La Trasformazione Digitale ha cambiato le regole del gioco per le piccole e medie imprese italiane. Non basta più produrre beni ed erogare servizi frutto del talento imprenditoriale: serve anche saper navigare in un mondo dove le nuove tecnologie (tra cui l’Intelligenza Artificiale) e l’automazione ridisegnano continuamente il panorama competitivo. In questo scenario, la formazione aziendale non è un lusso o un elemento opzionale , ma una vera e propria necessità strategica.

I dati dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI della POLIMI School of Management parlano chiaro: oltre la metà delle piccole e medie imprese italiane (54%) dichiara di investire con decisione nelle tecnologie digitali, eppure solo il 19% riesce ad adottare tecnologie avanzate in modo strutturato. Il problema? Spesso non sono le risorse economiche a mancare, quanto piuttosto le competenze per sfruttare appieno gli investimenti tecnologici.

Cos’è davvero la formazione nelle PMI

Quando parliamo di formazione aziendale nelle PMI, non ci riferiamo solo ai classici corsi in aula. Il concetto è molto più ampio e abbraccia tutto quello che serve per far crescere le competenze del personale. C’è la formazione formale, quella strutturata con programmi definiti e certificazioni, che può svolgersi internamente all’azienda o presso enti specializzati. Sempre più spesso, questa si declina in modalità e-learning, webinar e piattaforme digitali che permettono di conciliare meglio i tempi di lavoro con quelli dell’apprendimento (un aspetto estremamente rilevante, considerando che la mancanza di tempo rappresenta la principale ragione del mancato ricorso alle attività formative per il 40% delle PMI).

Ma non è tutto. Spesso la formazione più efficace nasce in modo spontaneo attraverso l’affiancamento di colleghi più esperti, la condivisione di best practice e quel prezioso trasferimento di know-how che avviene quotidianamente sui luoghi di lavoro. È quella che gli esperti chiamano formazione informale, e che nelle PMI rappresenta spesso il cuore pulsante dell’apprendimento aziendale.

Non bisogna poi dimenticare la formazione obbligatoria, quella legata alla sicurezza sul lavoro, alla privacy e alle normative di settore. Anche se spesso percepita come un adempimento burocratico, può diventare un’opportunità preziosa se ben gestita e integrata in una strategia formativa più ampia.

Come strutturare un percorso formativo efficace

Nell’era della Trasformazione Digitale, strutturare un percorso formativo efficace non è più solo una questione di buone intenzioni, ma una necessità strategica per la sopravvivenza aziendale. Le tecnologie evolvono a ritmi vertiginosi, i modelli di business si rivoluzionano da un giorno all’altro, e chi non riesce a tenere il passo rischia di essere spazzato via dalla concorrenza.

Eppure, molte PMI si lanciano ancora nella formazione senza una strategia chiara, spinte dall’urgenza di risolvere un problema immediato o dall’entusiasmo per l’ultima innovazione tecnologica di cui si parla sui media. Il risultato? Investimenti poco efficaci e personale che non riesce a trasferire nella pratica quotidiana quello che ha imparato, lasciando l’azienda al punto di partenza nonostante i costi sostenuti.

La progettazione di un percorso formativo davvero efficace richiede un approccio metodico e strategico, che diventa ancora più critico quando si tratta di competenze digitali. Di seguito elenchiamo alcuni passaggi fondamentali per risolvere il problema seguendo una strategia efficace.

Analisi dei fabbisogni formativi

Il punto di partenza assoluto dovrebbe essere sempre una mappatura delle competenze esistenti e la loro comparazione con quelle necessarie per affrontare le sfide digitali future. Secondo la Ricerca dell’Osservatorio, solo il 15% delle PMI valuta regolarmente le competenze del personale per disegnare i percorsi formativi e solo l’11% svolge con regolarità attività forecasting per individuare le competenze che serviranno in futuro future esigenze di competenze. È come voler raggiungere una destinazione senza sapere da dove si parte.

Progettazione personalizzata

Una volta identificati i gap da colmare, diventa fondamentale progettare un piano che tenga conto delle specificità dell’azienda e del settore. Una software house avrà esigenze di aggiornamento completamente diverse da un’azienda manifatturiera che si avvicina all’Industria 4.0, e anche le modalità di erogazione dovranno adattarsi ai ritmi produttivi e alle caratteristiche del personale.

Coinvolgimento attivo del management

Questo aspetto è cruciale nell’era digitale, dove il cambiamento deve essere guidato dall’alto per essere davvero efficace. Troppo spesso i dirigenti e gli imprenditori delegano completamente la formazione, perdendo l’opportunità di trasmettere una visione strategica dell’innovazione. I dati mostrano un paradosso preoccupante: la formazione coinvolge il 65%% degli impiegati e degli operai, ma solo il 45-47% dei quadri e dei dirigenti, proprio quando sono i vertici aziendali a dover guidare la trasformazione digitale.

In un contesto dove il 47% delle PMI evidenzia ancora criticità nell’accesso alla connettività e il 38% non riconosce nemmeno la necessità di alzare il livello delle competenze digitali interne, strutturare correttamente la formazione diventa la differenza tra chi cavalca l’onda dell’innovazione e chi ne viene travolto.

L’urgenza delle competenze digitali

Le PMI italiane si trovano oggi di fronte a una sfida senza precedenti. La Ricerca dell’Osservatorio evidenzia che il 59% delle imprese lamenta difficoltà legate alla scarsa diffusione delle attività formazione e alla bassa disponibilità di competenze specialistiche, mentre il 47% evidenzia criticità nell’accesso alla connettività digitale. Non è solo un problema di infrastrutture: spesso si tratta di carenze nella cultura digitale di base.

Le aree su cui concentrarsi sono molteplici. C’è bisogno di competenze digitali di base per tutti, dalla semplice alfabetizzazione informatica alla comprensione dei rischi legati alla Cybersecurity. Ma serve anche formare figure specializzate su tecnologie avanzate come l’Intelligenza Artificiale, l’analisi dei dati e l’automazione dei processi.

Particolare attenzione meritano le cosiddette soft skills digitali: la capacità di lavorare in team virtuali, di gestire progetti complessi, di comunicare efficacemente attraverso i canali digitali.

Il 41% delle PMI che investe nella formazione finanziata punta proprio sulle capacità di relazione e lavoro di gruppo, segno che anche le competenze più “umane” stanno evolvendo in chiave digitale.

Le opportunità della formazione finanziata per le PMI

Una delle scoperte più interessanti della ricerca dell’Osservatorio riguarda la formazione finanziata. Il 78% delle PMI che svolge attività formative formali utilizza fondi pubblici, eppure molte opportunità rimangono sottoutilizzate. Il credito d’imposta viene sfruttato dal 39% delle imprese, i fondi paritetici interprofessionali dal 33%, i bandi camerali dal 22%.

Il problema principale? La complessità burocratica. Il 27% delle PMI trova troppo articolate le procedure per accedere ai finanziamenti, mentre il 23% lamenta l’esiguità dei fondi messi a disposizione. Spesso le imprese più piccole non hanno le competenze interne per navigare in questo labirinto di opportunità e finiscono per rinunciare.

Eppure, le risorse ci sono. Dal PNRR ai bandi regionali, dai fondi interprofessionali ai crediti d’imposta, l’ecosistema pubblico mette a disposizione strumenti importanti. Ecco allora che per le PMI, che hanno tempi, risorse e competenze diverse rispetto alle grandi aziende, risulta ancora più importante ricevere supporto dall’“ecosistema” di enti e professionisti disponibili a orientarle (commercialisti, consulenti del lavoro, avvocati, specialisti in finanza agevolata, hub di innovazione, associazioni di categoria, …).

Verso un nuovo modello di formazione

La strada verso una formazione efficace nelle PMI passa attraverso un cambio di paradigma culturale. Non si tratta solo di aggiornare le competenze tecniche, ma di sviluppare una mentalità aperta al cambiamento continuo.

Come sottolinea Claudio Rorato, direttore dell’Osservatorio, “più che la carenza di risorse finanziarie, è la difficoltà nel leggere il cambiamento e nel trasformarlo in scelte strategiche a rappresentare il vero ostacolo”.

Le PMI più avanti nel percorso stanno già sperimentando approcci innovativi: partnership con università e centri di ricerca, collaborazioni con startup per portare competenze digital native in azienda, programmi di mentoring intergenerazionale per valorizzare sia l’esperienza dei senior che l’entusiasmo dei giovani.

L’ecosistema di supporto sta evolvendo di conseguenza. I Competence Center 4.0, i Digital Innovation Hub, i Professionisti del settore giuridico ed economico, le associazioni di categoria stanno sviluppando servizi sempre più mirati alle esigenze delle PMI. Ma serve ancora uno sforzo collettivo per semplificare l’accesso ai finanziamenti e personalizzare l’offerta formativa.

Il futuro della formazione nelle PMI

La formazione nelle PMI non è più una questione che si può rimandare a tempi migliori. I dati mostrano che le imprese che investono sistematicamente nelle competenze del personale ottengono risultati migliori in termini di produttività, motivazione e capacità di innovazione. Il 60% delle PMI del campione ha rilevato miglioramenti concreti nelle prestazioni dei partecipanti alle attività formative.

L’era digitale richiede un approccio nuovo: più strategico, più continuo, più integrato. La formazione deve diventare parte del DNA aziendale, non un’attività occasionale. Solo così le PMI italiane potranno trasformare le sfide della digitalizzazione in opportunità concrete di crescita e competitività.

Il tempo per agire è adesso. Le tecnologie evolvono rapidamente, i mercati cambiano, la concorrenza si intensifica. Chi sa investire nelle persone e nelle loro competenze ha tutte le carte in regola per vincere la partita del futuro.

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