Lo Smart Working nel privato si è diffuso sia nelle grandi realtà sia nelle medie-piccole imprese, in particolare a seguito dell’emergenza sanitaria. Tuttavia, il Lavoro Agile è regolamentato da molto prima della pandemia, e la sua diffusione era in aumento già prima del 2020, soprattutto nelle grandi imprese provate. Ma qual è la situazione attuale? Se da un lato le aziende private stanno sperimentando il giusto modello riguardo al numero di giornate in presenza e da remoto, dall’altro gli smart worker non sono disposti a rinunciare alla flessibilità raggiunta e desiderano, anche in futuro, lavorare mediamente tre giorni a settimana.
In questa guida, attraverso la Ricerca dell’Osservatorio Smart Working della POLIMI School of Management, approfondiamo quindi quali sono le linee guida aggiornate del Lavoro Agile per i privati, descrivendone anche l’evoluzione durante le varie fasi dell’emergenza sanitaria e le prospettive future.
Cosa si intende per Smart Working
Iniziamo con una doverosa precisazione: Smart Working non significa solo “lavoro da casa”. Significa molto di più. L’effetto moda e i limiti nella cultura manageriale delle imprese nel nostro Paese hanno fatto sì che, in moltissimi casi il fenomeno venga interpretato in modo superficiale, come un sinonimo di Telelavoro, di remote working, o di lavoro da casa.
Fare Smart Working, invece, vuol dire essenzialmente ripensare l’organizzazione del lavoro in un’ottica sempre più “result-based“, cioè basata sui risultati e non sul presenzialismo, e sulla flessibilità di luogo e orario di lavoro.
Per adottare un progetto di Smart Working propriamente detto è quindi necessario sfruttare le leve proprie del Lavoro Agile:
- rendere più flessibili gli spazi e gli orari di lavoro;
- ripensare gli ambienti della sede di lavoro;
- sviluppare nuovi strumenti e competenze digitali;
- dotarsi della tecnologia adeguata per lavorare da remoto;
- diffondere modelli manageriali basati su autonomia e responsabilità dei lavoratori;
- diffondere cultura orientata ai risultati.
Lavorando su tali leve, è possibile godere a pieno dei benefici propri dello Smart Working. Vantaggi più che tangibili, misurabili in termini di miglioramento della produttività e riduzione dell’assenteismo, ma anche di benessere del lavoratore e di impatto sull’ambiente.
Proprio come il Telelavoro è disciplinato dalla D.P.R. 8 marzo 1999, n. 70, anche lo Smart Working ha una propria normativa, che approfondiremo di seguito.
La Legge 81/2017
Fin da prima dell’emergenza sanitaria, lo Smart Working per privati e PA era regolato dalla Legge n°81/2017. Questa legge, tutt’ora in vigore, contiene una serie di disposizioni in materia di Lavoro Agile come “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti“, al fine di “incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro“.
La legge definisce i diritti del lavoratore, il potere di controllo del datore di lavoro, gli strumenti tecnologici e le modalità di esecuzione del lavoro da remoto. Inoltre, per l’effettiva adozione del Lavoro Agile si fa riferimento all’accordo individuale, scritto tra datore di lavoro e dipendente. Nell’accordo devono essere stabiliti elementi come:
- le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali e di esercizio del potere di controllo del datore di lavoro;
- gli strumenti utilizzati dal lavoratore;
- i tempi di riposo del lavoratore;
- il diritto alla formazione continua;
- le misure per garantire la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.
Inoltre, l’accordo può essere a termine o indeterminato. In quest’ultimo caso, il recesso deve essere indicato con un preavviso non inferiore ai 30 giorni (90 giorni nel caso di lavoratori disabili). In caso di un giustificato motivo, il recesso può essere richiesto da ciascuna delle parti prima della scadenza (in caso di accordo a termine) o senza preavviso (in caso di accordo a tempo indeterminato).
Il Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità Agile
Con il protrarsi dell’emergenza sanitaria, nel 2021 il ricorso allo Smart Working nel privato è cresciuto esponenzialmente rispetto al periodo prepandemico. Basti pensare a come si sia passati da 570.000 lavoratori agili nel 2019 a circa 4 milioni nel terzo trimestre 2021. Attraverso un Gruppo di studio, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha così esaminato gli effetti dello svolgimento delle attività lavorative in modalità agile.
È apparso chiaro come questa soluzione stesse contribuendo a migliorare non solo il benessere delle persone, ma anche l’organizzazione aziendale, permettendo di garantire la continuità operativa nonostante le numerose restrizioni. Sono emerse tuttavia anche numerose criticità, legate soprattutto ad aspetti come il coordinamento dei lavoratori agili, la condivisione di informazioni o il bilanciamento corretto delle pause. Al fine di attenuare tali difficoltà e fare chiarezza su come gestire lo Smart Working, è stato definito a fine 2021 il Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità agile.
Il Protocollo, sottoscritto il 7 dicembre 2021, definisce le basi per una corretta applicazione dello Smart Working nel settore privato, e fornisce le linee guida per una futura contrattazione collettiva, nazionale e aziendale e/o territoriale, fermi restando gli accordi in essere anche individuali.
Secondo il Protocollo l’adesione al Lavoro Agile è su base volontaria e, come definito dalla sopracitata legge 81/2017, richiede la stipulazione per iscritto di un accordo individuale, coerentemente con i contenuti della eventuale contrattazione collettiva.
L’accordo individuale così sottoscritto deve prevedere i seguenti elementi:
- la durata dell’accordo (determinato o indeterminato);
- l’alternanza tra periodi di lavoro all’interno e all’esterno dei locali aziendali;
- le modalità di svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, con indicazioni sulle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro ed eventuali condotte punibili da sanzioni disciplinari;
- gli strumenti di lavoro;
- i tempi di riposo del lavoratore così come le modalità necessarie per assicurare la sua disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro;
- l’attività formativa eventualmente necessaria per lo svolgimento del lavoro in modalità agile;
- le forme e le modalità di esercizio dei diritti sindacali.
Luogo e orari di lavoro: due temi chiave
Tra i componenti dell’accordo individuale che regolano il Lavoro Agile nel privato, l’orario e il luogo di lavoro sono due fattori cruciali ai quali il Protocollo dedica particolare attenzione. Secondo la normativa:
- il lavoratore è libero di scegliere il proprio luogo di lavoro, purché esso garantisca uno svolgimento regolare delle attività, in condizioni di sicurezza e riservatezza;
- la giornata lavorativa svolta in modalità agile non ha un preciso orario di lavoro e le attività vengono svolte in autonomia, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale.
Il fatto che non ci siano vincoli di orari non implica che il datore di lavoro non possa imporre limiti quali un orario di reperibilità, pianificazione del programma settimanale o l’obbligo di lavorare in sede in determinati giorni.
Il diritto alla disconnessione: dal 2017 a oggi
In tema di orari di lavoro dello Smart Working nel privato, come già anticipato dalla legge n°81/2017, l’accordo deve prevedere le modalità di disconnessione. Si tratta dei tempi di riposo del lavoratore e le misure tecniche e organizzative per la sua disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.
Prima di arrivare al Protocollo, però, la normativa sulla disconnessione ha visto alcuni cambiamenti. Infatti, se è vero che nel corso della pandemia gli strumenti digitali hanno portato benefici ai lavoratori e ai datori di lavoro, è anche vero che spesso si è intensificato il lavoro e si sono estesi gli orari, rendendo meno netti i confini tra lavoro e vita privata. Al fine di limitare la cultura del “sempre connessi” ed evitare il decadimento verso fenomeni come la dipendenza dalle tecnologie, disturbi del sonno o burnout, a gennaio 2021 l’UE è intervenuta affinché gli Stati membri garantissero modalità pratiche per la disconnessione dagli strumenti digitali di lavoro, nonché eventuali deroghe, tutele e misure di sensibilizzazione e formazione sui luoghi di lavoro.
Su questo fronte è quindi intervenuta anche l’Italia, con il DDL di conversione del DL 30/2021 approvato a maggio 2021 secondo il quale “è riconosciuto al lavoratore che svolge l’attività in modalità agile il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche“. È importante evidenziare il fatto che si sia parlato di un diritto, poiché ciò evidenzia quanto sia importante tutelare la salute fisica e mentale del lavoratore, senza che vi siano ripercussioni sul rapporto di lavoro o sulla retribuzione.
Lavoro Agile, gli strumenti
Per quanto riguarda gli strumenti tecnologici e informatici necessari per lo svolgimento del Lavoro Agile, essi possono essere forniti dal datore di lavoro o essere propri del lavoratore, purché siano idonei allo svolgimento delle attività e rispettino i requisiti di sicurezza. In caso di guasto, furto o smarrimento delle attrezzature, il datore di lavoro e il lavoratore devono concordare modalità alternative per l’esecuzione della prestazione lavorativa, considerando anche un eventuale rientro presso la sede aziendale.
Salute e sicurezza sul lavoro nel Lavoro Agile
In caso di prestazione in lavoro agile, il datore di lavoro deve garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori fornendo un’informativa scritta sui rischi associati alle modalità di svolgimento del lavoro. I lavoratori devono cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione per fronteggiare i rischi connessi al lavoro svolto al di fuori della sede aziendale. Inoltre, i lavoratori agili hanno diritto di tutela in caso di infortuni sul lavoro e malattie professionali e i datori di lavoro devono garantire la copertura assicurativa INAIL.
Lo Smart Working nel settore privato: il rientro in presenza
Se nelle Pubbliche Amministrazioni il rientro in presenza è stato attuato a partire dal 15 ottobre 2021, diversa è stata la situazione nelle aziende:
Nel settore privato la Legge n.81/2017, che prevede l’applicazione dello Smart Working mediante un accordo individuale tra datore di lavoro e dipendenti, è rientrata in vigore dal 1° gennaio 2023.
Con il Decreto Ministeriale n.149 del 22 agosto 2022 il Ministero del Lavoro ha fornito un modello di comunicazione da inviare in via telematica, che il datore di lavoro è tenuto a comunicare entro cinque giorni successivi dall’inizio dell’attività lavorativa in Smart Working, oppure, in caso di estensione dell’attività, dal giorno antecedente alla proroga.
Al fine di facilitare l’inoltro massivo delle comunicazioni di Lavoro Agile, a partire dal 15 dicembre 2022 è stata resa disponibile una modalità alternativa di invio mediante l’applicativo informatico, che consente di assolvere agli obblighi in modo ancor più semplice e veloce. Per quanto riguarda il termine di invio, i datori di lavoro devono notificare l’inizio del periodo di Smart Working – o la proroga – entro 5 giorni dall’inizio della prestazione in modalità agile o entro 5 giorni dall’ultimo giorno comunicato in caso di estensione del periodo.
Il diritto allo Smart Working nel privato: lavoratori super fragili, fragili e genitori di figli under 14
Il diritto Smart Working nel privato è stato mantenuto anche a seguito del 1° gennaio 2023 da determinate categorie di lavoratori. Tale diritto ha riguardato genitori di figli under 14, lavoratori fragili (ossia coloro che, a seguito di un accertamento medico, risultano maggiormente esposti al contagio da Covid-19, a causa di età o immunodepressione) e super fragili (ovvero affetti da patologie croniche con scarso compenso clinico e con particolare connotazione di gravità). Questi hanno potuto dunque esercitare il diritto soggettivo al Lavoro Agile richiedendolo al proprio datore di lavoro.
Il diritto allo Smart Working nel privato è stato nuovamente prorogato fino al 31 dicembre 2023 con il decreto-legge 132/2023 del 29 settembre. La proroga ha riguardato i dipendenti super fragili di aziende private, oltre che di Pubbliche Amministrazioni. Diversamente dalle PA, però, nel settore privato questa proroga è stata estesa anche ai lavoratori fragili e ai genitori di under 14. Per i lavoratori fragili il diritto è stato concesso a condizione che le mansioni fossero compatibili con lo svolgimento da remoto. Lo stesso è valso per i genitori di figli sotto i 14 anni, con l’ulteriore condizione che l’altro genitore non lavorasse o non beneficiasse di ammortizzatori sociali.
Lo Smart Working nel privato per lavoratori fragili e genitori di figli under 14
Attraverso l’articolo 18-bis della legge n.191/2023, che ha convertito il decreto Anticipi (D.L. 145/2023), lo Smart Working nel privato è stato prorogato ulteriormente fino al 31 marzo 2024 per i genitori con i figli di età inferiore a 14 anni e per i lavoratori fragili, ma non per i lavoratori super fragili. Le condizioni affinché queste categorie abbiano potuto adottare una modalità di Lavoro Agile sono state le medesime della precedente proroga.
Il diritto allo Smart Working i genitori di figli under 14 e per i lavoratori fragili è dunque cessato definitivamente a partire dal primo aprile 2024. Queste categorie possono comunque richiedere di usufruire del Lavoro Agile mediante la stipulazione di un accordo individuale con il proprio datore di lavoro.
La diffusione dello Smart Working nel settore privato
Lo Smart Working nel privato (e nel pubblico) si è diffuso a macchia d’olio durante la pandemia, in modalità più o meno formali, riguardando ben il 97% delle grandi imprese e il 58% delle PMI. La sfida odierna è ora quella di far superare allo Smart Working nel settore privato – soprattutto nelle PMI –lo status di “progetto” o iniziativa specifica, per rendere tale approccio il nuovo modo di lavorare.
Lo Smart Working nelle grandi imprese
Oggi, nonostante le eliminazioni delle concessioni del Lavoro Agile ai lavoratori fragili e la scelta di alcune multinazionali di tornare al lavoro in totalmente presenza, nelle grandi imprese lo Smart Working è tutt’altro che una pratica in declino. Le iniziative presenti nelle organizzazioni si confermano stabili rispetto allo scorso anno e il numero di lavoratori da remoto continua a crescere.
Secondo la Ricerca dell’Osservatorio, nel 2024 il 96% delle grandi imprese private ha consolidato al suo interno iniziative di Smart Working. Il numero di lavoratori da remoto è ulteriormente cresciuto del 1,6% rispetto al 2023, arrivando a 1,91 milioni, quota che si avvicina al picco massimo forzatamente toccato durante la pandemia.
Questi trend ci permettono di comprendere come in realtà lo Smart Working si stia affermando in qualità di vero e proprio modello di una nuova struttura organizzativa, e non solo come mera misura emergenziale.
Lo Smart Working nelle PMI
Nelle PMI (acronimo di Piccole e Medie Imprese, organizzazioni con numero di dipendenti compreso tra 10 e 249) le iniziative di Lavoro Agile si sono ridotte, passando dal 56% del 2023 al 53% del 2024. Anche il numero di lavoratori da remoto si è ridotto, tornando di poco superiore ai livelli del 2022.
Da questi dati si evince che nelle PMI il Lavoro Agile, più che un modello organizzativo, è ancora prevalentemente visto come uno strumento occasionale di conciliazione tra vita privata e lavorativa. Per creare un vero Smart Working nelle PMI occorre stimolare un circolo virtuoso, promuovendo un clima di fiducia. Per farlo, è possibile adottare due strategie parallele:
- far capire con chiarezza cosa significa fare Smart Working, per evitare che sia percepito solo come Telelavoro o lavoro da remoto e sia visto come di scarso interesse, se non addirittura inapplicabile, per la maggior parte delle piccole realtà;
- aiutare a superare la logica di destrutturazione e informalità che caratterizza la maggior parte dei progetti in questa tipologia di aziende.
Tali caratteristiche si possono facilmente scontrare (e avere la peggio) con le criticità legate a una cultura aziendale molto presenzialista e alla necessità di investimenti in tecnologie digitali, entrambe barriere tipiche di realtà di piccole e medie dimensioni. Questi fattori contribuiscono ad aumentare la percezione che gran parte delle attività siano “non compatibili” con lo Smart Working.
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