Le competenze digitali rappresentano nell’era della Digital Transformation il motore fondamentale per il successo professionale e organizzativo. Queste abilità tecnologiche non sono più un “nice to have”, ma una necessità imprescindibile per navigare efficacemente nel mondo del lavoro moderno e restare competitivi sul mercato.
Le organizzazioni di ogni settore si trovano oggi di fronte a una duplice sfida: da un lato devono attrarre nuovi talenti dotati di competenze digitali avanzate, dall’altro devono investire nella formazione e l’aggiornamento delle risorse già a disposizione per non rimanere indietro nella corsa all’innovazione. Gli addetti alla gestione delle risorse umane, i Top management delle aziende, i Governi e le Istituzioni sono dunque chiamati ad affrontare questa sfida.
Vediamo in questo articolo, realizzato dall’Osservatorio HR Innovation Practice della POLIMI School of Management cosa sono precisamente le competenze digitali e come il nostro Paese sta affrontando questo grande cambiamento nel mondo del lavoro.
Cosa sono le competenze digitali
Per comprendere il significato di competenza digitale possiamo fare riferimento alla Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea sulle competenze chiave per l’apprendimento permanente:
La competenza digitale implica l’uso sicuro, critico e responsabile delle tecnologie digitali e il loro impiego nell’apprendimento, nel lavoro e nella partecipazione alla società. Comprende l’alfabetizzazione all’informazione e ai dati, la comunicazione e la collaborazione, l’alfabetizzazione ai media, la creazione di contenuti digitali (compresa la programmazione), la sicurezza (compreso il benessere digitale e le competenze relative alla sicurezza informatica), le questioni relative alla proprietà intellettuale, la risoluzione di problemi e il pensiero critico.
In termini più ampi, si fa riferimento alle competenze digitali come a un vasto insieme di abilità tecnologiche che consentono di ricavare informazioni dai dati, effettuare previsioni, creare contenuti e velocizzare i processi attraverso le tecnologie informatiche e Internet. Queste competenze possono variare dall’uso di fogli elettronici ad altre più evolute, come la scrittura di codici nei linguaggi di programmazione o lo sviluppo di software per l’Intelligenza Artificiale. Inoltre, data la costante evoluzione del mondo della tecnologia, anche le competenze digitali sono destinate a mutare rapidamente nel corso degli anni.
Competenze digitali a confronto: Hard Skills e Soft Skills
Come spesso accade anche in altri settori, è doveroso distinguere tra competenze hard e competenze soft. Di seguito analizziamo dunque cosa sono le Digital Hard Skills e le Digital Soft Skills.
Digital Hard Skills
Le Digital Hard Skills sono strettamente correlate all’uso delle tecnologie. Queste competenze definiscono la preparazione tecnica di un professionista del digitale, quantificabili e sviluppabili sul posto di lavoro, o anche tramite opportuni corsi di formazione e/o aggiornamento professionale.
Essendo strettamente legate alla tecnologia, le Digital Hard Skills evolvono molto velocemente. Inoltre, essendo specifiche per ogni singolo settore tecnologico, queste competenze sono verticali e diverse tra loro. Tra le principali competenze digitali hard possiamo segnalare:
- programmazione e sviluppo software per creare applicazioni, siti web e sistemi utilizzando linguaggi di programmazione quali Python, Java, ecc.;
- virtualizzazione e gestione di infrastrutture e servizi nel Cloud Computing, utilizzando piattaforme come Google Cloud o Azure;
- gestione della Cybersecurity, dalle attività volte alla protezione di reti, dati e sistemi da minacce informatiche fino alla compliance normativa, come nel caso del regolamento europeo sulla protezione dei dati (GDPR);
- gestione dei principali canali di Digital Marketing, quali Social Media, Digital Advertising, SEO, DEM, newsletter, ecc.;
- capacità di creare contenuti multimediali, come grafiche e video, attraverso programmi ad hoc come Photoshop o Avid Media Composer;
- gestione di siti eCommerce e di programmi di CRM, dall’ottimizzazione dei negozi online, tramite piattaforme come Shopify, alla gestione delle relazioni con i clienti, ad esempio mediante il software Salesforce.
Digital Soft Skills
Le Digital Soft Skills, sebbene correlate alle Digital Hard Skills, sono in realtà competenze trasversali. Queste, infatti, determinano una crescita anche a livello relazionale e comportamentale di chi le apprende.
Diversamente dalle competenze hard, le Digital Soft Skills non sono legate direttamente alle tecnologie e per questo cambiano meno rapidamente. Tuttavia, sono imprescindibili per far fronte all’evoluzione digitale in atto. Infatti, queste competenze trasversali di tipo relazionale e comportamentale aiutano le persone a utilizzare efficacemente i nuovi strumenti digitali, migliorando la produttività e la qualità delle attività lavorative svolte.
Entrando più nel dettaglio, ecco alcune tipologie di Digital Soft Skills che si possono apprendere durante un’esperienza lavorativa:
- Knowledge Networking, ossia la capacità di razionalizzare, capitalizzare e organizzare informazioni e conoscenze attraverso strumenti digitali;
- Virtual Communication, che consiste nella capacità di comunicare in modo efficace attraverso diversi strumenti digitali;
- Digital Awareness, che indica la capacità di preservare la confidenzialità e la sicurezza dei dati e delle informazioni;
- Creativity, ovvero la capacità di utilizzare gli strumenti digitali per elaborare idee innovative;
- Data Visualization, o capacità di rappresentare i dati per facilitare la presa di decisioni;
- Data Analysis, ovvero la capacità di analizzare i dati.
La rivoluzione portata dalla Generative AI sta inoltre enfatizzando l’importanza di alcune soft skill e rendendolo necessario lo sviluppo di altre in chiave digitale per sviluppare un mindset adeguato a questa nuova, dirompente tecnologia:
- pensiero critico, inteso come abilità di valutare e analizzare le informazioni e gli output derivanti da soluzioni di AI;
- AI interaction, ossia la capacità di sviluppare e perfezionare comandi per interagire con soluzioni di Intelligenza Artificiale;
- etica digitale, per comprendere gli impatti etici dell’utilizzo di soluzioni di AI;
- decision making consapevole, che consiste nella capacità di sapere quando affidarsi a soluzioni di AI e integrare i risultati con l’esperienza umana.
Quali sono le competenze digitali: la classificazione dell’AgID
Un’altra utile classificazione di competenze digitali la fornisce l’AgID. L’Agenzia per l’Italia Digitale ha definito nel 2017 una roadmap di accrescimento e monitoraggio delle competenze digitali per i cittadini italiani.
Le competenze digitali da raggiungere secondo il modello dell’AgID sono di tre livelli e tipologie:
- competenze digitali di base, utili a tutti i cittadini;
- competenze specialistiche (ICT, acronimo di Information and Communications Technology), Hard Skills utili a tutti i professionisti e futuri professionisti operanti in specifici settori;
- competenze di e-leadership, Soft Skills definite come la capacità di utilizzare al meglio le tecnologie digitali all’interno di qualsiasi tipo di organizzazione e di introdurre innovazione digitale nello specifico settore di mercato in cui si opera.
Tale classificazione si ispira alle raccomandazioni europee in ambito di alfabetizzazione digitale e apprendimento permanente. La famiglia delle competenze digitali di base, in particolar modo, segue il modello del DigComp, quadro di riferimento europeo delle competenze digitali dei cittadini, il quale si articola in cinque fondamentali aree di competenza, quali alfabetizzazione su informazioni e dati, comunicazione e collaborazione, creazione di contenuti digitali, sicurezza, problem solving.
Le Competenze Digitali in Italia: un gap da colmare
L’esigenza di sviluppare le competenze digitali nasce ovviamente da una diffusa mancanza di quest’ultime. Secondo l’Italia ancora indietro nel ranking rispetto alla media europea.
A penalizzare il nostro Paese, rispetto ad altri Stati europei a lei simili come Spagna, Francia e Germania, è proprio la dimensione del Capitale umano, legata all’acquisizione di competenze e professionalità in grado di trarre vantaggio dalle possibilità offerte dalla società digitale. Per quanto riguarda il nostro Paese:
- secondo il rapporto dell’ISTAT sull’anno 2023 siamo 23esimi per competenze digitali tra i Paesi dell’Ue: stando ai dati della Digital Decade, la media europea delle persone con almeno una competenza digitale di base è del 55,6%, in Italia questa percentuale scende al 45,8%; per colmare questo gap, il nostro Paese si è posto come obiettivo per il 2030 l’innalzamento di questa percentuale all’80,1%, in linea con il target europeo;
- sempre secondo il rapporto ISTAT, nel 2022 la media dei laureati in discipline ICT è 1,5% (in crescita rispetto all’1,3% del 2019), mentre la media europea è del 4,5% (era il 3,9% nel 2022); il numero dei laureati è cresciuto del +19% rispetto al 2019, raggiungendo il valore di 155mila, ma è comunque inferiore rispetto alla media dell’Ue del +24,1%.
Si parla in questo scenario di Digital Skills Gap, vale a dire la mancanza di profili dotati di competenze digitali essenziali per affrontare la trasformazione tecnologica che sta permeando tutti i settori di business.
Le iniziative istituzionali per colmare il gap: Strategia Nazionale delle Competenze Digitali e PNRR
Proprio al fine di eliminare questo gap consistente con gli altri Paesi europei, ma anche per abbattere il divario digitale esistente tra le varie aree del nostro stesso territorio nazionale, nel 2020 l’Italia ha adottato la prima Strategia globale sul tema delle competenze digitali. Si tratta della Strategia Nazionale delle Competenze Digitali, elaborata nell’ambito dell’iniziativa Repubblica Digitale. La regia è stata affidata al Comitato Tecnico Guida di Repubblica Digitale, coordinato dal Dipartimento per la Trasformazione Digitale (DTD). Quattro sono gli assi di intervento: Istruzione e Formazione Superiore; Forza lavoro attiva; Competenze specialistiche ICT; Cittadini.
Il DTD, insieme a Invitalia e all’Osservatorio Agenda Digitale, ha pubblicato un primo rapporto di monitoraggio annuale, in cui emerge come si stiano recuperando i gap rispetto agli altri Paesi. Nonostante ciò, sembrerebbe che i progressi non siano ancora sufficienti per raggiungere entro il 2026 i target fissati dalla Coalizione Nazionale.
Inoltre, per incentivare le organizzazioni a riqualificare il proprio personale e colmare quei gap a livello digitale che divide il nostro Paese dal resto dell’Europa, sono stati istituiti il Fondo Nuove Competenze e i Fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua.
A questi si aggiunge il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), che sostiene iniziative di formazione sia per i lavoratori che per gli studenti e, in generale, per la società. Le misure del Piano a supporto dello sviluppo di competenze digitali sono:
- riconoscimento di crediti di imposta alle imprese che investono in attività di formazione per la digitalizzazione e lo sviluppo delle relative competenze;
- interventi a supporto della riqualificazione manageriale (per il digitale), focalizzato sulle PMI con programmi di formazione ad hoc, prevedendo il coinvolgimento delle associazioni di categoria e l’utilizzo di modelli di diffusione incentrati su piattaforme digitali;
- programmi di formazione ad hoc da usufruire nei periodi di cassa integrazione, incentivati tramite il taglio (temporaneo) del cuneo fiscale sia per l’impresa che per il lavoratore, nell’ottica dell’upskilling digitale (ossia di un accrescimento delle proprie competenze);
- istituzione del Servizio Civile Digitale, ambito specifico di attuazione del servizio civile universale per valorizzare il ruolo dei giovani in chiave di “facilitatori digitali” con il compito di aiutare circa un milione di utenti ad acquisire competenze digitali di base;
- realizzazione di una rete dei servizi di facilitazione digitale, con l’obiettivo di supportare almeno 2 milioni di cittadini, entro giugno 2026, nell’acquisizione di competenze digitali di base e nell’utilizzo dei servizi digitali della PA, attraverso una rete di oltre 3.000 punti di facilitazione (denominati Punti Digitale Facile) distribuiti su tutto il territorio nazionale e presidiati dai Facilitatori Digitali;
- potenziamento dell’istruzione professionale, in particolare gli Istituti Tecnici Superiori e le discipline STEM (riguardanti materie quali Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), in tutti i percorsi di studio e non solo quelli strettamente correlati a essi; sono infatti previsti maggiori investimenti per l’Istruzione Tecnica Superiore e interventi di carattere infrastrutturale, come la predisposizione di ambienti di apprendimento connessi e arricchiti da strumenti digitali;
- nell’ambito della Pubblica Amministrazione, predisposizione di specifici corsi on-line (MOOC) sulle nuove competenze riguardanti trasformazione digitale, transizione green, innovazione sociale, e sulle competenze manageriali necessarie per rendere la pubblica amministrazione moderna ed efficace.
Competenze digitali: le iniziative delle aziende
Se da un lato la strada intrapresa in Italia per accrescere il bagaglio di nuove competenze di cittadini e futuri lavoratori sembra quella giusta, come si stanno comportando le aziende?
L’Innovazione Digitale non si traduce solo nell’adozione di nuovi strumenti, ma anche nella necessità di acquisire figure professionali in grado di gestire la trasformazione. Ciò significa che le aziende dovrebbero investire sia in nuovi profili digitali, progettando politiche ad hoc per la loro ricerca e selezione, sia nelle risorse già a disposizione, focalizzandosi sulla formazione dei dipendenti e sull’apprendimento e aggiornamento di competenze digitali.
Quando si parla di risorse specializzate e competenze digitali mancanti, occorre evidenziare che molte aziende si sono già attivate per sostenere l’introduzione e lo sviluppo di competenze digitali, con progetti mirati a coinvolgere l’intera organizzazione. In particolare, si rilevano:
- iniziative per la diffusione di conoscenza sui temi del digitale;
- percorsi di supporto al management;
- programmi di digital upskilling, ossia di aggiornamento delle competenze riguardanti il proprio ambito lavorativo, e di digital reskilling, ovvero dell’apprendimento di nuove competenze per una diversa mansione;
- collaborazioni specifiche con attori esterni;
- attività mirate per la ricerca e selezione di professionalità digitali;
- programmi di reverse mentoring, il cui obiettivo è quello di favorire il passaggio di competenze tra figure senior e junior;
- sistemi di valutazione del gap tra competenze digitali ricercate e quelle già presenti nell’organizzazione.
Competenze digitali e lavoratori
Il successo della Trasformazione Digitale dipende anche dalla capacità dei singoli lavoratori di accogliere e metabolizzare questi cambiamenti. In questo contesto, la Learning Capacity (in italiano “capacità di apprendimento”) indica la propensione e la capacità di ampliare il proprio bacino di conoscenze e abilità per adattarsi ai cambiamenti richiesti dal proprio ruolo e dal business.
Nello specifico, si parla di Continuous Learning (che significa letteralmente “apprendimento continuo”) quando i lavoratori delle diverse fasce di età si presentano in media sufficientemente predisposti ad acquisire nuove competenze e capacità nell’arco della propria vita professionale.
Si parla invece di Learning Adaptivity (ossia “apprendimento adattivo”) per descrivere l’efficacia dell’apprendimento di competenze e capacità necessarie per adattarsi ai cambiamenti nella propria professione. Le generazioni definite Baby Boomers (persone nate nel periodo del boom demografico tra il 1946 e il 1964) hanno dovuto adattarsi maggiormente ai cambiamenti imposti dalla Trasformazione Digitale per restare competitivi rispetto a Millennials (nati tra il 1981 e il 1996) e Generazione Z (nati dal 1997 in poi).
Competenze Digitali e lavoro: la reperibilità dei professionisti digitali
Dopo la crisi pandemica, il mercato del lavoro è fortemente cambiato, così come lo sono anche le necessità delle aziende di attrarre e intercettare nuove tipologie di figure professionali. Non sono poche le difficoltà da affrontare per cercare o sostituire una figura con competenze digitali, soprattutto se specialistiche. In particolare, le professioni più ricercate sono quelle dell’IT & Data Management, che rappresentano però anche quelle più critiche da reperire sul mercato del lavoro. Inoltre, secondo il rapporto ISTAT, il settore ICT e quello delle attività finanziarie e assicurative registrano la percentuale più alta di lavoratori con competenze digitali di base (circa 80%).
La ricerca di lavoratori con competenze digitali adeguate, dunque, è un tema complicato da gestire, dato che tali competenze coinvolgono molte tipologie di professionalità. Tuttavia, come rileva la ricerca dell’Osservatorio HR Innovation Practice, attrarre profili con elevate competenze digitali comporta una serie di difficoltà per diversi motivi:
- elevata concorrenza tra aziende per intercettare i profili digitali adatti;
- scarsità sul mercato del lavoro delle figure professionali con le competenze digitali richieste;
- dimissioni volontarie di massa (o Great Resignation), un fenomeno nato a seguito della pandemia motivato dalla ricerca di un miglior equilibrio tra vita professionale e vita privata e da un desiderio di maggiore qualità nel lavoro.
Per contrastare la carenza di talenti, specie quando si parla di competenze digitali, è necessario adottare strategie che vadano oltre il semplice aumento dei salari, puntando invece su trasformazioni più profonde, come lo sviluppo di nuovi modelli organizzativi.
Come misurare le competenze digitali nei contesti lavorativi
Il framework pubblicato dal Joint Research Centre (JRC) della Commissione europea fornisce un approccio strutturato per misurare le competenze digitali nei luoghi di lavoro attraverso diversi tipi di assessment.
Il documento identifica tre metodologie principali di valutazione:
- domande di auto-percezione: permettono agli utenti di valutare soggettivamente la propria confidenza con le tecnologie digitali, utili per sviluppare consapevolezza delle proprie competenze;
- test basati sulla conoscenza: verificano oggettivamente se il rispondente possiede conoscenze specifiche o sa come agire in determinate situazioni digitali, fornendo una valutazione più accurata;
- valutazioni basate sulle prestazioni: richiedono l’esecuzione di compiti reali, offrendo la misurazione più precisa delle competenze effettive.
Gli assessment possono essere utilizzati da individui (per auto-valutazione), aziende (per selezione del personale e identificazione dei bisogni formativi), fornitori di formazione (per personalizzare i percorsi) e servizi per l’impiego (per il matching lavorativo).
Occorre inoltre adattare il tipo di test agli obiettivi specifici, considerando che ogni contesto richiede approcci diversificati: i test di certificazione, ad esempio, richiedono maggiore complessità e affidabilità rispetto a quelli di auto-valutazione. La scelta della metodologia deve inoltre tenere conto della rapida evoluzione delle tecnologie digitali, che impone aggiornamenti costanti degli strumenti di misurazione per mantenerne la validità nel tempo.
Contenuti suggeriti dell’Osservatorio HR Innovation Practice