Se il 2019 è stato un anno molto positivo per la Smart Home, sia in Italia (mercato pari a 530 milioni €, in crescita del 40% rispetto al 2018) che a livello internazionale, il 2020 ha alternato luci e ombre: da un lato la pandemia non ha permesso di confermare il trend di crescita che si era osservato negli scorsi anni, dall’altro l’arrivo del Covid-19 ha posto la casa sempre più al centro degli interessi del consumatore e ciò, abbinato alla crescita della cultura digitale degli utenti, costituirà il principale volano che trainerà il mercato nel 2021.
Ma il 2020 è stato anche un anno importante per quanto riguarda le nuove norme entrate in vigore in ambito residenziale: non ci riferiamo solo agli incentivi legati al Superbonus 110%, ma all’introduzione, anche in Italia, del cosiddetto “Smart Readiness Indicator” (SRI).
Che cos’è lo Smart Readiness Indicator (SRI) degli edifici
Cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta. È del 2018 la direttiva europea relativa all’Energy Performance Building (più nota con l’acronimo EPBD), che introduce per la prima volta un indicatore col quale misurare le performance digitali di un edificio, ossia lo Smart Readness Indicator.
Tale indicatore da un lato consente di stabilire quanto migliorino efficienza energetica e performance di un edificio, grazie all’adozione di tecnologie smart, e dall’altro potrebbe divenire in futuro lo strumento per attuare la certificazione dello stato di un edificio in termini di “prontezza digitale”, favorendo l’adozione di tecnologie smart per l’efficienza energetica, la sostenibilità, la salute e il benessere delle persone, con probabili ricadute positive sulla filiera e sull’attrattività del mercato immobiliare, sia a livello nazionale che internazionale.
Lo Smart Readiness Indicator in Italia: normativa e possibili benefici
Il nostro Paese ha recepito la direttiva europea lo scorso 10 giugno, tramite l’emanazione del D.Lgs. n. 48, anche se ne sono stati mantenuti alcuni limiti, tra i quali l’adozione su base volontaria dell’SRI. Tale indicatore è oggi considerato un asse strategico (premiante), il motore della trasformazione digitale e sostenibile degli edifici, anche per un efficace utilizzo dei fondi Next Generation EU. Può essere il driver premiante nei processi di finanziamento nazionali ed europei, perché indicatore internazionalmente riconosciuto per il rinnovamento immobiliare digitale e green.
La Commissione Europea ha inoltre portato avanti due studi con l’obiettivo di fornire supporto alla discussione su un approccio comune di attuazione dell’SRI. I risultati, resi disponibili lo scorso 22 settembre, hanno portato a una prima metodologia di calcolo di tale indicatore, che è stata successivamente testata su base volontaria tramite 112 valutazioni condotte su altrettanti edifici a livello europeo. Lo studio ha inoltre permesso di quantificare costi e benefici dell’attuazione di un SRI nel settore edile dell’Unione Europea da qui fino al 2050. Tale processo di adozione potrebbe portare a un risparmio energetico finale superiore al 5% entro il 2050, sbloccare investimenti per 181 miliardi di euro in 30 anni ed evitare ogni anno fino a 32 milioni di tonnellate di emissioni di gas serra.
Sono quindi numerose le novità su cui i diversi enti regolatori stanno lavorando per favorire competitività e un pieno sviluppo del mercato. Occorre al tempo stesso che le aziende sappiano tenere il passo e attuare le giuste strategie per affrontare al meglio l’evoluzione normativa in atto in un mercato dal potenziale enorme e in larga parte ancora inesplorato.
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