Lo Smart Working è un modello organizzativo in grado di portare notevoli vantaggi alle organizzazioni che lo adottano. Si hanno benefici in termini di produttività e di raggiungimento degli obiettivi, ma anche di qualità della vita del lavoratore.
Tuttavia, il concetto di Smart Working resta ancora oggi avvolto in un alone di confusione. Spesso viene sovrapposto a pratiche per certi versi simili, adottate durante l’emergenza sanitaria con l’obiettivo di diminuire il rischio di contagio da Covid. Si tratta, ad esempio, del Telelavoro e del Lavoro da Remoto, forme ormai datate.
In realtà, però, l’idea di Lavoro Agile è ben diversa. Fare Smart Working, infatti, non vuol dire semplicemente “lavorare da casa”. Ha un significato molto più ampio. Quindi, qual è l’esatto significato di Smart Working?
In questa guida dedicata allo Smart Working spiegheremo nel dettaglio tutto ciò che riguarda questa tematica. Approfondiremo in che cosa consiste lo Smart Working, ma non solo. Analizzeremo anche come funziona il Lavoro Agile e come viene applicata la legge sullo Smart Working. Scopriremo anche i livelli di diffusione e nuovi trend di Lavoro Agile in Italia.
Affronteremo questi argomenti con l’aiuto dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, da anni punto di riferimento per lo sviluppo della cultura dell’innovazione dei modelli di lavoro in ottica smart.
Che cosa si intende per Smart Working
Come già accennato, il concetto di Smart Working non è da confondere con il lavoro da casa svolto durante la pandemia. Detto questo, dunque, cos’è lo Smart Working?
Secondo la definizione coniata dall’Osservatorio, lo Smart Working, o Lavoro Agile, è una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Un nuovo approccio al modo di lavorare e collaborare all’interno di un’azienda che si basa su quattro pilastri fondamentali: revisione della cultura organizzativa, flessibilità rispetto a orari e luoghi di lavoro, dotazione tecnologica e spazi fisici.
Di conseguenza, adottare il “vero” Smart Working significa abbracciare un approccio di lavoro in cui le persone sono autonomamente in grado di scegliere gli strumenti da utilizzare e il luogo da cui lavorare, al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati. In questo contesto di flessibilità e orientamento ai risultati, le persone possono scegliere di lavorare in modo ibrido, alternando liberamente l’ufficio ad altri luoghi come la propria casa o spazi di coworking. Questa autonomia è parte integrante dello Smart Working.
Cosa non è lo Smart Working: differenze con il Telelavoro
Detto di cosa si intenda per Smart Working, è importante specificare anche cosa non è lo Smart Working. Innanzitutto, il Lavoro Agile non è un inglesismo per definire il Telelavoro.
Il Telelavoro, infatti, consiste in una prestazione lavorativa svolta al di fuori della sede aziendale con il supporto di tecnologie. Lo Smart Working, come detto, non significa solo lavorare a distanza, ma svolgere l’attività lavorativa con flessibilità e autonomia.
Telelavoro e Smart Working sono, dunque, due diverse modalità di lavoro, da un punto di vista sia sostanziale che contrattuale.
Dati questi presupposti, il fenomeno di lavoro a distanza durante l’emergenza sanitaria è più assimilabile al Telelavoro o allo Smart Working? In realtà a nessuno dei due, poiché si è trattato di un lavoro da remoto “spinto”, che non ha lasciato scelta. Possiamo, infatti definirlo, come Smart Working “emergenziale”.
È indubbio che con il lavoro emergenziale alcuni elementi in gioco sono cambiati, non senza criticità. Tuttavia, negli ultimi anni lo Smart Working ha costituito un’esperienza preziosa: ha infatti permesso di fare in poco tempo un percorso di apprendimento e crescita di consapevolezza in materia che, in condizioni normali, avrebbe richiesto anni.
A cosa serve lo Smart Working, i benefici
Lo Smart Working ha portato notevoli vantaggi alle aziende, in termini dimiglioramento della produttività e di riduzione dei costi. I benefici derivanti riguardano, inoltre, anche la soddisfazione del lavoratore e persino le emissioni di CO2. Di seguito analizziamo più da vicino ciascuno di questi punti.
I vantaggi economici dello Smart Working
Si può stimare che lo Smart Working porti una generale riduzione dei costi sia per i lavoratori sia per le aziende che lo adottano.
Nel primo caso il Lavoro Agile consente una diminuzione dei costi di commuting (o pendolarismo), al netto dell’aumento dei consumi domestici, di circa 900 euro all’anno. Nel secondo caso, invece, lo Smart Working può portare a una migliore ottimizzazione dell’utilizzo degli spazi e della riduzione i consumi nelle sedi aziendali. Ciò consentirebbe di risparmiare fino a 2.500 euro all’anno per persona.
Il punto di vista dei lavoratori sullo Smart Working
In generale, i “veri” smart worker hanno un migliore livello di benessere e di engagement. Secondo la Ricerca dell’Osservatorio, infatti, gli Smart Worker godono di livelli più elevati rispetto alle altre categorie di lavoratori (full remote e in presenza) su tutte le dimensioni del benessere – psicologica, relazionale e fisica –.
L’Osservatorio aveva anche già stimato un incremento di produttività per lavoratore nell’ordine del 15%-20% nel caso dell’adozione di un modello “maturo” di Smart Working. A ciò si aggiunge anche un risparmio in termini di tempo, dovuto alla mancanza del tragitto casa-lavoro, che aiuta a migliorare il work-life balance.
I vantaggi dello Smart Working per l’ambiente
Un altro beneficio evidenziato negli ultimi anni, infatti, è che lo Smart Working aiuterebbe a diminuire le emissioni di CO2, rendendo questa pratica molto ecologica. Nello specifico, tenendo conto dell’attuale numero complessivo di Smart Worker, a livello di emissione si otterrebbe nel Paese un risparmio complessivo di ben 1.500.000 tonnellate di CO2.
Lavorare in Smart Working, strumenti e pilastri del Lavoro Agile
La filosofia del Lavoro Agile, con i benefici e le implicazioni normative annessi, si sta diffondendo sempre più tra le aziende italiane. È bene chiedersi allora se le nostre imprese stiano considerando tutti gli elementi fondamentali per attuare tale modello.
Ogni progetto di Smart Working che si rispetti, per avere successo, richiede di considerare contemporaneamente quattro dimensioni tra loro complementari che sono strumenti e pilastri dello Smart Working. Queste componenti sono:
- policy;
- tecnologie;
- spazi;
- cultura e competenze.
Le Policy
L’adozione di un’iniziativa di Smart Working davvero matura richiede l’introduzione di policy. Queste “direttive” – pur senza essere rigide, restrittive e senza limitare l’autonomia lavorativa dei lavoratori – devono risultare chiare e precise, al fine di non lasciare spazi ad ambiguità in campi spesso spinosi. Si tratta, ad esempio, degli ambiti legati alla privacy dei dati trattati, al diritto alla disconnessione e alla gestione di iniziative fortemente improntate alla flessibilità oraria e di luogo (come accade ad esempio con le ferie illimitate e il Temporary Distant Working).
Per disegnare policy per lo Smart Working efficaci è necessario definire chiaramente gli obiettivi del progetto, oltre che effettuare un’attenta analisi dei processi e delle esigenze di tutte le persone coinvolte. È bene ricordare che non esiste a priori un set di policy migliore, adatto a ogni contesto. Ogni organizzazione deve cercare di identificare quella più adatta alle proprie peculiarità.
Le Tecnologie nello Smart Working
All’atto dell’avvio di qualsiasi iniziativa di Smart Working, un’altra delle prime attenzioni deve essere quella di analizzare la dotazione tecnologica disponibile. Si tratta di un’attività indispensabile per comprendere la fattibilità concreta del progetto.
Gli strumenti informatici e, in generale, le tecnologie digitali rivestono un ruolo fondamentale nel rendere possibili lo Smart Working. Basti pensare agli strumenti che consentono di fare videoconferenze oppure ai sistemi di Print Area. Il digitale permette di espandere e rendere virtuale l’ambiente lavorativo. Attraverso di esso si trasformano gli spazi fisici in digitali, dove la collaborazione e la socializzazione avvengono in modo indipendente dai vincoli di orario e luogo.
L’adeguamento delle tecnologie deve essere accompagnato dallo sviluppo di competenze digitali. Quest’ultimo è un requisito fondamentale per garantire anche l’employability (o occupabilità) delle persone nel medio lungo periodo.
Dall’ufficio tradizionale allo Smart Office
Lo Smart Working presuppone un cambiamento nelle modalità di lavoro delle persone e, a sostegno di questa trasformazione, occorre un ripensamento degli spazi mirato. Questo, poi, porta in modo inevitabile a un’evoluzione dell’ufficio tradizionale. Nasce, così, lo Smart Office.
Proprio per favorire l’adeguamento ai modelli lavorativi introdotti dallo Smart Working occorre creare un ambiente di lavoro con spazi flessibili. Questi devono favorire, la concentrazione, la collaborazione, la socializzazione, il benessere individuale e l’introduzione di tecnologie digitali, ma non solo. Devono anche superare le logiche della postazione fissa e dello status delle persone.
Le competenze e la cultura aziendale
Per lavorare in Smart Working in modo efficace, però, non è solo necessaria la disponibilità di tecnologie digitali e di spazi adeguati. Infatti, l’introduzione di un modello di Smart Working richiede di sviluppare piani di formazione e di change management che permettano di far evolvere competenze (digitali e non) e stili di leadership.
Per questo motivo il Lavoro Agile può diventare un’occasione di un profondo cambiamento nella cultura di un’organizzazione. L’esperienza delle aziende più mature mostra come la vera posta in palio sia l’affermarsi di una Result Based Organization, un’organizzazione capace di generare autonomia e responsabilità nelle persone, riconoscerne il merito, sviluppare talenti e l’engagement verso l’innovazione e il cambiamento.
Se le grandi imprese sono propense ad adottare questo approccio, diversa è la situazione di PMI e PA. Ritardi e reticenze nelle iniziative, tuttavia, possono essere superati a patto che non si pretenda di applicare lo Smart Working secondo le stesse modalità delle imprese più mature. Occorre risalire ai principi fondanti e sperimentare nuove iniziative più adeguate. È il caso, per esempio, della flessibilità oraria mediante l’inserimento della settimana lavorativa di 4 giorni, che può portare i principi del Lavoro Agile anche a tutti quei lavoratori che ne sono esclusi, come operai, venditori, sportellisti, ecc.
Come organizzare lo Smart Working
Anche nell’ambito dello Smart Working ci sono delle regole ben precise da rispettare, soprattutto per quello che riguarda:
- l’organizzazione e la gestione dei dipendenti;
- gli strumenti operativi;
- i dati personali.
Nei paragrafi seguenti di questa guida, approfondiremo e chiariremo nel dettaglio quali sono queste regole dello Smart Working che un’organizzazione deve tenere sempre in conto.
Gestione e monitoraggio dei dipendenti
Un progetto di Smart Working richiede nuovi stili di leadership basati non più sul controllo ma sulla fiducia e sulla responsabilizzazione delle persone. La Smart Leadership consiste nel saper adottare stili manageriali più flessibili e plasmarli in base alle esigenze dell’organizzazione e delle persone.
Secondo la Ricerca dell’Osservatorio, avere un Smart Manager ha un impatto positivo sia sui dipendenti che sull’organizzazione. I lavoratori con un capo smart riportano migliori livelli di engagement, benessere e performance rispetto a chi non ne ha uno.
Per quanto riguarda la produttività, questa può essere valutata utilizzando indicatori legati a:
- attività standardizzabili e prevedibili, come il numero di documenti prodotti;
- attività progettuali e discontinue, quali ad esempio il rispetto di deadline, anche intermedie;
- relazioni con il team, poiché gli Smart Manager possono valutare fattori come la capacità di gestione e coordinamento delle urgenze tra i lavoratori.
Strumenti Operativi
Per la riuscita di un’iniziativa di Smart Working, come già detto in precedenza, sia le tecnologie che le competenze digitali, sono fondamentali. Insieme costituiscono gli strumenti necessari per garantire produttività e collaborazione anche a distanza. E non è solo una questione tecnica, ma anche di cultura, aspetto indispensabile per approcciarsi a un nuovo modo di lavorare.
Piattaforme di instant messaging e videoconferenza sono esempi di tecnologie fondamentali per favorire il lavoro a distanza. Tuttavia, per sfruttare al meglio queste soluzioni, è essenziale che i team sviluppino competenze trasversali, come quelle relative al Knowledge Networking e alla Virtual Communication, che consentono ai lavoratori di condividere informazioni in modo efficace.
Il “lavoro da casa” applicato nello Smart Working porta con sé diverse implicazioni in materia di privacy. Entra in gioco la normativa GDPR (General Data Protection Regulation), che dispone le corrette misure per l’utilizzo di database aziendali.
Sebbene il Lavoro Agile non presenti intrinsecamente grandi rischi per la privacy, la sua gestione improvvisata e non professionale può portare a serie violazioni del Regolamento. Le informazioni in possesso dei lavoratori devono infatti essere tutelate e protette con la massima attenzione dall’azienda. In questo contesto, la formazione in materia di privacy e sicurezza è il principale fattore per adeguarsi alle disposizioni del regolamento e anche per contrastare la vulnerabilità informatica.
Cosa dice la legge sullo Smart Working
La filosofia dello Smart Working, oltre ad avere determinate caratteristiche che possono essere più o meno adottate, è anche legge, con l’espressione “Lavoro Agile”. Dopo un primo periodo sperimentale caratterizzato da vuoti legislativi, parecchia confusione terminologica e discreta anarchia, la Legge n.81 del 22 maggio 2017 (anche detta Legge sul Lavoro Agile) ha finalmente regolato lo Smart Working.
La normativa definisce lo Smart Working in tutti suoi aspetti giuridici: diritti dello smart worker e controllo da parte del datore di lavoro, strumenti tecnologici e modalità con cui viene eseguita l’attività da remoto. La Legge, inoltre, definisce la necessità di un accordo scritto tra datore di lavoro e lavoratore, la parità di trattamento economico e normativo, il diritto all’apprendimento permanente e gli aspetti legati alla salute e alla sicurezza.
Smart Working, l’evoluzione del Lavoro Agile tra pandemia e ritorno in presenza
Durante la pandemia, diversi provvedimenti hanno cambiato le regole dello Smart Working, sia in ambito pubblico che privato.
Con i DPCM del 23 febbraio e dell’8 marzo 2020, il governo aveva notevolmente spinto l’applicazione del lavoro da remoto, semplificando la procedura di accesso allo strumento e scoraggiando il lavoro in presenza se non strettamente necessario. Con lo Smart Working semplificato l’azienda poteva decidere di far lavorare da casa tutti i suoi dipendenti anche senza accordi preventivi, con turni a rotazione oppure al 100%.
Durante l’emergenza sanitaria, il Lavoro Agile ha così permesso di garantire la continuità di business e allo stesso tempo salvaguardare la salute pubblica. L’esperienza della pandemia ha, poi, chiarito come, la necessità di presenza fissa in un luogo e per un certo numero di ore per lavorare siano, ormai, concetti superati.
Lo stato di emergenza, ufficialmente terminato il 31 marzo 2022, ha portato con sé proroghe alle procedure di accesso semplificato allo Smart Working, specialmente nel settore privato.
Smart Working e imprese private
Per le imprese è stata prorogata la possibilità di usufruire dello Smart Working in regime semplificato fino al 31 dicembre 2022, nonostante la fine dello stato d’emergenza. A partire dal 1° gennaio 2023 sono rientrate in vigore le direttive della Legge n.81/2017. Da allora il Lavoro Agile non è più dettato dal regime semplificato, ma dall’accordo individuale tra datore di lavoro e dipendenti previsto dalla Legge.
Già da prima della fine della pandemia, però, molte aziende avevano fatto accordi con sindacati e lavoratori per migliorare l’applicazione dello Smart Working nel settore privato. Questi accordi hanno portato alla nascita del “Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile”, valido a partire dal 1° gennaio 2022. Tale protocollo, promosso da Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, ha lo scopo di fornire a imprese e lavoratori del settore privato le linee guida con cui disciplinare, nella contrattazione collettiva, il Lavoro Agile.
I principi del Protocollo nazionale si possono riassumere in sei grandi punti:
- adesione volontaria;
- accordo individuale;
- diritto alla disconnessione;
- tutela contro gli infortuni e le malattie professionali;
- parità di trattamento, luoghi e strumenti di lavoro;
- formazione dei lavoratori agili.
Smart Working e Pubblica Amministrazione
La situazione è stata notevolmente diversa per il settore pubblico. Già con il decreto Proroghe, approvato il 29 aprile 2021, era caduto l’obbligo dello Smart Working nelle PA al 50% (ossia l’obbligo di far lavorare in modalità agile un dipendete pubblico su due). Successivamente è stato annullato anche il limite del 60% indicato nei POLA (Piano Organizzativo per il Lavoro Agile) della Pubblica Amministrazione.
Il 15 ottobre 2021, nonostante lo stato di emergenza non fosse ancora terminato,è stata riadottata la normativa pre-pandemia per le Pubbliche Amministrazioni.
A partire dal 2 dicembre 2021 è in vigore il Piano Integrato di Attività e Organizzazione (PIAO), uno strumento di programmazione integrata della salute organizzativa e professionale, della gestione annuale delle performance e delle misure di contrasto ai rischi (corruttivi). Questo piano assorbe i contenuti del precedente Piano Organizzativo del Lavoro Agile (POLA) e norma l’adozione dello Smart Working nella Pubblica Amministrazione.
Smart Working e lavoratori fragili, super fragili e genitori di figli under 14
A prescindere dalle disposizioni delle singole amministrazioni e aziende, il D.L. 132/2023 aveva esteso il diritto allo Smart Working per i lavoratori super fragili (ossia i dipendenti affetti da gravi patologie croniche) sino al 31 dicembre 2023.
Tale diritto veniva riconosciuto solonel settore privato anche ad altre categorie lavorative, quali:
- dipendenti con almeno un figlio minore di 14 anni, a condizione che l’attività lavorativa fosse svolgibile da remoto e che l’altro genitore non lavorasse o non fruisse di ammortizzatori sociali;
- lavoratori fragili (vale a dire i soggetti maggiormente esposti al rischio di contagio da Covid-19), sempre a condizione che l’attività fosse compatibile con la modalità di lavoro agile.
Sempre nel settore privato, il diritto al Lavoro Agile è stato ulteriormente prorogato al 31 marzo 2024 attraverso l’articolo 18- bis della legge n.191/2023. La proroga ha riguardato i lavoratori con figli under 14 e i lavoratori fragili, ma non i lavoratori super fragili. Dal primo aprile 2024 le agevolazioni sono giunte al termine per entrambe le categorie.
Quante persone fanno Smart Working in Italia
Chiarita la filosofia dello Smart Working, le sue caratteristiche e la normativa di riferimento, possiamo ora esplorare la reale diffusione del Lavoro Agile. Va detto che già da prima della pandemia, in Italia il numero degli Smart Worker che godevano di autonomia nella scelta delle modalità di lavoro in termini di luogo, orario e strumenti utilizzati, era in forte aumento. Tuttavia, l’impatto del Coronavirus sul lavoro da remoto è stato travolgente e i numeri lo confermano.
Secondo le Ricerche effettuate dall’Osservatorio, dai 570.000 stimati pre-pandemia, il numero dei lavoratori agili durante la prima ondata del Covid-19 è improvvisamente passato a una cifra di circa 6,58 milioni. Nel 2021 e 2022, complici l’allentamento delle restrizioni, l’avanzamento della campagna vaccinale e il ritorno a una nuova normalità, le iniziative sono diminuite notevolmente. Un lieve aumento, invece, si è registrato l’anno seguente, che ha visto circa 3,58 milioni lavoratori smart.
Nel 2024, nonostante la cessazione di obblighi normativi sulla concessione dello Smart Working ai lavoratori fragili e la riaccensione del dibattito sui possibili svantaggi di un eccessivo ricorso al lavoro da remoto, il Lavoro Agile risulta essere una pratica tutt’altro che in declino. Secondo l’ultima Ricerca dell’Osservatorio le iniziative presenti nelle organizzazioni si confermano stabili rispetto allo scorso anno. Il numero di lavoratori smart stimato è di 3,55 milioni, cifra che delinea una sostanziale invarianza rispetto al 2023. Per il 2025 si prevede una crescita del +5%, raggiungendo il valore di 3,75 milioni.
Di seguito riportiamo i numeri chiave e i principali trend dello Smart Working in Italia nel 2024.
Smart Working e grandi imprese
Le aziende di grandi dimensioni rappresentano le organizzazioni che più di tutte adottano iniziative di Smart Working. Ciò è attribuibile alla maggiore capacità di investire in infrastrutture e processi per favorire tale pratica.
Ben il 96% delle grandi imprese private ha consolidato iniziative di Lavoro Agile nel corso del 2024. Come conseguenza, il numero degli smart worker è ulteriormente cresciuto del 1,6% rispetto al 2023, arrivando a 1,91 milioni di lavoratori. Si tratta di una quota molto vicina al picco massimo forzatamente toccato durante la pandemia. Per il 2025 è previsto invece il raggiungimento di 1,93 milioni di smart worker.
Il settore e la tipologia delle attività influenzano sicuramente il numero di soggetti coinvolti. L’adozione dello Smart Working riguarda soprattutto impiegati, ma non solo. Sebbene in quantità minore, le iniziative si rivolgono anche al personale che si occupa dell’assistenza clienti, ai lavoratori con particolari necessità (come i caregiver) e persino ai profili tecnici operativi e al personale addetto all’interazione diretta con i clienti.
Smart Working e PMI
Lo Smart Working nelle PMI (Piccole e Media Imprese, aziende con un numero di dipendenti compreso tra 10 e 249) è invece diminuito. Le iniziative passano dal 56% al 53% delle organizzazioni, per un totale di 520mila lavoratori. Per il 2025 si prevede un lieve aumento, che porterà i lavoratori smart a quota 525mila. Il numero di smart worker resta invece sostanzialmente stabile nelle microimprese (aziende con un numero di dipendenti inferiore a 10), che passa da 620mila nel 2023 a 625mila nel 2024. Per il 2025 si stima che il Lavoro Agile crescerà ancora di più, coinvolgendo 690mila lavoratori.
Dai dati emersi dalla Ricerca risulta quindi evidente come la fine dell’obbligo dello Smart Working per i lavoratori fragili abbia avuto un effetto maggiore sulle PMI. Oltre a questo, occorre considerare che il Lavoro Agile in queste aziende è ancora visto principalmente come uno strumento occasionale di conciliazione tra vita privata e lavorativo, e non come un vero e proprio modello organizzativo.
Smart Working e PA
Per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione, le iniziative di Smart Working sono presenti nel 61% delle realtà. Proprio come avviene nel settore privato, anche in questo caso nelle realtà più grandi l’incidenza è maggiore.
Occorre tuttavia considerare che nel settore pubblico, accanto al Lavoro Agile, è presente il modello del Lavoro da Remoto. Quest’ultimo, diversamente dallo Smart Working, può prevedere vincoli di tempo riguardanti il rispetto dell’orario di lavoro. Se si considerano entrambe le modalità di lavoro, la percentuale di PA che offre forme di flessibilità arriva al 70%. Risulta tuttavia in leggera diminuzione il numero dei lavoratori da remoto. Si tratta infatti di 500mila lavoratori nel 2024, a fronte dei 515mila dell’anno precedente. 605mila è invece il numero di lavoratori coinvolti in iniziative di Smart Working stimato dall’Osservatorio per il 2025.
Il Lavoro Agile tra nuove esigenze e cambiamenti
Dai dati e dalle dinamiche possiamo comprendere come, venuta meno la spinta emergenziale, le organizzazioni debbano fare i conti con un nuovo modo di lavorare, spinto da nuove esigenze. Le persone, nella ricerca di un nuovo equilibrio tra vita personale e lavorativa, richiedono sempre più flessibilità. Complice, in questo, il disagio per l’aumento dei costi della vita e l’ansia verso il futuro, innescata da scenari economici e geopolitici sempre più imprevedibili.
Per rispondere a queste nuove esigenze, con l’aiuto delle Direzioni delle Risorse Umane, aziende e PA devono creare una nuova struttura organizzativa. Per raggiungere questo obiettivo occorre prima di tutto riconoscere che lo Smart Working non è solo una misura straordinaria in caso di emergenza, né uno strumento di welfare. Al contrario, si tratta di un modello di organizzazione, una filosofia manageriale che porta a numerosi vantaggi. Come abbiamo visto in precedenza, i benefici vanno dal miglioramento dei risultati lavorativi, a un migliore livello di benessere ed engagement, fino a una maggiore sostenibilità economica, sociale e ambientale.
La fine dell’accesso semplificato non rappresenta la fine di questo modello di lavoro. Si tratta piuttosto della fine di un malinteso, iniziato con l’emergenza sanitaria, che ha imposto alle organizzazioni il lavoro da remoto come mera soluzione di tutela dei propri dipendenti.
Il Lavoro Agile deve essere ora percepito come uno strumento di innovazione organizzativa che aiuta a ridisegnare la relazione tra lavoratori e organizzazione, rendendola più moderna e adeguata alle sfide del nuovo millennio.
Smart Working in Italia: i casi di successo
Il concetto di Smart Working, anche se relativamente recente, non è fenomeno nuovo. Infatti, già dieci anni fa alcune grandi aziende si mossero per introdurre soluzioni di Lavoro Agile in Italia. Tra queste è doveroso ricordare colossi come Vodafone, Microsoft e Nestlé.
Oggi, tra gli esempi da menzionare come best practice di Smart Working nel panorama italiano troviamo numerose iniziative. Tra quelle più peculiari possiamo segnalare i vincitori dell’ultimo premio Smart Working Award organizzato dall’Osservatorio:
- Giuffrè Francis Lefebvre: l’azienda ha introdotto diversi accorgimenti per favorire il lavoro da remoto, come il trasferimento della sede in una struttura più piccola e più centrale – individuata dopo aver eseguito una mappatura delle residenze dei dipendenti–, l’adozione di tecnologie VoiP, di una VPN aziendale e di una casella postale accessibile anche al di fuori dalla rete aziendale, ecc.
- Campari: a seguito della pandemia, l’azienda ha voluto ripensare al modello di Lavoro Agile e ha agito modificando gli spazi fisici della propria sede principale. Inoltre, ha validato lo Smart Working prevedendo una presenza del 60% per i lavoratori della sede centrale con attività compatibili, una presenza dell’80% per le figure specifiche di laboratorio e, infine, una maggiore flessibilità nello smaltimento delle ore ROL per il personale la cui presenza è obbligatoria.
- Consiglio Regionale del Veneto: l’organizzazione ha introdotto a partire dal 2023 un nuovo modello di accordo individuale, siglato direttamente da dipendente e dirigente. Oggi il progetto coinvolge quasi tutti i dipendenti, che dispongono anche di una certa flessibilità oraria in entrata e in uscita. Sono inoltre stati migliorati gli strumenti di comunicazione e collaborazione. Attraverso la migrazione in cloud, per esempio, i documenti sono ora accessibili anche da remoto.
- Alfamation: questa azienda prevede la possibilità per tutti gli impiegati di lavorare in Smart Working per due giorni a settimana, concordati con il proprio responsabile, o per più giorni in caso di particolari esigenze. L’orario di lavoro è gestito in modo flessibile, ma per prevenire il rischio di overworking è stata introdotta una fascia oraria di non reperibilità, che va dalle 20:00 alle 8:00.
Smart Working in Europa
Lo Smart Working non è un fenomeno solo italiano. Sebbene con nomi, accezioni e impianti normativi diversi, politiche di flessibilità nell’organizzazione del lavoro sono presenti in tutta Europa. Lo stesso Parlamento Europeo con la risoluzione del 13/9/2016 afferma di sostenere il Lavoro Agile, mettendone in evidenza i benefici sociali e affermando l’importanza dell’equilibrio tra lavoro e vita privata. Che si tratti di Agile Working, Flexible, Telelavoro flessibile, lo Smart Working cambia nel nome e nella forma, ma non nella sostanza.
Particolarmente significativo è l’approccio allo Smart Working adottato dal Regno Unito, che già nel 2014 ha varato una legge pionieristica in materia: la Flexible Working Regulation. Questa normativa garantisce ai dipendenti con un certo livello di anzianità nel servizio il diritto di chiedere forme di flessibilità lavorativa (part-time, settimana compressa, ecc.).
In Belgio, è emerso un crescente interesse per il concetto di “New Ways of Working” o “New World of Working”. Questi termini si riferiscono all’adozione di innovativi metodi lavorativi (ed esempio tecnologie e spazi) volti a potenziare la motivazione, la soddisfazione e l’efficienza dei lavoratori.
Nel panorama europeo, però, esistono anche numerose iniziative di Smart Working, come il “Telelavoro flessibile” alla francese, con specifiche regole e strumenti che normano il lavoro da remoto.
I nuovi trend dello Smart Working
Tra le opportunità che si sono aperte con il lavoro da remoto imposto dalla pandemia, sono emersi nuovi trend che evidenziano un’evoluzione e un adattamento delle pratiche lavorative flessibili alle esigenze contemporanee.
Settimana lavorativa di 4 giorni
La settimana lavorativa di quattro giorni, o settimana lavorativa corta, ha in realtà diverse definizioni. Secondo l’Osservatorio Smart Working essa implica la possibilità di poter godere di mezza giornata/una giornata libera nel corso della settimana lavorativa a parità di stipendio di una normale settimana di lavoro. Si può adottare riducendo le ore previste dal CCNL, (in questo caso si parla di Short work week), oppure rimodulando l’orario di lavoro (Compressed work week).
International Smart Working
L’International Smart Working è un modello emergente basato sulla flessibilità di luogo che permette ad un dipendente di lavorare in un Paese in cui il suo datore di lavoro non ha un’entità
organizzativa.
È presente soprattutto nelle grandi imprese (29% delle realtà), mentre è ancora contenuta la
diffusione nelle PMI (4% delle aziende). Questo tipo di iniziativa riguarda spesso solo un numero limitato di individui. Tuttavia, rappresentano lo strumento con cui le organizzazioni possono accedere a un maggior numero di talenti a livello geografico e, allo stesso tempo, mantenere il rapporto di lavoro con chi ha necessità di riallocazione.
A limitare la diffusione dell’International Smart Working sono però gli aspetti che riguardano la gestione fiscale e previdenziale, la perdita di senso di appartenenza all’organizzazione e la riduzione dell’engagement – soprattutto per le grandi imprese – e la gestione in sicurezza dei dati, specie per le PMI.
Temporary Distant Working
Uno dei trend più rilevanti che riguardano l’adozione del modello di Smart Working è l’emergere del concetto di lavoro disperso, chiamato Temporary Distant Working. Conosciuto anche come Holiday Working o Workation, questo approccio consiste nel lavorare per un periodo di almeno due settimane in luoghi distanti dalla propria abitazione e dalla propria sede di lavoro. È il caso di trasferimenti temporanei nelle proprie seconde case o all’interno di abitazioni in località di villeggiatura.
Attraverso l’utilizzo dello Smart Working, numerosi lavoratori hanno dunque optato per trasferirsi da centri urbani densamente popolati a località turistiche o zone periferiche. Molte di queste presentavano addirittura alti tassi di spopolamento prima della pandemia. Ciò dimostra come questo modello di Lavoro Agile possa impattare non solo organizzazioni e aziende, ma anche l’intera società.
Le ferie illimitate
Le ferie illimitate rientrano nella direzione di ampliare la flessibilità oraria e introdurre una logica di lavoro per obiettivi. Consistono nella ossia la possibilità di richiedere giornate o frazioni di giornate di ferie aggiuntive rispetto a quanto previsto dal CCNL, senza che ciò implichi una riduzione dello stipendio. Tali ferie possono essere approvate dall’organizzazione e dal proprio responsabile. Attualmente si tratta dell’iniziativa meno diffusa.
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