Filiera italiana del software, la crescita rallenta ma il settore resta strategico
- Nel 2024 il fatturato tocca i 66,7 miliardi (+8,3%), con una previsione di 70,1 miliardi a fine 2025 (+5,2%). L’AI accelera la trasformazione, servono scelte industriali strategiche a supporto del settore nei prossimi anni
- Le top 30 aziende produttrici di software rappresentano solo lo 0,55% del PIL. In Spagna circa 2,5 volte di più. I software gestionali restano il cuore dell’offerta, ma l’integrazione dell’AI è ancora marginale. L’Italia può giocare un ruolo chiave, ma serve un’industria consapevole.
Dopo anni di crescita a doppia cifra sostenuti da forti incentivi pubblici e da una digitalizzazione diffusa nel post-pandemia, la filiera del software in Italia mostra un rallentamento, pur confermando una solida traiettoria di sviluppo. Il fatturato complessivo generato dalle oltre 25.900 aziende attive nel comparto ha raggiunto nel 2024 quota 66,7 miliardi di euro, con una crescita del +8,3% rispetto al 2023. La previsione a chiudere per il 2025 dichiarata dagli attori del mercato è del +5,2%, per un fatturato di 70,1 miliardi di euro. Si tratta di una dinamica meno brillante rispetto al recente passato, ma che conferma la rilevanza strutturale di un settore che rappresenta una componente cruciale dell’economia digitale del Paese.
Sono alcuni risultati emersi dalla ricerca dell’Osservatorio Software & Digital Native Innovation del Politecnico di Milano* realizzata in collaborazione con AssoSoftware e presentata oggi durante il convegno “Software & Digital Native: trasformazione in atto, il futuro è adesso!“. Uno degli oltre 50 differenti filoni di ricerca degli Osservatori Digital Innovation della POLIMI School of Management (www.osservatori.net) che affrontano tutti i temi chiave dell’Innovazione Digitale nelle imprese e nella Pubblica Amministrazione.
Il rallentamento colpisce alcune grandi realtà del settore, ma le realtà di dimensione più contenuta crescono. AI e nuove infrastrutture sul territorio potranno cambiare il mercato

Il rallentamento della crescita è particolarmente visibile nelle 30 aziende più grandi del comparto, che da sole generano il 28% del fatturato totale, ma hanno registrato una crescita media del +5,5%. Tra queste, le realtà internazionali con un’offerta ibrida tra hardware e software hanno evidenziato performance più contenute, o addirittura contrazioni del fatturato. Al contrario, si evidenziano segnali di dinamismo tra le aziende italiane più agili, che stanno consolidando la propria offerta attraverso acquisizioni mirate.
Oltre le top 30, il comparto continua a mostrare segnali di vitalità, con tassi di crescita a doppia cifra tra le aziende di dimensioni medio-piccole. In generale, però, l’intero comparto dei servizi legati al software – system integrator e società di consulenza in primis – ha rallentato in modo marcato: la crescita è passata dal +19,4% del 2023 al +8,1% del 2024.
A influire è stata la peculiarità del sistema lavorativo italiano, dove l’ingresso delle software house in segmenti di servizio e il contatto diretto con il cliente tramite l’erogazione di servizi progettuali sta modificando gli equilibri di mercato, erodendo (soprattutto nel target di clienti più piccoli) spazio competitivo ai grandi system integrator e/o società di consulenza digitale.
Risulta altrettanto importante considerare il rallentamento alla luce delle politiche pubbliche degli ultimi anni, a cui sarà fondamentale dare continuità nei prossimi anni. Nello specifico, è ancora presente un influsso positivo da parte del PNRR per il settore pubblico, mentre il mondo privato ha beneficiato degli incentivi del piano “Transizione 4.0” terminati il 1° gennaio 2025 per la componente immateriale del software e non ancora sufficientemente rimpiazzati dal piano “Transizione 5.0”.
“In un contesto dettato da una sempre maggiore attenzione verso la sovranità del dato, l’industria del software è un elemento altamente strategico per il Paese.” dichiara Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio Software & Digital Native Innovation. “Oggi, grazie agli investimenti infrastrutturali in corso – come l’apertura dei Data Center di grandi provider globali e attori locali – si stanno creando le basi per un ecosistema digitale più robusto, ma serve un salto di qualità: costruire un’industria del software ‘sopra’ queste infrastrutture, capace di produrre valore, occupazione e innovazione in Italia.”
L’Italia resta indietro in Europa. Serve una strategia per trasformare la presenza in influenza
Il confronto con i principali Paesi europei mostra con evidenza quanto l’Italia debba ancora fare per rendere il software un asset competitivo a livello internazionale. Le 30 principali aziende produttrici di software operanti in Italia generano un fatturato pari allo 0,55% del PIL nazionale, contro l’1,06% della Francia, l’1,26% della Germania e addirittura l’1,39% della Spagna. In quest’ultimo caso, la crescita è stata accelerata da strumenti pubblici efficaci, come il programma Digital Kit, che ha reso accessibile la trasformazione digitale a una vasta platea di PMI, generando un indotto industriale significativo.
A mancare, in Italia, sono i cosiddetti campioni nazionali. Germania e Francia possono contare su grandi player considerati strategici anche dai rispettivi governi. In Italia, il tessuto produttivo è invece composto da una miriade di piccole realtà, fortemente radicate sul territorio, che spesso faticano a scalare o ad attrarre capitali per consolidarsi.
I software gestionali, in particolare, si confermano il cuore pulsante dell’offerta italiana: sono presenti nell’85% delle realtà e saranno investiti nei prossimi anni dalla trasformazione dell’Artificial Intelligence, considerata ad oggi il principale driver evolutivo per la filiera, sebbene la sua reale integrazione nei prodotti sia ancora limitata. Il 68% dei casi integra soluzioni di AI nella propria proposizione di valore ma, per lo più, in maniera marginale.
In ottica prospettica, il settore registra comunque una propensione strutturale all’innovazione, ma che deve essere sostenuta da politiche industriali mirate: la spesa mediana in ricerca e sviluppo è compresa tra il 10 e il 15% del fatturato, una quota decisamente più elevata rispetto ad altri comparti industriali.
Inoltre, la fotografia dell’ecosistema startup del settore software indica come sono 161 le realtà innovative afferenti alla filiera italiana del software nate e finanziate negli ultimi 5 anni, con 274,3 milioni di dollari raccolti. L’AI è la tecnologia più diffusa, confermando la centralità di questo trend. L’innovazione, dunque, c’è, ma ha bisogno di un ecosistema favorevole per crescere: capitali pazienti, politiche pubbliche stabili, infrastrutture tecnologiche locali e accesso a mercati esteri.
“Il Paese, che si trova costretto a rincorrere ecosistemi più avanzati come Francia, Spagna e Germania, nei prossimi anni dovrà favorire, tramite opportune politiche, la crescita delle realtà della filiera del software, definendo una strategia industriale di medio periodo a supporto del settore.” dichiara Marina Natalucci, Direttrice dell’Osservatorio Software & Digital Native Innovation “In questo percorso, risulta fondamentale per la competitività prestare attenzione al software all’interno delle strategie per lo sviluppo dell’Artificial Intelligence, in quanto rappresenta il cuore di questa trasformazione. Integrare l’AI nei prodotti software significa facilitarne la diffusione tra le imprese utilizzatrici e sviluppare una maggiore competitività della filiera a livello tecnologico.
PMI più digitali, ma resta il divario con le piccole. L’indice di maturità segna +3 punti

Il settore software italiano ha un impatto rilevante anche sulla digitalizzazione delle PMI. L’indice di maturità elaborato dall’Osservatorio – che misura l’adozione e l’efficacia dei software gestionali – ha raggiunto quota 54,34 nel 2025, con un incremento di circa 3 punti rispetto all’anno precedente. Le medie imprese (50-249 dipendenti) trainano la crescita, mentre le piccole (10-49) mostrano un ritardo strutturale.
L’adozione del software gestionale rimane in linea con lo scorso anno, mentre la revisione dei processi subisce l’impatto dell’intelligenza artificiale. Da un lato le aziende della filiera del software stanno producendo nuove micro-funzionalità di AI, dall’altro le PMI stanno iniziando a sperimentare nuove applicazioni basate su AI lungo le diverse aree di business, che tuttavia possono portare a casi di Shadow AI, con sperimentazioni isolate da parte di singoli dipendenti, senza controllo e autorizzazione di IT e vertici aziendali.
“L’Osservatorio da 5 anni monitora costantemente il livello di digitalizzazione del mondo delle PMI tramite un indice di maturità, i cui dati ci dicono che l’adozione di soluzioni software nelle imprese è in costante crescita anche se con un rallentamento in particolare nel segmento delle aziende più piccole.” conclude Piermassimo Colombo, Vicepresidente, AssoSoftware “Ci sono oggi forti aspettative rispetto ai vantaggi che l’utilizzo dell’AI potrebbe portare nell’efficientamento dei processi aziendali, anche in questa prospettiva un sistema di incentivazione stabile nel tempo e di facile accessibilità potrebbe essere il volano per spingere sia la ricerca che l’adozione di soluzioni innovative”.
Da oggi è disponibile l’infografica gratuita con i dati chiave della ricerca, condivisibile attraverso questo link.
*L’Edizione 2025 dell’Osservatorio Software & Digital Native Innovation della POLIMI School of Management è realizzata in collaborazione con AssoSoftware, con il Patrocinio del Ministero dell’Economia e delle Finanze e con il supporto di Amazon Web Services, Aruba Cloud, INITIA HR Tech – Gruppo INAZ, Starty Italia, Storm Reply, Teamsystem, Wolters Kluwer Tax & Accounting Italia, Akkodis, Innotech
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