L’Open Innovation rappresenta oggi uno dei paradigmi più strategici per le aziende che vogliono rimanere competitive in un mercato in continua evoluzione. Adottato già dall’88% delle grandi imprese italiane, questo approccio si sta affermando come una necessità piuttosto che come un’opzione. In un contesto caratterizzato da rapidi cambiamenti tecnologici, crescenti investimenti nell’Intelligenza Artificiale e nuove sfide di sostenibilità, l’Open Innovation offre alle organizzazioni la possibilità di accedere a competenze esterne, accelerare i processi innovativi e ridurre i rischi associati alla ricerca e sviluppo.
Questa guida, basata sulle ricerche degli Osservatorio Startup Thinking della School of Management del Politecnico di Milano, approfondisce il significato dell’Open Innovation, le sue modalità di implementazione, i vantaggi competitivi che può generare e i trend più recenti del panorama italiano.
Cosa si intende per Open Innovation: significato e origine del termine
Il tema dell’Open Innovation è stato trattato per la prima volta nel saggio “The era of Open Innovation”, redatto dall’accademico Henry Chesbrough nel 2003. In questo caposaldo della letteratura di settore, viene affrontato con lungimiranza il tema della trasformazione in azienda, focalizzandosi sul modello di innovazione “chiuso” tipico delle imprese, per proporre un modello di innovazione “aperta”.
Come teorizzato da Chesbrough, “l’Open Innovation è un paradigma che afferma che le imprese possono e debbono fare ricorso a idee esterne, così come a quelle interne, ed accedere con percorsi interni ed esterni ai mercati se vogliono progredire nelle loro competenze tecnologiche”.
Successivamente, nel saggio Explicating Open Innovation: Clarifying an Emerging Paradigm for Understanding Innovation, scritto sempre da Chesbrough e dall’accademico Marcel Bogers nel 2014, viene fornita una definizione più precisa del fenomeno:
L’Open Innovation si riferisce a un modello di innovazione distribuita che prevede la gestione di flussi e deflussi di conoscenza oltre i confini organizzativi, per motivi pecuniari e non pecuniari, in linea con il modello di business dell’organizzazione.
Secondo questa filosofia, quindi, per innovarsi e far fronte alle difficoltà oggi le imprese devono affidarsi a un modello di innovazione che non tenga conto solo delle idee e delle risorse interne, ma anche di strumenti e competenze provenienti dall’esterno, in particolare da startup, università, istituti di ricerca, consulenti e altre aziende, concorrenti e no. Allo stesso modo, le organizzazioni non devono più limitarsi a sfruttare internamente le proprie innovazioni, ma possono valorizzarle attraverso canali esterni. Questo significa esplorare percorsi alternativi per portare sul mercato le idee sviluppate internamente: dalla cessione di licenze tecnologiche ad altre aziende, alla creazione di spin-off indipendenti, fino alla formazione di joint venture con partner per raggiungere nuovi mercati.
Perché fare Open Innovation: i principali vantaggi
In un contesto come quello attuale, caratterizzato da incertezze economiche e geopolitiche e da una rapida evoluzione tecnologica, per essere competitiva un’impresa non può più fare a meno dell’innovazione. La ricerca è un elemento chiave per il progresso. Per tali motivi sono molte le organizzazioni, specialmente di grandi dimensioni, che hanno messo l’innovazione aperta al centro delle loro scelte strategiche.
Questo orientamento è supportato dai significativi benefici che l’adozione dell’Open Innovation può generare. Secondo la ricerca dell’Osservatorio Startup Thinking, tra i principali vantaggi troviamo:
- identificazione di nuove opportunità di business e maggiore apertura verso spunti esterni;
- aumento di velocità, qualità e quantità di innovazione;
- riduzione ed esternalizzazione dei rischi nei progetti di innovazione per l’adozione di soluzioni già avanzate o testate esternamente all’azienda;
- riduzione dei costi di Ricerca & Sviluppo per il ricorso a soluzioni già sviluppate;
- adozione di nuovi trend tecnologici per una migliore interazione con l’ecosistema degli innovatori;
- spinta all’innovazione organizzativa per l’incontro con nuovi profili e competenze avanzate.
Sempre secondo la Ricerca dell’Osservatorio, l’Open Innovation si conferma particolarmente efficace per esplorare nuovi trend tecnologici (utilizzata dal 64% delle aziende per questo scopo nel 2024) e identificare opportunità di business (44% delle organizzazioni), dimostrando il suo valore strategico nell’attuale scenario competitivo.
Come fare Open Innovation
Le imprese che riconoscono il valore dell’innovazione aperta ricorrono a questo paradigma con due approcci differenti: Inbound Open Innovation e Outbound Open Innovation. Analizziamo questi modelli più nel dettaglio, approfondendo anche quali sono le “azioni” a cui è possibile ricorrere.
Inbound Open Innovation
Questo approccio si basa sull’adozione di stimoli esterni per fare innovazione all’interno dell’impresa. Le aziende possono implementare diverse strategie per acquisire conoscenze, tecnologie e competenze dall’esterno:
- collaborazioni università e centri di ricerca, con cui si ha accesso a invenzioni e brevetti, e la possibilità di sperimentazione di nuove tecnologie e metodologie;
- incubatori e acceleratori interni, che supportano la creazione e lo sviluppo di iniziative imprenditoriali innovative, specie di startup, attraverso diversi strumenti e attività, come il mentoring, il networking, il co-working, le risorse fisiche e i finanziamenti;
- Corporate Venture Capital, o CVC, vale a dire una forma di Venture Capital in cui l’azienda rileva quote di startup con un’ottica non solamente finanziaria, ma anche indirizzata ad avere un accesso privilegiato alle innovazioni e alle tecnologie sviluppate;
- Call4Ideas, Call4Startup, Contest, ossia iniziative volte a raccogliere, attraverso un concorso, idee innovative su un determinato tema che l’azienda può decidere di implementare o supportare nel loro sviluppo; un esempio è rappresentato dagli Innovation Contest per attivare collaborazioni con startup.
- Hackathon, Datathon, Appathon, che consistono in competizioni che coinvolgono sviluppatori esterni all’azienda, durante le quali vengono realizzate idee innovative utili al business aziendale nell’arco di poche ore.
Secondo la Ricerca dell’Osservatorio, le azioni di Inbound Open Innovation più comuni tra le grandi imprese italiane sono le collaborazioni con Università e partner consolidati, che comportano minori rischi e sforzi di attivazione. Altre iniziative riguardanti le startup – che includono la creazione di incubatori e acceleratori interni e di Corporate Venture Capital – hanno un maggior impatto in termini di sforzo e possono produrre risultati più discontinui.
Outbound Open Innovation
Con l’Outbound Open Innovation si esternalizzano stimoli interni per intraprendere azioni di innovazione all’esterno dell’impresa. Questo approccio prevede diverse modalità per valorizzare le innovazioni sviluppate internamente:
- Corporate Venture Building, una forma di Corporate Venturing che riflette il concetto di spin-off di impresa, per formare nuove società che trasformano un’idea imprenditoriale sviluppata all’interno dei confini aziendali in un’impresa autonoma; si tratta di un fenomeno che si ispira agli Startup Studio, ossia a società che nascono con l’obiettivo di generare in modo scalabile nuove startup e realtà imprenditoriali;
- Platform Business Model, ossia un modello di business che crea valore facilitando lo scambio tra due o più gruppi interdipendenti, i cosiddetti platform sides, tramite l’utilizzo di piattaforme in grado di risolvere una frizione di mercato e facilitare l’interazione tra gli attori coinvolti;
- Joint Venture, che consiste in un accordo in cui due o più imprese si impegnano a collaborare per un progetto comune (sia esso industriale o commerciale) o decidono di sfruttare congiuntamente sinergie, know-how o capitale.
In generale, però, questi modelli sono meno diffusi rispetto a quelli di Inbound Open Innovation, in quanto maggiormente rischiosi in termini di risorse e caratterizzati da competenze non sempre presenti nelle imprese. Difatti, richiedono di rendere disponibili all’esterno asset generati all’interno dei confini aziendali, con la percezione di un maggiore rischio di perdita di opportunità.
Collaborare con le startup: la chiave per l’Open Innovation
Le startup rappresenta il volano ideale per mettere in pratica il paradigma dell’Open Innovation. Queste realtà consentono alle aziende sia di adottare nuovi stimoli (attraverso contest, incubatori, acceleratori, CVC, ecc.), sia di generare a loro volta output di processi di innovazione (mediante il Corporate Venture Building).
L’Osservatorio Startup Thinking ha rilevato nel 2024 che il 48% delle grandi aziende collabora con startup da più di tre anni, confermando una tendenza di lungo periodo. Le startup sono utilizzate come fonti di innovazione esterna dal 27% delle aziende, posizionandosi alla pari con vendor e sourcer ICT e subito dopo università e centri di ricerca (31%) e società di consulenza (31%).
I progetti di Open Innovation, che variano per durata e valore strategico, possono portare a numerosi benefici economici e strategici per entrambi le parti, anche se non è sempre facile raggiungere la piena sinergia a causa delle differenti culture aziendali.
Nello specifico, per le aziende i principali vantaggi derivanti dalla collaborazione con le startup risultano essere:
- rilevamento di trend tecnologici e di business;
- maggiore velocità, qualità e quantità di innovazione;
- opportunità per esternalizzare attività di Ricerca & Sviluppo;
- opportunità di diversificazione del business;
- creazione di più ampi ecosistemi di sourcing;
- identificazione di talenti, profili e competenze;
- spunti e ispirazione per l’adozione di approcci lean (agili).
Dall’Open Innovation alla Corporate Entrepreneurship
Per fare Open Innovation nella propria organizzazione in modo efficace è necessario sviluppare in azienda nuovi mindset e una nuova cultura aperta all’innovazione e all’imprenditorialità. La Corporate Entrepreneurship costituisce uno dei metodi più diffusi tra le aziende italiane per attivare l’innovazione aperta.
Questo paradigma si basa sul presupposto che i dipendenti sono un asset chiave per accelerare l’innovazione e che valorizzando le loro competenze imprenditoriali si favorisce lo sviluppo di nuovi prodotti o servizi, l’ingresso in nuovi mercati e perfino l’apertura di unità indipendenti.
Sono diverse le aziende che in Italia hanno avviato iniziative di Corporate Entrepreneurship attraverso differenti tipologie di azioni, dall’adozione di stili di leadership orientati all’imprenditorialità, alla formazione digitale e imprenditoriale e a percorsi di action learning, fino alla realizzazione di Contest e Hackaton e alla collaborazione con startup.
La cultura del fallimento in azienda
Uno dei fattori che è più in grado di alimentare in modo virtuoso la Corporate Entrepreneurship è la cultura del fallimento. L’accettazione dell’errore non fa certo riferimento a negligenza o incompetenza, ma piuttosto a sbagli che fanno parte delle regole del “gioco” nel caso di introduzioni di nuovi prodotti, servizi o processi all’interno dell’organizzazione. Durante lo sviluppo di nuovi progetti spesso non si ha uno storico con cui confrontarsi, soprattutto in scenari di forte incertezza. Una cultura dell’errore ben gestita permette di ridurre tempi e costi, evitando di perseverare in progetti fallimentari, apprendendo velocemente dagli sbagli e riadattando i progetti nella giusta direzione. Inoltre, promuove la collaborazione e il confronto, rendendo l’organizzazione più agile e capace di affrontare il futuro.
Gli abilitatori della Open Innovation in azienda
È innegabile che l’Open Innovation rappresenti un processo complesso. Il suo successo dipende dalla capacità dell’azienda di sviluppare una cultura solida e aperta all’innovazione, in grado di accettare anche il fallimento e di adattarsi a un mercato in continua evoluzione.
Non tutte le aziende, però, dispongono di competenze interne per far pronte a questi nuovi bisogni. Per questo motivo è necessario definire (o formare) professionisti dell’innovazione, quali Innovation Manager, Open Innovation Manager e Innovation Champion.
Innovation Manager
L’Innovation Manager svolge nelle organizzazioni un ruolo di primo piano nella definizione di attività e iniziative di innovazione, con l’obiettivo di rispondere al meglio agli obiettivi strategici aziendali.
Le sue caratteristiche e le competenze sono state stabilite nel 2019 con il decreto MISE e con l’annesso Voucher per l’Innovation Manager. Nel decreto l’Innovation Manager viene definito “come un professionista specializzato in ambito digitale, capace di interpretare, definire e realizzare progetti e processi di digitalizzazione e riorganizzazione aziendale”.
Si deduce, quindi, che questo Manager dell’Innovazione deve in primis essere in grado di individuare nuove opportunità di business (ad esempio individuando gli enti con cui instaurare una collaborazione). In secondo luogo, deve gestire l’implementazione e lo sviluppo di nuove culture di innovazione all’interno dell’azienda. Infine, deve saper svolgere attività manageriali, analizzando e valutando rischi e risultati.
Open Innovation Manager
La figura dell’Open Innovation Manager nasce per affiancare l’Innovation Manager, mantenendo l’ownership nella gestione e nello sviluppo delle attività di Open Innovation in azienda. Si deve quindi occupare di definire il portafoglio di iniziative, in coordinamento con l’Innovation Manager. Inoltre, si occupa di costruire un ecosistema di partner e attori ampio e vario e di mantenere con essi relazioni attive e proficue. Infine, favorisce, la diffusione in azienda di una cultura propensa all’adozione di approcci di Open Innovation.
Innovation Champion
Tra le grandi imprese sta emergendo nel corso degli ultimi anni anche una sempre maggiore necessità di identificare adeguati meccanismi organizzativi per far fronte all’innovazione. L’Innovation Champion è una risposta a questa esigenza: si tratta di una figura professionali interna all’organizzazione, di cui rappresentano le necessità e le competenze, che dedica una parte del proprio tempo all’innovazione, al fine di facilitare il coordinamento tra la propria funzione/Line of Business di provenienza e la Direzione Innovazione (ossia l’Innovation Manager).
Se l’Innovation Manager è colui che di occupa dell’avvio di un radicale cambiamento culturale e di mentalità all’interno dell’organizzazione, gli Innovation Champion si occupano della raccolta dei bisogni del business, partecipano alle iniziative di innovazione, diffondono la cultura dell’innovazione, partecipano alle attività di scouting di startup e coordinano i progetti di innovazione.
Sempre più aziende stanno optando per un approccio trasversale nella gestione dell’innovazione. La figura dell’Innovation Champion è presente nel 44% dei casi, con l’obiettivo di coordinare l’innovazione tra le diverse funzioni aziendali.
L’Open Innovation in Italia: diffusione e trend
A partire dall’emergenza sanitaria, l’Open Innovation è diventata una pratica sempre più consolidata e i dati lo confermano:
nel 2024 l’88% delle grandi imprese italiane ha adottato approcci di innovazione aperta. La percentuale sale al 98% se consideriamo le grandissime aziende (con oltre 1000 dipendenti), confermando una correlazione positiva tra dimensione aziendale e adozione di pratiche innovative.
Nelle PMI, invece, il modello stenta ancora a decollare, coinvolgendo solo il 31% delle realtà, segnalando un significativo divario dimensionale nell’adozione di questi approcci.
Va detto, però, che bisogna evitare di intraprendere queste iniziative di Open Innovation senza una reale convinzione e senza un approccio sistematico. Non mancano, infatti, difficoltà organizzative e culturali che ne limitano lo slancio nel nostro Paese.
Le principali sfide dell’Open Innovation
Nonostante i numerosi benefici, l’implementazione dell’Open Innovation presenta anche significativi ostacoli e sfide che le aziende devono affrontare. Molte organizzazioni non dispongono delle competenze interne necessarie per gestire efficacemente i processi di innovazione aperta. Questo richiede, infatti, investimenti in formazione o l’assunzione di figure specializzate.
Le difficoltà di integrazione rappresentano una sfida centrale. Il 45% delle imprese fatica a integrare lo sviluppo dell’innovazione con le esigenze operative quotidiane delle aziende. Allo stesso tempo, il 42% delle aziende ha come priorità abilitare un più efficace coordinamento con le funzioni di business per mettere in produzione le innovazioni.
Il coinvolgimento della popolazione aziendale rimane una sfida importante. Il 38% delle organizzazioni ha difficoltà nell’attivare efficacemente i dipendenti nelle attività di innovazione. Spesso emerge una scarsa apertura al cambiamento e una limitata capacità di comprendere i potenziali benefici.
La misurazione dell’impatto rappresenta un’altra criticità. Solo l’8% delle imprese ha definito metriche consolidate per valutare completamente l’efficacia delle attività di Innovazione Digitale.
Nelle imprese, si iniziano a definire voci di investimento specifiche per le attività di Open Innovation, seppure non sia ancora una pratica diffusa. Il 28% delle aziende ha un budget dedicato all’innovazione aperta che copre tutte le attività. Un terzo delle organizzazioni, invece, non dispone di alcun budget dedicato a queste iniziative. La definizione di fondi dedicati alle iniziative di Open Innovation permette di abilitare maggiore autonomia decisionale, programmando un piano di attività nel lungo periodo che agisca in coerenza con le strategie di business e d’innovazione.
Open Innovation e sostenibilità
L’Open Innovation si è dimostrata arma vincente per fronteggiare la turbolenza degli ultimi anni e rappresenta oggi uno strumento essenziale anche per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità. Secondo i dati più recenti, circa il 56% delle aziende collabora con università e centri di ricerca per promuovere progetti sostenibili, mentre il 46% collabora direttamente con startup per sviluppare iniziative nell’ambito.
Questo approccio indica una crescente integrazione tra innovazione e sostenibilità. Sono infatti sempre di più le aziende che ricercano soluzioni che abbiano un impatto positivo sia sul mercato sia sulla società e sull’ambiente, e l’innovazione aperta rappresenta un valido strumento in grado di accelerare la transizione verso un’economia più responsabile.
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