Il Design Thinking aiuta a gestire la complessità nelle organizzazioni
- Il Design Thinking è efficace nell’affrontare la complessità e l’incertezza per individui, team e organizzazioni
- Quelle che già lo adottano rilevano più innovazione, collaborazione e agilità al cambiamento
- Ma per superare le barriere di adozione servono risultati tangibili, formazione e coinvolgimento dei leader
In un mondo in continua evoluzione, il Design Thinking può aiutare a gestire la complessità nelle organizzazioni. Molto più che semplice metodo creativo, questo approccio all’innovazione si integra con le pratiche organizzative tradizionali, supportando l’adozione di nuovi modelli decisionali che permettono ai manager di abbracciare una mentalità e di sviluppare una nuova capacità di interpretazione e di azione. Lo evidenzia la ricerca dell’Osservatorio Design Thinking for Business del Politecnico di Milano*, presentata oggi durante il convegno: “Empowering people through Design: Framing opportunities and small wins”. Uno degli oltre 50 differenti filoni di ricerca degli Osservatori Digital Innovation della POLIMI School of Management (www.osservatori.net) che affrontano tutti i temi chiave dell’Innovazione Digitale nelle imprese e nella Pubblica Amministrazione.
Dalla ricerca emerge come il Design Thinking sia uno strumento efficace nell’affrontare la complessità e l’incertezza sia per i singoli individui, che per i team, che per le organizzazioni nel loro complesso. Per gli individui, infatti, l’Osservatorio ha dimostrato come l’utilizzo del Design permetta di costruire senso e coinvolgere meglio le persone. Per i team, le pratiche di Design Thinking aiutano le persone affrontare con maggiore efficacia sfide complesse attraverso il raggiungimento di “piccole vittorie”, che aiutano a scomporre la complessità in passaggi gestibili e a rafforzare l’azione collettiva attraverso risultati tangibili.
Per le organizzazioni, lo studio evidenzia come quelle che integrano efficacemente il Design Thinking sperimentino più innovazione, collaborazione e agilità nel rispondere ai cambiamenti del mercato. Ma per supportare l’adozione del design come leva strategica, superando lo scetticismo, bisogna fornire risultati tangibili sull’efficacia del modello, coinvolgere la leadership in progetti design-driven e garantire una formazione continua adeguata.
Il design per creare “risonanza” narrativa
Quando si presenta un’opportunità, ottenere il consenso e il sostegno delle persone è fondamentale per aumentare la probabilità di un’implementazione di successo: il linguaggio utilizzato nella narrazione crea risonanza con il pubblico, cioè un’interpretazione in cui le informazioni trasmesse dalle cornici linguistiche si allineano con credenze, aspettative, comprensioni e valori del pubblico. Come sottolineato da Stefano Magistretti Direttore dell’Osservatorio: “la prima difficoltà che una persona affronta in contesti complessi è dare un senso alle cose, senza una comprensione profonda delle idee e opportunità non c’è azione che possa essere fatta. Il design però aiuta, infatti permette di spacchettare e fare framing dei problemi definendo i perimetri e indirizzando le azioni”.
Due sperimentazioni dall’Osservatorio hanno esplorato il ruolo dell’“inquadramento”, cioè dal processo di plasmare consapevolmente questi concetti, utilizzando il linguaggio giusto, nella percezione e del pubblico. Una prima sessione ha incoraggiato i partecipanti a creare opportunità visionarie fondate su convinzioni personali incentrato sul “perché” attraverso metafore, una seconda attraverso analogie orientate al “come”, per dimostrare come questi strumenti retorici possano migliorare la risonanza di una cornice.
Ne è emerso come l’uso di metafore trasmettono significato, consentendo un’espressione più vivida e fantasiosa. Dopo averle utilizzate, mediamente la risonanza emotiva è aumentata su quattro dimensioni misurate tra il pubblico (ispirazione, determinazione, attività e attenzione). Anche le analogie aumentano i livelli di risonanza cognitiva prima e dopo l’introduzione, migliorando sia la comprensione che l’allineamento con il messaggio: consentono di interagire e comprendere più efficacemente le idee presentate, indipendentemente dalla propria competenza settoriale.
Ma le metafore non sono universalmente efficaci, il loro impatto varia a seconda del pubblico. Ai designer thinkers – il 66% campione – il messaggio arricchito di metafore ha suscitato coinvolgimento emotivo e si è allineato a valori e aspirazioni personali, mentre agli altri specialisti funzionali (il 34%) ha ridotto la risonanza emotiva: sebbene possano migliorare significativamente la risonanza emotiva tra i designer pensatori, le metafore possono ostacolare una comunicazione efficace con altri specialisti funzionali.
Il design come strumento di leadership
La Direttrice Paola Bellis spiega che “Una volta compreso il contesto, non è comunque facile agire. Le sfide in un contesto molto dinamico sono articolate, coinvolgono stakeholder con priorità differenti e non sempre hanno una soluzione univoca. Diventa quindi difficile per le persone muoversi. Attraverso la dinamica delle small win, abbiamo visto come le pratiche incrementali possano aiutare le persone ad approcciare problemi complessi a piccoli passi, riuscendo ad avere risultati complessi pur restando flessibili”. Per esplorare come i leader possano gestire i problemi complessi sfruttando le pratiche di design per ottenere piccoli successi che contribuiscono all’innovazione, l’Osservatorio ha sfidato i partecipanti durante una sessione di laboratorio a comprendere come poter affrontare la gran challenge della scarsità d’acqua, sfruttando in una sessione strumenti della GenAI e in una seconda il proprio intuito e capacità, attingendo all’intelligenza collettiva.
Lo studio ha svelato come una serie di pratiche di progettazione consentano “small win”: piccoli successi in passaggi critici e incrementali, necessari per affrontare la complessità. Ma le pratiche divergono significativamente con l’uso di GenAI o esclusivamente con l’intelligenza umana. La collaborazione guidata da GenAI ha portato velocità, struttura e tante idee, spesso a scapito di un coinvolgimento critico: il ricorso all’intelligenza artificiale ha ridotto il pensiero critico e limitato la collaborazione umana, poiché i partecipanti dipendevano dalla tecnologia per il ragionamento individuale. Al contrario, le interazioni esclusivamente umane hanno favorito un dialogo più ricco e una comprensione personale, sebbene abbiano prodotto meno idee: le interazioni erano ricche di critiche reciproche e le idee più personali.
Questi modelli contrastanti suggeriscono che la scelta tra processi supportati da GenAI e guidati dall’uomo non è binaria: a seconda della natura della sfida e del valore strategico di ciascuna fase, le organizzazioni possono decidere intenzionalmente quando sfruttare il supporto tecnologico e quando affidarsi alla profondità della collaborazione umana.
Supportare l’adozione del Design Thinking
Il Direttore Gianluca Carella sottolinea come “l’implementazione efficace del Design nelle organizzazioni passa inevitabilmente dalle persone, che ne rappresentano un elemento chiave. Occorre creare un contesto favorevole che favorisca l’accettazione del cambiamento e l’adozione di nuove modalità operative. Le pratiche di design, infatti, si distinguono significativamente da quelle aziendali tradizionali e richiedono un’attenzione specifica per essere comprese e integrate”. Per aumentare la consapevolezza del valore del Design Thinking e identificare barriere e fattori che ne influenzano l’integrazione, i partecipanti provenienti da diverse aziende sono stati coinvolti in un esperimento per riflettere sulle principali sfide che le aziende possono incontrare e come poterle risolvere. Ne è emerso come le organizzazioni che integrano efficacemente il Design Thinking risultino maggiormente innovative, presentino una maggiore collaborazione tra i reparti e una maggiore agilità nel rispondere ai cambiamenti del mercato. Fornendo risultati tangibili, coinvolgendo la leadership in progetti design-driven e garantendo una formazione continua, designer e innovatori possono superare lo scetticismo e promuovere la fiducia nella metodologia.
Ma sono state identificate anche diverse barriere all’adozione efficace del Design Thinking. Innanzitutto, l’instabilità organizzativa e la resistenza al cambiamento, alimentata dall’incertezza e dal timore di risultati imprevedibili, insieme alla mancanza di comprensione. Il design inoltre viene spesso introdotto troppo tardi nel ciclo di vita di un progetto e spesso escluso dalle prime decisioni di budget e risorse. Alcuni facilitatori per l’adozione del Design Thinking invece sono il coinvolgimento attivo del top management, la creazione di team di progettazione in unità indipendenti e interfunzionali in tutte le aree aziendali, l’integrazione nelle prime fasi di sviluppo del progetto, ma soprattutto la creazione di prove concrete per dimostrarne i benefici tangibili. Con questi elementi, designer e innovatori possono guidare un cambiamento culturale che integri il Design Thinking nei flussi di lavoro quotidiani, migliorando l’innovazione e supportando il successo strategico a lungo termine.
* L’edizione 2024-25 dell’Osservatorio Design Thinking for Business della POLIMI School of Management è stata realizzata con il supporto delle aziende partner Assist Digital, Bip Officina, Deloitte Digital, eni, Jakala Civitas, KPMG, KuriU, Leonardo, Sisal, Sketchin e Sogei, e con il contributo degli sponsor Alidays, Avvale Forward, Banca Popolare di Sondrio, Design Group Italia, e.on, Fastweb + Vodafone, Fifth Beat, Lutech, Reale Mutua, RINA, Tangity, Unipol Assicurazioni e WindTre.
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Barbara Balabio
Ufficio stampa Osservatori Digital Innovation del Politecnico di MilanoScopri altri contenuti di Design Thinking for Business





