Lo Smart Working nel Comune di Milano per una Città in 15 minuti

L’ORGANIZZAZIONE

 Il Comune di Milano è l’Ente della Pubblica Amministrazio­ne della città di Milano, capoluogo della Regione Lombardia, che conta un numero di dipendenti pari a circa 14.500 (dato relativo all’anno 2021).  

LE ESIGENZE  

L’emergenza sanitaria ha spinto il Comune di Milano ad adeguare e diversificare il già esistente progetto di Smart Working alle nuove esigenze nate dalla pandemia, trasfor­mandolo in un progetto più ampio di remote working. In particolare, l’Amministrazione ha deciso di consolidare il la­voro agile come modalità ordinaria di lavoro, di riorganizzare tempi e orari della città e di dotarsi di nuove sedi decentrate, potenziando l’offerta di servizi a livello di quartiere nella futura prospettiva della “Città in 15’” e, infine, di focaliz­zarsi su una mobilità sostenibile, in ottica di un rilancio economico basato sulla transizione ambientale. Le strategie intraprese presuppongono l’adeguamento ad una diversa organizzazione dei servizi pubblici e delle attività produt­tive nel tempo, con gli obiettivi di desincronizzare gli orari di entrata/apertura e uscita/chiusura e di definire politiche del lavoro promuoventi modelli di near working. L’obiettivo finale è quello di migliorare la gestione della vita privata e lavorativa, con un focus sulle performance dell’organizza­zione e sull’impatto sull’ambiente, incrementando inoltre, al contempo, la qualità dei servizi erogati dall’ente.  

LA SOLUZIONE IMPLEMENTATA

 Il Comune di Milano ha avviato riflessioni sul tema del lavoro agile sin dal 2014, quando hanno preso il via le prime sperimentazioni – durate fino al 2016 – della “giornata del lavoro agile”, una giornata dedicata ad attività di formazione e ad alcuni seminari sul tema dello Smart Working. In una fase successiva, l’iniziativa è stata estesa con la settimana dedicata al lavoro agile che, fino al 2019, è consistita in un momento di confronto e di dibattito cittadino sulle modalità di lavoro da remoto.  Nel 2017, con la Riforma Madia¹, il Comune di Milano ha scel­to di avviare una prima sperimentazione di Smart Working. Il perimetro delle persone da coinvolgere, pari al 20% del per­sonale delle direzioni coinvolte, per un totale 321 dipendenti, è stato identificato tramite una survey per la misura delle competenze dei dipendenti, individuando le prime 10 direzioni “pronte” a lavorare in questa modalità. Il progetto pilota ha previsto la possibilità di usufruire di 3 giorni al mese a distan­za, estesi a 4 per i neo papà, in un’ottica di promozione della genitorialità. La sperimentazione è stata accompagnata da un percorso manageriale per la diffusione della nuova modalità di lavoro, introducendo attività di formazione; inoltre, sono state predisposte azioni per il rinnovamento dei sistemi infor­mativi e per la digitalizzazione dei processi.  Con l’arrivo dell’emergenza sanitaria nel 2020, il Comu­ne di Milano ha scelto di ricorrere al lavoro agile per una platea più ampia di lavoratori, con l’obiettivo di garantire la sicurezza delle persone e la prosecuzione delle attività lavorative, ma anche per ridefinire le modalità di lavoro. Nei mesi di aprile e maggio 2020 sono stati raggiunti picchi di 7.500 lavoratori da remoto. Da giugno 2020, con la graduale riapertura delle attività, il Comune di Milano ha sostenuto un graduale rientro in presenza, senza però abbandonare le modalità di lavoro a distanza.  A settembre 2020, in seguito a una mappatura e censimen­to delle attività compatibili con il lavoro da remoto, è stato possibile riconoscere ai lavoratori che svolgono queste man­sioni (6.581 persone su circa 14.500) di accedere al lavoro da remoto. Allo stesso tempo, inoltre, il Comune di Milano ha aggiornato la regolamentazione a regime del lavoro agile, fo­calizzandosi su tre aspetti principali: snellire le modalità di accesso, mappare gli istituti contrattuali e promuovere una visione innovativa dell’organizzazione del lavoro, incentrata sul continuo miglioramento della performance e dei risultati, per stimolare l’autonomia e la responsabilità dei lavoratori, migliorare le azioni di conciliazione e, attraverso l’innova­zione tecnologica, rendere più flessibile le modalità di resa della prestazione lavorativa, con particolare riferimento al luogo e alla gestione dell’orario di lavoro. Questo processo ha previsto anche il ripensamento dell’istituto degli straor­dinari, non riconosciuti per la modalità di lavoro agile, salvo casi straordinari per motivi di efficienza organizzativa.  Tutte queste azioni sono confluite nella redazione del POLA², i cui punti cardine sono:  

  • Il consolidamento del lavoro agile come sistema ordina­rio di lavoro e occasione di innovazione;
  • La riorganizzazione di tempi e orari per ridistribuzione della domanda di mobilità H24;
  • La diffusione di servizi a livello di quartiere, in un’ottica di prossimità (Città 15’);
  • Il rilancio economico con focus su transizione ambientale, mediante la promozione di forme di mobilità sostenibile.

È prevista la possibilità di svolgere fino a 8 giornate mese da remoto, non frazionabili e non cumulabili, suscettibili di estensione, anche temporanea, sulla base di criteri di priori­tà che contemplano la disabilità anche di carattere tempora­neo, la conciliazione vita-lavoro, la sostenibilità/emergenze ambientali e, infine, l’efficienza organizzativa. È prevista una programmazione delle giornate, la cui modalità sarà definita all’interno degli accordi individuali.  Nell’ottica dell’introduzione di una logica del lavoro basata sugli obiettivi, sono stati ripensati tempi e orari di lavoro. Per convenzione, la giornata di lavoro in Smart Working è stata stimata di circa 7 ore e 12 minuti, equivalente alla giornata in presenza, senza dimenticare il diritto alla discon­nessione ed il riposo giornaliero di almeno 11 ore consecu­tive; inoltre, la fascia di compresenza, in cui il dipendente è interconnesso con il team di lavoro, è stata definita di 5 ore giornaliere. Considerati questi elementi, i lavoratori hanno autonomia e flessibilità nel decidere quando svolgere la pre­stazione lavorativa tra le ore 7 e le ore 21 della giornata, in coerenza alle politiche di desincronizzazione della città. Per regolare il tema del diritto alla disconnessione nelle ore al di fuori della fascia oraria 7.00-21.00, l’utilizzo degli strumenti digitali è limitato ai soli casi di indifferibilità e urgenza. Inol­tre, il diritto alla disconnessione è applicato in senso vertica­le bidirezionale, cioè verso i propri responsabili e viceversa, oltre che in senso orizzontale, cioè anche tra colleghi.  Il progetto prevede inoltre azioni su quattro aree principali: smart working declinato come home office, near working e coworking; dotazione tecnologica; formazione e sistema di valutazione delle performance.  Considerando che il 48,2% dei dipendenti assegnati ad atti­vità lavorabili da remoto abita fuori dal Comune di Milano, in un’ottica di promozione di un’economia di quartiere, con le iniziative suddette, l’Amministrazione si è posta come obiettivo l’individuazione di spazi di lavoro alternativi alle sedi principali di ordinaria assegnazione e alle abitazioni dei dipendenti valutando la possibilità di allargare il perimetro del territorio per le sedi di lavoro. Tra gli spazi individuati: spazi comunali, spazi di partecipate, spazi privati e spazi di coworking, anche tramite la stipula di convenzioni e accordi, per poter usufruire di un maggior numero di luoghi di lavoro distribuiti sul territorio. Infine, per ampliare ulteriormente l’offerta e consolidare al contempo la pratica, nel maggio 2021, il Comune di Milano, in collaborazione con Fondazione Assolombarda – nell’ambito della Milano Smart City Allian­ce – ha avviato il progetto di coworking c.d. “Smart Working Community”, con cui i due enti coinvolti hanno identificato spazi di lavoro attrezzati di imprese aderenti alla commu­nity, da mettere a disposizione per ospitare i dipendenti del Comune di Milano in lavoro agile.  In merito alla dotazione tecnologica, il Comune di Milano ha adottato nuovi sistemi tecnologici hardware e software adeguati al lavoro da remoto, nonché meccanismi di vir­tualizzazione per accedere alle risorse necessarie per svol­gere la prestazione lavorativa anche a distanza. Si è passati dall’utilizzo della VPN alla tecnologia VDI: una scelta che ha determinato un grande salto dal punto di vista tecnologico. Il tutto è stato accompagnato da un focus sulla policy per la sicurezza informatica e sulla privacy a protezione dei sistemi dell’Amministrazione. Per sostenere questi investimenti, è stata prevista e avviata la riprogettazione delle postazioni lavorative, adeguando la capacità delle infrastrutture, e la distribuzione degli strumenti in base alle esigenze lavorati­ve, insieme all’analisi e alla mappatura degli strumenti già esistenti e disponibili per poter definire un piano di acquisi­zione e distribuzione della strumentazione stessa.  Un altro importante focus è stato posto sulla comunicazio­ne, sia interna che esterna, e sulla formazione di dipendenti e manager, analizzando i fabbisogni formativi per poter intervenire sulle competenze – tipicamente soft e digital skills – necessarie per attuare il progetto e per l’utilizzo dei nuovi strumenti tecnologici, consolidandone l’apprendimen­to tramite la pratica. A tal fine, è stato utilizzato un piano di formazione su applicativi, gestionali, strumenti di colla­borazione e cambiamenti culturali. In particolare, il focus è stato posto su due gruppi di lavoratori: management e middle management e smart worker e lavoratori in presenza. L’Amministrazione ha investito particolarmente sulla cultura dell’agility, orientata ai risultati, al cambiamento organiz­zativo a all’acquisizione di nuove competenze e ha posto particolare attenzione sui processi e sulla digitalizzazione e dematerializzazione dei flussi informativi.  Infine, il Comune di Milano si è focalizzato: da un lato sul monitoraggio dei risultati e degli impatti su organizzazione, benessere organizzativo e performance; dall’altro sull’im­patto ambientale e sugli effetti dell’iniziativa sull’ecosistema urbano nel suo complesso, anche in termini sociali ed econo­mici, specialmente sulla scala di quartiere.  

I BENEFICI  

Per poter misurare i benefici derivanti dal progetto in ogget­to sull’organizzazione e sulle performance dei dipendenti, sono state incluse delle attività di monitoraggio basate su quattro elementi principali: gli effetti sull’organizzazione e sul benessere organizzativo, l’analisi e la valutazione delle performance individuali e organizzative, l’analisi degli im­patti sull’ambiente e gli effetti sull’ecosistema, l’analisi sullo stato di avanzamento dei cantieri del POLA.  Uno degli obiettivi principali per il Comune di Milano è l’au­mento degli investimenti in nuove soluzioni tecnologiche e digitali e l’assegnazione di immobili esistenti – di proprietà comunale o privata – a sedi di lavoro alternative a quelle ordinarie, per favorire il decentramento degli uffici in un’ot­tica di Città in 15’, migliorare la qualità delle performance e accrescere la soddisfazione dei propri dipendenti.  Usufruire di una flessibilità oraria per l’ingresso negli uffici e l’utilizzo di sedi più vicine alle abitazioni dei lavoratori, inoltre, può avere un impatto positivo sul trasporto pub­blico locale, permettendo non solo di contribuire al de­congestionamento negli orari di punta e di redistribuire i flussi sull’intera giornata lavorativa, ma – soprattutto – di raggiungere l’obiettivo contenuto nel Piano Aria Clima del Comune di Milano: rientrare nei valori limite delle concen­trazioni degli inquinanti atmosferici PM10 e NOx (polveri sottili e ossidi di azoto), fissati dall’ Europa a tutela della salute pubblica.  In termini di soddisfazione dei dipendenti, infine, un son­daggio erogato a circa 6.000 lavoratori a maggio del 2020, cui ha partecipato l’85% dei lavoratori coinvolti, ha evidenziato una diffusa valutazione positiva del lavoro da remoto svolto in emergenza, soprattutto dovuta alla percezione di sicurez­za, alla possibilità di sentirsi protagonisti e attivi nonostante la pandemia e per l’upskilling che questa modalità di lavoro ha permesso. Nonostante ciò, si è però registrata una soffe­renza legata alla distanza dagli spazi tradizionali, alla man­canza di relazioni con i colleghi e di socialità legata all’am­biente di lavoro, alla reclusione forzata legata all’emergenza sanitaria e alla difficoltà di coordinamento e di contatto con i superiori.  ­     

 

 

  1. Direttiva n. 3 del 2017 in materia di lavoro agile, per incentivare misure, ri­guardanti almeno il 10% dei dipendenti, per la tutela del lavoro autonomo e volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro
  2. “Piano organizzativo del lavoro agile” (DL 34/2020 art. 263 così come con­vertito dalla Legge 77/2021), prevede che siano indicate le attività che possono essere svolte in lavoro agile, le misure organizzative compresi i requisiti tecnolo­gici, i percorsi formativi del personale e gli strumenti di rilevazione e verifica dei risultati

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