La valorizzazione dei dati in Sanità e il ruolo del Fascicolo Sanitario Elettronico

A cura di:
Giulia Tua – Ricercatrice dell’Osservatorio Sanità Digitale

Nel settore sanitario, il digitale può consentire di migliorare i processi e le attività di raccolta, integrazione e analisi dei dati, con notevoli benefici potenzialmente raggiungibili sia in termini di efficacia e miglioramento delle prestazioni cliniche sia di efficienza e governo dei processi stessi. Queste tematiche sono state oggetto di discussione durante il Convegno di presentazione dei risultati della Ricerca dell’Osservatorio Sanità Digitale tenutosi il 19 maggio 2022 e dell’incontro dell’Advisory Board del 22 giugno 2022.

“Si può fare” è stata l’affermazione di Silvio Brusaferro (Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità) al Convegno finale dell’Osservatorio in merito alla gestione dei dati per governare la sanità pubblica. E lo dimostra il fatto che, come Paese, siamo stati in grado di attivare un sistema nazionale alimentato sistematicamente dai dati raccolti a livello capillare sull’andamento della pandemia, realizzato in breve tempo e partendo da sistemi locali eterogenei. Durante l’emergenza è emerso in modo molto forte quanto siano centrali i dati, ma è soprattutto importante la loro valorizzazione. Per questo è essenziale cogliere tutte le opportunità, come gli investimenti previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che permettono di definire infrastrutture e codifiche necessarie per una gestione omogenea del dato. L’attenzione non deve concentrarsi solo sulla quantità di dati disponibili, ma piuttosto sul capire quali siano i dati rilevanti e in grado di fornire le informazioni necessarie al raggiungimento degli obiettivi prefissati. Tuttavia, va anche sottolineato che produrre un dato di qualità, tempestivo, omogeneo e confrontabile ha un costo non trascurabile e, pertanto, la vera sfida è comprendere quali siano i dati che generano più valore per il professionista sanitario, per il cittadino e per il governo.

A tal riguardo, è da sottolineare l’importanza di sviluppare iniziative regionali che permettano di centralizzare ed estrarre valore dai dati prodotti sul territorio. Un esempio è l’iniziativa illustrata da Antonio Barone (Dirigente Responsabile Servizi per il Welfare Regionale e Digital Information Hub di ARIA SpA) in occasione dell’incontro dell’Advisory Board, ossia il Digital Information Hub di Regione Lombardia, una struttura tecnico-informativa che mira a mettere a disposizione il patrimonio informativo regionale implementando una Data Strategy basata su tre pilastri: guidare le decisioni, rendere più efficiente il lavoro degli operatori e avviare un processo di data valorization (piuttosto che di data monetization). Durante la pandemia è stata realizzata una dashboard che permetteva di effettuare analisi descrittive e predittive dei dati regionali. Anche da questa esperienza è emersa la necessità di un dato tempestivo, capace di adattarsi alle esigenze del giorno/settimana e che possa essere visualizzato nel format appropriato per supportare la presa di decisioni (es. quali centri vaccinali rifornire, quali chiudere, ecc.).

La disponibilità e il corretto utilizzo dei dati, oltre ai fini di governo e di cura discussi precedentemente, apre grandi opportunità anche per la ricerca. Con un particolare focus sulla ricerca nell’ambito dell’oncologia, Ruggero De Maria (Direttore dell’Istituto di Patologia Generale dell’Università Cattolica di Roma e Presidente Alleanza contro il Cancro) ha sottolineato come l’utilizzo dei dati, specialmente di Real World, possa avere un impatto importante per tutto il mondo della medicina. Questo può cambiare quanto fatto fino ad oggi, dato che l’informazione a cui principalmente ci si affida per valutare l’efficacia delle terapie è basata su trial clinici, poco rappresentativi di quanto veramente accade nel contesto della vita quotidiana. Su questo fronte, tra le iniziative attualmente in essere è stato citato il progetto Health Big Data, avviato tramite il finanziamento del 2020 del Ministero della Salute e in collaborazione con il Politecnico di Milano, la cui sfida è far in modo che tutti i dati generati dagli IRCCS possano essere analizzati in maniera granulare.

Tra le tecnologie disponibili per la raccolta dei dati in ambito sanitario si colloca anche il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), strumento che potrebbe avere un ruolo chiave per l’acquisizione di dati e informazioni sulla salute e i percorsi di cura dei singoli cittadini. A causa della situazione pandemica, nell’ultimo anno la conoscenza della sua esistenza fra la popolazione italiana è aumentata, passando dal 38% al 55%, mentre il suo utilizzo è passato dal 12% al 33%. Attraverso questo strumento, infatti, i cittadini hanno potuto scaricare referti dei tamponi, Green Pass o certificati vaccinali. Tra i pazienti con patologie croniche o problemi gravi coinvolti nella Ricerca dell’Osservatorio, le percentuali di conoscenza e utilizzo dello strumento sono comprensibilmente ancora più elevate: l’82% dei pazienti afferma di conoscere il FSE e il 54% di averlo utilizzato (vs 37% rilevato nel 2021).
Per raggiungere gli obiettivi stabiliti dalle recenti Linee Guida per l’attuazione del FSE, Regioni e Province Autonome dovranno però attuare un deciso cambio di passo. Se da un lato, ormai, il Fascicolo è stato attivato per tutti i cittadini, il livello di alimentazione dei documenti del nucleo minimo nella gran parte delle Regioni è ancora molto limitato. Per colmare i gap esistenti, il PNRR infatti dedica delle risorse al cosiddetto Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0, ossia una versione “evoluta” di quella attuale e omogenea su tutto il territorio nazionale, che rappresenti l’unico punto di accesso al SSN. Le linee guida del Ministero della Salute, pubblicate l’11 luglio, definiscono quattro direttrici d’azione:

  1. garantire servizi essenziali per un’offerta di prestazioni di sanità digitale omogenea e uniforme su tutto il territorio nazionale;
  2. uniformare i contenuti, in termini di dati e codifiche adottate, per assicurare la coerenza semantica nel produrre le informazioni che alimentano il FSE, la possibilità di impiego delle stesse nei processi di prevenzione e cura e l’interoperabilità tra organizzazioni e sistemi sanitari;
  3. rafforzare l’architettura, per realizzare un’infrastruttura di FSE composita di dati e documenti clinici, capace di interoperare con i sistemi informativi in uso presso le diverse strutture sanitarie del territorio;
  4. potenziare la governance per garantire la definizione e gestione delle regole di attuazione attraverso la standardizzazione delle specifiche di implementazione, la validazione e qualificazione delle soluzioni software interoperabili con il FSE, la definizione di KPI e livelli di servizi offerti, e il controllo e monitoraggio dell’alimentazione del FSE a ogni livello del SSN da parte di tutte le strutture sanitarie per prestazioni erogate sia in regime di SSN che privatistico.

Secondo Stefano Micocci (Project Manager e CTO Sanità Digitale del Dipartimento Trasformazione Digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri), anche lui intervenuto al Convegno dell’Osservatorio, la sfida principale è rappresentata dal raggiungimento di omogeneità dei dati prodotti, ad oggi ancora messi a disposizione in maniera disomogenea e incompleta, ma anche di utilizzo degli standard per rendere il dato confrontabile e fruibile. L’obiettivo principale sarà raggiungere un punto unico di accesso ai servizi online sia da parte del cittadino che del professionista sanitario. Una delle difficoltà è rappresentata dal far convergere in un unico grande progetto le esigenze dei diversi attori, con le relative priorità. Sarà importante anche incrociare i dati clinici con i dati organizzativi per definire nuovi processi di presa in carico dei pazienti e dei cittadini: un esempio concreto è rappresentato dall’integrazione e dall’interoperabilità prevista tra il FSE 2.0 e i processi di Telemedicina.

Su questo fronte, può essere certamente utile confrontare la nostra esperienza con quella di altri Paesi Europei. Ad esempio, in Francia i fondi del Next Generation EU sono stati utilizzati per valorizzare dati già raccolti nell’ambito del sistema sanitario, ma non ancora condivisi tra i diversi attori. Per farlo, sono stati coinvolti tutti gli attori della filiera, dalle aziende sanitarie ai produttori di software e sono stati creati tavoli di lavoro al fine di creare degli standard tecnici e di contenuto. Ad esempio, per i MMG sono stati definiti degli “obblighi” affinché, una volta inseriti i dati nel portale (es. la prenotazione di una prestazione, informazioni derivanti dalla messaggistica medico-paziente), questi debbano essere trasferiti nel Repository Centrale e poi resi utilizzabili da tutti gli operatori della filiera (es. medici specialisti, ospedali) in modo da permettere anche al paziente stesso di caricare i propri documenti sul portale certificato e utilizzarli lungo tutto il suo percorso nel sistema sanitario.

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