La pirateria online è un fenomeno che accompagna il mercato dei contenuti digitali fin dalla nascita di Internet e che rappresenta un elemento dannoso per questa industria. L’evoluzione tecnologica e quella dei modelli di business, però, ne hanno significativamente rivisto le modalità e ridimensionato l’impatto.
Cos’è la pirateria online e quali settori coinvolge
Ma facciamo un passo indietro: cosa si intende esattamente per pirateria online? Si tratta di tutte quelle attività realizzate attraverso gli strumenti informatici che consentono un utilizzo e/o una divulgazione illecita di contenuti software e audiovisivi riservati e tutelati dalla legge sul diritto d’autore.
Dagli albori di Internet fino a qualche anno fa, la pirateria consisteva sostanzialmente nella pratica del download illecito di contenuti digitali, dai brani musicali ai film, dai libri ai giochi. Il meccanismo fraudolento si basava sul file sharing in logica peer to peer grazie ad applicativi scaricabili gratuitamente dall’utente.
Inizialmente, grazie a limiti tecnologici di connettività che non permettevano uno scambio rapido di file di grandi dimensioni, la pirateria si era diffusa principalmente nei settori della musica e dell’editoria. Successivamente, con l’ADSL e la fibra ottica, si è agevolmente allargata al mondo dei contenuti cinematografici e del gaming.
Lo streaming “antidoto” contro la pirateria
E così il fenomeno ha assunto, nonostante leggi e sanzioni contro l’utente pirata, dimensioni molto rilevanti che ha portato le autorità internazionali a intervenire cercando di frenare il problema alla radice con il blocco delle più importanti piattaforme di scambio. Famosissimi i casi di Napster, chiuso nel 2001 dopo due anni di attività, e di Megaupload, con il pirotecnico arresto nel 2012 di Kim Schmitz, in arte Kim Dotcom.
Nel corso degli anni la condivisione illegale di contenuti digitali è proseguita su altre piattaforme. Ma il fenomeno si è recentemente ridimensionato grazie alla tecnologia streaming e al nascere di nuovi modelli di business Video su di essa basati. Con lo streaming infatti sono nate società (ad esempio Netflix, Spotify, DAZN, …) che consentono la fruizione, tipicamente in abbonamento, dei contenuti digitali a un prezzo e a un servizio tale da convincere gran parte dell’utenza a non rivolgersi più al mercato illegale.
L’ultima ricerca condotta dall’Unione Europea (EUIPO) sulla violazione del diritto d’autore, infatti, ha rilevato per il 2018 un calo di oltre il 15% dell’accesso a contenuti piratati. Mediamente, un utente europeo fruisce di contenuti illeciti per quasi 10 volte al mese, e per il 60% delle volte si tratta di programmi televisivi (causa in primis per lo sviluppo delle IPTV). E l’incidenza di fruizione diversa dallo streaming è calata al 25% degli accessi totali.
I rischi della competizione allargata
Attenzione, però: lo streaming e il modello ad abbonamento non sono la panacea a tutti i mali! Potrebbe trattarsi infatti di una situazione temporanea.
L’aumento della concorrenza e la competizione sui contenuti proprietari potrebbe portare l’utente a dover sottoscrivere abbonamenti a troppe piattaforme – a un prezzo probabilmente che aumenterà nel tempo – per poter aver accesso a tutti i contenuti d’interesse. Ciò significa che si supererà la capacità di spesa dell’utente, rischiando di “invogliarlo” – di fatto – ad un ritorno alla fruizione illecita!
La distribuzione illecita di contenuti digitali B2c in Italia
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