Cripto-attività: Europa e USA, due approcci a confronto

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“Crypto is slowly being taken more seriously by mainstream financial firms and tech companies”. È la tesi di The Economist [ECON], che aggiunge “The amount of real-world assets, including private credit, US Treasury bonds and commodities, which have been “tokenised” to be traded on a blockchain has almost tripled over the past 18 months”, e sottolinea come da un lato grandi istituzioni finanziarie tradizionali quali BlackRock (primo asset manager del mondo con un patrimonio in gestione di circa 10 trilioni di $) siano diventate anche “large issuers of tokenised money-market funds” e dall’altro imprese del mondo crypto offrano ora tokens agganciati ad asset reali quali l’oro.

Il tutto in un articolo – “Crypto has become the ultimate swamp asset – An industry that dreamed of being above politics has become synonymous with self-dealing”, 15 maggio – che, mentre loda la UE e i Paesi (Japan, Singapore, Svizzera e UAE) che negli anni più recenti hanno messo a punto una regolamentazione volta (almeno nelle intenzioni) ad aumentare la trasparenza, è estremamente critico per quanto sta accadendo negli US: dove il rilassamento da parte della classe politica delle indispensabili cautele nei riguardi del mondo crypto si sta traducendo, nel quadro di un gigantesco conflitto di interessi, in grandi trasferimenti di ricchezza verso la classe politica stessa.

La crescita del mondo crypto nella UE

La regolamentazione UE – entrata in vigore nel 2024 e denominata MiCA (acronimo di “Markets in Crypto-Assets”) – ha lo scopo, mentre riduce i vincoli assoluti preesistenti, di introdurre norme armonizzate, per gli emittenti di cripto-attività e i fornitori di servizi relativi a tali attività, che proteggano gli investitori e promuovano la stabilità finanziaria.
Stimola, come detto in precedenza, gli operatori tradizionali a impegnarsi in crypto-attività e dovrebbe stimolare gli operatori crypto, in cambio della rispettabilità e dei minori rischi di essere perseguiti, ad aumentare la trasparenza delle loro operazioni e il rispetto delle regole. Sfruttando la nuova atmosfera, ad esempio, BlackRock ha lanciato a marzo nella UE il suo ETF spot Bitcoin e a fine giugno anche Unicredit ha fatto il suo ingresso nelle cryptovalute, con un prodotto strutturato legato a tale ETF. Nel contempo Deutsche Bank ha confermato il lancio di servizi di custodia istituzionale di cryptovalute nel 2026 e ha manifestato l’interesse a una possibile emissione di stablecoin.

La Sparkassen-Finanzgruppe, che rappresenta le casse di risparmio tedesche con oltre 50 milioni di clienti, si sta preparando a offrire nel 2026 ai clienti retail accesso regolamentato al trading di cryptovalute. E si è mossa anche Deutsche Börse, iniziando a fornire ai clienti istituzionali – con la sua divisione di custodia Clearstream – servizi di regolamento e custodia di Bitcoin ed Ethereum. La francese Société Générale continua la sua espansione nella finanza digitale, lanciando tramite una sua controllata una stablecoin ancorata al dollaro: USD CoinVertible. E anche la spagnola BBVA, tradizionalmente cauta sulle cryptovalute, ha già ottenuto l’autorizzazione per lanciare servizi di trading.

La posizione della BCE e della sua presidente Christine Lagarde su questo tema (Reuters, “European Commission to allow stablecoin interchangeability”, 25 giugno) è di estrema prudenza: vengono continuamente sottolineati i rischi che gli stablecoin pongono per la politica monetaria e la stabilità finanziaria e viene in parziale contrapposizione richiesto alla Commissione e al Parlamento Europeo di procedere al lancio dell’euro digitale.

Radicalmente diversa la situazione negli US, ove il Congresso sta votando
una deregulation volta a fare degli US la “world’s crypto capital”

Più precisamente Trump ha espresso il desiderio che gli US diventino “the bitcoin superpower of the world” e il bitcoin non ha certo deluso in questi giorni, raggiungendo il valore in $ più alto in assoluto: oltre 120mila $, un balzo in alto enorme se si pensa che meno di tre anni fa, dopo il collasso del crypto exchange FTX, il valore del bitcoin era precipitato a 16mila $, sollevando dubbi sulla sua stessa sopravvivenza.
Trump ha sicuramente aiutato la salita della cryptovaluta, collocando cryptocurrency advocates in molti posti di comando, dice FT (“Bitcoin hits $ 120,000 m ilestone as US Congress readies for ‘crypto week’”, 14 luglio), sostenendo anche che i tre provvedimenti in fase di approvazione (Genius Act, Digital Asset Market Clarity Act e Anti-CBDC Surveillance State Act) – al di là della varietà dei contenuti – spingeranno sempre più le cryptovalute nel cuore della finanza.

Il Genius Act permette alle imprese private di emettere stablecoin, cryptovalute agganciate ad assets quali ad esempio il $. Il Clarity Act vuole tracciare un chiaro confine – nella regolamentazione dei digital asset – fra i poteri della SEC (molto ostile al mondo crypto durante la presidenza Biden) e della Commodity Futures Trading Commission.
L’Anti-CBDC Surveillance State Act v uole p roibire l ’emissione d a p arte d ella FED di un $ digitale, che sicuramente andrebbe a indebolire – con il suo prestigio – le cryptovalute.

Due italiani fra chi comanda nel mondo crypto

Una prova tangibile di come il mondo crypto stia acquistando rilievo e visibilità l’abbiamo peraltro in Italia guardando alla classifica 2025 di Forbes delle persone più ricche. Giancarlo Devasini, presidente e primo azionista (nonché cofondatore una decina di anni fa) di Tether – che gestisce la principale stablecoin in $ del mondo – è in terza posizione, alle spalle di Giovanni Ferrero e Andrea Pignataro, e in quinta vi è Paolo Ardoino, CEO della stessa Tether: accreditati di patrimoni pari a 22,4 miliardi di $ il primo e a 9,5 miliardi il secondo.

A cura di

Umberto Bertelè

Chairman

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