• L’Age Management valorizza i punti di forza delle diverse generazioni, trasformando la diversità da potenziale limite a risorsa strategica per l’organizzazione
  • Il numero dei lavoratori over 55 è aumentato notevolmente, mentre è diminuito quello degli under 35: questo squilibrio generazionale richiede politiche mirate di Age Management
  • Secondo un’indagine dell’Osservatorio HR Innovation in collaborazione con DOXA, in Italia il 36% dei lavoratori si è sentito discriminato per l’età almeno una volta, evidenziando la necessità di superare gli stereotipi generazionali
  • Le iniziative più efficaci includono mentoring intergenerazionale, politiche di engagement diversificate, reverse mentoring e team building, ma devono essere bilanciate tra giovani e senior

In questo articolo, realizzato dall’Osservatorio HR Innovation della School of Management del Politecnico di Milano, scopriamo cos’è l’Age Management, quali sono le principali criticità e come creare un equilibrio tra le competenze e i modelli di pensiero delle diverse generazioni all’interno dell’organizzazione.

Che cos’è l’Age Management

L’Age Management rientra nelle attività organizzative di gestione e inclusione delle diversità. Con questa espressione si intendono una serie di iniziative aziendali mirate a valorizzare i punti di forza delle diverse generazioni presenti nell’ambiente di lavoro. La diversità generazionale, se gestita correttamente, può valorizzare i lavoratori e influire positivamente sui risultati di business.

Qual è l’obiettivo dell’Age Management

L’obiettivo principale dell’Age Management è far convivere generazioni diverse, gestendo questa complessità tramite un confronto che garantisca a tutti di esprimere appieno il proprio potenziale, indipendentemente dalla generazione di appartenenza.

Persone di diverse generazioni all’interno di uno stesso luogo possono essere una risorsa o un elemento di criticità. Tutto dipende dall’approccio che l’organizzazione sceglie di adottare. Quando si valorizza l’integrazione tra fasce d’età diverse, si colgono opportunità che altrimenti andrebbero perse.

Come funziona l’Age Management

Non esiste un’unica best practice riguardante l’Age Management, perché l’efficacia delle iniziative dipende dal contesto in cui vengono sviluppate.

È fondamentale evitare di concentrarsi su un unico target. Non è sufficiente concentrarsi solo sulle nuove generazioni o quelle più senior, perché in questo modo si rischia di non cogliere le opportunità derivanti dall’integrazione delle diverse fasce d’età.

Quali sono le criticità dell’Age Management

In Italia la gestione delle diversità – tra cui quelle collegate all’Age –  non è ancora fra gli obiettivi principali degli addetti alla gestione delle risorse umane. Il tema è però destinato ad assumere sempre più rilevanza a fronte di diversi elementi, come trend demografici e del mercato del lavoro.

Lo squilibrio generazionale nel mercato del lavoro

Il divario generazionale è alimentato da due fattori. Da un lato troviamo il naturale allungamento della vita e le riforme previdenziali che innalzano l’età pensionabile. Dall’altro diminuiscono gli under 35 occupati, a causa di fattori demografici (come il calo delle nascite, l’allungamento della vita e l’emigrazione). In questo contesto, politiche specifiche per gestire le diverse generazioni diventano indispensabili.

I numeri parlano chiaro: una ricerca dell’Eurostat ha calcolato che nel 2021 sono stati circa 4 milioni 588mila i lavoratori over 55, ossia il 53,4% dei lavoratori totali. Se nel 2001 i lavoratori under 35 erano quasi il quadruplo degli over 55 (8,3 milioni a fronte di 1,8 milioni), nel 2021 il rapporto quasi si equivale, con un totale di 4 milioni 929mila lavoratori tra i 15 e i 34 anni.

La situazione nella Pubblica Amministrazione è particolarmente critica. L’età media dei lavoratori nelle PA è di 50 anni. Per raggiungere la media di 44 anni nel 2028, come previsto dal Ministro per la Funzione Pubblica, occorrerà assumere circa 1,3 milioni di nuovi collaboratori con un’età media di 28 anni. A oggi, tuttavia, i nuovi lavoratori al momento dell’ingresso hanno in media 32 anni. Nonostante questo, nella PA le iniziative di Age Management sono pressoché inesistenti e, più si continuerà a ignorare il tema, tanto più diventerà drammatica la situazione nei prossimi anni.

Le discriminazioni per età sul lavoro

Un altro motivo che rende necessario l’introduzione di iniziative di Age Management nel Paese è rappresentato dalle discriminazioni per età sul lavoro e i loro potenziali effetti negativi sulle persone, in termini di benessere ed engagement, e sull’organizzazione, legati al rischio di dimissioni e perdita di produttività.

Secondo un’indagine dell’Osservatorio realizzata in collaborazione con DOXA, in cui hanno preso parte 1500 lavoratori, è risultato che il 36% si è sentito discriminato al lavoro almeno una volta per ragioni riconducibili all’età.

Cosa fare per migliorare l’Age Management

Al fine di gestire al meglio i lavoratori appartenenti a diverse fasce d’età, dai più giovani alle figure più senior, è fondamentale attuare delle politiche mirate. Tra le principali, possiamo trovare:

  • attività di reverse mentoring/coaching per favorire lo scambio generazionale e migliorare le competenze;
  • politiche di engagement diversificate a seconda della generazione di appartenenza;
  • iniziative per l’integrazione di culture e approcci diversi sulla base dell’età, come il team building, che prevede attività formative volte a migliorare la coesione del gruppo di lavoro.

Tuttavia, emerge uno squilibrio nelle iniziative aziendali. Sempre dalla Ricerca dell’Osservatorio, è emerso che le organizzazioni concentrano le proprie iniziative per combattere le discriminazioni basate sull’età principalmente sui giovani e meno sui profili più senior. 

Un esempio di Age Management: il caso di Saras

Un caso di successo di Age Management in Italia si è registrato all’interno di Saras, azienda operante nell’ambito della raffinazione del petrolio. Per capitalizzare e trasmettere il patrimonio di esperienze e di know-how a tutti i dipendenti, l’organizzazione ha attivato un piano di formazione attraverso il Digital Micro Learning. Questo progetto prevedeva la creazione di percorsi formativi sottoforma di contenuti digitali molto brevi, chiamati Learning Cards, realizzati da un gruppo Focal Point, composto da giovani lavoratori.

Ai colleghi più senior, invece, è stato affidato il ruolo di Validatori che, attraverso competenze specialistiche, hanno supportato i Focal Point nell’elaborazione dei contenuti. I benefici di questa iniziativa sono stati molteplici: la collaborazione tra figure senior e junior ha portato all’apprendimento di skills digitali da un lato e di saperi specialistici dall’altro. Inoltre, la valorizzazione generale delle proprie competenze ha comportato un aumento dell’engagement e della proattività di tutti i collaboratori.

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