisione del PNRRA seguito dell’insediamento del Governo Meloni nell’ottobre 2022, il 16 febbraio 2023 viene approvato un decreto-legge che apporta modifiche alla governance del PNRR. Spiccano, in particolar modo, la nascita dell’ufficio Struttura delle missioni PNRR, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, e l’Ispettorato generale per il PNRR, presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF).La Struttura delle missioni PNRR diventa il principale meccanismo operativo del Piano, assorbendo le responsabilità della segreteria tecnica e supportando l’autorità politica delegata nel fornire orientamenti e coordinare l’azione di Palazzo Chigi per l’attuazione generale del Piano. Inoltre, sostituisce MEF come intermediario con la Commissione europea per l’attuazione del PNRR.L’Ispettorato generale per il PNRR, invece, sostituisce il Servizio Centrale dello Stato, continuando, quindi, a svolgere compiti di grande importanza per l’implementazione del Piano, come la responsabilità del fondo di rotazione, il monitoraggio e la gestione dei flussi finanziari.Altre modifiche rilevanti riguardano la capacità amministrativa, che viene rafforzata, le procedure di attuazione, che vengono semplificate, e le modifiche relative alla struttura delle missioni, alle politiche di coesione e alla politica agricola comune. Quali fondi rientrano nel PNRRAi fini della realizzazione delle Missioni e Riforme previste nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, l’Italia è chiamata a gestire un ammontare di 223,91 miliardi di euro. Le Risorse derivano dai due fondi di Next Generation EU (NGEU) maggiori:RRF (acronimo di Recovery and Resilience Facility), per 210,91 miliardi;REACT-EU (acronimo di Recovery Assistance for Cohesion and the Territories of Europe, in italiano Pacchetto di Assistenza alla Ripresa per la Coesione e i Territori d’Europa), per 14,4 miliardi.FNC (acronimo di Fondo nazionale per gli investimenti complementari), per 30,6 miliardi.Quali sono le sei missioni del PNRRAndando più nel dettaglio, il PNRR si sviluppa lungo 16 Componenti, funzionali a realizzare gli obiettivi economico-sociali definiti nella strategia del Governo. Tali componenti sono raggruppate in sei Missioni fondamentali.Per ogni Missione del PNRR sono indicate le riforme necessarie a una più efficace realizzazione degli interventi. Sono 63 riforme in tutto, che possiamo suddividere nelle seguenti tipologie:Riforme orizzontali (o di contesto), innovazioni strutturali dell’ordinamento volte a migliorare l’equità, l’efficienza, la competitività e il quadro economico del Paese;Riforme abilitanti, funzionali a garantire l’attuazione del Piano e in generale a rimuovere gli ostacoli amministrativi, regolatori e procedurali che condizionano le attività economiche e la qualità dei servizi erogati;Riforme settoriali (contenute nelle singole Missioni), innovazioni normative relative a specifici ambiti di intervento o attività economiche, destinate a introdurre regimi regolatori e procedurali più efficienti nei rispettivi ambiti settoriali;Riforme concorrenti, cioè misure non comprese direttamente nel Piano, ma necessarie alla realizzazione degli obiettivi generali del PNRR (come, ad esempio, la riforma fiscale o il potenziamento del sistema di ammortizzatori sociali).MISSIONE 1 – Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismoL’obiettivo della Missione 1 del PNRR è quello di promuovere la transizione digitale nella PA, nelle infrastrutture di comunicazione e nel sistema produttivo, migliorare la competitività delle filiere industriali e rilanciare il turismo e la cultura.MISSIONE 2 – Rivoluzione verde e transizione ecologicaL’obiettivo della Missione 2 del PNRR è quello di Incentivare la sostenibilità sociale ed economica, con interventi che coinvolgono aree come l’agricoltura, la gestione dei rifiuti, l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili e la biodiversità del territorio.MISSIONE 3 – Infrastrutture per una mobilità sostenibileL’obiettivo della Missione 3 del PNRR è quello di Modernizzare e potenziare la rete ferroviaria (soprattutto nel Sud), ottimizzare e digitalizzare il trasporto aereo, garantire l’interoperabilità della piattaforma logistica nazionale per la rete dei porti.MISSIONE 4 – Istruzione e ricercaL’obiettivo della Missione 4 del PNRR è quello di Colmare le carenze nel sistema dell’istruzione lungo tutte le fasi del ciclo formativo, dall’asilo nido fino all’università, rafforzando i sistemi di ricerca e offrendo nuovi strumenti per il trasferimento tecnologico.MISSIONE 5 – Inclusione e coesioneL’obiettivo della Missione 5 del PNRR è quello di Investire nelle infrastrutture sociali, rafforzare le politiche attive del lavoro, sostenere l’alternanza scuola-lavoro e l’imprenditoria femminile, con attenzione alla protezione di individui fragili, famiglie e genitori.MISSIONE 6 – SaluteL’obiettivo della Missione 6 del PNRR è quello di Rafforzare prevenzione e assistenza tramite l’integrazione tra servizi sanitari e sociali e la digitalizzazione del SSN, potenziare il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) e la Telemedicina, promuovere la formazione del personale sanitario e la ricerca scientifica.Quali settori beneficiano del PNRRIl PNRR definisce obiettivi e interventi trasversali ai vari ambiti della sfera economica e sociale italiana. Dal Turismo alla Cultura, dall’Agricoltura alla Logistica, dall’Istruzione al Lavoro, dalla Sanità alla Pubblica Amministrazione. Minimo comun denominatore, all’interno delle Riforme e Missioni definite all’interno del Piano, è l’Innovazione Digitale.Diamo qualche dato preciso su PNRR e Innovazione Digitale, attraverso i dati di ricerca dell’Osservatorio Agenda Digitale:Il 26% del totale dei fondi europei NGEU è dedicato alla Trasformazione Digitale. In linea con la media europea, l’Italia ha destinato il 25% delle risorse del PNRR all’attuazione della propria Trasformazione Digitale. Si tratta di 48 miliardi di euro, di cui 40,7 previsti per gli interventi della Missione 1 e i restanti suddivisi nelle altre cinque Missioni di cui si compone il Piano. Una parte importante di questi fondi (circa il 32%) è destinata all’eGovernment, con interventi chiave come la digitalizzazione dei servizi pubblici offerti dalle PA locali e centrali, l’innovazione dei processi interni della PA e del sistema giudiziario; un’altra area di spesa importante (27% dei fondi per il digitale) è quella destinata alla digitalizzazione delle imprese, con crediti di imposta messi a disposizione per gli investimenti in beni strumentali, innovazione aziendale e formazione del personale, superando lo strumento dell’iper-ammortamento del piano Industria 4.0.Dunque, le tecnologie digitali sono centrali nella visione del PNRR e il loro sviluppo è fondamentale per raggiungere gli obiettivi di produttività e occupazione stimati in precedenza.In questo contesto è, quindi, interessante capire quale possa essere la reale spinta innovativa del PNRR, sia a livello tecnologico che a livello economico-sociale. Con l’aiuto dei team di Ricerca degli Osservatori Digital Innovation abbiamo perciò sviscerato le singole Componenti e Riforme distribuite all’interno delle Missioni, così da fornire un focus per ogni ambito tecnologico ed economico impattato dal Piano.Quali sono gli interventi del PNRR: i Piano StrategiciPer attuare al meglio la Trasformazione Digitale, il PNRR prevede diversi piani strategici. Vediamo nei paragrafi successivi, quali sono questi cinque piani strategici.Piano Triennale per l’informatica nella PAIl primo piano strategico del PNRR è il Piano Triennale per l’Informatica nella PA. Questo indica le linee di azione per promuovere la trasformazione digitale del settore pubblico e del Paese. Secondo il modello previsto dal PNRR, centralmente sono realizzate le piattaforme che dovrebbero abilitare la digitalizzazione dei processi pubblici mentre le PA sviluppano servizi secondo le proprie specificità, utilizzando competenze interne o di mercato. Il PNRR prevede aggiornamenti annuali che traguardano i successivi tre anni.Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD)Il Codice dell’Amministrazione Digitale, noto anche con l’acronimo CAD è un testo unico che costituisce un corpo organico di disposizioni. Esso presiede all’uso dell’informatica come strumento privilegiato nei rapporti tra la PA e cittadini italiani.Strategia Nazionale per le Competenze DigitaliQuesta è la prima strategia globale del PNRR sul tema delle competenze digitali in Italia, adottata per la prima volta nell’agosto 2020. La regia è affidata al Comitato Tecnico Guida di Repubblica Digitale, coordinato dal Dipartimento per la Trasformazione Digitale. Quattro sono gli assi di intervento:Istruzione e Formazione Superiore;Forza lavoro attiva;Competenze specialistiche ICT;Cittadini. Obiettivi di questa Strategia del PNRR sono:eliminare il gap con gli altri Paesi europei;abbattere il digital divide tra varie aree del nostro territorio nazionale.Programma Strategico per l’intelligenza ArtificialeUn terzo piano strategico del PNRR è il Programma Strategico per l’intelligenza Artificiale. In linea con la Strategia Europea, il Programma delinea 24 politiche da implementare nei prossimi tre anni per potenziare il sistema IA in Italia.Ciò attraverso la creazione e il potenziamento di competenze, ricerca, programmi di sviluppo e applicazioni dell’IA. Queste politiche hanno l’obiettivo di rendere l’Italia un centro sull’IA competitivo a livello globale, rafforzando la ricerca e incentivando il trasferimento tecnologico.Codice dei Contratti PubbliciIl PNRR non regola solo le ultime tecnologie e innovazioni. Infatti, il Codice dei Contratti Pubblici, è una legge italiana emanata con decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. Essa regola la materia degli appalti pubblici di lavori, forniture, servizi e concessioni, e dei relativi contratti pubblici. Essendo un codice, specie su una materia soggetta a continua evoluzione, è un testo normativo periodicamente aggiornato.Con l’emanazione del Decreto Legislativo 31 marzo 2023, n. 36, efficace dal 1° luglio 2023, il testo è stato rinnovato, con importanti novità introdotte sia in materia amministrativa (in particolare, con l’introduzione del principio della fiducia) che negli aspetti tecnologici e di processo, ad esempio con la digitalizzazione dell’intero ciclo di vita dei contratti pubblici. Quali sono i progetti finanziati dal PNRRIl PNRR è un ambizioso programma strategico per l’Italia che affronta molteplici sfide e opportunità nei diversi settori dell’economia. La digitalizzazione della Pubblica Amministrazione è un punto centrale, con investimenti mirati alla migrazione al Cloud e al potenziamento delle competenze digitali.La Sanità, i Beni Culturali, il Turismo, il Settore Primario, il Lavoro, l’identità digitale, la Space Economy, la Supply Chain Finance, la Logistica, gli Smart Building e le Smart City sono tutti settori coinvolti, con obiettivi di innovazione, sostenibilità e sviluppo tecnologico. Il PNRR rappresenta una preziosa occasione per la crescita e il progresso del Paese.PNRR e Digitalizzazione della Pubblica AmministrazioneIl Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per la Pubblica Amministrazione riveste un ruolo di primo piano nella sua attuazione. Il 60% delle risorse associate al Piano sono destinate a:PA centrali (ad esempio INPS);PA locali (ad esempio Comuni);Imprese pubbliche (es. Trenitalia).Tutte le risorse del PNRR, infatti, sono gestite da Ministeri o Dipartimenti della Presidenza del Consiglio, ergo PA.Un’altra cosa però è molto più evidente di tutte: il PNRR dedica alla PA un’intera componente della Missione 1, quella appunto intitolata alla Transizione digitale delle PA. In questo ambito sono previste diverse riforme e investimenti volte a portare a compimento molte iniziative già avviate con il Piano Triennale e ad accelerare su alcuni fronti storicamente carenti (migrazione Cloud dei servizi pubblici, competenze digitali e semplificazione dei processi amministrativi e giudiziari).PNRR e Cloud per le PA italianeIl Governo italiano, nel PNRR, ha definito per il 2026 che il 75% delle PA abbia i propri dati in Cloud. Si tratta di un obiettivo certamente ambizioso, ma il PNRR ha accelerato diversi fattori che avrebbero richiesto anni e che, invece, sono stati attuati in pochi mesi.La migrazione in Cloud prevista dal PNRR per migliaia di PA, rappresenta ben due dei 134 investimenti previsti dal PNRR. Il primo è dedicato alla creazione del PSN e alla migrazione al Cloud di PA centrali e aziende sanitarie. Il secondo è dedicato alla migrazione al Cloud delle PA locali. Tuttavia, ci sono anche altre risorse del PNRR connesse al Cloud, riguardanti ad esempio il tema dei dati, dell’interoperabilità e della cybersecurity.Cosa prevede il PNRR per la sanitàLa Missione 6 del PNRR dedica al tema della Salute e Sanità un ampio capitolo di riforme e investimenti volti in particolare, per rafforzare e sviluppare le reti e i presidi territoriali, ma non solo. Punta anche a rafforzare le competenze digitali nel rapporto medico-paziente e il ricorso a strumenti quali il Fascicolo Sanitario Elettronico e la Telemedicina.Questi progetti del PNRR sono un unicum nella storia degli investimenti e del cambiamento della Sanità Italiana. Un’opportunità da non perdere e sfruttare al meglio per innovare il Sistema Sanitario Nazionale.PNRR e Beni CulturaliNella Missione 1 del PNRR parte dei fondi è dedicata ai Beni Culturali, grazie ai quali è possibile investire nel settore in progetti di conservazione, tutela e valorizzazione del patrimonio.Fondamentale, però, nel PNRR è l’impostazione di una strategia di innovazione e l’adozione di una visione sistemica di tali progetti. Secondo l’Osservatorio Innovazione Digitale per la Cultura la capacità di fare innovazione delle istituzioni, in particolare musei e teatri, si concentra su trasformazione digitale, accessibilità e sostenibilità.Cosa prevede il PNRR per il turismoTra i numerosi settori economici coinvolti dal PNRR, il turismo costituisce una delle principali aree di intervento, con investimenti volti a migliorare le strutture, i servizi e l’offerta.La Missione 1, incentrata sul tema della transizione digitale del sistema produttivo italiano, mira a rilanciare il turismo e la cultura tramite l’assegnazione di 2,4 miliardi di euro. Digitalizzazione, competitività e transizione verde: questi i principali obiettivi perseguiti dal PNRR.Cosa prevede il PNRR per l’agricolturaTra i provvedimenti del PNRR, nella Missione 2 è incluso lo stanziamento di 5,2 miliardi di euro per il comparto agricolo a sostegno dell’innovazione tecnologica.In primo luogo, il PNRR prevede un ammodernamento nel comparto della meccanica agricola, trainante per il mercato dell’Agricoltura 4.0. A questo si aggiungono provvedimenti per l’innovazione tecnologica del comparto, una trasformazione che potrebbe fare la differenza per tutti gli attori coinvolti nella filiera agroalimentare.PNRR e LavoroSono diversi gli interventi del PNRR che incidono in modo energico sul mercato del lavoro e impattano direttamente o indirettamente la gestione delle risorse umane.Tre in particolare gli aspetti che saranno maggiormente impattati dal PNRR:i processi di selezione e formazione dei dipendenti nella Pubblica Amministrazione;lo sviluppo di competenze digitali necessarie per sostenere la transizione verde e digitale;la riforma delle politiche attive del lavoro e della formazione professionale.PNRR e Identità DigitaleNella Missione 1 dedicata a transizione digitale e competitività, il PNRR prevede un’offerta integrata di servizi digitali mirati. Questi serviranno per ottimizzare i processi e ridurre i tempi della Pubblica Amministrazione e semplificare la vita di cittadini, imprese ed enti.In relazione all’identità digitale il PNRResplicita la volontà di rafforzare il sistema partendo da piattaforme esistenti (SPID e CIE), per poi convergere verso una nuova soluzione con una migliore user experience e che offra una maggiore accessibilità ai servizi digitali.PNRR e StartupAnche l’ecosistema delle startup è coinvolto dal piano PNRR, seppur in maniera limitata. Nel PNRR vi sono diverse Missioni e Investimenti in riferimento alle startup, ma sono presenti anche altri interventi che, seppure non esplicitamente, potrebbero permettergli di beneficiare di ulteriori fondi.Tuttavia, nemmeno la metà è a conoscenza degli interventi del PNRR a loro diretti. È un importante segnale d’allarme per le istituzioni, sia perché potrebbe essere necessaria una maggiore trasparenza nella comunicazione, sia perché potrebbe significare che le attuali misure del PNRR non siano impattanti per l’ecosistema del settore.PNRR e Space EconomyAll’interno delle Missione 1 del PNRR sono stati destinati 1,49 miliardi di euro dedicati alla Space Economy, il nuovo fenomeno di frontiera in cui si combinano le tecnologie spaziali e digitali per sviluppare opportunità tecnologie e di business.L’economia dello spazio abbraccia in realtà diverse missioni del PNRR. Ad esempio, le tecnologie spaziali possono contribuire significativamente alla Rivoluzione verde e transizione ecologica auspicata nella Missione 2 e, inoltre, possono trovare risorse anche all’interno della Missione 4, dedicata all’Istruzione e alla Ricerca.PNRR e Supply Chain FinanceScandagliando le missioni 1, 2 e 3 del PNRR troviamo interessanti opportunità per il mercato del Supply Chain Finance, l’insieme delle soluzioni innovative che consentono a un’impresa di finanziare il proprio Capitale Circolante.A beneficiare dei provvedimenti del PNRR, in particolare, tre soluzioni: Equipment Finance, Cessione Crediti Fiscali e Deep Tier Finance. Per far sì che questo accada, però, occorre che una serie di riforme previste dal Piano siano effettivamente implementate come da programma.PNRR e Contract LogisticsIl PNRR offre un’opportunità di sviluppo anche per la Contract Logistics in ottica sostenibile e digitale. Tuttavia, non esiste una singola Missione o un Ministero che racchiuda i fondi dedicati a questo settore.Una parte, riguardante però il trasporto di persone, è stata affidata al Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità; altri fondi per la Logistica sono stati affidati al Ministero della Transizione Ecologica Sostenibile, al Ministero per l’Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale e, infine, al Ministero dello Sviluppo Economico.PNRR e Smart BuildingPer essere al passo con il resto dell’Europa, il PNRR prevede di equipaggiare sempre più infrastrutture, in ambito pubblico e privato, con alti livelli di connettività, sfruttando le funzionalità di altre applicazioni tecnologiche, tra cui i sistemi basati sull’IoT, l’Internet of Things.Non solo sensoristica avanzata applicata ai processi produttivi, alla mobilità o alla logistica, ma interi ecosistemi connessi all’interno di abitazioni private e edifici pubblici. Trasformare queste strutture in veri e propri Smart Building (scuole, cinema, teatri) è l’obiettivo del PNRR attraverso i fondi della Missione 1.PNRR e Smart CityIl PNRR anche per la Smart City. Dall’efficienza energetica alla mobilità sostenibile, dalla sicurezza alla riqualificazione degli spazi urbani, fino alla digitalizzazione degli enti locali alla Smart Mobility: di pari passo con lo Smart Building, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza permea in maniera trasversale anche il tema Smart City.Gli ambiti applicativi del Piano che rientrano nella sfera di influenza delle città intelligenti sono tanti e il potenziale degli interventi è alto. Elementi di Smart City sono presenti in almeno tre delle sei Missioni previste del PNRR, in particolar modo nella Missione 5, in cui si parla di Piani Urbani Integrati, ma non solo.Le rate del PNRR, tra difficoltà di spesa e tempisticheIl PNRR ha diverse scadenze da rispettare, che hanno una cadenza trimestrale, dal 2021 al 2026 (anno in cui è prevista la conclusione del Piano).Dopo una rata di prefinanziamento erogata all’avvio del PNRR (avvenuta per l’Italia il 13 agosto 2021 per un valore totale di 24,9 miliardi di euro in sovvenzioni e prestiti), la Commissione Europea ha autorizzato l’erogazione dei fondi agli Stati membri solo se milestone e target previsti risultano conseguiti in maniera soddisfacente.Le milestone nel PNRR definiscono generalmente le fasi rilevanti di natura amministrativa e procedurale (come l’entrata in vigore del codice degli appalti pubblici). I target, invece, rappresentano i risultati attesi dagli interventi, ossia i traguardi quantitativi verificati tramite indicatori misurabili (come la digitalizzazione di 3,5 milioni di fascicoli giudiziari).Il 13 aprile 2022, conseguentemente alla richiesta per il PNRR presentata dal Governo il 30 dicembre 2021 e alla sua valutazione positiva, la Commissione Europea ha versato all’Italia la prima rata semestrale. Il valore della prima rata è stato pari a 21 miliardi di euro.A inizio luglio 2022, a seguito del raggiungimento dei 45 obiettivi previsti dal PNRR, è stata effettuata dal Governo la richiesta di pagamento della seconda rata. Approvata il 27 settembre 2022 dalla Commissione europea, dopo un mese, dal Comitato economico e finanziario. I fondi del PNRR previsti, che ammontavano a 21 miliardi di euro, sono stati erogati l’8 novembre, dopo il parere del ComitatoA dicembre 2022, l’Italia aveva completato circa il 18% delle milestone e dei target del proprio PNRR, per un totale di 55 obiettivi. Ciò ha fatto risultare il Paese come il più veloce d’Europa a completare gli interventi previsti in ambito di Trasformazione Digitale. Il 30 dicembre 2022 il Governo Meloni ha inviato alla Commissione la richiesta per la terza rata, per un valore totale di 19 miliardi di euro.A seguito della revisione del PNRR da parte del Governo e dell’integrazione del REPowerEU, la scadenza per la proposta delle modifiche è passata dal 30 aprile al 31 agosto 2023. Perché il PNRR è a rischio?Nel caso in cui questi gli obiettivi del PNRR non vengano rispettati il rischio è di perdere le risorse messe a disposizione. Infatti, visti i ritardi di implementazione riscontrati alla verifica di fine 2022, la Commissione Europea non ha autorizzato nei tempi previsti l’erogazione della terza rata. Inoltre, le difficoltà legate ad alcune scadenze previste per giugno 2023 hanno portato l’esecutivo a non richiedere l’erogazione della quarta rata. Ciò ha fatto salire il conto dei pagamenti sospesi del PNRR italiano a 36 miliardi.La Presidenza del Consiglio ha, quindi, deciso di avviare una procedura di revisione e rinegoziazione di tempi e importi del PNRR con la Commissione EU. A luglio 2023, il confronto è risultato in un accordo che prevede il versamento della terza rata entro la fine del 2023 e lo spostamento di 519 milioni di euro dalla terza alla quarta rata (che da 19 e 16 miliardi diventano rispettivamente di 18,5 e 16,5 miliardi).Il principale oggetto di rimodulazione del PNRR ha riguardato gli studentati e la relativa modalità di misurazione dei posti letto, che da quantitativa diventa qualitativa (in origine, il PNRR prevedeva non meno di 7500 nuovi posti letto entro la fine del 2022. Successivamente, si è stabilito di valutare la pubblicazione delle gare e l’assegnazione delle concessioni necessarie per raggiungere il target di 60000 posti entro il 2026).Tra le difficoltà, un ruolo importante è giocato dalle capacità di progettazione, spesa e rendicontazione dei vari soggetti attuatori del PNRR. L’ultima relazione sull’attuazione presentata in Parlamento, infatti, evidenzia come, il 56% delle risorse assegnate ai comuni in veste di soggetti attuatori, saranno spese in ritardo rispetto a quanto previsto, contro una media complessiva del 42%.Le competenze progettuali necessarie a gestire i numerosi bandi del PNRR – ordinari e straordinari – sono tuttora disperse, particolarmente difficili da trovare nei piccoli comuni delle aree periferiche del Paese, dove il piano straordinario di assunzioni operato dai governi che si sono succeduti non ha sortito gli effetti sperati. I piccoli comuni rimangono, tuttavia, responsabili della progettazione di lavori fondamentali per la realizzazione delle misure previste dal Piano.Tra gli altri ritardi nel PNRR vi è anche l’aumento dei costi energetici e delle materie prime sostenuto per la realizzazione delle opere infrastrutturali. Ciò ha messo a dura prova i già fragili bilanci comunali, tirando il freno alla spesa degli enti locali.Queste sono solo alcune delle criticità che hanno comportato per diversi bandi ministeriali del PNRR la ricezione di un numero insufficiente di proposte progettuali da parte dei comuni. Non solo. Anche la necessità di prorogare i termini o di riaprire avvisi pubblici già chiusi.È il caso di alcuni bandi del PNRR per la costruzione di nuovi asili nido e scuole per l’infanzia. L’aggiudicazione dei relativi contratti arriverà, infatti, in ritardo rispetto alle scadenze concordate.

Smart Working, cos’è e come funziona il Lavoro Agile

Smart Working

Smart Working, cos’è e come funziona il Lavoro Agile

Lo Smart Working è un modello organizzativo in grado di portare notevoli vantaggi alle organizzazioni che lo adottano. Si hanno benefici in termini di produttività e di raggiungimento degli obiettivi, ma anche di welfare aziendale e di qualità della vita del lavoratore.Tuttavia, il concetto di Smart Working resta ancora oggi avvolto in un alone di confusione. Spesso viene sovrapposto a pratiche per certi versi simili, adottate durante l’emergenza sanitaria con l’obiettivo di diminuire il rischio di contagio da Covid. In questo caso si tratta, ad esempio, Telelavoro e del Lavoro da Remoto, forme, ormai, datate.In realtà, però, l’idea di Lavoro Agile è ben diversa. Fare Smart Working, infatti, non vuol dire semplicemente “lavorare da casa”. Ha un significato molto più ampio. Quindi, nel dettaglio, qual è l’esatto significato di Smart Working?In questa guida dedicata allo Smart Working spiegheremo nel dettaglio tutto ciò che riguarda questa tematica. Approfondiremo in che cosa consiste lo Smart Working, ma non solo. Analizzeremo, anche, come funziona il lavoro Smart Working, come viene applicata la legge sullo Smart Working e i provvedimenti in materia, sia per dipendenti pubblici che per i privati. Scopriremo anche i livelli di diffusione e nuovi trend di Lavoro Agile in Italia.Affronteremo questi argomenti con l’aiuto dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, da anni punto di riferimento per lo sviluppo della cultura dell’innovazione dei modelli di lavoro in ottica smart.Che cosa si intende per Smart WorkingCome già accennato, il concetto di Smart Working non è da confondere con il lavoro svolto durante la pandemia. Detto questo, dunque, cos’è lo Smart Working? Per fare chiarezza, partiamo dalla definizione coniata dallo stesso Osservatorio Smart Working.Lo Smart Working, o Lavoro Agile, è una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Un nuovo approccio al modo di lavorare e collaborare all’interno di un’azienda che si basa su quattro pilastri fondamentali: revisione della cultura organizzativa, flessibilità rispetto a orari e luoghi di lavoro, dotazione tecnologica e spazi fisici.Di conseguenza, adottare il “vero” Smart Working significa abbracciare un approccio di lavoro in cui le persone sono autonomamente in grado di scegliere gli strumenti da utilizzare e il luogo da cui lavorare, al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati. In questo contesto di flessibilità e orientamento ai risultati, le persone possono scegliere di lavorare in modo ibrido, alternando liberamente l’ufficio ad altri luoghi come la propria casa o spazi di coworking. Questa autonomia è parte integrante dello Smart Working. Telelavoro e Smart Working sono la stessa cosa?Detto di cosa si intenda esattamente per Smart Working, è importante specificare anche cosa non è lo Smart Working. Innanzitutto, lo Smart Working non è un inglesismo per definire il Telelavoro.Il Telelavoro, infatti, consiste in una prestazione lavorativa svolta al di fuori della sede di lavoro con il supporto di tecnologie, mentre lo Smart Working, come detto, non significa solo lavorare a distanza, ma svolgere l’attività lavorativa con flessibilità e autonomia.Telelavoro e Smart Working sono, dunque, due diverse modalità di lavoro, da un punto di vista sia sostanziale che contrattuale.Dati questi presupposti, il fenomeno di lavoro a distanza durante l’emergenza sanitaria è più assimilabile al Telelavoro o allo Smart Working? In realtà a nessuno dei due, poiché si è trattato di un lavoro da remoto “spinto”, che non ha lasciato scelta. Possiamo, infatti definirlo, come Smart Working “emergenziale”. È indubbio che con il lavoro emergenziale alcuni elementi in gioco sono cambiati, non senza criticità.Tuttavia, lo Smart Working, negli ultimi anni, ha costituito un’esperienza preziosa. Questo ha, infatti, permesso di fare in poco tempo un percorso di apprendimento e crescita di consapevolezza in materia che, in condizioni normali, avrebbe richiesto anni.A cosa serve lo Smart Working, i beneficiLo Smart Working ha portato chiaramente notevoli vantaggi alle aziende, in termini di:miglioramento della produttività;riduzione dell’assenteismo;riduzione dei costi per gli spazi fisici.I vantaggi derivanti dallo Smart Working riguardano, però, anche la soddisfazione del lavoratore e il miglioramento della società.L’Osservatorio Smart Working aveva già stimato un incremento di produttività per un lavoratore derivante dall’adozione di un modello “maturo” di Smart Working nell’ordine del 15%-20%.Sono soddisfatti i dipendenti dello Smart Working?In generale, i “veri” smart worker hanno un migliore livello di benessere e di engagement. Secondo la Ricerca dell’Osservatorio, infatti, gli Smart Worker godono di livelli più elevati rispetto alle altre categorie di lavoratori su tutte le dimensioni del benessere – psicologico, relazionale e fisico –.I vantaggi economici dello Smart WorkingSi può, inoltre, stimare che lo Smart Working porti una generale riduzione dei costi sia per i lavoratori sia per le aziende che lo adottano. Portiamo ad esempio due casi specifici:Nel primo caso il Lavoro Agile consente una diminuzione dei costi di commuting (o pendolarismo), al netto dell’aumento dei consumi domestici, di circa 900 euro all’anno.Nel secondo caso, invece, lo Smart Working può portare a una migliore ottimizzazione dell’utilizzo degli spazi e della riduzione i consumi nelle sedi aziendali. Ciò consente di risparmiare fino a 2500 euro all’anno per persona. Un altro beneficio evidenziato negli ultimi anni, infatti, è che lo Smart Working aiuterebbe a diminuire le emissioni di Co2, rendendo questa pratica molto ecologica.Lavorare in Smart Working, strumenti e pilastri del Lavoro AgileLa filosofia del Lavoro Agile, con i benefici e le implicazioni normative annessi, si sta diffondendo sempre più tra le aziende italiane. È bene chiedersi allora se le nostre aziende stiano considerando tutti gli elementi fondamentali nel modello di Smart Working.Ogni progetto di Smart Working che si rispetti, per avere successo, richiede di considerare contemporaneamente quattro dimensioni tra loro complementari che sono strumenti e pilastri dello Smart Working. Queste componenti sono:policy;tecnologie;spazi;cultura e competenze.Le PolicyL’adozione di un’iniziativa di Smart Working davvero matura richiede l’introduzione di policy, tradotto in italiano come direttive.Queste direttive – pur senza essere rigide, restrittive e senza limitare l’autonomia lavorativa dei lavoratori – devono risultare chiare e precise, al fine di non lasciare spazi ad ambiguità in campi spesso spinosi. Si tratta, ad esempio, degli ambiti legati alla privacy dei dati trattati, al diritto alla disconnessione e alla gestione di iniziative fortemente improntate alla flessibilità oraria (es: settimana corta, ferie illimitate, temporary distant working).Per disegnare policy per lo Smart Working efficaci è necessario definire chiaramente gli obiettivi del progetto, oltre che effettuare un’attenta analisi dei processi e delle esigenze di tutte le persone coinvolte. È bene ricordare che non esiste a priori un set di policy migliore, adatto ad ogni contesto. Ogni organizzazione deve cercare di identificare quella più adatta alle proprie peculiarità.Le Tecnologie nello Smart WorkingAll’atto dell’avvio di qualsiasi iniziativa di Smart Working, un’altra delle prime attenzioni deve essere quella di analizzare la dotazione tecnologica disponibile. Si tratta di un’attività indispensabile per comprendere la fattibilità concreta del progetto.Gli strumenti informatici e, in generale, le tecnologie digitali rivestono, infatti, un ruolo fondamentale nel rendere possibili lo Smart Working. Il digitale permette di espandere e rendere virtuale l’ambiente lavorativo. Attraverso di esso si trasformano gli spazi fisici in digitali, dove la collaborazione e la socializzazione avvengono in modo indipendente dai vincoli di orario e luogo.L’adeguamento delle tecnologie deve essere accompagnato dallo sviluppo di competenze digitali. Quest’ultimo è infatti un requisito fondamentale per garantire l’employability (o occupabilità) delle persone nel medio lungo periodo.Dall’ufficio tradizionale allo Smart OfficeLo Smart Working presuppone un cambiamento nelle modalità di lavoro delle persone e, a sostegno di questa trasformazione, occorre un ripensamento degli spazi mirato. Questo, poi, porta in modo inevitabile ad un’evoluzione dell’ufficio tradizionale. Nasce, così, lo Smart Office.Proprio per favorire l’adeguamento ai modelli lavorativi introdotti dallo Smart Working occorre creare un ambiente di lavoro con spazi flessibili. Questi, poi, devono favorire la collaborazione, il benessere individuale e l’introduzione di tecnologie digitali, ma non solo. Devono anche superare le logiche della postazione fissa e dello status delle persone.Le competenze e la cultura aziendalePer lavorare in Smart Working in modo efficace, però, non è solo necessaria la disponibilità di tecnologie digitali e di spazi adeguati. Infatti, l’introduzione di un modello di Smart Working richiede di sviluppare piani di formazione e di change management che permettano di far evolvere competenze (digitali e non) e stili di leadership.Per questo motivo il Lavoro Agile può diventare un’occasione di un profondo cambiamento nella cultura di un’organizzazione. L’esperienza delle aziende più mature mostra come la vera posta in palio sia l’affermarsi di un’organizzazione capace di generare autonomia e responsabilità nelle persone, riconoscerne il merito, sviluppare talenti e l’engagement verso l’innovazione e il cambiamento.Come organizzare il lavoro da casa nello Smart WorkingAnche nell’ambito dello Smart Working ci sono delle regole ben precise da rispettare, soprattutto per quello che riguarda:l’organizzazione e la gestione dei dipendenti;degli strumenti operativi;dei dati personali.Nei paragrafi seguenti di questa guida, approfondiremo e chiariremo nel dettaglio quali sono queste regole dello Smart Working che un’organizzazione deve tenere sempre in conto.Gestione e monitoraggio dei dipendentiUn progetto di Smart Working richiede nuovi stili di leadership basati non più sul controllo ma sulla fiducia e sulla responsabilizzazione delle persone. La Smart Leadership consiste nel saper adottare stili manageriali più flessibili e plasmarli in base alle esigenze dell’organizzazione e delle persone.Strumenti OperativiPer la riuscita di un’iniziativa di Smart Working, come già detto in precedenza, sia le tecnologie che le competenze digitali, sono fondamentali. Insieme costituiscono gli strumenti necessari per garantire produttività e collaborazione anche a distanza. E non è solo una questione tecnica, ma anche di cultura, aspetto indispensabile per approcciarsi a un nuovo modo di lavorare.Smart Working, GDPR e sicurezza informaticaIl “lavoro da casa” applicato nello Smart Working porta con sé diverse implicazioni in materia di controllo a distanza dei lavoratori e privacy. Ma non solo. Entra in gioco, anche in materia di Smart Working, il GDPR (General Data Protection Regulation) per disporre le corrette misure per l’utilizzo di database aziendali. La formazione in materia di privacy e sicurezza è il principale fattore per adeguarsi alle disposizioni del regolamento e anche per contrastare la vulnerabilità informatica.Cosa dice la legge sullo Smart WorkingLo Smart Working in Italia, come è noto, è legge, con l’espressione di Lavoro Agile. Dopo un primo periodo sperimentale caratterizzato da vuoti legislativi, parecchia confusione terminologica e discreta anarchia, la Legge n.81 del 22 maggio 2017 (anche detta Legge sul Lavoro Agile) ha finalmente regolato lo Smart Working.La normativa definisce lo Smart Working in tutti suoi aspetti giuridici: diritti dello smart worker e controllo da parte del datore di lavoro, strumenti tecnologici e modalità con cui viene eseguita l’attività da remoto. La Legge, inoltre, definisce la necessità di un accordo scritto tra datore di lavoro e lavoratore, la parità di trattamento economico e normativo, il diritto all’apprendimento permanente e gli aspetti legati alla salute e alla sicurezza.Dall’inizio dell’epidemia a oggi, diversi provvedimenti hanno ulteriormente cambiato le regole dello Smart Working, soprattutto in ambito PA.Smart Working, l’evoluzione del Lavoro Agile tra pandemia e ripresaCon l’emergenza sanitaria, il Lavoro Agile ha permesso di garantire la continuità di business e allo stesso tempo salvaguardare la salute pubblica. L’esperienza della pandemia ha, poi, chiarito come, la necessità di presenza fissa in un luogo e per un certo numero di ore per lavorare siano, ormai, concetti superati.Lo stesso governo, a partire dai famosi DPCM del 23 febbraio e dell’8 marzo 2020, ha notevolmente spinto l’applicazione del lavoro da remoto, semplificando la procedura di accesso allo strumento e scoraggiando il lavoro in presenza se non strettamente necessario. Con lo Smart Working semplificato l’azienda poteva decidere di far lavorare da remoto tutti i suoi dipendenti anche senza accordi preventivi, con turni a rotazione oppure al 100%.Successivamente si sono susseguite le proroghe allo Smart Working alle procedure di accesso semplificato. Il “decreto Proroghe” nell’aprile 2021 aveva esteso lo stato di emergenza fino al 31 dicembre 2021, prolungando l’obbligo di Smart Working semplificato. Il 22 dicembre 2021 è poi approdato in Gazzetta Ufficiale il decreto-legge che aveva esteso lo stato di emergenza al 31 marzo 2022, portando con sé anche la proroga della normativa emergenziale sullo Smart Working. Nonostante la fine dello stato d’emergenza, per le grandi imprese è stata prorogata la possibilità di usufruire del regime semplificato fino al 31 dicembre 2022, mentre per le Pubbliche Amministrazioni è tornata in vigore la normativa pre-pandemia prevista dalla legge a partire dal 15 ottobre 2021.Smart Working e la fine dell’accesso semplificatoA partire dal 1° gennaio 2023 sono rientrate in vigore le direttive della Legge n.81/2017. Da allora lo Smart Working, quindi, non è più dettato dal regime semplificato, ma da un accordo individuale tra datore di lavoro e dipendenti.A prescindere dalle disposizioni delle singole amministrazioni e aziende, però, il D.L. 132/2023 ha esteso il diritto allo Smart Working per i lavoratori super fragili (ossia i dipendenti affetti da gravi patologie croniche) sino al 31 dicembre 2023. Tale diritto veniva riconosciuto nel solo settore privato anche ad altre categorie lavorative, quali:dipendenti con almeno un figlio minore di 14 anni, a condizione che l’attività lavorativa fosse svolgibile da remoto e che l’altro genitore non lavorasse o non fruisse di ammortizzatori sociali;lavoratori fragili (vale a dire i soggetti maggiormente esposti al rischio di contagio da Covid-19), sempre a condizione che l’attività fosse compatibile con la modalità di lavoro agile.Smart Working e Pubblica Amministrazione, il ritorno in presenzaPer quanto riguarda la fine dell’accesso semplificato per lo Smart Working nella Pubblica Amministrazione dobbiamo fare un passo indietro. Già con il decreto Proroghe, approvato il 29 aprile 2021, era caduto l’obbligo dello Smart Working nelle PA al 50% (ossia l’obbligo di far lavorare in modalità agile un dipendete pubblico su due). Successivamente è saltato anche il limite del 60% indicato nei POLA (Piano Organizzativo per il Lavoro Agile) della Pubblica Amministrazione.Inoltre, uno degli obiettivi dell’ex ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta è stato quello di ripristinare il lavoro in presenza e far rientrare in ufficio gran parte dei lavoratori pubblici entro il 2022. Dal 15 ottobre 2021, infatti, negli uffici pubblici è stata ripristinata una situazione pre-pandemia. Ancor prima della fine dello stato di emergenza si è tornati alla modalità ordinaria, vale a dire all’accordo individuale per la presenza in ufficio dei dipendenti pubblici. Tali disposizioni si sono attuate, dunque, prima della fine dello stato di emergenza, previsto al 31 marzo 2022.A partire dal 2 dicembre 2021 è in vigore il Piano Integrato di Attività e Organizzazione (PIAO), uno strumento di programmazione integrata della salute organizzativa e professionale, della gestione annuale delle performance e delle misure di contrasto ai rischi (corruttivi). Questo piano assorbe i contenuti del precedente Piano Organizzativo del Lavoro Agile (POLA) e norma l’adozione dello Smart Working nella Pubblica Amministrazione.Successivamente, con la direttiva del 29 dicembre 2023, il ministro per la Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, ha promosso il diritto al Lavoro Agile per chi affronta situazioni di salute, personali e familiari gravi.Smart Working e imprese privateDopo la proroga dello Smart Working concessa con il D.L. 132/2023, il diritto al Lavoro Agile nel settore privato è stato ulteriormente prorogato al 31 marzo 2024, attraverso l’articolo 18- bis della legge n.191/2023. Tale decreto, però, ha riguardato solo lavoratori con figli under 14 e i lavoratori fragili (ossia le persone più esposte al rischio di contagio da Covid-19) e non i lavoratori super fragili (persone affette da gravi patologie croniche). Dal primo aprile 2024 tali agevolazioni sono dunque giunte al termine per entrambe le categorie.Il protocollo nazionaleSempre per quanto riguarda il settore privato, molte aziende hanno già fatto accordi con sindacati e lavoratori per regolarizzare lo Smart Working già da prima della fine della pandemia.Il 7 dicembre 2021 è stato firmato il protocollo che traccia le linee guida per contratti nazionali, territoriali o aziendali in materia di Smart Working, con validità a partire dal 1° gennaio 2022. Il “Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile“, promosso da Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, ha lo scopo di fornire a imprese e lavoratori del settore privato le linee guida con cui disciplinare, nella contrattazione collettiva, il Lavoro Agile.I principi di tale iniziativa si possono riassumere in sei grandi punti:l’adesione volontaria;l’accordo individuale;il diritto alla disconnessione;la tutela contro gli infortuni e le malattie professionali;la parità di trattamento, i luoghi e gli strumenti di lavoro;la formazione dei lavoratori agili. Quante persone fanno Smart Working in ItaliaChiarita la filosofia alla base dello Smart Working, andiamo a esplorare la reale diffusione del Lavoro Agile. Va detto che già da prima della pandemia, in Italia il numero degli Smart Worker che godono di autonomia nella scelta delle modalità di lavoro in termini di luogo, orario e strumenti utilizzati, era in forte aumento. Tuttavia, l’impatto del Coronavirus sul lavoro da remoto è stato travolgente e i numeri lo confermano.Secondo le Ricerche effettuate dall’Osservatorio, dai 570.000 stimati pre-pandemia, il numero dei lavoratori agili durante la prima ondata del Covid-19 è improvvisamente passato a una cifra di circa 6,58 milioni. Nel 2021 e 2022, complici l’allentamento delle restrizioni, l’avanzamento della campagna vaccinale e il ritorno a una nuova normalità, le iniziative sono diminuite notevolmente. Un trend inverso, invece, si è registrato l’anno seguente.Secondo l’ultima Ricerca dell’Osservatorio, nel 2023 in Italia lo Smart Working continua a essere adottato in modo consistente, con un leggero rialzo rispetto all’anno precedente, che porta a circa 3,58 milioni il numero di lavoratori da remoto. Si stima inoltre che nel 2024 saranno 3,65 milioni i lavoratori in Smart Working in Italia.Di seguito riportiamo i numeri chiave e i principali trend dello Smart Working in Italia nel 2023.Smart Working e Grandi AziendeLo Smart Working nelle grandi imprese è passato dall’91% al 96% delle organizzazioni, per un totale di 1.880.000 lavoratori.Nell’applicazione del Lavoro Agile, il settore e la tipologia delle attività, hanno sicuramente influenzato il numero di soggetti coinvolti. Se nelle imprese del retail e del manifatturiero le percentuali raggiungono quasi il 100% dei lavoratori, nel finance e nell’ICT il lavoro da remoto ha coinvolto la totalità dei dipendenti.Le grandi imprese che hanno avviato iniziative “mature” di Smart Working, ossia che prevedono iniziative su tutte le quattro dimensioni sopraelencate (policy organizzative, tecnologie, riorganizzazione degli spazi e competenze e cultura aziendale) rappresentano il 52% del totale.Smart Working e PMILo Smart Working nelle PMI è aumentato dal 48% al 56% delle organizzazioni, raggiungendo 570.000 lavoratori.Il dato è la somma di due diverse tendenze, in base alla dimensione aziendale. Le imprese di medie dimensioni (dai 50 ai 249 dipendenti) hanno una percentuale di applicazione maggiore rispetto alle piccole (dai 10 ai 49 dipendenti). I white collar sono coloro che usufruiscono maggiormente dello Smart Working. Tuttavia, anche altre categorie professionali si stanno affacciando al Lavoro Agile.Le PMI che adottano il “vero” Smart Working, ovvero che hanno adeguati livelli di maturità di tutti e 4 i pilastri, rappresentano il 15% delle realtà totali.Smart Working e PARallenta ladiffusione dello Smart Working nelle PA. Pur passando dal 57% al 61% delle realtà, il Lavoro Agile coinvolge solo il 16% della forza lavoro (ossia 515.000 persone) in calo di 9 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Le iniziative di Smart Working “maturo” rappresentano il 16% del totale.Il lavoro agile è diminuito, in particolare, a seguito delle disposizioni del precedente Governo riguardanti il ritorno in presenza, che ha riportato l’adozione dello Smart Working nella PA alla situazione pre-pandemica.Per il futuro, tuttavia, non si esclude un nuovo aumento di iniziative di Lavoro Agile, grazie anche alla nuova direttiva del Ministro Zangrillo.Dai dati e dalle dinamiche possiamo comprendere come, venuta meno la spinta emergenziale, le organizzazioni debbano fare i conti con un nuovo modo di lavorare, spinto da nuove esigenze. Le persone, nella ricerca di un nuovo equilibrio tra vita personale e lavorativa, richiedono sempre più flessibilità. Complice, in questo, il disagio per l’aumento dei costi della vita e l’ansia verso il futuro, innescata da scenari economici e geopolitici sempre più imprevedibili.Per rispondere a queste nuove esigenze, con l’aiuto delle Direzioni delle Risorse Umane, aziende e PA devono creare una nuova struttura organizzativa. Per raggiungere questo obiettivo occorre prima di tutto riconoscere che lo Smart Working non è solo una misura straordinaria in caso di emergenza, né uno strumento di welfare. Al contrario, si tratta di un modello di organizzazione, una filosofia manageriale che porta a numerosi vantaggi. Come abbiamo visto in precedenza, i benefici vanno dal miglioramento dei risultati lavorativi, a un migliore livello di benessere ed engagement, fino a una maggiore sostenibilità economica, sociale e ambientale.La fine dell’accesso semplificato per lo Smart Working per i lavoratori fragili non rappresenta la fine di questo modello di lavoro. Si tratta piuttosto della fine di un malinteso, iniziato con l’emergenza sanitaria, che ha imposto alle organizzazioni il lavoro da remoto come mera soluzione di tutela dei propri dipendenti.Il Lavoro Agile deve essere ora percepito come uno strumento di innovazione organizzativa che aiuta a ridisegnare la relazione tra lavoratori e organizzazione, rendendola più moderna e adeguata alle sfide del nuovo millennio. Smart Working in Italia: i casi di successoIl concetto di Smart Working, anche se relativamente recente, però, non è fenomeno nuovo. Infatti, già dieci anni fa alcune grandi aziende si mossero per introdurre soluzioni di Lavoro Agile in Italia. Tra queste è doveroso ricordare colossi come Vodafone, Microsoft e Nestlé.Oggi, tra gli esempi da menzionare come best practice di Smart Working nel panorama italiano troviamo numerose iniziative. Tra quelle più peculiari possiamo segnalare i vincitori dell’ultimo premio Smart Working Award organizzato dall’Osservatorio:Grenke: all’interno del progetto “GRENKE Next” l’azienda ha consentito il lavoro da remoto fino a quattro giorni a settimana, con spazi progettati in modo olistico per potenziare il benessere e la qualità del lavoro;ARERA: questa PA ha implementato una soluzione per migliorare l’efficienza istituzionale e ridurre i costi di gestione degli spazi, permettendo ai dipendenti di scegliere liberamente quando lavorare in sede, fino a 17 giorni in Smart Working;SmartBo: il progetto promuove lo Smart Working attraverso la collaborazione tra diversi attori nella definizione di regole, policy e buone pratiche, con l’obiettivo di creare vantaggi collettivi.Shopfully: l’azienda ha proposto un’iniziativa di Smart Working che garantisce un’ampia flessibilità nel decidere dove e quando lavorare, riducendo anche gli spazi fisici in affitto a favore di spazi più flessibili e di nuovi strumenti per il lavoro in mobilità.Smart Working in EuropaLo Smart Working non è un fenomeno solo italiano. Sebbene con nomi, accezioni e impianti normativi diversi, politiche di flessibilità nell’organizzazione del lavoro sono presenti in tutta Europa. Lo stesso Parlamento Europeo con la risoluzione del 13/9/2016 afferma di sostenere “il Lavoro Agile”, mettendone in evidenza i benefici sociali e affermando l’importanza dell’equilibrio tra lavoro e vita privata. Agile Working, Flexible, Telelavoro flessibile, lo Smart Working cambia nel nome e nella forma, ma non nella sostanza.Particolarmente significativo è l’approccio allo Smart Working adottato dal Regno Unito, che già nel 2014 ha varato una legge pionieristica in materia: la Flexible Working Regulation. Questa normativa garantisce ai dipendenti con un certo livello di anzianità nel servizio il diritto di chiedere forme di flessibilità lavorativa (part-time, settimana compressa, ecc.).In Belgio, è emerso un crescente interesse per il concetto di “New Ways of Working” o “New World of Working”. Questi termini si riferiscono all’adozione di innovativi metodi lavorativi (ed esempio tecnologie e spazi) volti a potenziare la motivazione, la soddisfazione e l’efficienza dei lavoratori.Nel panorama europeo, però, esistono anche numerose iniziative di Smart Working, come il “Telelavoro flessibile” alla francese, con specifiche regole e strumenti che normano il lavoro da remoto.I nuovi trend dello Smart WorkingTra le opportunità che si sono aperte con il lavoro da remoto imposto dalla pandemia, sono emersi nuovi trend che evidenziano un’evoluzione e un adattamento delle pratiche lavorative flessibili alle esigenze contemporanee.Temporary Distant WorkingUno dei trend più rilevanti che riguardano l’adozione del modello di Smart Working è l’emergere del concetto di lavoro disperso, o temporary distant working. Consiste nel lavorare per un periodo di almeno due settimane in luoghi distanti dalla propria abitazione e dalla propria sede di lavoro. È il caso di trasferimenti temporanei nelle proprie seconde case o all’interno di abitazioni in località di villeggiatura.Attraverso, quindi, l’utilizzo dello Smart Working, numerosi lavoratori hanno, dunque, optato per trasferirsi da centri urbani densamente popolati a località turistiche o zone periferiche. Molte di queste presentavano addirittura alti tassi di spopolamento prima della pandemia. Ciò dimostra come questo modello di Lavoro Agile possa impattare non solo organizzazioni e aziende, ma anche l’intera società.Settimana lavorativa di 4 giorniLa settimana lavorativa di quattro giorni, o settimana lavorativa corta, ha in realtà diverse definizioni. Secondo l’Osservatorio Smart Working essa implica la possibilità di poter godere di mezza giornata/una giornata libera nel corso della settimana lavorativa a parità di stipendio di una normale settimana di lavoro. Si può adottare riducendo le ore previste dal CCNL, (in questo caso si parla di Short work week), oppure rimodulando l’orario di lavoro (Compressed work week).Le ferie illimitateLe ferie illimitate rientrano nella direzione di ampliare la flessibilità oraria e introdurre una logica di lavoro per obiettivi. Consistono nella ossia la possibilità di richiedere giornate o frazioni di giornate di ferie aggiuntive rispetto a quanto previsto dal CCNL, senza che ciò implichi una riduzione dello stipendio. Tali ferie possono essere approvate dall’organizzazione e dal proprio responsabile. Attualmente si tratta di un’iniziativa meno diffusa rispetto al temporary distant working e alla settimana corta.

Come funziona l’AI Generativa: significato e applicazioni

Artificial Intelligence

Come funziona l’AI Generativa: significato e applicazioni

L’AI Generativa, o Generative AI, o ancora Intelligenza Artificiale Generativa, può essere oggi considerato l’ultimo grande traguardo dell’Intelligenza Artificiale. Sebbene anche per gli addetti ai lavori quest’area dell’AI non sia una novità, il 2023 rimarrà alla storia come l’anno che ha segnato il confine tra due ere, quella antecedente e quella l’exploit commerciale della GenAI. Infatti, se la più popolare tra le soluzioni di AI Generativa, ChatGPT, è stata rilasciata nel novembre 2022, è stato proprio il 2023 l’anno in cui si è compresa la portata del reale cambiamento indotto, sotto molteplici prospettive. Aiutati dalla Ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano, in questo articolo approfondiremo:cos’è l’AI Generativa e come funziona AI Generativa e Big Tech, le grandi sfide le applicazioni dell’AI Generativa l’AI Generativa in Italia(altro…)

Identità Digitale: cos’è, come funziona e come si usa

Digital Identity

Identità Digitale: cos’è, come funziona e come si usa

L’identità digitale, a seguito della spinta verso la digitalizzazione fornita dalla pandemia, ha avuto una forte crescita come strumento chiave per cittadini e imprese per abilitare le interazioni online.Negli ultimi anni per governi, aziende e cittadini è così cresciuta in tutto il mondo l’importanza del valore di una chiave estremamente sicura. Una chiave che apra le porte di servizi online pubblici e privati in maniera semplice e affidabile. Questa chiave è rappresentata proprio dall’identità digitale.In questa guida dedicata all’identità digitale, realizzata dall’Osservatorio Digital Identity della POLIMI School of Management, cercheremo di approfondirne i suoi punti chiave. Lo faremo sia a livello italiano sia internazionale, rispondendo alle principali domande sul tema.Oltre a fornire definizioni e istruzioni, analizzeremo gli aspetti di business legati all’identità digitale. In primis, gli ambiti applicativi, le prospettive di mercato e le opportunità per imprese e cittadini. Approfondiremo, poi, anche le tecnologie abilitanti dell’Identità Digitale e il suo quadro normativo di riferimento.Cosa vuol dire Identità DigitalePartiamo dal principio definendo, prima di tutto, cos’è l’identità digitale.Per identità digitale si intende un insieme di dati che consentono di identificare in modo univoco una persona, un’azienda o un oggetto. Questi, poi, vengono raccolti, memorizzati e condivisi digitalmente all’interno di un ecosistema di attori e attraverso tecnologie abilitanti. L’Identità Digitale, poi, viene usata per permettere agli utenti l’accesso a servizi digitali a valore aggiunto.L’identità digitale, allo stesso modo dell’identità fisica, rappresenta l’insieme delle caratteristiche e dei tratti distintivi che descrivono un individuo e lo differenziano dagli altri.In Italia ci sono due strumenti di Identità Digitale principali. SPID (il Sistema Pubblico di Identità Digitale) e CIE (la Carta d’Identità Elettronica). Questi due sistemi di Identità Digitale sono diventate le credenziali uniche per accedere ai servizi online della PA a partire dal 28 febbraio 2021.Secondo quanto stabilito dal Decreto Semplificazioni per l’Identità Digitale tutte le pubbliche amministrazioni, centrali e locali, sono state chiamate a interrompere il rilascio di credenziali proprietarie e a integrare nei propri sistemi SPID e CIE come unici sistemi di identificazione per l’accesso ai servizi digitali. Le vecchie credenziali sono rimaste valide fino alla data del 1° ottobre 2021. Tali interventi normativi a favore dell’identità digitale, uniti alla spinta indotta dall’app IO per il Cashback e il Green Pass, hanno affermato la sua importanza anche in Italia. Identità Fisica e Identità Digitale, le differenzeIdentificare un soggetto significa poterlo riconoscere in maniera univoca: nel mondo fisico affinché questo avvenga sono necessarie la presenza e la prossimità delle parti in causa.L’identità digitale permette, invece, il riconoscimento anche da remoto, attraverso canali differenti. Sebbene entrambe contribuiscano alla funzione di identificazione e riconoscimento di un individuo, identità fisica e identità digitale differiscono per molti aspetti. Vediamo, nei paragrafi seguenti, alcune delle differenze principali.Creazione di più IdentitàNel caso dell’identità fisica, ciascun individuo può possedere uno o più strumenti di identità validi e riconosciuti. Questi, poi, sono spesso associati a un documento fisico, come carta di identità, patente o passaporto.Online, invece, è possibile attivare e possedere più di un’identità digitale in contemporanea. Partendo da quelle rilasciate dalle piattaforme di social network, fino alle identità digitali legate a sistemi nazionali, quali CIE e SPID, passando per identità in ambito business.Validità dell’Identità vs Ecosistema AssociatoI documenti di riconoscimento nel mondo fisico sono tipicamente accettati su tutto il territorio nazionale e in molti casi hanno validità anche a livello internazionale. L’identità digitale, invece, è riconosciuta esclusivamente all’interno dell’ecosistema di attori che hanno deciso di aderirvi, che hanno predisposto l’infrastruttura tecnologica per integrarsi con il gestore dell’identità digitale (cosiddetto Identity Provider, IdP).Diversamente, quando si parla di identità fisica, l’ente che emette il documento di riconoscimento non viene coinvolto nelle successive interazioni in cui questo verrà esibito, il contesto digitale è caratterizzato da una forte interconnessione.La dinamicità dell’Identità DigitaleL’identità fisica ha un set predefinito e statico di dati identificativi dell’individuo. Questo comprende i dati anagrafici e, in alcuni casi, i dati biometrici raccolti in fase di identificazione e memorizzati sul documento di riconoscimento.L’identità digitale è invece costituita da un insieme di dati potenzialmente molto più dinamico. A seconda dell’ambito di riferimento, il profilo di identità digitale può essere arricchito con informazioni di natura legale, dati sanitari o finanziari.Identità Digitale, come funzionaLa definizione di identità digitale permette di mettere in luce alcune caratteristiche chiave che aiutano a spiegare nel dettaglio come funziona.Queste caratteristiche sonole tipologie di dati, l’ecosistema, le tecnologie e i servizi accessibili. Scopriamole in maniera più approfondita.Identità Digitale e dati costitutiviNell’identità digitale, i dati costitutivi hanno la funzione di identificare in modo univoco l’individuo, ma non solo. Hanno anche la funzione di definire cosa è abilitato a fare e tenere traccia delle sue interazioni nel mondo digitale. Possono essere di diverse tipologie:dati costitutivi (anagrafici, biometrici, certificazioni e attributi) che connotano un’entità o che ne definiscono alcune qualità peculiari;dati dinamici derivanti dalle interazioni dell’individuo con altre entità o organizzazioni, come informazioni di natura legale e dati sanitari e finanziari.I servizi accessibili dell’Identità DigitaleL’identità digitale permette all’utente di accedere a servizi a valore aggiunto, abilitare transazioni o effettuare operazioni nel mondo digitale. Per minimizzare il rischio di furti di identità e frodi, ogni operazione di identificazione è associata a un livello di sicurezza specifico, che stabilisce a quali servizi l’utente può accedere. In questo modo, l’accesso a servizi ad alta criticità, come le operazioni bancarie, è consentito esclusivamente tramite identificazioni altamente sicure.L’ecosistema dell’Identità DigitaleGli ecosistemi associati ai sistemi di identità digitale possono avere diverse configurazioni. Esistono configurazioni in base al livello di centralizzazione o decentralizzazione del sistema e in base al livello di controllo che l’utente ha dei dati stessi.In particolare, con livelli di decentralizzazione crescenti si trovano:sistemi centralizzati, in cui esiste un unico gestore dell’identità digitale (Identity Provider, IdP), come nel caso del sistema indiano Aadhaar;sistemi federati, dove la gestione è condivisa in maniera interoperabile tra due o più attori, come avviene per il sistema italiano SPID;sistemi decentralizzati, in cui l’utente presta il consenso per la condivisione dei propri dati tra i diversi fornitori di servizi (Service Provider, SP), come nel caso del protocollo decentralizzato SecureKey;sistemi Self-Sovereign Identity (SSI), nei quali l’utente stesso è l’unico proprietario e “gestore” della propria identità, non delegando a terze parti il controllo delle informazioni identificative; un esempio di questo modello è il sistema sviluppato da Jolocom.In questi ecosistemi, poi, si trovano principalmente i seguenti ruoli:utente finale, che utilizza l’identità digitale per interagire, richiedere servizi e avviare transazioniIdentity Provider (IdP), che verifica i dati dell’utente, rilascia e gestisce la sua identità digitale, interfacciandosi con i fornitori di servizi per il trasferimento dei dati richiesti; può essere un ente pubblico, un’azienda privata oppure una federazione di attori, sia pubblici che privati;Service Provider (SP), ossia le aziende private e gli enti pubblici che sfruttano l’identità digitale e gli attributi per offrire servizi all’utente finaleProvider di attributi qualificati, che si occupa di rilasciare e gestire informazioni associate al profilo dell’identità dell’utente che ne attestano attributi o certificazioni, come la partecipazione a Ordini, Albi, Camere di Commercio o Consigli nazionali, informazioni finanziarie (come il reddito), diplomi o altre caratteristiche della persona.A cosa serve l’Identità DigitaleA livello internazionale l’identità digitale è valorizzabile in numerosi contesti come strumento abilitante di interazioni sicure online e offline. Essa, infatti,funge da sistema di riconoscimento agile per accedere a un’ampia gamma di servizi. Ecco alcuni esempi all’interno di diversi ambiti applicativi:Pubblica Amministrazione:accesso a servizi online offerti da enti locali e centrali, come servizi anagrafici, catastali o tributari;Sanità: accesso al Fascicolo Sanitario Elettronico per la prenotazione di prestazioni sanitarie ed esami;eCommerce: acquisto di prodotti e servizi;Mobility:attivazione di account per la sharing mobility, pagamento di ticket urbani con biometria;Finanza & Assicurazioni: accesso all’online banking, sottoscrizione di polizze da remoto;Viaggi & Turismo:prenotazione di biglietti e soggiorni, check-in;Cultura & Intrattenimento:consultazione di contenuti personalizzati, accesso a musei fisici e digitali e gaming online.Un esempio di Identità Digitale: il Green PassIndipendentemente dalle eventuali considerazioni sulla sua utilità nel contrasto alla pandemia, il Green Pass è stato per il nostro Paese un esperimento significativo di identità digitale. L’emissione di un certificato di questo tipo ha rappresentato un primo e concreto passo verso un modello di Self Sovereign Identity (SSI). Tra evidenti potenzialità e qualche limite, questa scelta tecnologica ha rappresentato un passo in avanti decisivo per il futuro dell’identità digitale.Le tecnologie a servizio dell’Identità DigitaleLa tecnologia rappresenta una delle dimensioni chiave sulle quali si poggia il concetto di identità digitale. Le scelte in ambito tecnologico rappresentano, per molteplici ragioni, un elemento cruciale in questi tipi di sistemi.Le tecnologie legate all’identità digitale, possono influenzare la definizione dell’ecosistema e del conseguente modello di business. Esse sono inoltre determinanti per migliorare l’esperienza utente e il livello di sicurezza del sistema di identificazione e autenticazione.Per semplicità, le tecnologie utilizzate all’interno dei sistemi di identità possono essere divise in tre principali categorie:tecnologie architetturali, che costituiscono la base infrastrutturale del sistema, determinano le modalità di gestione dei dati e di condivisione delle informazioni (es. Blockchain, Cloud);tecnologie di integrazione, le quali supportano l’interoperabilità tra sistemi che utilizzano software diversi e permettono la collaborazione tra applicazioni e dati proveniente da fonti differenti (es. sistemi di gestione API);tecnologie di processo, che costituiscono il front-end con cui l’utente interagisce e consentono la gestione dell’intero ciclo di vita dell’identità digitale. Passando dall’identificazione all’autorizzazione (es. biometria, Machine Learning e Intelligenza Artificiale).Tra queste meritano particolare attenzione per il loro livello di innovazione la tecnologia Blockchain per l’SSI e i sistemi di riconoscimenti biometrici.La Tecnologia Blockchain per l’SSILe tecnologie Blockchain e Distributed Ledger stanno favorendo e accelerando lo sviluppo di nuovi modelli decentralizzati di identità digitale. La massima decentralizzazione si trova nei modelli Self Sovereign Identity (SSI). Questi modelli consentono all’utente di non delegare la custodia e il controllo delle informazioni personali a un attore terzo. Al contrario, sono gli utenti stessi a diventare gli unici proprietari e gestori della propria identità.La BiometriaI fattori biometrici, come impronta digitale, iride e tratti somatici del volto, sostituiscono i tradizionali fattori di autenticazione basati sulla conoscenza di una password o di un PIN. I sistemi ad autenticazione biometrica, oltre a rendere l’esperienza dell’utente piacevole e immediata, garantiscono un maggiore grado di sicurezza. Questo perché il riconoscimento è legato a un fattore univoco, peculiare del singolo soggetto.Identità Digitale e normativaNella sua ricerca l’Osservatorio Digital Identity ha analizzato come l’identità digitale viene tutelata a livello normativo. In questo caso, per avere un quadro a 360 gradi delle tematiche relative alle norme vigenti in Italia ed in Europa si sono analizzati due aspetti principali:il primo è il regolamento vigente a livello europeo eIDAS e la sua ultima versione;il secondo riguarda strettamente l’Italia e come intende regolare l’utilizzo dell’identità digitale tramite il PNRR.Identità Digitale in Europa, il Regolamento eIDASIl Regolamento eIDAS (acronimo di electronic IDentification, Authentication and trust Services) è la disposizione comunitaria che stabilisce i meccanismi di implementazione dei sistemi di identità digitale nei diversi Stati membri. Entrato in vigore nel 2014, ha promosso la diffusione di sistemi di identità digitale notificati, riconosciuti in tutta Europa per l’accesso ai servizi online.La revisione del Regolamento: eIDAS2 e la transizione verso il WalletA partire da maggio 2024 è entrato ufficialmente in vigore eIDAS2, la nuova versione del Regolamento. La nuova normativa mira a creare un mercato digitale europeo fornendo a tutti i cittadini un’identità digitale erogata tramite European Digital Identity Wallet (EUDI Wallet).L’obiettivo è fare sì che questo strumento utilizzi i sistemi di riconoscimento nazionali già presenti nei diversi Stati per permettere agli utenti, non solo di accedere a servizi online, ma anche di memorizzare e presentare documenti e certificazioni elettroniche (come la patente di guida o il diploma di laurea), apporre firme elettroniche qualificate e tanto altro.L’Italia sta definendo la propria strategia sull’identità digitale proprio nel complesso contesto europeo. Il nostro Paese, infatti, sta implementato il sistema IT Wallet, per rispondere ai nuovi requisiti e obblighi europei e per realizzare la convergenza dei sistemi esistenti – SPID e CIE – grazie al modello del wallet. Strumenti di Identità Digitale in Italia: SPID, CIE e CNSIl panorama italiano dell’identità digitale presenta molteplici strumenti per accedere ai servizi digitali pubblici e privati. Di seguito ne analizziamo i principali attualmente attivi nel contesto italiano, i rispettivi servizi offerti, le modalità di acquisizione e le principali differenze.SPID (Sistema Pubblico per l’Identità Digitale)SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) è uno strumento promosso dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID). Esso consente ai cittadini di accedere a servizi online di oltre 15.000 PA e delle circa 220 imprese private aderenti attraverso un’unica identità digitale.Alcuni esempi di servizi ai quali è possibile accedere sul fronte pubblico sono:la richiesta di certificati anagrafici;il pagamento delle tasse;l’accesso al fascicolo sanitario elettronico;ai servizi Inps.Su quello privato, invece, vi sono il supporto alla verifica dell’identità in fase di apertura di un conto corrente e l’accesso a servizi di firma digitale. Al momento, possono richiederne il rilascio tutti i cittadini maggiorenni in possesso di documento di riconoscimento e tessera sanitaria. Da marzo 2022 è possibile rilasciare SPID anche ai minorenni al di sopra dei cinque anni. Lo si può richiedere sotto la supervisione di un genitore, a cui lo SPID del minore è collegato.Lo SPID può essere rilasciato da dodici gestori di identità digitale, chiamati Identity Provider (IdP) accreditati da AgID. Tra questi ci sono: Aruba, EHT, Infocamere, Infocert, Intesi Group, Lepida, Namirial, Poste Italiane, Register, Sielte, TeamSystem e TIM.CIE (Carta d’Identità Elettronica)La CIE (Carta di Identità Elettronica) è l’evoluzione della tradizionale carta di identità cartacea, rilasciata dall’ufficio anagrafe del proprio Comune di residenza.Questa tipologia di identità digitale ha anche una forma fisica. Infatti, la tessera, oltre a riportare i dati anagrafici del cittadino, è dotata di un microchip.Questo contiene ulteriori dati per la fruizione di servizi a valore aggiunto in Italia e in Europa. È inoltre abbinata a una coppia di codici forniti al momento del rilascio della carta fisica.Da aprile 2023, l’identità digitale basata su CIE si può utilizzare per l’accesso a servizi online con tutti i livelli di criticità. Ciò è possibile grazie alla facoltà di impostare uno username e una password tramite l’app CieID, con cui accedere a servizi a medio-basso livello di criticità. Per accedere a quelli con alto livello di criticità, è invece necessaria la lettura della Carta tramite app CieID o lettore di carte elettroniche.CNS (Carta Nazionale dei Servizi)La CNS (Carta Nazionale dei Servizi) è anch’essa una smartcard dotata di microchip. Essa contiene un certificato digitale a supporto del riconoscimento dell’utente per l’accesso ai servizi online di alcune PA.Per i cittadini, la tessera sanitaria ha anche valore di CNS. Questa, poi, tramite il supporto di un lettore di carte elettroniche, offre l’accesso a servizi quali Inps, Inail o Agenzia delle Entrate. Dall’altro lato, le CNS erogate a imprese e professionisti permettono anche di consultare le informazioni relative alla propria azienda nel Registro Imprese.Identità Digitale SPID e Carta d’Identità Elettronica (CIE), differenze e analogieInizialmente le due principali identità digitali, SPID e CIE, sono nate come strumenti diversi, anche se per certi aspetti sono complementari. Con le recenti evoluzioni della CIE, però, è stato avviato un processo di convergenza tra i due strumenti. Vediamo nel dettaglio quali sono le differenze tra i due sistemi e come stanno evolvendo.Livello di RobustezzaIn primis, per loro costruzione tecnologica, i due strumenti sono valorizzabili su servizi diversi. CIE, infatti, ha di default un livello di robustezza massimo definito dal Regolamento eIDAS, come livello 3. Questo consente l’accesso a servizi fortemente critici, come l’apertura di un conto corrente e la firma della relativa contrattualistica. È stata attivata anche la possibilità di utilizzare CIE per servizi di livello inferiore. Questo è stato reso possibile attraverso l’utilizzo di username e password ed eventualmente un codice OTP, ricevuto tramite SMS o notifica dall’app CieID.SPID, invece, è ampiamente usato come un sistema di livello 2, abilitando l’accesso a servizi con un livello di criticità minore, come la richiesta di certificati anagrafici. Vi è anche la possibilità di attivare SPID di livello 3 per servizi più critici, offerta però solo da alcuni gestori di identità digitale e a pagamento.Rilascio e AttivazioneIn secondo luogo, le modalità di attivazione ed erogazione di SPID e CIE sono profondamente diverse. CIE viene rilasciata dal Ministero dell’Interno al momento della naturale scadenza della carta di identità cartacea o in casi particolari di furto, smarrimento o deterioramento ed è quindi soggetta a dei vincoli amministrativi per il rilascio.Per quel che riguarda SPID, invece, un cittadino può richiederne il rilascio in qualsiasi momento presso un IdP. Queste differenze delineano anche due modalità di diffusione tra la popolazione fortemente diverse, che influenzano anche i successivi utilizzi dei sistemi. Identità Digitale in Italia: a che punto siamoAnalizziamo, grazie ai dati dell’Osservatorio, qual è la situazione in Italia al momento e cosa aspettarsi per i prossimi anni.I numeri di SPIDConcludiamo la nostra guida con i numeri del fenomeno dell’identità digitale in Italia, che evidenziano la centralità e l’importanza di SPID per il nostro Paese. Dopo l’accelerazione della diffusione dei sistemi di identità digitale avvenuta fino al 2021 c’è stato un momento di stabilizzazione. A partire dal 2022 e per tutto il corso del 2023 e del 2024, infatti, il mercato ha iniziato una fase di consolidamento.SPID, o Sistema Pubblico di Identità Digitale, è l’identità digitale certificata più utilizzata e conosciuta in Italia. Inoltre, è una delle più diffuse identità full-digital, ovvero non basate su smartcard, a livello europeo. Il numero di rilasci, infatti, è passato da poco più di 9 milioni di utenti a luglio 2020 a oltre 39 milioni a fine 2024, con un aumento del +7% rispetto al 2023. Dopo alcuni anni, caratterizzati da elevati tassi di crescita nell’adozione, oggi i numeri mostrano un progressivo appiattimento, dovuto sia alla già ampia adozione del sistema, ma anche a causa della sempre maggiore spinta comunicativa delle istituzioni verso l’adozione dei Wallet, in linea con la regolamentazione europea.SPID è ormai nelle mani del 73% della popolazione maggiorenne, anche se con differenze sostanziali tra gli utenti in base al loro livello di digitalizzazione. Di pari passo con i rilasci, è fortemente cresciuto anche il suo effettivo utilizzo.Secondo la Ricerca dell’Osservatorio, in Italia solo un decimo dei possessori di SPID è “dormiente”. Il resto degli utenti utilizza SPID più volte al mese o più volte all’anno, o può essere addirittura classificato come un “heavy user”.Il dato presentato segnala una crescente maturità digitale per i cittadini, sempre più avvezzi e familiari con la loro identità digitale. Tuttavia, la strada da percorrere è certamente ancora lunga, tanto che la Digital Identity è ancora sottoutilizzata. Una delle principali ragioni è una rosa di servizi accessibili ancora limitato.Infatti, mentre la quasi totalità delle PA consente l’accesso ai propri servizi con SPID e/o CIE, le imprese private faticano a percepirne il valore rallentandone la diffusione, nonostante il numero di aziende aderenti sia in aumento.I numeri della CIEPassiamo ora ai dati sulla CIE. L’andamento dei rilasci delle carte fisiche si presenta con una dinamica perfettamente lineare e strettamente legata al naturale ciclo di scadenza delle carte di identità cartacee. Queste ultime, infatti, vengono progressivamente sostituite nel corso degli anni, contribuendo a mantenere costante il ritmo delle emissioni. Dai 18,8 milioni del 2021 siamo passati ai 48,2 milioni di dicembre 2024.Confrontando il numero di carte fisiche rilasciate con il loro utilizzo, risulta chiaro che il possesso della CIE non si traduce necessariamente nell’utilizzo di questo strumento per l’accesso ai servizi online. Complessivamente sono solo 6,1 milioni gli utenti che hanno utilizzato CieID da quando è stata introdotta, di cui 4,9 milioni nel 2024, pari all’11% di coloro che risultano in possesso del documento.Ad ogni modo, l’utilizzo di CieID ha riscontrato una forte crescita, pari a +45% nei primi 9 mesi del 2024 rispetto al 2023, con circa 52 milioni di accessi effettuati. Questo incremento è legato anche all’attenzione che il Governo ha recentemente posto sullo strumento, in termini di comunicazione e di importanza strategica. Nonostante la crescita riscontrata, l’utilizzo del sistema appare ancora significativamente inferiore rispetto alle potenzialità.La transizione verso l’IT WalletParallelamente alla diffusione di SPID e CIE, l’Italia, sta anche lavorando alla creazione del sistema di IT Wallet, basato principalmente sull’evoluzione dell’app IO. Allo stesso tempo, continua la promozione dei sistemi di identità esistenti, SPID e CIE, con l’obiettivo di raggiungere i target di diffusione imposti dal PNRR.In questa fase di adeguamento al regolamento eIDAS2, i Paesi europei hanno infatti il duplice compito di portare avanti sia l’adozione dei sistemi di identità digitale esistenti, sia una progressiva transizione verso i Digital Identity Wallet. Il Governo italiano sta infatti continuando a promuovere tra cittadini e aziende l’adozione dei sistemi esistenti. Allo stesso tempo, lavora alla progettazione del sistema di IT Wallet.Un passo significativo in questa direzione è stato compiuto a marzo 2024 con la pubblicazione di un Decreto-Legge che ha delineato alcuni dettagli importanti della strategia italiana, tra cui le tempistiche di attuazione e i soggetti coinvolti nel progetto. In particolare, è stato specificato che il sistema IT Wallet sarà composto sia da un’iniziativa pubblica, implementata e distribuita attraverso l’evoluzione dell’app IO, sia da eventuali applicativi sviluppati da aziende private.Queste ultime potranno accreditarsi per fornire IT Wallet privati, conformemente alle Linee Guida di AgID. Sul fronte pubblico, il Governo è al lavoro per integrare le funzionalità del wallet all’interno dell’app IO che, fino a novembre 2024, è stata scaricata complessivamente oltre 40 milioni di volte.Attualmente, le funzionalità del wallet sono in fase di sviluppo: la prima versione di IT Wallet è stata attuata con la funzione “Documenti su IO” e permette la digitalizzazione della tessera sanitaria, della patente di guida e della carta europea delle disabilità all’interno dell’app IO. Nel 2025 saranno resi disponibili carta di identità, tessera elettorale e altri attestati.

Agricoltura 4.0: cos’è, evoluzione, vantaggi e tecnologie

Smart AgriFood

Agricoltura 4.0: cos’è, evoluzione, vantaggi e tecnologie

Il settore agroalimentare si trova da anni ad affrontare diverse sfide: il cambiamento climatico, la crescita della popolazione globale, la necessità di valorizzare le filiere e i produttori (soprattutto nella fase a monte della filiera), rendono ormai un imperativo la trasformazione sostenibile dell’intero settore.Negli ultimi anni, inoltre, l’agricoltura ha dovuto fare i conti con una serie di problematiche legate agli aspetti economici, in particolare l’aumento dei costi delle materie prime agricole e il rialzo dei prezzi dell’energia. In questo contesto, l’Innovazione Digitale, e in particolare l’Agricoltura 4.0, possono aiutare il settore agrifood a gestire queste difficoltà e renderlo più resiliente, competitivo, sostenibile e trasparente.All’interno di questa guida, grazie alla Ricerca dell’Osservatorio Smart Agrifood, scopriremo con quali tecnologie e soluzioni l’Agricoltura 4.0 può far fronte a queste difficoltà, quali sono i vantaggi di questo paradigma e i trend di mercato. Al fine di assimilare meglio questi concetti, però, occorre partire dal principio, ossia dal significato di Agricoltura 4.0 e dalle sue principali caratteristiche. Cos’è l’Agricoltura 4.0Per conoscere e comprendere al meglio il concetto di Agricoltura 4.0, bisogna fare un passo indietro. Per farlo, esploreremo, in primis, le tappe evolutive dell’agricoltura, spiegando come si sia evoluta fino ad ora. Di seguito, le fasi di evoluzioni più importanti:Fino alla prima metà del Novecento l’agricoltura era basata sul lavoro manuale, tanto che un terzo della popolazione era attivo in questo settore. Questo tipo di agricoltura, caratterizzata da una bassa produttività, prende il nome di Agricoltura 1.0.[1]Nel 1950, con la cosiddetta Rivoluzione Verde, si introdussero nuove pratiche agronomiche, nuovi prodotti chimici e macchinari più efficienti che permisero di avere fattori produttivi a basso costo. Era l’inizio dell’Agricoltura 2.0. [2]Nel 1990 l’introduzione del GPS su larga scala e di pubblico dominio, consentì di ottenere dati più precisi e aumentando l’accuratezza delle attività e permettendo applicazioni a rateo variabili. Nacque così l’Agricoltura di Precisione, o Agricoltura 3.0[3] che consiste, tuttora, nella strategia implementata dalle aziende agricole volta all’utilizzo di tecnologie informatiche e digitali per eseguire interventi agronomici mirati, tenendo conto delle effettive esigenze colturali e delle caratteristiche biochimiche e fisiche del suolo. Gli obiettivi primari dell’Agricoltura di Precisione sono:massimizzare la resa produttivamigliorare la qualità delle produzionicontenere i costi e gli impatti ambientali.Ricadono all’interno dell’agricoltura di precisione tutte le tecniche di irrigazione, planting, spraying, fertilizer, etc. a patto che siano per l’appunto “di precisione” secondo la definizione di cui sopra. L’estensione di tale strategia al settore zootecnico si definisce Precision Farming.[1] [2] [3]  – Guild et al., 2014; CEMA, 2017; Luu et al., 2017; Zambon et al., 2019A partire dal 2010, grazie all’introduzione delle tecnologie digitali che hanno avviato all’innovazione agroalimentare, viene introdotta, poi, l’Agricoltura 4.0. Cosa si intende, quindi, con questo paradigma?Secondo la definizione elaborata dall’Osservatorio Smart Agrifood, con il termine “Agricoltura 4.0” si intende l’evoluzione dell’agricoltura di precisione, realizzata attraverso la raccolta automatica, l’integrazione e l’analisi di dati provenienti dal campo, da sensori e da qualsiasi altra fonte terza. Tutto questo è abilitato dall’utilizzo di tecnologie digitali 4.0, che rendono possibile la creazione di conoscenza e il supporto all’agricoltore nel processo decisionale relativo alla propria attività e al rapporto con altri soggetti della filiera, rompendo (almeno potenzialmente) i confini della singola impresa. Lo scopo ultimo è quello di aumentare la profittabilità e la sostenibilità economica, ambientale e sociale dell’agricoltura.Questa nuova tipologia di agricoltura, ad esempio, può offrire supporto nella decisione di applicare fitofarmaci in una certa zona della superficie coltivata incrociando i dati che vengono generati dalle rilevazioni satellitari e dalle ricognizioni svolte attraverso droni, eventualmente impiegando questi ultimi anche per l’irrorazione di precisione, nelle sole zone interessate dalla patologia. L’Agricoltura 4.0, caratterizzata dall’utilizzo di tecnologie digitali, comprende la stessa Agricoltura di precisione insieme, però, a un altro componente: lo Smart Farming.Alcune definizioniRATEO VARIABILE o VRTVRT è l’acronimo di Variable Rate Technology (letteralmente, Tecnologia a Rateo Variabile). In agricoltura di precisione, identifica le tecnologie che consentono la distribuzione (Application, da VRA, Variable Rate Application) automatica di mezzi tecnici in un terreno nel rispetto di specifiche prescrizioni. La modalità con cui tali prodotti, fertilizzanti, sementi o agrofarmaci, vengono distribuiti, è basata su dati raccolti da mappe, sensori e GPS. Fra gli obiettivi dell’ottimizzazione della distribuzione vi possono essere la riduzione degli input e l’aumento o l’omogeneizzazione della produttività di riparti colturali.SENSOREDispositivo di misura di una grandezza fisica. In agricoltura e zootecnia può essere utilizzato per misurare diversi parametri, ad esempio le condizioni climatiche, lo stato di salute delle piante, i parametri vitali degli animali, il funzionamento di un macchinario agricolo. Può essere sia messi in campo, sia su macchinari, fra cui droni e trattori.Smart Farming, definizione e obiettiviPer dare una spiegazione di Smart Farming appropriata, l’Osservatorio Smart Agrifood, ne dà una definizione:Con il termine Smart Farming, si intende la strategia implementabile all’interno della singola azienda agricola e conseguentemente dell’intera filiera, volta all’utilizzo di tecnologie digitali, specialmente Big Data e Big Data Analytics.Gli obiettivi della Smart Farming individuati dall’Osservatorio, sono:efficientare i processi aziendali anche aldilà di quelli “di campo”;ottimizzare le attività di relazione (sia fisica che informativa) tra gli attori della filiera agricola a vantaggio di un uso intelligente e condiviso dei dati;garantire la qualità e la tracciabilità dei prodotti e migliorare l’efficienza dei processi di filiera.Agricoltura 4.0, le tecnologie abilitantiL’Agricoltura 4.0 utilizza una vasta gamma di tecnologie digitali e innovative allo scopo di ottimizzare le pratiche agricole. Ecco di seguito alcune delle principali tecnologie dell’agricoltura 4.0:AgrometeorologiaL’agrometeorologia è l’insieme delle applicazioni e degli studi che hanno lo scopo di partecipare al sistema integrato di innovazione in agricoltura, applicando il digitale alla componente meteorologica e climatologica dei processi.Attraverso la raccolta dei dati attendibili, quindi, l’agrometeorologia aiuta gli agricoltori a prendere decisioni più consapevoli per efficientare la propria produzione agricola, tenendo conto delle condizioni meteorologiche più o meno favorevoli.Big DataCome l’Agricoltura 4.0 viene sostenuta tramite l’impiego dei Big Data? Nel settore agricolo, i Big Data e le loro analisi, sono utilizzate per supportare gli agricoltori nel prendere decisioni e influenzare le operazioni del settore.I Big Data sono set di dati ampi, diversi e complessi, generati da una varietà di strumenti, sensori e/o transazioni computer-based e hanno caratteristiche ben definite, caratteristiche che, infine, compongono il modello delle “5V” con cui fino ad oggi sono stati definiti i Big Data.Intelligenza ArtificialeL’Intelligenza Artificiale, o Artificial Intelligence (AI) è un ramo della computer science che studia la programmazione e progettazione di sistemi mirati a dotare le macchine di una (o anche più) caratteristiche considerate tipicamente umane. Come può questa nuova tecnologia, aiutare nell’ambito dell’Agricoltura 4.0? Semplice.Anche nel settore agroalimentare emergono applicazioni di AI per prevedere le rese del raccolto, prendere decisioni sulle colture da impiegare, valutare diverse ipotesi di rischio. Inoltre, l’Artificial Intelligence può essere impiegata anche per abilitare la manutenzione predittiva dei mezzi e delle attrezzature.CloudIl Cloud Computing è un insieme di servizi ICT accessibili in modalità on-demand e self-service tramite tecnologie Internet basate su risorse condivise. In Agricoltura 4.0 molti servizi sono già erogati in modalità Cloud: si pensi ad esempio all’archiviazione dei dati meteorologici raccolti in campo, oppure all’elaborazione degli stessi per fornire indicazioni agronomiche, o ancora alla consultazione di immagini satellitari.IoT (Internet of Things)Attraverso l’IoT (acronimo di Internet of Things), ogni oggetto acquista una sua identità nel mondo digitale. Gli oggetti “intelligenti” sono interconnessi e si possono scambiare informazioni raccolte e/o elaborate. Le tecnologie abilitanti in agricoltura includono l’identificazione a radiofrequenza (RFID), la rete di sensori wireless (WSN), la comunicazione machine-to-machine, l’interazione uomo-macchina, middleware, servizi web e sistemi informativi.L’IoT nell’Agricoltura 4.0 è applicabile sia in forma di sensori wireless in campo, per il monitoraggio delle condizioni ambientali e dello stato di salute della coltivazione, sia sulle macchine e sui mezzi agricoli, per raccogliere dati su una determinata attività o per controllare in real time l’operato di un attrezzo. Agricoltura 4.0, soluzioni di innovazione agroalimentareAncor più numerose e variegate sono le soluzioni applicate al settore agri food, abilitate da un insieme di tecnologie basate sia su hardware (parti materiali di un computer, ndr) che tramite software (programmi e applicazioni, ndr), che caratterizzando il settore dell’Agricoltura 4.0. Ecco, di seguito, l’elenco di queste tecnologie abilitanti per l’Innovazione Agroalimentare:La robotica applicata per le attività in campoCome in altri settori, anche a quello agroalimentare viene applicata la tecnologia di robotica. Come molti sapranno, i robot sono macchine in grado di svolgere più o meno indipendentemente un lavoro associato a un’attività in un campo da coltivare.Un esempio di applicazione nel campo agroalimentare, è costituito dall’utilizzo di robot autonomi per la raccolta delle fragole, oppure da robot autonomi usati per l’irrorazione di pesticidi.Monitoraggio da remoto di coltivazioni e terreniQueste sono soluzioni composte da elementi hardware connessi (come sensori, centraline meteo, sonde, fotocamere) e in grado di rilevare i dati provenienti dai campi come, ad esempio, parametri ambientali e climatici (temperatura dell’aria, temperatura del suolo, luminosità, umidità del suolo) e trasferirli a un centro di raccolta ed elaborazione dati al fine di monitorare lo stato della coltura e/o del terreno coltivato.Monitoraggio da remoto di infrastrutture aziendaliQuesti sistemi utilizzati nell’Agricoltura 4.0, sono soluzioni composte da elementi hardware connessi come sensori, centraline meteo, sonde e fotocamere in grado di rilevare dati nella maggior parte dei contesti come, ad esempio, magazzini e fienili. Questa tipologia di sistemi di monitoraggio da remoto sono molto utili, soprattutto per salvaguardare la sicurezza delle aziende di questo settore.Sistemi di mappatura di coltivazioni e terreniI sistemi di mappatura impiegati per l’Agricoltura 4.0, consentono di rilevare dati (come, ad esempio, delle immagini) tramite satelliti, droni o altri strumenti, al fine di elaborare e restituire mappe riportanti lo stato di terreni e/o coltivazioni e, eventualmente, le conseguenti mappe di prescrizione per trattamenti in campo.Macchinari connessi e Agricoltura 4.0I macchinari e le attrezzature sono nativamente smart in quanto arricchite di elementi hardware e/o software in grado, ad esempio, di raccogliere dati, controllare in real-time l’operato del mezzo ed eseguire attività in modo variabile a seconda di dati ricevuti in input.Servizi di trattamento in campo con droniQuesta è una delle tecnologie più rivoluzionarie per l’Agricoltura 4.0 è l’utilizzo dei droni. Questi veicoli volanti, infatti, vengono adottati al fine di effettuare trattamenti di precisione in campo (lotta biologica a insetti/parassiti).Monitoraggio e controllo di mezzi e attrezzatureIl monitoraggio di mezzi e attrezzature avviene tramite sistemi basati su componenti hardware connessi (sensori, attuatori, GPS, videocamere, …) applicati al mezzo e/o all’attrezzo agricolo in grado di rilevare dati sul funzionamento, sull’attività svolta al fine di monitorare e/o controllare il macchinario e/o l’operazione svolta.Software gestionali aziendali per l’Agricoltura 4.0I software gestionali aziendalisono sistemi informativi volti a fornire un supporto all’agricoltore per la gestione dell’impresa agricole (ad esempio uno o più moduli tra gestione del parco macchine, pianificazione delle attività, contabilità, …). Non sono considerate vere e proprie soluzioni di Agricoltura 4.0, quanto piuttosto “abilitanti” la digitalizzazione.Monitoraggio di serre o di strutture di Indoor FarmingQueste sono soluzioni di Agricoltura 4.0 composte da elementi hardware (sensori, sonde, fotocamere, sistemi di illuminazione, …) connessi e in grado di rilevare dati in serra circa parametri ambientali e climatici (temperatura dell’aria, temperatura del suolo, luminosità, umidità, …) e trasferirli a un centro di raccolta ed elaborazione dati al fine di monitorare lo stato della coltura.Sistemi di supporto alle decisioni (DSS)Un Decision Support System (DSS) è un sistema software di supporto alle decisioni, che permette di aumentare l’efficacia dell’analisi in quanto fornisce supporto a tutti coloro che devono prendere decisioni strategiche di fronte a problemi che non possono essere risolti con i modelli tradizionali della ricerca operativa.La funzione principale di un DSS è quella di estrarre in poco tempo e in modo versatile le informazioni utili ai processi decisionali, provenienti da una rilevante quantità di dati. Il DSS si appoggia su dati in un database o una base di conoscenza, che aiutano l’utilizzatore a decidere meglio in merito, ad esempio, agli interventi con fitofarmaci in campo, agli interventi irrigui, etc.Agricoltura 4.0 e tecnologia, i dati chiaveSecondo quanto riporta la Ricerca dell’Osservatorio:le macchine nativamente connesse costituiscono la principale soluzioni sul valore del mercato, seguite immediatamente dopo dai sistemi di monitoraggio e controllo dei mezzi e delle attrezzature. Seguono, in misura inferiore, i software gestionali aziendali e i sistemi di monitoraggio da remoto e di mappatura per coltivazioni, terreni e infrastrutture. Diverse sono anche le soluzioni offerte dalle startup smart agrifood: attraverso un censimento di 1200 startup, l’Osservatorio ha rilevato che poco meno di un terzo delle startup agrifood totali si rivolge ad aziende agricole e zootecniche offrendo soluzioni per la mappatura e il monitoraggio dei terreni e software gestionali. Agricoltura 4.0, il mercato in ItaliaSecondo Markets and Markets il mercato globale dell’Agricoltura 4.0 nel 2022 il è cresciuto con un tasso superiore al 10%. Si stima che entro il 2027 tale mercato raggiungerà un valore di circa 30 miliardi di euro. Anche in Italia è aumentato notevolmente il grado di adozione dell’Agricoltura 4.0: secondo i dati dell’Osservatorio Smart Agri Food, riportati nel Comunicato Stampa dell’ultimo Convegno, nel 2022, il mercato ha raggiunto i 2,1 miliardi di euro, con un tasso di crescita del +31% rispetto all’anno precedente. Tasso nettamente superiore rispetto a quello riscontrato lo scorso anno (+23%).I macchinari connessi e i sistemi di monitoraggio e controllo di mezzi e attrezzature si confermano essere le soluzioni con maggiore peso, costituendo il 65% del valore del mercato dell’Agricoltura 4.0. Crescono in modo significativo anche i sistemi di monitoraggio da remoto di coltivazioni, terreni e infrastrutture, che registrano una crescita del 15% rispetto all’anno precedente.Parallelamente è cresciuta anche la superficie coltivata con soluzioni 4.0: se nel 2021 tale superficie corrispondeva al 6% dei territori coltivati complessivamente in Italia, nel 2022 è salita all’8%.Nonostante la quota sia limitata, si tratta di un trend destinato a crescere, basti pensare che nel 2019 il terreno coltivato con queste tecnologie era inferiore all’1%.La crescita generale del mercato dell’Agricoltura 4.0 e dello Smart Agri Food è certamente stata favorita dagli incentivi fiscali erogati per supportare ed incentivare gli investimenti in soluzioni digitali innovative. Tra quelli più utilizzati troviamo i PSR (Programmi di Sviluppo Rurale) e il Piano “Transizione 4.0”, entrambi utilizzati dal 65% delle aziende del campione della ricerca, e la Legge Sabatini (54%).Agricoltura 4.0 e nuovi trend: l’Indoor Vertical FarmingTra i nuovi trend dell’Agricoltura 4.0 sicuramente possiamo annoverare l’Agricoltura Verticale, conosciuta anche come Indoor Vertical Farming. Questa nuova tipologia di coltivazioneconsiste nell’insieme di pratiche utilizzate per coltivare verticalmente su più strati sovrapposti o inseriti in altre strutture, con un consumo inferiore di suolo e di acqua e vicino a centri urbani, ma all’interno di ambienti chiusi e controllati.Si tratta di un fenomeno che sta richiamando molta attenzione a livello internazionale in quanto, sotto alcuni punti di vista, potrebbe costituire una risposta efficace ai problemi legati all’utilizzo eccessivo di input chimici, alla scarsità di risorse idriche e, sfruttando l’altezza, alla riduzione dei terreni coltivabili. Nonostante ciò, vi sono ancora diversi aspetti del Vertical Farming considerare, come gli elevati costi relativi all’energia, tanto che oggi il dibattito sulla reale sostenibilità di questi metodi di coltivazione è molto acceso.Agricoltura 4.0, benefici e vantaggiSecondo le aziende utilizzatrici, tra i vantaggi nell’utilizzo di soluzioni di Agricoltura 4.0 spiccano quelli legati all’efficienza, ossia all’ottimizzazione dei vari fattori produttivi, come input tecnici (63%), acqua (51%) e ore uomo (38%).Sulla medesima linea, si trovano anche i benefici riscontrati dall’utilizzo delle soluzioni 4.0. Tra i principali vi sono proprio quelli legati alla riduzione dell’impiego di input tecnici, alla riduzione dei costi di produzione e al minor consumo di prodotti energetici. Quest’ultimo, cioè quello del risparmio energetico, è un fattore di grande importanza in relazione al forte aumento dei costi energetici a livello globale verificatosi durante l’anno.Tuttavia, per soddisfare efficacemente un fabbisogno e raggiungere il massimo beneficio è spesso utile, se non necessario, implementare più soluzioni di Agricoltura 4.0. In media, infatti, vengono adottate 3 soluzioni per azienda, ossia +21% rispetto al 2021, e più della metà delle aziende agricole utilizzatrici implementa più di una soluzione.Agricoltura 4.0 e PNRR, fondi e finanziamenti per il settore agroalimentareIl PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) per il settore agricolo ha stanziato complessivamente 5,2 miliardi di euro. L’Agricoltura 4.0 costituisce il settore trainante della meccanica agricola nel nostro Paese, ed è per questo motivo che gioca un ruolo fondamentale all’interno dei provvedimenti previsti dal Piano.Il PNRR, infatti, prevede di accelerare l’innovazione dei mezzi e delle macchine agricole già in uso, come i sistemi di assistenza alla guida o di guida autonoma, i sensori per il monitoraggio della qualità dei raccolti, etc. Gli investimenti nell’ambito sono essenziali, in quanto il parco macchine attivo in Italia è ancora piuttosto datato. Tuttavia, il PNRR potrebbe costituire un’opportunità per tutta la filiera agroalimentare, poiché può contribuire a migliorare l’efficienza nei processi, come nel caso della tracciabilità alimentare dei prodotti.

Cos’è una Fake News e come difendersi dalla disinformazione online

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Cos’è una Fake News e come difendersi dalla disinformazione online

Le fake news, note anche come notizie false o bufale, rappresentano una minaccia significativa per la stabilità e l’unità delle società moderne nell’era digitale in cui le notizie sono facilmente accessibili attraverso dispositivi come smartphone, PC e smart speaker. Gli utenti devono sviluppare un senso critico poiché non tutte le informazioni sono attendibili e alcune possono persino risultare pericolose. In questo articolo, attraverso l’aiuto dell’Osservatorio Internet Media della POLIMI School of Managment, daremo una definizione di Fake News, parleremo dell’evoluzione dei mezzi con cui vengono create e diffuse e, infine, delle migliori strategie di difesa.(altro…)

PMI: significato, numeri e innovazione delle Piccole e Medie Imprese

Innovazione Digitale nelle PMI

PMI: significato, numeri e innovazione delle Piccole e Medie Imprese

Si chiamano PMI (acronimo di Piccole e Medie Imprese) e sono le realtà imprenditoriali al centro del nostro Paese. Per numero, fatturato e impiego di forza lavoro, le PMI rappresentano una struttura portante dell’intero sistema produttivo nazionale. Conoscere le caratteristiche e le potenzialità di queste imprese può essere dunque utile anche per poter interpretare la realtà economica italiana, specie dopo le restrizioni dovute all’emergenza sanitaria.In questo focus sulle PMI indagheremo gli aspetti fondamentali del tema: cosa sono, quante sono in Italia e in che modo contribuiscono all’economia nazionale. Indagheremo, soprattutto, come queste imprese stiano affrontando le sfide portate dalla trasformazione digitale, che ormai permeano ogni settore.Perché è importante guardare al livello di digitalizzazione delle PMI? Come portare innovazione nelle realtà di piccole dimensioni? I numeri e i dati dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI aiuteranno a rispondere a queste e ad altre domande. Cosa si intende per Piccole Medie Imprese, la definizione della Commissione EuropeaIl termine PMI (Piccole e Medie Imprese) viene utilizzato di frequente, non sempre con una consapevolezza definita del perimetro d’analisi. A tale proposito, la Raccomandazione della Commissione Europea 2003/361/CE ha definito i seguenti parametri:micro impresa, meno di 10 addetti e fatturato annuo o totale di bilancio annuo inferiore a 2 milioni di euro;piccola impresa, tra i 10 ed i 49 addetti e fatturato annuo o totale di bilancio annuo inferiore a 10 milioni di euro;media impresa, tra i 50 ed i 249 addetti e fatturato annuo inferiore a 50 milioni di euro oppure un totale di bilancio inferiore a 43 milioni di euro.Le analisi dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI, da cui si partirà per approfondire il tema Piccole e Medie Imprese, hanno come oggetto l’insieme delle imprese di piccole e medie dimensioni, ossia quelle realtà tra i 10 ed i 249 addetti. Non si considerano dunque le microimprese con meno di 10 addetti.Le PMI LargeLe Piccole e Medie Imprese sono un insieme di imprese estremamente variegato ed eterogeneo, all’interno del quale a realtà ancora tradizionali e reticenti all’innovazione si affiancano vere e proprie eccellenze del tessuto economico del Paese. Per descrivere e indagare al meglio le differenze esistenti, è utile considerare quelle realtà che si collocano tra le medie e le grandi imprese.L’Osservatorio ha individuato come PMI Large, le imprese che soddisfano uno dei due requisiti sottostanti:fino a 249 addetti e fatturato annuo fra 50 e 200 milioni di euro;oltre 250 addetti e fatturato annuo inferiore a 50 milioni di euro.Le PMI InnovativePer completezza, è bene menzionare anche la categoria delle PMI innovative, che dal 2015 hanno ottenuto un riconoscimento normativo all’interno dell’ordinamento italiano e sono oggi censite dal Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) in un’apposita sezione del Registro delle Imprese. Il cosiddetto “Investment Compact” del 2015 ha, infatti, esteso a questa categoria i benefici già riconosciuti alle startup innovative.Quante sono le PMI italiane e perché sono importanti per il PaesePer meglio comprendere il peso delle Piccole e Medie Imprese all’interno del quadro economico e produttivo italiano, è bene soffermarsi sui numeri. Su 4,4 milioni di imprese attive in Italia, le microimprese con meno di 10 addetti sono quelle numericamente più importanti, rappresentando il 95,13% del totale, contro un 0,09% di grandi imprese.Le PMI italiane sono invece circa 211mila, vale a dire il restante 4,78% del tessuto imprenditoriale italiano, e sono responsabili, da sole, del 41% dell’intero fatturato generato in Italia, del 33% dell’insieme degli occupati del settore privato e del 38% del valore aggiunto del Paese.Dati senza dubbio interessanti, soprattutto se confrontati con ciò che succede negli altri Stati membri dell’Unione Europea (puoi approfondire i numeri del confronto europeo). Fatta eccezione per la Germania, l’Italia risulta allineata al resto dell’Europa in termini di numerosità di imprese di piccole e medie dimensioni. Guardando poi alla produttività, emerge che le PMI italiane stanno facendo bene: esse generano infatti un valore aggiunto ben superiore ai 48mila euro per addetto della media europea. Non si può dire altresì lo stesso per le grandi e micro imprese, che descrivono un’Italia lontana dai valori medi europei.Per tutti questi motivi, dunque, le PMI possiedono tutte le carte in regola per poter dare uno slancio allo sviluppo economico (e territoriale) del nostro Paese, da un lato aumentando ulteriormente la propria produttività, dall’altro crescendo dimensionalmente e andando a nutrire il comparto grandi imprese, in Italia ancora troppo modesto. In che modo? Sfruttando le opportunità della trasformazione digitale. L’innovazione digitale può contribuire in maniera decisiva in entrambe le direzioni, portando tali imprese a sbloccare il potenziale che ancora può essere espresso e a migliorarne la competitività su un mercato sempre più governato dalle logiche digitali. Ma qual è l’effettivo stato di digitalizzazione delle PMI italiane? L’ecosistema a supporto delle Piccole Medie ImpreseLe PMI italiane interagiscono con molteplici attori: le Pubbliche Amministrazioni, i clienti e i fornitori lungo la propria filiera di appartenenza, le associazioni di categoria, i centri di ricerca e università, gli hub territoriali di innovazione, le startup, i professionisti e i consulenti. Il ricco ecosistema supporta le PMI e le circonda svolge un ruolo di particolare importanza nell’ accompagnare le aziende nel loro percorso di avvicinamento al Digitale, che risulta particolarmente tortuoso specialmente per le piccole imprese. Inoltre, essendo l’economia digitale per sua natura collaborativa, la collaborazione e la comunicazione a livello di ecosistema sono fondamentali affinché le imprese evitino il rischio di emarginazione e possano cogliere appieno le opportunità della Trasformazione Digitale.Le Piccole e Medie Imprese nelle filiere del Made in ItalyLe PMI sono caratterizzate da grande eterogeneità, per esempio in termini di struttura, attività, organizzazione, visione strategica. Questo si traduce in differenze di performance, ma anche di approccio all’innovazione e, in particolare, alla Trasformazione Digitale. È importante esaminare queste diversità, per esempio attraverso le filiere di appartenenza. In questo modo, vengono messi in luce non solo i tratti comuni, ma anche le caratteristiche e le esigenze peculiari, che si riverberano anche nell’adozione e nella propagazione di fenomeni come quello della Trasformazione Digitale. Ecco allora che la digitalizzazione delle filiere, in particolare quella dell’agroalimentare, della moda e del design – considerate come eccellenze del Made in Italy – diventa la chiave di volta per comprendere lo status quo e i trend evolutivi delle PMI italiane.Le PMI contribuiscono in modo rilevante all’occupazione e al fatturato totale della filiera, nonostante siano solo una piccola percentuale delle imprese attive (tra il 4 e il 6%). Il contributo al totale dei ricavi totali di filiera da parte delle PMI va dal 40% dell’agroalimentare, al 43% della moda e al 41% dell’arredo e del design, su un totale rispettivo di 576 miliardi di euro, 180 miliardi di euro e 110 miliardi di euro.Gli Hub territoriali di innovazioneSpesso le PMI approcciano in modo poco organico e strutturato il percorso di innovazione, senza sviluppare una strategia che, in base alle proprie peculiarità ed esigenze, tracci un cammino da seguire. Troppo spesso, infatti, sono ancora le esigenze temporanee di cambiamento o le opportunità di finanziamento una tantum, ad avvicinare le PMI al digitale. Purtroppo, però, “un tornio interconnesso non cambia l’azienda” e, anzi, se non inserito in un progetto strutturato di crescita, rischia di allontanare l’imprenditore dalla percezione dei benefici dell’Innovazione Digitale.Le realtà con dimensioni e risorse limitate – in termini economici, di tempo e di competenze – infatti, difficilmente riescono a intraprendere in solitudine un progetto di digitalizzazione e necessitano di un supporto da parte dei diversi soggetti dell’ecosistema di appartenenza. Tra questi, i Digital Innovation Hub, i Punti Impresa Digitale, gli Innovation Manager e i Competence Center, che svolgono proprio questa missione e sono stati creati con l’obiettivo di occupare uno specifico ruolo nel percorso di digitalizzazione delle imprese.Gli incentivi e la normativa a supporto delle piccole e medie impreseProprio per la loro importanza all’interno del tessuto economico italiano, le piccole e medie imprese sono tutelate, o meglio incentivate, da tutta una serie di fondi e agevolazioni economiche messe a disposizione dal Governo.Gli incentivi rappresentano un vero e proprio stimolo all’innovazione per le PMI, spesso frenate, come visto nel paragrafo precedente, da limiti di budget, tecnologici e mancanza di competenze. Patent Box, Nuova Sabatini, Fondi di Garanzia, Voucher Innovation Manager, Iperammortamenti. Il quadro è ampio e trasversale ed è bene fare ordine.Da un punto di vista normativo, la strategia per favorire la trasformazione digitale delle imprese poggia ad oggi su due pilastri portanti: piano di Transizione 4.0 e piano Industria 4.0 Plus. Affinché il supporto delle istituzioni possa avere un reale effetto positivo sulle PMI, sarà fondamentale definire tempestivamente i termini applicativi delle normative e semplificare la burocrazia. Piccole e Medie Imprese, guida alla trasformazione digitaleI trend della trasformazione digitale, hanno imposto alle imprese di qualsivoglia dimensione sfide tecnologiche, organizzative e culturali dure da affrontare. Competenze digitali e apertura al cambiamento sono la chiave, in particolar modo per le PMI italiane, realtà trainanti nel nostro Paese come abbiamo detto, ma ancora poco digitalizzate. Qual è la strada da seguire? Quello delle piccole e medie imprese è un percorso che ha più di una direzione. Almeno quattro per essere precisi.L’interesse degli imprenditori delle PMI verso il digitaleLe competenze digitali e le figure professionali dedicate nelle PMILa conoscenza e l’adozione delle tecnologie digitali nelle PMIGli strumenti digitali nel rapporto con fornitori e clientiLe PMI italiane, in realtà, sono ancora molto indietro su questi aspetti. Parliamo di aspetti strategici e organizzativi, vicini ai processi interni ed esterni che guidano le scelte di investimento delle realtà imprenditoriali più piccole. Scegliere di digitalizzare tutti questi elementi vuol dire, quasi sempre, rendere il business di una PMI più competitivo, più internazionale, più remunerativo.Marketing e PMI: gli strumenti a disposizione delle piccole e medie impreseLe PMI italiane sono ancora molto indietro da un punto di vista tecnologico. Un’ulteriore dimostrazione di questo fatto è la loro scarsa presenza online. Sono poche le piccole e medie imprese, infatti, a disporre di un sito eCommerce proprietario o di un sito web in grado di competere con quello delle grandi imprese in termini di user experience, navigabilità da mobile e visibilità sui motori di ricerca. Scarsi anche gli investimenti in pubblicità online. Come invertire la tendenza? Gli strumenti di marketing “su misura” di PMI non mancano, specie sul web, così come le opportunità di business.PMI e tecnologie: dai Big Data all’Industrial IoTSmart Working, Industrial IoT (Internet of Things), Big Data Analytics, eCommerce, Cloud: sono questi alcuni degli ambiti tecnologici di maggior interesse per il panorama delle grandi aziende italiane. Le piccole medie imprese conoscono le potenzialità di queste tecnologie? Le stanno adottando?Nel mentre, gli attacchi hacker in continuo aumento riportano al centro dell’attenzione il tema della sicurezza informatica. Come si stanno muovendo le aziende più piccole per difendersi da minacce sempre più incombenti? In questa parte proveremo a rispondere a queste ed altre domande, con focus dedicati.Gestione dei Big Data nelle PMIAnche le PMI possono estrarre valore dai dati! Alcuni esempi? Ottimizzazione dei costi, personalizzazione della relazione con i clienti, maggiore efficienza dei processi interni.L’ eCommerce per le PMISoprattutto in tempi di pandemia, le piccole e medie imprese hanno cavalcato il fenomeno del commercio elettronico con l’obiettivo principale di sostenere le vendite ed i ricavi affiancando al canale tradizionale quello online.Lo Smart Working nelle PMISmart Working non è solo lavoro da casa, ma una filosofia manageriale che aumenta produttività e benessere dei dipendenti. Tante le opportunità anche per aziende più piccole!Sicurezza informatica nelle PMIGli attacchi cyber per il furto e la distruzione di dati sono in continua crescita e le PMI non sono certo immuni. Come difendersi? La tecnologia è importante ma da sola non basta.Il Cloud Computing nelle PMILa tecnologia abilitante per la trasformazione digitale in azienda è il Cloud Computing, ma sono ancora poche le PMI che utilizzano questa tecnologia per lo storage delle informazioni aziendali.Industrial IoT nelle PMITrasformare gli impianti produttivi in ottica di automazione e monitoraggio continuo. Investire su queste tecnologie significa ridurre i costi e aumentare la qualità dei propri prodotti.La maturità (digitale) delle PMI: tiriamo le sommeLe PMI italiane sono mature? Da un punto di vista dell’innovazione, soltanto il 26% delle nostre piccole e imprese può considerarsi matura. Sono ancora poche le PMI che mostrano un buon orientamento al digitale e possiedono le carte in regola necessarie per sviluppare il proprio business alla luce della digital transformation e rimanere competitive sul mercato. Ciò è emerso da un’indagine dell’Osservatorio che ha messo a punto un modello di classificazione in grado di distinguere i differenti livelli di maturità digitale delle PMI.

Smart City: cos’è e come funziona una città intelligente

Internet of Things

Smart City: cos’è e come funziona una città intelligente

La Smart City, o città intelligente è uno dei nuovi trend della Trasformazione Digitale che riguarda tutti gli ambiti applicativi urbani – dalla mobilità, al controllo del territorio, alla gestione dei flussi turistici, attraverso l’uso di tecnologie innovative quali Internet of Things (IoT), Intelligenza Artificiale, Big Data, Cloud Computing, Digital Twin e molto altro ancora.Oggi le Smart City rappresentano un’evoluzione dell’urbanizzazione, con numerosi modelli già in atto sia a livello globale che in Italia. Tra le città più all’avanguardia nel mondo spiccano Barcellona e Zurigo, esempi di eccellenza in termini di innovazione e sostenibilità. Ma anche l’Italia è parte di questa rivoluzione, grazie a città come Milano e Trento.Per aiutarci a comprenderle al meglio ci affideremo alle ricerche dell’Osservatorio Smart City del Politecnico di Milano, che ci aiuterà a scoprire il significato di Smart City e le sue principali caratteristiche, ma non solo. Cosa sono e come funzionano le Smart CityPrima di tutto, capiamo insieme cosa significa Smart City fornendone una definizione:L’espressione Smart City racchiude in sé una concezione della realtà urbana che travalica i confini tecnologici e che – in una visione ampia che spazia dalla mobilità all’efficienza energetica, dalla valorizzazione dei dati alla partecipazione attiva dei cittadini – si pone come obiettivo l’innalzamento degli standard di sostenibilità, vivibilità e dinamismo economico delle città del futuro.In altre parole, si può affermare che, attraverso l’applicazione di tecnologie come l’Intelligenza Artificiale, le Smart City si prefiggono di migliorare la vita dei suoi abitanti e la gestione delle risorse.Ma nello specifico, cosa offre una Smart City? Sono numerose le opportunità offerte da una “città intelligente” in grado di portare benefici su diversi livelli. Tra i più comuni, rispetto a una città tradizionale, troviamo:riduzione dei consumi energetici;ottimizzazione della raccolta dei rifiuti;sviluppo del trasporto pubblico e della mobilità sostenibile;digitalizzazione dei servizi per i cittadini.Tutti questi vantaggi aiutano a far fronte alla crescita della popolazione urbana migliorando la vivibilità delle città, anche attraverso la riduzione del loro impatto ambientale e dell’inquinamento.Le caratteristiche di una Smart CityGli ambiti applicativi che permettono di attuare i principi della Smart City e che ne definiscono le caratteristiche fondamentali sono molteplici. Di seguito elenchiamo i principali:Smart MobilitySmart Lightiningsicurezza e controllo del territoriomonitoraggio del territoriomonitoraggio ambientaleraccolta dei rifiutiSmart GridSmart MeteringSmart TourismCitizen EngagementComunità Energetiche Rinnovabili (CER)Nei prossimi paragrafi, approfondiremo ognuna di queste tematiche.Smart MobilityIl primo ambito applicativo della Smart City è la Smart Mobility, o “mobilità intelligente”. Questa riguarda tutti gli elementi incentrati sulla mobilità intelligente che hanno l’obiettivo di fornire servizi flessibili, connessi, integrati, sicuri, accessibili e sostenibili. Tra questi troviamo il trasporto pubblico urbano e i servizi riguardanti la mobilità privata in città, ma anche soluzioni di Smart parking, di gestione intelligente del traffico, di localizzazione dei mezzi di trasporto, soluzioni di car sharing e di servizi di MaaS (Mobility as a Service).Smart LightingLa Smart Lighting fa invece riferimento a soluzioni tecnologiche per l’illuminazione pubblica, che diventa “intelligente”. Le lampade LED dei lampioni intelligenti, ad esempio, possono essere infatti interconnesse alla rete e fungere da hub per altre tecnologie, come sistemi di videosorveglianza. L’integrazione di queste funzionalità è un ottimo modo per diminuire i costi e, allo stesso tempo, svolgere altre funzioni come assistenza in casi di pericolo imminente, controllo dei parcheggi, dei percorsi dei mezzi di trasporto o del meteo.Sicurezza e controllo del territorioTra gli ambiti applicativi della Smart City, ci sono anche diverse tecnologie dedicate alla sicurezza. Tra le più diffuse troviamo le telecamere intelligenti, che, senza violare la privacy dei cittadini, possono rielaborare le immagini per rilevare pericoli mediante Intelligenza Artificiale e Deep Learning. Oltre a questo, esistono anche soluzioni per la gestione di flussi di persone, come attraversamenti pedonali intelligenti e sistemi integrati di controllo.Monitoraggio del territorioIl monitoraggio dei rischi naturali del territorio, in una Smart City, ha l’obiettivo di rilevare e identificare situazioni territoriali potenzialmente pericolose, come il livello di fiumi, i rischi di franamenti, ecc. Tra le tecnologie abilitanti per il monitoraggio, troviamo sensori di rilevamento, droni per analisi del rischio idro-geologico e sistemi automatici di comunicazione alla popolazione, come quelli di messaggistica.Monitoraggio ambientaleIl monitoraggio ambientale è quella branca della Smart City che si occupa del controllo e dell’analisi di parametri fondamentali per la salute del cittadino quali umidità, inquinamento acustico, temperatura e qualità dell’aria. Grazie ad appositi sensori diffusi per la città è possibile raccogliere dati per analisi diagnostiche, analisi predittive e prescrittive in grado di supportare decisioni relative alla sostenibilità ambientale e al miglioramento dei suddetti parametri.Raccolta rifiuti nelle Smart CityIn un progetto Smart City la sostenibilità è un aspetto cruciale e questa passa inevitabilmente anche da una corretta gestione dei rifiuti. In questo senso una tecnologia molto importante sono gli smart bins, o “cestini intelligenti”, che permettono di monitorarne il livello di riempimento, così da ottimizzare e risparmiare sul processo di raccolta dei rifiuti. Un’altra tecnologia diffusa per la raccolta rifiuti sono i sacchetti con tag RFId (acronimo di Radio-Frequency Identification, ossia Identificazione a Radiofrequenza), in grado di memorizzare informazioni che permettono di smistare i rifiuti in modo automatizzato.Smart MeteringAltro fattore importante per la sostenibilità di una Smart City è lo Smart Metering, ovvero un sistema di “misurazione intelligente” nel settore energetico e in quello idrico. Nel primo caso, le tecnologie di Smart Metering più diffuse sono i contatori intelligenti per misurare, gestire e rendicontare i consumi dell’energia. Per Smart Metering Idrico, invece, si intende il monitoraggio dell’acqua e la riduzione delle perdite di distribuzione.Smart GridOltre alla misurazione, all’interno di una Smart City, è necessario poter controllare anche la distribuzione dell’energia. Per farlo, esistono soluzioni di Smart Grid (o “rete intelligente”), che consentono di ottimizzare la distribuzione dell’energia elettrica e diminuirne i consumi, grazie a sensori e software di gestione.Smart TourismDiversamente dagli altri ambiti applicativi della Smart City,lo Smart Tourism, ossia il “turismo intelligente”, si occupa della gestione dei flussi turistici. Questo avviene tramite analisi quantitative e qualitative, grazie ad applicazioni utili per migliorare, ad esempio, l’efficienza degli spostamenti e della sicurezza urbana. Il suo obiettivo è altresì quello di permettere l’accessibilità ai servizi per turisti, mediante apposite piattaforme per facilitare la visita delle città e la partecipazione a eventi.Citizen EngagementNella Smart City il Citizen Engagement, che letteralmente significa “coinvolgimento dei cittadini”, si riferisce alla partecipazione attiva, alla collaborazione e all’interazione dei residenti con le autorità locali, anche grazie a piattaforme tecnologiche che permettono di contribuire alla progettazione, alla gestione e al miglioramento della vita urbana. Si tratta di un mezzo per raccogliere informazioni o ricevere feedback dai cittadini, ed è anche un processo collaborativo e partecipativo che valorizza le competenze, le conoscenze e le esperienze della comunità locale.Comunità Energetiche Rinnovabili (CER)Le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) consistono in associazioni tra cittadini, pubbliche amministrazioni, piccole e medie imprese, privati, enti pubblici territoriali e attività commerciali che decidono di dotarsi di infrastrutture per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Il modello è basato sui concetti di autoconsumo e di condivisione a seconda delle proprie risorse, per promuovere la transizione energetica e il maggiore coinvolgimento delle persone sui temi di sostenibilità.Quali sono le tecnologie delle Smart CityDopo aver visto quali sono i principali ambiti applicativi, è necessario comprendere quali sono le infrastrutture tecnologiche necessarie per poter sfruttare a pieno questi sistemi e godere dei benefici che ne derivano. Tecnologie come l’Internet of Things, i Big Data, l’Intelligenza Artificiale, il 5G e il Cloud sono infatti la base da cui partire per arrivare a costruire una città intelligente. Scopriamo perché.L’Internet of ThingsL’Internet of Things (IoT) gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo delle Smart City, consentendo la possibilità di collegare dispositivi e infrastrutture attraverso reti intelligenti per migliorare la gestione urbana. Grazie all’IoT, le città possono raccogliere e analizzare dati in tempo reale per ottimizzare servizi come i trasporti, l’illuminazione pubblica e la gestione dei rifiuti. Un esempio pratico è l’installazione di sensori intelligenti sui semafori, che regolano il flusso del traffico in base alle condizioni di congestione, riducendo i tempi di attesa e l’inquinamento.Un altro metodo molto diffuso è l’uso di cassonetti intelligenti dotati di sensori che monitorano il livello di riempimento, ottimizzando i percorsi di raccolta dei rifiuti e riducendo i costi operativi. L’illuminazione pubblica intelligente, invece, può adattarsi automaticamente in base alla presenza di persone, riducendo i consumi energetici. Tutte queste applicazioni contribuiscono a perseguire gli obiettivi di una città intelligente, rendendo le città più efficienti, sostenibili e vivibili. Il ruolo centrale dei Big Data nelle Smart CityGrazie alle diverse applicazioni della Smart City è possibile raccogliere un grande quantitativo di dati, ma questo da solo non basta. Per migliori sistemi complessi come quelli relativi alla gestione di una città, occorre anche comprendere e saper utilizzare adeguatamente la grande mole di informazioni raccolte.Attraverso la valorizzazione e un corretto utilizzo degli open data è infatti possibile apportare migliorie sotto diversi aspetti, come ad esempio:ottimizzazione dei processi e riduzione di tempi, costi e sprechi per diversi ambiti applicativi, come avviene nei già citati cestini intelligenti o nello Smart Metering;supporto alla definizione di politiche pubbliche grazie a decisioni più consapevoli ed efficaci supportate da dati; i dati riguardanti il bike sharing e la micro-mobilità, per esempio, possono aiutare l’amministrazione a adottare scelte in questioni riguardanti la viabilità urbana;creazione di nuovi prodotti/servizi in grado di rispondere più efficacemente alle esigenze degli utenti; ad esempio, un comune potrebbe decidere, in base ai dati raccolti, di scegliere i servizi più utilizzati dagli utenti e sviluppare un’app ad hoc a misura di cittadino;personalizzazione dell’offerta da parte di servizi di assistenza stradale, servizi assicurativi o servizi di assistenza per la persona;monetizzazione diretta dei dati grazie, ad esempio, alla vendita di informazioni riguardanti i consumi domestici;eCommerce e Advertising tramite l’utilizzo di dati di profilazione per proporre una pubblicità mirata; infatti, alcune società private stanno trasformando mezzi di trasporto in “cartelloni pubblicitari” in movimento, capaci di tenere traccia di chi osserva la pubblicità ed effettuare attività di remarketing sui canali social.L’intelligenza ArtificialeTra le tecnologie più impattanti e con il maggiore potenziale non poteva ovviamente mancare l’Intelligenza Artificiale, i cui ambiti di applicazione stanno vivendo un momento di grande espansione. Si tratta di una componente chiave per il funzionamento delle Smart City, poiché, integrandosi con le altre tecnologie, permette di analizzare grandi quantità di dati in tempo reale e prendere decisioni “intelligenti” per migliorare la vita urbana.In ambito sicurezza, ad esempio, le città possono utilizzare sistemi di videosorveglianza intelligenti che sfruttano l’IA per riconoscere comportamenti sospetti o incidenti e inviare segnalazioni tempestive alle autorità. Nel settore dei trasporti, l’IA può contribuire ad ottimizzare il traffico con sistemi predittivi che analizzano flussi di veicoli e prevedono congestioni, suggerendo percorsi alternativi in anticipo.Un altro esempio è l’uso dell’IA nella gestione del consumo energetico: algoritmi avanzati possono prevedere picchi di utilizzo e ridurre gli sprechi, bilanciando automaticamente la distribuzione dell’energia in base alla domanda. Questi sono alcuni esempi applicativi di questa tecnologia dall’enorme potenziale e in grado di contribuire in modo significativo al miglioramento delle città.Il 5G e le reti abilitanti per la città del futuroSviluppare una Smart City significa anche possedere delle infrastrutture per una rete che supporti le città del futuro. Anche la connettività è infatti una tecnologia senza la quale non sarebbe possibile abilitare tutte le soluzioni precedentemente elencate. Per far fronte a questa necessità vengono impiegate due tipologie di reti – LPWAN e mobili – diverse tra loro per diversi motivi.Le reti LPWAN, acronimo di Low Power Wide Area Network, sono tecnologie a lungo raggio e a bassa velocità. Vengono principalmente utilizzate per il monitoraggio ambientale e l’illuminazione pubblica, in quanto basate su un ampio raggio di applicazione e non su aggiornamenti real-time. Tra le più conosciute c’è SigFox, caratterizzata da una comunicazione a senso unico e una velocità di trasferimento dati molto bassa, e LoRaWAN, una delle più utilizzate, in quanto impiega una tecnologia flessibile e complessa, che consente la trasmissione dati a bassa frequenza su lunghe distanze.Le reti mobili invece, inizialmente nate per il mercato B2c, possono offrire risposte in tempo reale e con una latenza molto bassa, incrementando quindi la velocità di circolazione di dati tra tutti gli oggetti connessi delle Smart City. Queste, nel tempo, hanno iniziato a farsi strada anche per servizi come sicurezza, salute, turismo e logistica. Si tratta infatti di una soluzione molto adatta per avere risposte in tempi brevissimi di reazione, come necessario ad esempio nella gestione intelligente del traffico (semafori intelligenti, attraversamenti pedonali intelligenti, pannelli a messaggio variabile, e molto altro ancora).L’applicazione delle tecnologie CloudLe tecnologie Cloud rappresentano un pilastro fondamentale nell’ecosistema delle Smart City, poiché permettono di gestire, archiviare e analizzare enormi quantità di dati in modo efficiente e sicuro. Grazie al Cloud Computing, le città possono centralizzare l’elaborazione dei dati raccolti da sensori, infrastrutture e dispositivi connessi, permettendo una gestione ottimizzata e coordinata dei servizi urbani.Discorso simile anche per quanto riguarda il monitoraggio ambientale: i sensori installati in tutta la città possono, ad esempio, inviare dati al Cloud per analizzare la qualità dell’aria, rilevare inquinanti e prevedere situazioni di rischio per la salute pubblica. Un altro esempio è la gestione delle Smart Grid, dove i dati raccolti dai contatori intelligenti e dalle reti energetiche vengono elaborati nel Cloud per garantire una distribuzione più efficiente dell’energia. Infine, il Cloud è in grado di facilitare la collaborazione tra amministrazioni e cittadini, permettendo l’accesso a servizi digitali pubblici in tempo reale, migliorando così la trasparenza e l’efficienza amministrativa.Le piattaforme al servizio della Smart CityNell’ambito delle Smart City, due degli strumenti più innovativi che stanno trasformando la gestione e il monitoraggio delle città sono i Digital Twin e le Smart Control Room. Queste soluzioni avanzate offrono un livello di controllo e previsione senza precedenti, permettendo alle amministrazioni di simulare scenari, monitorare in tempo reale le infrastrutture e migliorare la gestione delle risorse urbane. Scopriamo nel dettaglio di cosa si tratta.Il Digital Twin in una città intelligenteIl Digital Twin è una replica digitale accurata di un oggetto, infrastruttura o sistema fisico che permette di monitorare, simulare e ottimizzare le sue prestazioni in tempo reale. Nell’ambito di una Smart City, consente di creare un modello virtuale di intere città o di singole infrastrutture, come edifici, reti di trasporto o sistemi energetici. Questo strumento è fondamentale per anticipare problemi e migliorare la gestione urbana, poiché permette di testare scenari futuri senza impattare il mondo reale.Ad esempio, un Digital Twin di una rete idrica può monitorare i flussi d’acqua, prevedere perdite o malfunzionamenti e ottimizzare l’uso delle risorse. Allo stesso modo, un Digital Twin di un sistema di trasporto può simulare l’impatto di nuovi percorsi o l’aumento di traffico, aiutando a prendere decisioni più informate. mento prezioso per rendere le città più sostenibili e resilienti.Le Smart Control Room come centro di comandoLe Smart Control Room sono invece dei centri di comando avanzati all’interno delle Smart City, dove dati provenienti da sensori, infrastrutture e sistemi cittadini vengono raccolti, monitorati e analizzati in tempo reale. Queste sale di controllo sfruttano tecnologie come l’Intelligenza Artificiale, il Cloud e l’Internet of Things per fornire alle amministrazioni una visione d’insieme delle operazioni urbane e consentire una gestione proattiva delle risorse e dei servizi.Le Smart Control Room permettono di monitorare diversi ambiti applicativi, fra cui la qualità dell’aria, la gestione del traffico, la sicurezza pubblica e il consumo energetico, reagendo rapidamente a emergenze o anomalie. Ad esempio, possono identificare congestioni stradali e regolare automaticamente i semafori o inviare squadre di soccorso in caso di incidenti. Grazie alla visione centralizzata e integrata, le Smart Control Room rendono le città più reattive, efficienti e capaci di adattarsi alle esigenze dei cittadini in modo dinamico e intelligente.Quali sono le principali Smart City: alcuni esempiIl concetto di Smart City è ormai sempre più conosciuto, così come sono sempre di più gli esempi di città che possono essere incluse all’interno di questa categoria, sia in Italia sia all’estero. Eccone alcuni esempi.Le città più Smart nel mondo e in EuropaSono sempre di più le città in giro per il mondo che possono essere considerate “intelligenti”, come testimoniato dalla nascita dello Smart City Index, un documento elaborato dall’Institute of Management Development che ogni anno stila una graduatoria di queste realtà. Ecco le prime 10 classificate nel 2024, che si sono distinte per essere riuscite a migliorare la qualità della vita quotidiana dei propri cittadini mediante l’applicazione della tecnologia:ZurigoOsloCanberraGinevraSingaporeCopenaghenLosannaLondraHelsinkiAbu DhabiLa città più Smart del mondo risulta quindi essere Zurigo che, ormai da tempo, ha iniziato il suo percorso in questa direzione e che oggi può vantare un sistema di infrastrutture tecnologicamente avanzate soprattutto per quanto riguarda il loro ridotto impatto ambientale, ma non solo. Efficientamento energetico degli edifici, efficacia dei servizi pubblici, impiego esteso di soluzioni tecnologiche innovative e, più in generale, una qualità della vita particolarmente elevata sono solo alcuni degli elementi che rendono la città elvetica un esempio da seguire per le città del futuro.In generale, guardando questa Top 10, risulta comunque evidente come sia proprio l’Europa l’epicentro di questa rivoluzione Smart, nonostante non manchino comunque città virtuose anche fuori dal vecchio continente come Canberra, Singapore o Abu Dhabi.Nonostante nessuna delle nostre città compaia nei piani alti dello Smart City Index, anche in Italia troviamo diversi comuni virtuosi che hanno iniziato ad abbracciare questa nuova visione della città.Esempi di Smart City in ItaliaCome già accennato, l’applicazione delle diverse tecnologie che fanno parte delle “città intelligenti” è un’opportunità che diverse città italiane stanno cercando di cogliere. Tra queste spiccano:MilanoTorinoTrentoVeronaFirenzeTutte queste città si stanno attrezzando per sfruttare tutte queste nuove tecnologie, con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita dei cittadini all’interno dei contesti urbani grazie ad interventi che mirano ad avere un impatto significativo in termini di miglioramento della viabilità, della gestione dei rifiuti e di tutti gli altri aspetti utili a rendere una città intelligente.Ma le opportunità offerte dalle Smart City non trovano applicazione soltanto nelle grandi città. Anche se questo concetto è spesso associato solo ai grandi centri urbani, negli ultimi anni, anche comuni più piccoli hanno iniziato, seppure più lentamente, a dimostrare il loro interesse per le città del futuro, con l’86% dei comuni che prevede di investire in progetti di Smart City nei prossimi anni.Dopo aver visto qualche dato utile a fornire un contesto della situazione in Italia vale la pena parlare di alcuni esempi pratici collegati agli ambiti applicativi fin qui discussi.Come già accennato, grande attenzione è posta al connubio con soluzioni di Intelligenza Artificiale, come nel caso del progetto per la gestione dell’irrigazione di parchi e verde pubblico a Firenze, in cui le corrette quantità di acqua da erogare per il terreno sono definite in base alle condizioni di umidità, alle previsioni meteo e alla bagnatura fogliare, con la possibilità di individuare da remoto eventuali perdite o rotture agli impianti e permettere l’intervento degli operatori sul posto solo se necessario.Un altro esempio di progetto innovativo in grado di migliorare un servizio fondamentale per i cittadini è quello realizzato a Verona, dove sono stati installati 160 impianti semaforici per far scattare il verde quando le ambulanze in codice rosso si trovano a 100 metri di distanza: come risultato si riducono i tempi di intervento e aumenta la possibilità di salvare vite umane.I numeri del fenomeno Smart City in ItaliaPassiamo ora a dare dati sul fenomeno della Smart City in Italia. In particolare, quelli emersi dalle ricerche dell’Osservatorio Smart City. Dai dati emerge che:Nel 2023 il mercato Smart City in Italia raggiunge per la prima volta quota 1 miliardo di euro. Rispetto allo scorso anno la crescita risulta tuttavia significativamente ridimensionata (+11% vs. +23% del 2022) e inferiore rispetto a quella della media Europea (+21,9%), agli Stati Uniti (+20%) e al continente asiatico (+20,6%). Questo rallentamento potrebbe essere dovuto al PNRR, come vedremo a breve.Le applicazioni più rilevanti in termini di valore degli investimenti rimangono l’Illuminazione pubblica, la Smart Mobility, lo Smart Metering e le Smart Grid,Tuttavia, come rilevato, abbiamo assistito a un ridimensionamento della curva di crescita. Una diminuzione dovuta principalmente a dei cambiamenti legati al PNRR. Una questione, questa, che merita di essere analizzata più nel dettaglio. Smart City e PNRR, fondi e missioniI finanziamenti pubblici a supporto dei progetti di Smart City non mancano, grazie soprattutto al PNRR. Gli obiettivi previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza si articolano infatti in sei missioni, tre delle quali fanno riferimento proprio a questo ambito:Missione 1La Missione 1 Riguarda i sistemi integrati di trasporto urbano e, in particolare, il MaaS, che verrà sperimentato nelle Città Metropolitane. Il Mobility as a Service permetterà di integrare diversi servizi di trasporto pubblico e privato mediante un unico canale digitale, in grado di dare supporto nella ricerca di informazioni, nella programmazione dei viaggi e nel pagamento unificato dei servizi.Missione 2La Missione 2 verte sulla Rivoluzione Verde e sulla Transizione Ecologica, con progetti riguardanti, ad esempio, l’implementazione di un trasporto pubblico più sostenibile, la riqualificazione di edifici pubblici già esistenti, il rafforzamento della mobilità ciclistica e interventi a favore di soluzioni di Smart Grid per una distribuzione elettrica più digitale e flessibile.Missione 5La Missione 5 fa invece riferimento ai Piani Urbani integrati, progetti di recupero e riuso di edifici già esistenti e di aree urbane sottoutilizzate, con l’obiettivo di contrastare il degrado urbano e trasformare zone vulnerabili in centri smart e sostenibili. Altre iniziative riguardano la promozione di progetti sinergici tra città e comuni limitrofi più piccoli.Tuttavia, nel 2023, questo importante strumento si è rivelato essere un’arma a doppio taglio. Se da un lato i fondi del PNRR dedicati alle iniziative di Smart City hanno infatti permesso di ottenere risultati importanti come il Piano Italia 5G, lo sviluppo della Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND), e la migrazione al Cloud; dall’altro il PNRR ha richiesto un ingente numero di risorse per il realizzarsi dei progetti e questo vincola i comuni nel predisporne di altri, con un altrettanto elevato livello di “smartness”, poiché il personale rimanente a disposizione è esiguo o assente. La revisione del PNRR nell’ambito di REPowerEU ha inoltre fatto sì che diversi interventi contenuti nella Missione 5 siano stati in parte svincolati da questi finanziamenti.Smart City, quali sono le barriere allo sviluppo urbano intelligenteL’interesse per i progetti Smart City è in forte aumento e sebbene negli ultimi anni abbiamo assistito a una diminuzione delle barriere che ne rallentano l’avvio e lo sviluppo, ci sono ancora diversi problemi che rappresentano degli ostacoli importanti.In generale, nonostante un leggero aumento dei comuni che hanno avviato progetti nel 2023 (12% vs. 10% nel 2022), persistono ancora ostacoli significativi allo sviluppo delle Smart City: la carenza di personale (52%) e la mancanza di risorse economiche (48%) e di competenze interne ai comuni (47%).Quella della mancanza di competenze si conferma dunque essere una delle problematiche principali. La percentuale di comuni che possiede figure competenti al proprio interno è di appena il 23%. Se a questi aggiungiamo un ulteriore 21% che si affida a consulenti esterni, rimaniamo con un 56% che non ha alcun tipo di competenza né interna né esterna. Le lacune principali in questo senso riguardano l’uso di tecnologie innovative e la competenza nella gestione di progetti.Smart City, le opportunità per le città del futuroI progetti legati alla Smart City sono in costante aumento, e, guardando i dati, lo sono a ragion veduta. Trai comuni italiani che sono riusciti nel tempo a portare avanti progetti legati alla città di intelligente, l’80% ha effettivamente colto dei benefici in linea o superiori alle aspettative. Una tendenza confermata anche dalle prospettive future, con l’86% dei comuni che nei prossimi tre anni avvierà nuovi progetti legati a questo ambito, cercando di sfruttare nuove tecnologie e cavalcare nuovi trend.Su tutti, il nuovo fronte a destare il maggiore interesse, è quello delle Comunità Energetiche Rinnovabili, ma non solo. Suscitano grande attenzione anche altre prospettive come quelle offerte dai progetti di Smart Land e, naturalmente, tutto ciò che è legato all’Intelligenza Artificiale come strumento a supporto dei processi decisionali

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Fintech & Insurtech

Cos’è il Fintech: tutto su Tecnofinanza e Digital Finance

Il Fintech (Finance Technology, in italiano Tecnologia in finanza o Tecnofinanza), rappresenta il futuro della finanza, portandola a diventare completamente digital. Ad attestarlo è il cambiamento che sta investendo il mondo dei servizi bancari, finanziari e assicurativi in questi ultimi anni. Le tecnologie digitali invadono il mondo Finance in maniera impattante quanto inevitabile.Tuttavia, quello del Fintech è un mondo che non si limita al solo ambito finanziario, bancario o assicurativo, ma si compone di diversi attori e protagonisti. Competizione allargata, Open Banking e Open Finance, Embedded Finance e Banking as a Service, startup, API, Robo Advisor, RegTech, automatizzazione dei processi, tutti tasselli di un mosaico ricco quanto variegato.Partendo proprio dal significato di Fintech, cercheremo di fare ordine in questo ecosistema eterogeneo. Oltre a ciò, nel corso di questa guida affronteremo diversi altri aspetti che riguardano e caratterizzano l’Innovazione Digitale nella finanza. Illustreremo anche cos’è una startup Fintech, quante sono le Fintech in Italia e quali sono i servizi Fintech. Scopriremo inoltre i principali trend del settore, le tecnologie più utilizzate e molto altro ancora. Ad aiutarci nell’impresa ci sarà l’Osservatorio Fintech & Insurtech del Politecnico di Milano, che da anni delinea le direttrici di sviluppo digitale più rilevanti per il settore finanziario. Cosa si intende per FintechPer esplorare l’universo del Fintech è bene partire dal suo significato, partendo, quindi, dal suo significato. Per comprendere al meglio cosa si intende per tecnofinanza (Fin Tech), eccone una definizione:Il termine “FinTech” nasce dalla contrazione di “Finance” (Finanza) e “Technology” (Tecnologia), a indicare le due radici forti a cui fare riferimento. Con l’accezione più ampia del termine si intende una qualunque applicazione di tecnologie e innovazioni digitali in finanza. In altri casi Fintech è utilizzato per indicare solamente le startup operanti in tale contesto.Non esistendo, dunque, una definizione della parola “Fintech” globalmente riconosciuta, l’Osservatorio considera come Fintech:tutte le innovazioni digitali nel settore finanziario, a prescindere da quale sia l’attore che sviluppa ed eroga il prodotto o servizio.All’interno della Ricerca dell’Osservatorio vengono studiati sia gli attori tradizionali del settore, come le banche, sia i nuovi entranti quali startup, BigTech e aziende di altri settori (ad esempio Retail e Automotive). Di seguito illustriamo una panoramica più dettagliata di alcuni di questi protagonisti. Imprese FinTech e TechFin, le differenzePer quanto riguarda le startup, si parla spesso della distinzione tra startup Fin Tech e startup TechFin. Tra queste due tipologie di imprese esiste una differenza: le prime si focalizzano su uno o più servizi finanziari e cercano di ottimizzarli tramite l’utilizzo di strumenti digitali; le seconde, invece, hanno un processo diametralmente opposto, in quanto partono dallo sviluppo di una specifica tecnologia che viene poi applicata al mondo della finanza (spesso non solo).Banche Fintech, quali sonoOltre alle startup, il fenomeno Fintech si manifesta anche attraverso l’innovazione all’interno degli operatori finanziari tradizionali, come le banche. Questi attori storici stanno sempre più integrando soluzioni digitali nei loro processi e servizi per migliorare l’efficienza, ridurre i costi e offrire un’esperienza cliente superiore. In alcuni casi, le banche possono diventare ancor più protagoniste del Fintech, dando vita alle “banche Fintech”. Queste prendono il nome di challenger bank, e operano principalmente online senza filiali fisiche, offrendo una gamma più o meno completa di servizi bancari tramite piattaforme digitali e app mobili.Dal Fintech all’InsurtechIl tema del Fin tech ci consente di introdurre anche un altro settore affine, quello dell’Insurtech, che indica l’unione tra il mondo delle assicurazioni e la tecnologia. Diversi aspetti che tratteremo in questa guida, infatti, riguarderanno sia il mondo dell’Innovazione Digitale nella finanza che nel settore delle assicurazioni.Cosa si intende per InsurtechCompreso, dunque, il significato di Fintech, scopriamo ora quello di Insurtech:Il termine “InsurTech”, che in linea con quanto già detto rappresenta la contrazione di “Insurance”(Assicurazione) e “Technology” (Tecnologia), indica in senso ampio l’innovazione in ambito assicurativo abilitata dalle tecnologie digitali. L’Insurtech spazia dalla sottoscrizione delle polizze fino alla gestione dei sinistri, grazie all’utilizzo di tecnologie quali Big Data Analytics, Intelligenza Artificiale e API.In realtà, report più focalizzati su aspetti finanziari tendono a considerare Insurtech come un sotto segmento del Fin tech. Analisi relative ad aspetti assicurativi, invece, ne evidenziano un’accezione a sé stante. Il fenomeno dell’Insurtech è, infatti, molto rilevante. Secondo la Ricerca dell’Osservatorio nel 2023 il 44% degli utenti Internet italiani ha già acquistato polizze assicurative in digitale e il 14% assicurazioni istantanee o on demand.Come espresso da Marco Giorgino, Responsabile Scientifico Osservatorio Fintech & Insurtech (Politecnico di Milano), alla Camera dei deputati:“Le opportunità che le tecnologie digitali possono offrire sono veramente importanti e questo farà selezione nei prossimi anni. Vedremo un panorama bancario, finanziario e assicurativo molto diverso da quello che oggi stiamo vivendo e uno degli elementi più dirompenti sarà certamente rappresentato dalla tecnologia digitale“. Le caratteristiche dell’approccio Fintech nei servizi finanziariGrazie al digitale, la tecnofinanza evolve velocemente nel mondo dei servizi finanziari. Allo stesso modo le nuove normative, che vedremo nel corso di questa guida, introducono e caratterizzano un nuovo modo di fare banca, più semplice e accessibile. Da questi continui progressi nascono i paradigmi di Open Banking, di Open Finance e di Embedded Banking, Finance e Insurance. Di seguito analizziamo questi fenomeni più nel dettaglio.Open BankingL’Open Banking è il principio secondo cui i dati, le informazioni e le transazioni bancarie devono poter essere fruite dai clienti liberamente, senza i vincoli che sussistevano in passato.Attraverso l’Open API i dati dei clienti possono essere condivisi con attori terzi, mediante l’apertura di insiemi di funzioni e procedure chiamate appunto API (“Application Programming Interface”, in italiano “interfaccia di programmazione delle applicazioni”). Il tutto previa autorizzazione degli stessi clienti e, naturalmente, in conformità con quanto previsto dal GDPR.L’Open Banking è un paradigma rivoluzionario, che sta cambiando le logiche competitive tra banche e società finanziarie-assicurative, consentendo l’ingresso di nuovi protagonisti (e quindi, di nuovi servizi) all’interno dell’ecosistema. Allo stesso tempo, l’Open Banking riguarda un po’ tutti noi, ad esempio nel modo in cui gestiamo i nostri risparmi, i prestiti o i mutui.Open FinanceOpen Finance è un’espressione inizialmente coniata dall’Osservatorio Fintech & Insurtech che rappresenta la diretta conseguenza dell’Open Banking. Si tratta di un paradigma che prevede l’applicazione dell’Open Innovation applicata al settore finanziario e assicurativo. Nello specifico, mediante l’innovazione aperta l’obiettivo dell’Open Finance è quello di catturare tutte le opportunità di business derivanti dal ricorso a risorse (idee, competenze, dati, ecc.) esterne all’azienda.L’Open Finance, dunque, parte dall’idea di Open Banking, e da questa si evolve per abbracciare attori anche meno tradizionali. Non si tratta solo di banche e di attori tradizionali. Con l’Open Finance anche startup, BigTech, Automotive, Retail e chiunque si proponga nel mondo finanziario può diventare parte dell’ecosistema.Con l’Open Finance si amplia l’offerta di servizi finanziari, che non è più limitata solo ad attori del settore. Alla base dell’Open Finance c’è, dunque, lo scambio di idee, di competenze e in particolare di dati tutti i tipi di dati (bancari, finanziari e non) tra tutti gli operatori, al fine di creare innovazione aperta e prodotti a valore aggiunto per il cliente. L’obiettivo delle normative è proprio quello di facilitare e incentivare la competizione nel settore finanziario tramite l’apertura. I servizi finanziari sono così trattati indipendentemente dall’attore che li sta proponendo.Embedded Banking, Embedded Finance, Embedded InsuranceL’Open Banking e l’Open Finance hanno, dunque, favorito l’ingresso di attori meno tradizionali nel panorama finanziario. Da questo panorama hanno preso vita anche nuovi fenomeni.L’Embedded Finance, o Embedded Banking, e l’Embedded Insurance sono alcuni di questi. Si tratta di modalità di offerta che si verificano quando uno o più servizi dell’intermediario finanziario (o assicurativo) vengono direttamente integrato nel customer journey di attori non finanziari e distribuito attraverso i loro canali.Nel caso dell’Embedded Finance, un esempio è la possibilità di richiedere un prestito digitale durante l’acquisto di un prodotto su un sito di eCommerce. Nel caso dell’Embedded Insurance, invece, un esempio è l’opportunità di sottoscrivere un’assicurazione viaggio al momento della prenotazione.Le normative a supporto dell’Open Finance: PSD2, PSD3 e FIDALe novità introdotte dall’Open Finance e dalla rivoluzione dei servizi finanziari targata Fintech rappresentano una svolta epocale. Ma in questo quadro dipinto di innovazione tecnologica, qual è la cornice normativa a cui far riferimento?In primis vi è la Payment Services Directive 2 (PSD2), ossiala direttiva europea pensata per i servizi di pagamento elettronici, diventata effettiva a partire dal 14 settembre 2019. La PSD2, pur avendo spinto le banche ad affrontare il tema delle strategie legate ai dati, ha però forti limiti sul Fintech per quanto riguarda la condivisione di dati di pagamento e conto corrente nel mondo bancario. Questo è uno dei motivi che ha spinto la Commissione europea a proporre una nuova evoluzione della normativa. Il 28 giugno 2023 è stata, dunque, proposta la Payment Services Directive 3. La PSD3 è stata affiancata dal Financial Data Access (FIDA), il nuovo framework per l’accesso e la condivisione di tutti i dati finanziari, al di là dei soli dati bancari di pagamento e conto corrente. Infine, rimane fondamentale anche l’apporto del GDPR (General Data Protection Regulation), operativo a partire dal 25 maggio 2018, che dispone in materia di protezione dei dati personali.Fintech, evoluzione in Italia e il ruolo delle startupIl fenomeno Fintech investe anche l’Italia, un Paese storicamente ancorato a importanti pilastri come il risparmio delle famiglie, il credito bancario e le piccole e medie imprese. L’ingresso di nuovi operatori nel settore ha dato una forte spinta all’innovazione. Le startup, come anticipato, sono il vero è proprio motore di questa rivoluzione digitale del DNA nel mondo Finance.Le startup Fintech & Insurtech: quante Fintech ci sono in Italia?Continua a crescere il numero delle startup Fintech (e TechFin) italiane, ancora poco capitalizzate, ma già molto attive e operative. Queste aziende innovative, che offrono servizi nuovi e mirati, svolgono un ruolo più che centrale nella digitalizzazione del mercato finanziario.L’Osservatorio ha rilevato che nel 2023 il numero complessivo startup Fintech & Insurtech in Italia è di 622 realtà(-8 startup rispetto all’anno precedente). Di queste, 109 sono startup Insurtech. Nel complesso le startup Fintech e Insurtech hanno raccolto 174 milioni di euro, un dato in calo dell’81% rispetto al 2022 (sebbene in crescita nell’ultimo trimestre del 2023) anche se, in realtà, si tratta di una tendenza in linea con i finanziamenti di Venture Capital a livello internazionale.Nel nostro Paese le startup Fintech sono, dunque, in crescita, ma attraggono ancora pochi capitali.Come espresso da Laura Grassi – Direttrice dell’Osservatorio Fintech & Insurtech – al convegno finale dell’Osservatorio Fintech & Insurtech, è inoltre doveroso specificare che:“Il successo e la sostenibilità futura delle startup Fintech & Insurtech sono condizionati da due variabili fondamentali. Da un lato, la collaborazione con partner che li possono accompagnare nella strategia e nel progetto imprenditoriale, dall’altro la disponibilità di capitali per far fronte agli investimenti necessari alla fase di scale-up”.Come cambiano le abitudini dei clienti con il Fintech?Il digitale sta iniziando, dunque, a investire le abitudini dei consumatori e delle imprese italiane anche in ambito finanziario e assicurativo. Alcune peculiarità dei servizi Fintech (e dell’Insurtech) sono state decisive in momenti delicati, vissuti ad esempio durante l’emergenza sanitaria e il conseguente lockdown. Negli ultimi anni il numero dei consumatori italiani che ha interagito con la propria banca tramite canali digitali è a dir poco lievitato.Filippo Renga, Direttore Osservatorio Fintech & Insurtech (Politecnico di Milano), al convegno finale dell’Osservatorio Fintech & Insurtech ha inoltre evidenziato quanto segue:Un cospicuo numero di clienti italiani è già predisposto ad un’esperienza bancaria digitale. I nostri dati mostrano una crescita costante nell’uso dei canali digitali anche nel 2023 con tassi di incremento simili a quelli dell’anno precedente, a dimostrazione di un utilizzo comune tra tutte le fasce di utenti bancariFintech, i principali prodotti offertiCosa offrono le Fintech? I servizi più diffusi del Fin tech comprendono una vasta gamma di soluzioni innovative che stanno trasformando il settore finanziario. Tra i principali servizi di Finance Technology troviamo:Mobile Payment, ossia l’acquisto di beni e servizitramite il proprio Smartphone, sia a distanza che in prossimità;Pagamenti P2P (peer-to-peer o person-to-person), che indica il trasferimento istantaneo di denaro tra due soggetti;Chatbot, ovvero un agente software capace di eseguire azioni per un interlocutore umano a seguito di comandi scritti o parlati, applicato ad esempio negli investimenti;Servizi Budget Familiare, strumenti digitali per monitorare, pianificare e gestire le finanze domestiche;Prelievo Cardless, si tratta di un’operazione di prelievo senza l’utilizzo di una carta di debito o di credito, ma, ad esempio mediante app o QR code;Trasferimenti Dati da CC, servizi per il trasferimento automatico e sicuro dei dati bancari da conti correnti verso altre piattaforme o servizi finanziari, in ottica open bankingFintech, tendenze e innovazioni tecnologiche per ridefinire il settore dei servizi finanziariL’innovazione in ambito Fintech e Insurtech corre veloce e porta in grembo la soddisfazione di clienti e PMI, sempre più convinti che i servizi digitali rendano più agile ogni processo. Per i player di questo settore, dunque, l’apertura alle nuove tecnologie sta diventando determinante. Tra queste, le più attenzionate sono la Blockchain, i Big Data e l’Intelligenza Artificiale, in particolare la Generative AI. Di seguito approfondiamo queste tecnologie nel dettaglio.La Blockchain nel FinanceLa Blockchain è una delle principali tecnologie che ha hanno investito il mondo del Fintech e dell’Insurtech. Le banche e i player del settore hanno ormai compreso l’importanza di questa tecnologia, e sono sempre più numerosi i servizi basati sulle Distributed Ledger Technology (DLT) promossi da istituti finanziari e assicurativi nel mondo. L’Italia non è da meno e sono numerosi i progetti che spingono in questa direzione anche nel nostro Paese. Tra strategie pragmatiche e titubanti i protagonisti della finanza internazionale hanno ormai colto la portata innovativa della Blockchain.Questa tecnologia a registro distribuito viene utilizzata in ambito Finance per supportare diverse attività. Le principali sono la gestione di determinate tipologie di pagamenti, per migliorare lo scambio di titoli finanziari, per la tracciabilità e per la gestione di dati e documenti finanziari, come supporto al Supply Chain Finance, per identificare i propri clienti e per la gestione delle votazioni da remoto.I Big Data nel FinanceInsieme alla Blockchain, nel mondo Fintech e Insurtech c’è molta attenzione anche sui dati e sulla loro analisi. Nell’ambito finanziario e assicurativo, però, i dati sono presenti in enormi quantità. Per questo motivo si parla di Big Data. L’output derivante dalla loro analisi, invece, prende il nome di Big Data Analytics.Visto il consistente patrimonio informativo del Fintech e dell’Insurtech, comprendere l’importanza dell’impiego dei Big Data in questi settori è fondamentale per capire come i principali attori possano accrescere la propria competitività. Un controllo attento e efficace di questi sistemi potrebbe consentire non solo di migliorare la performance operativa, ma anche di anticipare le tendenze di mercato e le esigenze dei clienti nel mondo digitale di finanza e assicurazioni.L’AI e la Generative AI nel FinanceL’Artificial Intelligence (AI) studia lo sviluppo di sistemi hardware e software dotati di capacità tipiche dell’essere umano (interazione con l’ambiente, apprendimento e adattamento, ragionamento e pianificazione), in grado di perseguire autonomamente una finalità definita prendendo delle decisioni che, fino a quel momento, erano solitamente affidate agli esseri umani. L’utilizzo dell’AI in ambito Fintech e Insurtech è uno dei trend che destano maggiore interesse, grazie a svariate tipologie di utilizzo. Una di queste è rappresentata dai chatbot, impiegati specialmente nell’assistenza post-vendita.Inoltre, diverse startup Fintech si stanno già concentrando sull’Intelligenza Artificiale Generativa. La Generative AI è una tecnologia che utilizza algoritmi avanzati per creare nuovi contenuti, dati o soluzioni basati su modelli preesistenti (ossia set di informazioni strutturate usate per addestrare gli algoritmi). Questa tecnologia rappresenta l’ultimo traguardo dell’AI e trascende le mere applicazioni di ChatGPT. Infatti, grazie a API e plug-in, i casi d’uso dell’AI Generativa vanno da soluzioni sviluppate per migliorare e/o automatizzare processi aziendali (come la creazione di report), a soluzioni progettate per soddisfare le esigenze dei clienti (come i chatbot e il loro efficientamento).Sono diversi gli operatori finanziari e assicurativi che, adottando varie prospettive – alcune orientate alla creazione autentica, altre più propense a seguire il trend per evitare di rimanere indietro – hanno iniziato a utilizzare la GenAI.Gli ambiti di innovazione nel Fintech & InsurtechOltre alle tecnologie, meritano un approfondimento anche gli ambiti di innovazione verso cui si stanno orientando più di recente i settori Fintech e Insurtech. Le principali tendenze del mercato risultano essere la DeFi (o Finanza Decentralizzata), le challenger bank, il RegTech, il Sandbox regolamentare e l’identità finanziaria. Vediamo più nello specifico in cosa consistono.DeFi, la Finanza DecentralizzataLa Finanza Decentralizzata, o DeFi (Decentralized Finance) consiste nella riduzione o nell’eliminazione degli intermediari finanziari nell’esecuzione di transazioni. Questo fenomeno di decentralizzazione e disintermediazione dei servizi finanziari attraverso nuove tecnologie è in atto da diverso tempo, a partire dalle piattaforme Peer-to-Peer.Tuttavia, l’introduzione della Blockchain e delle tecnologie a registro distribuito (o DLT, Distributed Ledger Technology) hanno posto le basi per una profonda disruption dell’intero comparto finanziario, comprendendo prestiti, assicurazioni e investimenti. Di conseguenza, la Finanza Decentralizzata potrebbe a lungo andare impattare fortemente il ruolo degli attuali intermediari e diffondersi velocemente anche grazie all’introduzione di monete elettroniche.Il Banking as a Service (BaaS) e il legame con le Challenger BankIl Banking as a Service, o BaaS, è un modello in cui gli istituti finanziari forniscono servizi bancari, in genereattraverso API (Application Programming Interface) ad attori terzi, consentendo a operatori diversi di far leva sui servizi di un singolo attore finanziario.Un esempio di attore terzo è rappresentato dalle challenger bank. Queste realtà, conosciute talvolta anche con il nome di neobank, rappresentano entità nate per rispondere alle esigenze di clienti digital oriented richiedenti procedure finanziarie semplificate. Infatti, si differenziano dalle banche tradizionali principalmente per il loro approccio innovativo e per una maggiore flessibilità. Ad esempio, consentono di gestire i propri conti attraverso dispositivi mobile, oppure semplificano determinati processi delle banche tradizionali, come l’onboarding.Le challenger bank, tuttavia, non costituiscono necessariamente delle vere e proprie banche. Il Baas consente loro di offrire prodotti e servizi finanziari personalizzati e competitivi, senza sostenere i costi onerosi relativi all’ottenimento di una licenza bancaria.Il RegTechIl RegTech (contrazione di Regulatory Technology), come suggerisce il termine, rappresenta l’unione tra la regolamentazione e la tecnologia. All’interno del settore finanziario e assicurativo (tra i più regolati a livello mondiale) il RegTech riveste un ruolo fondamentale per quanto riguarda la compliance alle normative.Gli obiettivi del RegTech, però, vanno oltre l’efficientamento della compliance. Le soluzioni proposte mirano anche a facilitare le regolamentazioni, ponendo la Regulatory Technology come mediatrice tra gli enti regolatori e i principali attori di mercato. Spesso, infatti, sono le Autorità a adottare soluzioni RegTech e, in questo caso, si parla più specificatamente di SupTech (Supervisory Technology).Molto diffusa all’interno di una strategia RegTech è la costruzione di un Regulatory Sandbox. Il Sandbox RegolamentarePer un migliore dialogo tra regolamentazione e innovazione nel Digital Finance, è stato introdotto in moltissimi paesi il cosiddetto Sandbox regolamentare.Il Sandbox regolamentare rappresenta uno spazio protetto per le sperimentazioni digitali nei settori finanziario e bancario, ma anche in quello assicurativo. Il Sandbox è, dunque, fondamentale per poter sperimentare in ambiti tanto innovativi quanto sfumati normativamente come il Fintech e l’Insurtech.In Italia il Sandbox “regolamentare” è stato previsto nell’ambito del Decreto Crescita ed è già alla seconda finestra di sperimentazione. Tale iniziativa rappresenta una valida opportunità di crescita per il settore, in quanto mezzo per ridurre i costi, sperimentare nuove soluzioni e adempiere più efficientemente alle normative vigenti.L’Identità FinanziariaL’ultimo ambito di innovazione relativo al mondo della finanza e delle assicurazioni riguarda l’identità finanziaria.L’identità finanziaria è uno strumento indispensabile per il riconoscimento a distanza dei clienti nel mondo bancario, finanziario e assicurativo e la raccolta delle relative informazioni. In caso, per esempio, di apertura di un conto corrente o della stipula di un contratto di prestito, l’intermediario finanziario è, infatti, tenuto alla verifica dell’identità dei propri clienti e a raccogliere diversi dati personali.I processi sopracitati richiedono la compilazione di moduli cartacei e l’esibizione di documenti identificativi nel caso in cui le operazioni vengano fatte in filiale. Attraverso l’identità finanziaria è possibile svolgere queste attività in sicurezza anche a distanza, grazie anche all’identità digitale.L’identità finanziaria consentirà di unire i dati anagrafici e finanziari all’interno di un unico strumento. Alcuni di questi sono il wallet europeo EUDI (European Digital Identity), l’italiano IT wallet, oppure strumenti che permettano agli operatori di condividere tra loro dati dei clienti (previa autorizzazione) che sono già a sistema) che sono già a sistema. Uno di questi è rappresentato dall’iniziativa portata avanti dall’Osservatorio, che prevede che diversi operatori possano condividere automaticamente tra loro i dati del cliente, su sua indicazione. La gestione risparmi nell’era FintechIn questo contesto in forte cambiamento sorge spontaneo per molti italiani chiedersi a chi affidarsi per la gestione dei propri risparmi. Oggi, le risposte a questo dubbio arrivano dai numeri. Gli utenti internet del nostro Paese scelgono principalmente le banche e gli operatori postali. Tuttavia, nonostante questi due enti siano a oggi imprescindibili per la quasi totalità delle persone, stiamo assistendo ai primi segnali di un possibile cambiamento.C’è chi inizia, infatti, a prendere in considerazione le startup Fintech, ma anche associazioni di categoria, produttori di smartphone, operatori di telefonia, siti di eCommerce, catene di supermercati e aziende internet, in molti casi affiancando uno di questi attori a uno dei due player principali, quindi, la banca o l’operatore postale. In questo contesto risulta sempre più centrale l’importanza dei Robo Advisor.I Robo AdvisorCon Robo Advisor si intendono le piattaforme digitali capaci di offrire servizi di consulenza in materia di investimento in maniera automatizzata, senza alcun intervento umano, coerentemente con le caratteristiche e gli obiettivi dell’investitore.È innegabile che con la diffusione di piattaforme altamente automatizzate l’evoluzione dei Robo Advisor sia in crescita da anni. La tecnologia ha raggiunto livelli di sofisticazione notevoli, consentendo di classificare e filtrare tutti i possibili investimenti. Utilizzando algoritmi avanzati e analisi dettagliate, le piattaforme sono, infatti, in grado di riconoscere e selezionare la soluzione più adatta per ogni singolo investitore. Questa selezione avviene in modo coerente con il profilo di rischio, gli obiettivi e le preferenze dell’investitore, garantendo così un’esperienza personalizzata e ottimizzata.Eppure, anche in questo contesto fortemente automatizzato il fattore umano risulta insostituibile per la maggior parte dei clienti, grazie al valore delle competenze e alla relazione investitore-operatore.

Cos’è il Social Engineering, come difendersi e come riconoscerlo

Cyber Security

Cos’è il Social Engineering, come difendersi e come riconoscerlo

Il Social Engineering è una tecnica di attacco cyber sempre più sofisticata, in grado di colpire direttamente i dipendenti di un’azienda. La traduzione italiana ingegneria sociale lascia ben intendere la natura di questa minaccia alla sicurezza informatica delle aziende. Si tratta di un’arte, ancora prima che una scienza, che consiste nel manipolare le persone toccando leve psicologiche e comportamentali.(altro…)

Pagamenti Digitali: cosa sono, come funzionano e quali sono le soluzioni più innovative

Innovative Payments

Pagamenti Digitali: cosa sono, come funzionano e quali sono le soluzioni più innovative

Cosa sono i Pagamenti Digitali? Quali i trend innovativi nell’ambito dei pagamenti? Contactless e Mobile sono la massima evoluzione dei pagamenti digitali? O esistono forme di pagamento ancora più innovative in grado di abilitare modelli di business fino a ieri impensabili?Se all’inizio si pensava che i pagamenti da smartphone potessero essere la massima espressione del Digital Payment, oggi si prospettano ulteriori innovazioni che cambieranno il modo di pagare dei consumatori. Questa guida nasce con l’intento di descrivere nella maniera più precisa possibile il mondo dei pagamenti digitali e innovativi. Un mondo in continua evoluzione.Le nuove tecnologie applicate ai Pagamenti Digitali quali Blockchain, Intelligenza Artificiale, Internet of Things e Biometria, unite all’introduzione della normativa PSD2 (Payment Services Directive 2) e delle Open API, hanno cambiato le carte in tavola, abilitando nuove tipologie di pagamento e nuove opportunità di business. Attualmente è possibile pagare con oggetti indossabili, elettrodomestici, altoparlanti o addirittura con un addebito automatico che non richiede alcuna azione da parte del cliente.L’effetto Covid-19, inoltre, ha accelerato ulteriormente il ricorso alle forme di pagamento digitale e da remoto anche in Italia (lo dimostra l’iniziativa governative del Cashback di Stato per i pagamenti digitali).Fare ordine in tale scenario non è semplice. Ci proveremo in questa guida sui pagamenti digitali, realizzata con l’aiuto dei dati e delle Ricerche dell’Osservatorio Innovative Payments del Politecnico di Milano, che da molti anni si occupa di studiare e quantificare le principali direttrici di innovazione che stanno trasformando il panorama dei pagamenti elettronici a livello italiano e internazionale.Pagamenti Digitali: cosa sono e quali sonoPer pagamenti digitali – o Digital Payment – si intendono pagamenti effettuati con strumenti elettronici (carte di pagamento, wallet) o addebito diretto su conto corrente per l’acquisto di beni o servizi. Nello specifico, si fa riferimento ad alcune modalità di pagamento particolarmente innovative: Contactless, eCommerce, Mobile POS (insieme a Smart e Soft POS) e Innovative Payment, i quali a loro volta includono modalità come il Wearable Payment e il Device-free Payment.Che cosa implica questa classificazione? Rispetto al passato, dove il focus ricadeva principalmente sul Mobile Payment (pagamenti tramite smartphone), oggi si prende in considerazione il più ampio gruppo degli Innovative Payment (pagamenti tramite oggetti connessi).Oltre a nuove modalità di pagamento per i consumatori, nascono anche nuove modalità di accettazione dei pagamenti digitali. In tale contesto, i POS giocano un ruolo importante: basti pensare che i POS virtuali permettono di pagare in autonomia senza passare dalla cassa (self-checkout) o di pagare con wallet digitali non necessariamente legati ai circuiti delle carte. Nel seguente quadro proviamo a riassumere le principali tipologie di pagamenti digitali.Pagamenti ContactlessFacile, sicuro e veloce: il contactless è una modalità di pagamento digitale sempre più diffusa in Italia, tanto che caratterizza quasi 8 pagamenti su 10. Grazie alla sua comodità e all’ampia diffusione di carte e terminali abilitati presso gli esercenti, l’Italia è uno dei Paesi che utilizza maggiormente il contactless, specie per i piccoli importi. Con una crescita del +45% sul 2021, i pagamenti contacless hanno raggiunto quota 186 miliardi di euro nel 2022.eCommerceGli acquisti online da remoto di prodotti e servizi in cui il pagamento è concluso con carta di pagamento o wallet elettronico rientrano nell’ormai nota categoria dell’eCommerce. Quando il dispositivo utilizzato per la transazione online è lo Smartphone parliamo più propriamente di Mobile Commerce.Mobile POS, Smart POS e Soft POSI Mobile POS consentono di abbinare un device per la lettura delle carte allo smartphone per accettare pagamenti con carta senza un POS tradizionale. Tali innovazioni stanno rimodellando sempre di più le modalità di pagamento in negozio, specie nei piccoli esercizi commerciali, raggiungendo un transato di ben più di 6 miliardi di euro. Insieme ai Mobile POS, crescono anche gli utilizzi di Smart POS e dei Soft POS, soluzioni ancora più innovative.Innovative PaymentsInnovazioni tecnologiche e normative hanno recentemente allargato la portata dei pagamenti digitali. Oltre al Contactless, POS e eCommerce, individuiamo oggi altre tipologie di pagamento più sofisticate e innovative, quali Mobile Payment, Wearable Payment, Device-free Payment e Smart Object Payment. Queste soluzioni di Innovative Payment sono destinate ad affermarsi nel futuro più immediato. Pagamenti Digitali InnovativiDefinito cosa sono i pagamenti digitali e la loro presenza nelle abitudini di acquisto degli italiani, è bene inquadrare al meglio l’ecosistema degli Innovative Payment. In questa parte della guida abbiamo individuato dunque le quattro categorie di pagamento più innovative e interessanti per il futuro.Mobile Payment, Mobile Wallet e Wearable PaymentI pagamenti tramite smartphone sono una realtà sempre più consolidata a livello italiano e internazionale. Gli utenti acquistano beni e servizi tramite cellulare sia nei negozi fisici sia negli store online, con una spesa media sempre più in crescita. Il Mobile Payment include acquisti a distanza e in prossimità, entrambi abilitati da tecnologie che rendono lo smartphone un importante strumento per i pagamenti digitali. Una delle nuove frontiere di questa soluzione include il Mobile Wallet, intesa come un’app per smartphone il cui obiettivo è sostituire il portafoglio fisico con uno digitale.Meritano un approfondimento anche i cosiddetti Wearable, dispositivi indossabili connessi a Internet e abilitati ai pagamenti contactless. Sempre più utenti pagano con smartwatch e fitness tracker in maniera semplice e immediata. Tutti i più grandi produttori hanno lanciato il loro servizio di pagamento (ad esempio Apple Pay, Fitbit Pay, Garmin Pay, Google Pay e Samsung Pay) stringendo accordi con gli istituti finanziari per permettere agli utenti di virtualizzare le loro carte di pagamento tramite NFC (Near Field Communication) sugli standard di pagamento del Mobile Payment.Mobile e Wearable costituiscono due componenti di primaria importanza all’interno della crescita degli Innovative Payment, basti pensare che nel 2022 la crescita è stata del +122% rispetto all’anno precedente. Il risultato è stato un transato totale di ben 16,3 miliardi di euro.Device-free PaymentI Device-free Payment rappresentano una tipologia di pagamento innovativo che non richiede alcun dispositivo di attivazione. Sfruttano la biometria (come ad esempio il riconoscimento facciale, vocale o delle impronte) o addirittura l’addebito è automatico senza che l’utente realizzi alcuna operazione (si parla a ragione di Invisible Payment, o pagamenti invisibili). Ovviamente ciò comporta per gli esercenti un adattamento in termini di strumenti e tecnologie per il riconoscimento dei clienti o dei prodotti acquistati, nonché una maggiore consapevolezza sulle problematiche di privacy e sicurezza.Smart Payment tramite Oggetti IntelligentiOltre agli smartphone e agli smartwatch, anche altri “oggetti connessi” fanno ormai parte della quotidianità degli italiani. Questi “oggetti intelligenti”, abilitati dal paradigma dell’Internet of Things (IoT), rendono il pagamento ancora più immediato e “invisibile”. Non è errato dunque parlare di Smart Object Payment, ovvero di smart payments (sistemi di pagamento innovativi) tramite oggetti intelligenti: qualsiasi oggetto connesso e intelligente già oggi può potenzialmente abilitare un pagamento: elettrodomestici (Smart Appliance Payment), altoparlanti (Smart Speaker Payment), automobili (Smart Car Payment). Pagamenti Digitali in Italia, la loro diffusioneSono sempre di più gli italiani che scelgono di pagare con carta, smartphone o altri dispositivi, vista la loro semplicità e immediatezza. La pandemia ha cambiato inevitabilmente le abitudini dei consumatori e, allo stesso tempo, gli incentivi da parte dello Stato italiano nel post pandemia (come il Cashback) hanno aumentato la diffusione dei pagamenti digitali per combattere l’evasione fiscale e migliorare processi e servizi del sistema Paese.Per quanto il contante sia ancora lo strumento di pagamento più utilizzato dai consumatori italiani, i pagamenti digitali continuano quindi ad aumentare costantemente. Come ha affermato Alessandro Perego, Responsabile Scientifico degli Osservatori Digital Innovation, “I dati sui pagamenti digitali in Italia nel 2022 dimostrano che quanto registrato nel 2021 non era solo un rimbalzo dopo il crollo dei consumi, ma che la crisi pandemica ha cambiato strutturalmente le abitudini dei consumatori, che trovano questi mezzi sempre più comodi, veloci e sicuri, portando il mercato a crescere a ritmi superiori rispetto a quelli pre-covid. Secondo i dati della BCE sul numero di transazioni pro capite con carta registrate nel 2022, l’Italia è uno dei paesi a maggior crescita nell’ultimo anno (+20,5%).Tornare indietro è dunque impossibile, il volere dei consumatori sembra essere proprio quello dell’innovazione. Oltre ai dati della BCE, a dimostrarlo sono anche i dati registrati dall’Osservatorio:I pagamenti effettuati con carte o wallet digitali in Italia hanno raggiunto, nel 2022, un transato pari a 390 miliardi di euro, registrando una crescita del +18% rispetto all’anno precedente. A questi si aggiungono altri 7 miliardi di euro di pagamenti basati su conto, che portano quindi la cifra complessiva a 397 miliardi di euro.“Un Paese che vuole essere davvero innovativo non può prescindere dai pagamenti elettronici. Alcuni servizi (come il car sharing) senza il pagamento digitale non potrebbero nemmeno esistere, così come non può esistere una PA innovativa basata principalmente sul contante”.Ivano Asaro – Direttore dell’Osservatorio Innovative Payments (Politecnico di Milano)Ascolta l’intervista completa su RTL102.5Pagamenti digitali: i trend tecnologiciIn questa sezione ci concentreremo sulle tecnologie che stanno contribuendo a trasformare il panorama dei pagamenti digitali. Dalla Blockchain all’intelligenza artificiale, presenteremo i principali trend di innovazione tecnologica:Pagamenti BlockchainDal 2016 diverse banche centrali di tutto il mondo hanno rivolto attenzione alla potenzialità delle tecnologie Blockchain e Distributed Ledger come abilitatrici di una moneta digitale, denominate Central Bank Digital Currencies, che esploreremo nel corso di questa guida.Artificial Intelligence (AI)Alle “tradizionali” applicazioni di Artificial Intelligence in ambito anti-frode e anti-riciclaggio (AML, Anti-Money Laundering) attraverso il Machine Learning, si stanno affiancando nuovi use case abilitati da linguaggi di Generative AI, i cosiddetti Large Language Model (LLM). Queste soluzioni, chiamate AI Agent, sono costituite da ripetizioni di un LLM a cui è assegnato un obiettivo e in futuro potranno cambiare radicalmente sia le esperienze di acquisto, sia la gestione delle proprie finanze. Ad esempio un AI Agent potrebbe individuare e acquistare in autonomia un prodotto che rispetti determinati parametri imposti dall’utente.MetaversoAnche all’interno dei mondi virtuali le interazioni necessitano di sistemi per la gestione dei pagamenti: dai token centralizzati e proprietari utilizzabili nei singoli spazi (come Roblox), ai token Blockchain, fino alle integrazioni con i sistemi tradizionali. Anche il futuro del Metaverso sembra dunque essere sempre più connesso a quello dei pagamenti digitali.CybersecurityLa cybersecurity nei pagamenti è cruciale per proteggere transazioni finanziarie, prevenendo frodi, accessi non autorizzati e attacchi informatici. Ai sistemi di sicurezza adottati da banche e circuiti, si accompagnano le soluzioni di autenticazione del pagatore, come ad esempio le SCA (Software Composition Analysis), che vedremo in seguito.QuantumIl quantum computing pone nuove sfide per il sistema dei pagamenti: la crittografia attuale potrebbe diventare vulnerabile, ma, allo stesso tempo, i quantum computer consentiranno la creazione di protocolli crittografici più sicuri e di infrastrutture più veloci e complesse.Internet of Things (IoT)Anche lo sviluppo dell’Internet of Things abilita scenari in cui sempre più pagamenti potranno essere effettuati con dispositivi connessi (come le già citate auto intelligenti) o saranno addirittura gestiti in automatico da dispositivi smart in grado di comunicare machine-to-machine senza un intervento umano.Open APICon la PSD2 – che esploreremo più nel dettaglio a breve – le banche sono obbligate a condividere tramite il funzioni di Open API (acronimo di Application Programming Interface) alcune informazioni su conti e possibilità di disporre pagamenti dei propri correntisti con terze parti (solo, naturalmente, quelle autorizzate dal cliente stesso). I trend normativi: tra PSD2, PSD3 e FIDACome ampiamente descritto, dunque, il mondo dei pagamenti digitali va oltre gli ormai consolidati pagamenti su carta e/o smartphone. Ad accelerare tale evoluzione, oltre alle nuove tecnologie digitali, c’è la collaborazione tra gli attori del settore (produttori di device, banche, fornitori di wallet o servizi di pagamento, Big Tech, esercenti, PA), spinta a sua volta dalla normativa.PSD2, Open API e Strong Customer Autentication (SCA)Il 14 settembre 2020 è diventata attuativa la direttiva europea sui servizi di pagamento, nota come PSD2 (acronimo di Payment Service Directive 2), che ha portato una vera e propria svolta all’interno del mercato finanziario. Oltre alla “liberalizzazione” Open API (attraverso l’obbligo riguardante la condivisione di alcuni dati da parte delle banche a favore di nuovi attori), la PSD2 ha anche posto una forte attenzione alla questione della sicurezza delle transazioni per prevenire frodi.Per tale motivo sono state introdotte nuove regole per l’autenticazione forte del consumatore al momento del pagamento, che costituiscono la Strong Customer Authentication (SCA) o Autenticazione Forte del Cliente. La SCA prevede che l’autenticazione avvenga almeno attraverso due dei seguenti tre fattori: conoscenza (es. password), possesso (es. smartphone o token) e inerenza (es. impronta digitale).PSD3 e FIDAI risultati derivati dalla PSD2, sebbene positivi nel complesso, non sono stati quelli sperati. Tuttavia, la PSD2 può essere considerata come l’inizio di un percorso promettente, il cui prossimo passo è rappresentato dalla proposta di una PSD3 (Payments Services Directive 3) e di un framework per l’accesso ai dati finanziari, denominato (Financial Data Access), entrambi annunciati dalla Commissione europea il 28 giugno 2023.La PSD3, nello specifico, propone misure più forti per contrastare le frodi rispetto alla precedente PSD2, permette ai fornitori di servizi di pagamento (payment service provider, PSP) non bancari di accedere ai sistemi di pagamento dell’Unione europea, migliora i servizi di Open Banking, predispone maggiore chiarezza informativa in merito ai pagamenti, accelera il rilascio dei fondi bloccati, migliora la possibilità di ottenere contanti, ricompone le norme previste per la moneta elettronica unendole a quelle per i servizi di pagamento e, infine, chiarisce ai diversi attori come applicare correttamente le regole.Il FIDA rappresenta invece una nuova iniziativa legislativa che intende semplificare e regolare l’accesso, la condivisione e l’utilizzo dei dati dei clienti nel settore finanziario nell’Unione europea, stabilendo un quadro di riferimento in un’ottica di Open Finance.Pagamenti Digitali e principali casi d’usoAnche le diverse tipologie di applicazione dei pagamenti digitali sono numerose e in costante evoluzione. L’Osservatorio Innovative Payments ha analizzato il panorama e ha individuato tre principali categorie di utilizzo:P2PTra le tipologie di pagamento istantaneo più diffuse c’è il P2P (peer-to-peer o person-to-person), vale a dire il trasferimento di denaro in tempo reale tra due soggetti. In questa innovativa modalità di pagamento non è necessaria alcuna carta di credito, in quanto è possibile scambiarsi il denaro su piattaforme come Paypal, Satispay o Postepay. Oltre a pagamenti P2P sono anche possibili trasferimenti P2B (person-to-business), che per alcuni importi possono essere particolarmente vantaggiosi anche per gli esercenti commerciali.Instant PaymentL’Instant Payment, più comunemente nota con il nome di bonifico istantaneo, è una soluzione correlata alla creazione di nuovi schermi interbancari. Si tratta di un sistema di pagamento che unisce la comodità del digitale con l’immediatezza del contante, consentendo a utenti e esercenti di ricevere immediatamente i pagamenti. Stando ai dati di ACI Worldwide, nel 2022 in Italia sono stati effettuati ben 364 milioni di pagamenti, ma il numero è destinato ad aumentare: a partire dal 28 giugno 2023 l’Europarlamento ha approvato la modifica alla legislazione SEPA (acronimo di Single Euro Payments Area), rendendo obbligatori i bonifici istantanei e allo stesso costo dei bonifici tradizionali.Buy Now Pay Later (BNPL)Il sistema Buy Now Pay Later (BNPL), che in italiano potrebbe essere tradotto come “Compra Ora e Paga Dopo” è un modello di pagamento che prevede l’acquisto immediato di beni e servizi a fronte di un pagamento futuro e dilazionato nel tempo (solitamente di 3 o 4 rate). Viene utilizzato sia nell’eCommerce sia nei negozi fisici e per le categorie merceologiche più disparate, dall’abbigliamento, ai viaggi e all’elettronica di consumo. Il Buy Now Pay Later rappresenta un mercato in grande evoluzione negli ultimi anni. Secondo la Ricerca dell’Osservatorio Innovative Payments, nel nostro Paese il BNPL è utilizzato per oltre 17 milioni di acquisti.Il futuro dei Pagamenti DigitaliSiamo ormai giunti all’epilogo di questa guida, e non c’è momento più opportuno per concludere se non con gli ultimi fenomeni che caratterizzano il futuro dei pagamenti digitali, soprattutto a seguito dell’ingresso di nuovi attori come le istituzioni europee.Central Bank Digital Currencies (CBDC) e Digital EuroLa Central Bank Digital Currency (CBDC) è la rappresentazione digitale di una moneta fiat nazionale gestita da un’istituzione come una banca centrale. Le CBDC nascono a seguito dell’interesse delle banche per alcune peculiarità delle criptovalute, come la programmabilità e la disintermediazione. Diversamente da queste ultime, però, le CBDC non sono completamente decentralizzate, in quanto gestite da una banca centrale.In questo contesto, l’Euro Digitale (o Digital Euro) rappresenta lo strumento di pagamento alternativo alle tradizionali banconote che verrà emesso dalla Banca Centrale Europea in qualità di Central Bank Digital Currency europea. Si tratta di un sistema digitale il cui obiettivo è quello di affiancare il contante, senza sostituirlo. A partire da novembre 2023 sono iniziate le prime sperimentazioni, con l’obiettivo di procedere all’emissione vera e propria tra il 2025 e il 2026.European Digital Identity WalletIl concetto di wallet negli ultimi anni è evoluto da semplice “contenitore” di strumenti di pagamento o altri documenti a vero e proprio ecosistema integrato e a un applicativo a valore abilitato dall’identità digitale. Esiste dunque un forte connubio fra pagamenti digitali e che in Europa si concretizza nello European Digital identity Wallet (EUDI Wallet).Il progetto, fortemente spinto dalla Commissione Europea, prevede la realizzazione di un portafoglio digitale che consente ai cittadini di usufruire di un sistema di riconoscimento pienamente interoperabile, che dia la possibilità di archiviare e utilizzare i dati legati all’identità digitale per l’accesso a un set di servizi ampio e diversificato. Fra questi servizi abilitati, il tema dei pagamenti ricopre un ruolo fondamentale.

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