Dal lancio dello Sputnik nel 1957, migliaia di satelliti artificiali sono stati inviati nello spazio, creando una vera e propria infrastruttura invisibile che sostiene molti aspetti della società contemporanea. Questi sofisticati dispositivi tecnologici, che variano dalle dimensioni di una scatola da scarpe a quelle di un autobus, svolgono funzioni essenziali: dalle telecomunicazioni alla navigazione GPS, dal monitoraggio ambientale all’esplorazione scientifica dello spazio profondo.

In questo articolo, a cura dell’Osservatorio Space Economy della POLIMI School of Management, esploreremo il mondo dei satelliti artificiali, quali sono le loro principali applicazioni, come avvengono le fasi di lancio e messa in orbita e quali sono le principali sfide nell’ambito della New Space Economy.

Che cosa sono i satelliti?

In astronomia un satellite è definito come un oggetto che orbita attorno a un corpo celeste di massa maggiore, tipicamente un pianeta. Questa definizione comprende sia i satelliti naturali, come la Luna che orbita intorno alla Terra o le numerose lune di Giove e Saturno, sia quelli artificiali, creati dall’ingegno umano per svolgere specifiche funzioni tecnologiche.

Nel contesto delle attività spaziali moderne, i satelliti artificiali rappresentano strumenti fondamentali per l’esplorazione scientifica e il progresso tecnologico. Questi dispositivi, che variano enormemente in dimensioni e complessità, orbitano a diverse altitudini sopra la superficie terrestre.

Satelliti artificiali: le principali tecnologie e applicazioni

Le tecnologie satellitari si articolano in tre principali categorie operative, ciascuna delle quali costituisce la base per una vasta gamma di applicazioni civili, scientifiche, industriali e militari:

  • Telecomunicazioni: i satelliti per telecomunicazioni operano come ponti radio orbitanti, ricevendo e ritrasmettendo segnali tra punti distanti della Terra. Questa tecnologia consente la trasmissione di dati, voce e video, ed è alla base di applicazioni come le comunicazioni intercontinentali, la televisione satellitare, l’accesso a Internet in aree remote e le reti mobili globali;
  • Navigazione e posizionamento: i satelliti di posizionamento globale trasmettono segnali sincronizzati che, elaborati dai ricevitori a terra, permettono il calcolo preciso delle coordinate geografiche, della velocità e del tempo. Questa tecnologia supporta applicazioni come la navigazione stradale, la gestione del traffico aereo e navale, l’agricoltura di precisione, i servizi di geolocalizzazione e le operazioni militari;
  • Osservazione della Terra: i satelliti di osservazione monitorano il nostro pianeta acquisendo dati tramite sensori ottici, radar, multispettrali, iperspettrali e termici, fornendo immagini e misurazioni di alta precisione. Questa tecnologia è impiegata per applicazioni come il monitoraggio ambientale, la gestione delle risorse naturali, la meteorologia, la sicurezza, l’agricoltura e la risposta ai disastri naturali.

Come avviene il lancio dei satelliti

I satelliti vengono portati in orbita dai razzi vettori, composti essenzialmente da due sezioni principali: una parte propulsiva, che ha il compito di vincere la forza di gravità terrestre, e una parte chiamata payload, ovvero il carico utile che consiste nel satellite stesso o in altri strumenti destinati all’orbita.

In molti casi, oltre il 90% della massa di un razzo è occupata dalla sezione propulsiva, che sfrutta una tecnologia detta propulsione termochimica, basata su combustibili che producono una reazione altamente energetica in grado di generare la spinta necessaria per raggiungere l’orbita. Tuttavia, questa soluzione ha un’efficienza limitata: soltanto una frazione minima della massa iniziale – l’1-5% – rappresenta il payload che arriva effettivamente nello spazio.

Il destino della parte propulsiva varia in base al tipo di razzo. Nei lanciatori tradizionali, gli stadi esauriti si sganciano e cadono: il primo stadio precipita in zone sicure predeterminate (mare o aree disabitate), mentre gli stadi superiori bruciano al rientro o diventano detriti spaziali. Nei razzi riutilizzabili moderni, invece, il primo stadio torna sulla Terra in modo controllato: esegue manovre di rallentamento, si orienta con pinne aerodinamiche e atterra verticalmente su piattaforme apposite. Dopo l’atterraggio, viene ispezionato, revisionato e preparato per missioni successive, riducendo costi e impatto ambientale.

Per tutti questi e altri motivi, il lancio di un satellite in orbita è una delle operazioni tecnologicamente più complesse e rischiose nella moderna ingegneria aerospaziale, come testimoniato da numerosi insuccessi storici, soprattutto nei primi decenni di esplorazione.

Messa in orbita dei satelliti

Ogni satellite ha un’orbita specifica in base a dove deve operare. Le principali categorie sono:

  • LEO (Low Earth Orbit): fino a 2.000 km di altitudine, ideale per osservazione della Terra e telecomunicazioni;
  • MEO (Medium Earth Orbit): intorno ai 20.000 km, utilizzata ad esempio per i satelliti GPS;
  • GEO (Geostationary Orbit): a circa 35.786 km, permette ai satelliti di “seguire” la rotazione terrestre, rendendoli perfetti per comunicazioni stazionarie.

La traiettoria che il razzo deve seguire per portare il satellite a quell’orbita prende il nome di “profilo di lancio”. Questo percorso e i tempi necessari variano notevolmente a seconda dell’altitudine e anche del tipo di orbita richiesta, che può essere polare (può dirigersi verso nord o verso sud), equatoriale (verso est, così da sfruttare la rotazione terrestre) o retrograda (contro la rotazione terrestre)..

La scelta del profilo di lancio è strettamente legata al sito di lancio stesso. Infatti, uno degli aspetti critici è la coordinazione tra la latitudine del sito e l’inclinazione orbitale desiderata, poiché è fisicamente impossibile raggiungere orbite con inclinazione inferiore alla latitudine di partenza, ovvero, non è possibile lanciare direttamente in un’orbita più vicina all’equatore rispetto alla tua posizione di partenza. Inoltre, per i satelliti che devono mantenere una posizione specifica rispetto alla Terra, la tempistica diventa fondamentale: esistono solo due finestre giornaliere ottimali per il lancio, che garantiscono l’inserimento in orbita con il corretto allineamento.

Una volta completata la fase di lancio principale, entrano in gioco realtà imprenditoriali specializzate, come l’italiana D-Orbit, che gestiscono la cosiddetta “last mile delivery“, ovvero il trasporto preciso del satellite dalla sua orbita di rilascio fino all’orbita operativa finale, dopo la separazione dal vettore principale.

Novità tecnologiche per i satelliti

Dal punto di vista tecnologico, si sta affermando un moderno approccio che guarda alla costruzione e manutenzione direttamente nello spazio. Denominato ISOS (In-Space Operations and Services) fa riferimento ad un paradigma che prevede operazioni come il recupero e riutilizzo di satelliti dismessi, la manutenzione in orbita e addirittura stazioni di servizio spaziali, in un’ottica di economia circolare spaziale.

Un’ulteriore novità tecnologica è quella della miniaturizzazione, ovvero, la realizzazione di satelliti di piccole dimensioni, tra cui i CubeSat. Questi nanosatelliti sono tipicamente di forma cubica e standardizzati, solitamente pesano circa 1 kg e permettono di ridurre drasticamente costi e tempi di sviluppo, facilitando l’accesso allo spazio e consentendo il dispiegamento di costellazioni molto numerose.

Infine, sono sempre più presenti le sinergie tra le tecnologie satellitari e l’Intelligenza Artificiale. Dall’elaborazione delle immagini per servizi a valore aggiunto al pre-processing dei dati a bordo dei satelliti passando per l’automazione delle operations in orbita e nei processi industriali di realizzazione dei satelliti, l’AI sta accelerando l’innovazione e l’efficienza in ogni fase delle attività spaziali.   

Grandi costellazioni e sostenibilità: il sovraffollamento in orbita

Le grandi costellazioni di satelliti rappresentano una delle evoluzioni più significative dell’uso dello spazio negli ultimi anni. Si tratta di sistemi composti da centinaia o migliaia di satelliti che lavorano in modo coordinato, con l’obiettivo di fornire servizi su scala globale come connessione Internet ad alta velocità, navigazione satellitare, comunicazioni o osservazione della Terra.

Oggi se ne parla sempre più spesso per due motivi principali: da un lato, il progresso tecnologico ha reso possibile la miniaturizzazione dei satelliti e la produzione in serie, riducendo drasticamente i costi di costruzione e lancio; dall’altro, l’ingresso di attori privati, come SpaceX con la costellazione Starlink, ha accelerato la realizzazione di questi progetti su vasta scala. Il risultato è un rapido aumento del numero di satelliti attivi, con l’ambizione di fornire servizi anche nelle aree più remote del pianeta.

Il continuo aumento degli oggetti in orbita, si lega anche al problema degli space debris, ovvero satelliti e oggetti spaziali che continuano ad orbitare attorno alla Terra, anche per diversi anni, ma che non svolgono più la loro funzione. Questi rappresentano una minaccia per il lancio di nuovi oggetti in orbita, o per le operazioni spaziali già attive. La comunità spaziale internazionale sta discutendo diversi approcci per risolvere o mitigare il problema, come l’utilizzo di satelliti speciali addetti a catturare o disintegrare i detriti o sistemi di manovra a bordo dei satelliti, oltre che l’introduzione di norme di progettazione e dismissione.

Risulta necessario dunque trovare un compromesso tra la democraticizzazione dello spazio e la sostenibilità, per avere uno spazio sempre più verde e resiliente.

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