L’impatto dello Smart Working sull’inclusione
A cura di:
Dora Caronia, Ricercatrice Osservatorio Smart Working
Rita Zampieri, Ricercatrice Osservatorio Smart Working
Sviluppare iniziative di Smart Working significa creare un modello di organizzazione del lavoro basato su flessibilità e autonomia delle persone a fronte di una loro responsabilizzazione sui risultati da raggiungere. Le forme di flessibilità che caratterizzano questo modello non si riducono al solo lavoro da remoto, ma comprendono anche flessibilità oraria e adozione di una logica di lavoro per obiettivi. Un cambiamento così profondo e radicale permette a organizzazioni e persone di cogliere dei benefici su diversi aspetti, e in particolare in termini di performance e benessere. L’adozione di tale modello di lavoro, tuttavia, non è solo uno strumento di miglioramento della produttività, dell’engagement e dell’attrattività delle organizzazioni, ma ha le potenzialità per migliorare l’inclusione, la promozione delle diversità e la valorizzazione dei talenti all’interno delle realtà che lo adottano.
Lo Smart Working infatti, se correttamente implementato, può porre le basi per lo sviluppo di una società più inclusiva, a diversi livelli. Fare Smart Working significa creare le condizioni affinché le persone possano trovare le migliori opportunità per mettere a frutto e sviluppare le proprie capacità umane, le proprie competenze e i propri talenti.
Le indagini condotte dall’Osservatorio Smart Working mostrano che, nonostante l’inclusione non rientri fra gli obiettivi prioritari per l’avvio di iniziative di lavoro agile, gli impatti positivi che ne derivano sono numerosi e considerano diverse dimensioni. Oltre alle differenze di genere, di abilità e di competenze, si considerano anche differenze geografiche, legate alle condizioni familiari e al ruolo lavorativo.
Nelle organizzazioni che hanno introdotto la possibilità di lavorare da remoto, 8 imprese su 10 hanno osservato un miglioramento dell’inclusione delle persone che vivono lontano dalla sede lavorativa. Evitare il quotidiano spostamento tra la propria abitazione e la sede di lavoro permette infatti a molti lavoratori di rendere più sostenibili tempi e costi di commuting, favorendo una migliore conciliazione fra vita privata e lavorativa e riducendo lo stress, e permette alle persone di godere dei vantaggi economici e sociali di vivere lontani dalle grandi città o dalle aree industriali. Se guardiamo alle esigenze familiari delle persone, 8 imprese su 10 dichiarano che lo Smart Working ha favorito l’inclusione dei genitori e 6 su 10 dei caregiver, ossia di chi si prende cura di anziani e/o di persone con disabilità all’interno delle mura domestiche. Nonostante sia importante sottolineare che lo Smart Working non debba essere assimilato a una forma di welfare, e che siano necessarie ulteriori iniziative aziendali per migliorare l’inclusione di tali categorie di lavoratori, è innegabile che la possibilità di svolgere le proprie attività lavorative da remoto possa venire incontro alle esigenze di cura di bambini, anziani e disabili. In circa un terzo delle aziende del campione considerato, lo Smart Working favorisce anche l’inclusione di persone con diversa propensione e abilità nell’utilizzo delle tecnologie digitali. Tuttavia, se da un lato mettere le persone nella condizione di sviluppare le proprie competenze digitali ha degli effetti positivi, dall’altro non deve far dimenticare l’importanza della formazione su questi aspetti per allineare i livelli delle competenze all’interno dell’organizzazione e colmare il digital divide, soprattutto fra diverse generazioni.
Vi sono poi aspetti su cui l’impatto del lavoro agile è molto lieve, come l’inclusione di persone con disabilità e le differenze di genere. Si tratta di tematiche sociali su cui c’è ancora molta strada da fare. L’inclusione di persone con disabilità deve tenere conto del fatto che le forme di disabilità sono molto varie e differenti tra loro, dunque non sempre il lavoro da remoto può essere applicato in tali casi. Ad esempio, una persona con disabilità intellettiva potrebbe beneficiare di un maggior affiancamento in presenza, mentre chi ha una disabilità motoria può essere agevolato dal lavoro da remoto. Il tema del gender gap invece risente ancora del carico di responsabilità extra-lavorative che tipicamente ricadono sulle donne e richiede di lavorare anche sul cambiamento culturale all’interno della società.
Infine, diverse imprese concordano sul fatto che l’impatto dello Smart Working sull’inclusione dei neo assunti, se non gestito adeguatamente, può essere negativo. Si tratta di un tema delicato, che si è posto in particolare durante il periodo pandemico. L’introduzione del lavoro da remoto non deve far dimenticare l’attenzione che bisogna avere per chi è in azienda da poco tempo: la trasmissione della cultura aziendale, ma anche l’instaurarsi delle dinamiche di team, gli aspetti legati alla socialità e al training on the job hanno bisogno anche di presenza fisica. Tra le iniziative che le aziende possono introdurre per favorire l’inclusione dei neoassunti, vi è la possibilità di creare documenti e linee guida ad hoc che supportino i nuovi entrati e i loro manager nel percorso di inserimento in azienda. Tuttavia, lasciandosi alle spalle il lavoro da remoto emergenziale e introducendo il “vero” Smart Working, è fondamentale identificare un equilibrio fra numero di giornate di lavoro da remoto e in presenza per favorire il training on-the-job, la socializzazione e la creazione del senso di appartenenza dei neoassunti.
Lo Smart Working, quando correttamente implementato, ha le potenzialità per diventare uno strumento che migliora la capacità delle aziende di essere inclusive.
La percentuale delle organizzazioni che ha osservato un miglioramento di tale aspetto è maggiore per quelle che hanno introdotto modelli di Smart Working che agiscono su tutte le leve (ossia che prevedono contemporaneamente flessibilità di luogo e di tempo, contemplano una rivisitazione degli spazi di lavoro e adottano un approccio basato su risultati e obiettivi), rispetto a quelle che si sono limitate a introdurre la possibilità di lavorare da remoto e a coloro che non hanno introdotto affatto iniziative di Smart Working.
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