Le infografiche 2017: i numeri chiave dell’Innovazione Digitale
Descrizione
Il 2017, per gli Osservatori Digital Innovation, è l’anno di entrata nella maggior età.
Nel 1999, quando lanciammo il primo Osservatorio sull’ecommerce B2C, Internet rappresentava
il sogno: un sogno su cui il mercato finanziario faceva scommesse quasi fideistiche,
poco selettive rispetto alle reali potenzialità delle imprese di creare valore; un
sogno che proprio per questo generò una enorme bolla, che nel 2001 scoppiò con grande
fragore.
Fummo tra i pochi allora, almeno in Italia, a non mollare: con un forte ruolo di stimolo
di Andrea Rangone. Ad allargare anzi il nostro ambito di interessi ai comparti (sempre
di più) in cui la digitalizzazione faceva nascere nuovi business model, generando
disruption e/o obbligando le imprese incumbent a ristrutturarsi – tipicamente digitalizzandosi
anch’esse (digital transformation) – per non soccombere. Sempre rimanendo
focalizzati sul nostro Paese, ma guardando ai benchmark a livello mondiale. Sempre
convinti dell’importanza del nostro ruolo, come istituzione accademica, di spingere le
imprese (notoriamente in prevalenza medio-piccole) a innovarsi e di aiutarle in questo
non sempre facile processo di trasformazione.
Nel frattempo molte cose sono cambiate, anche come conseguenza del dilagante successo
dello smartphone, che ha permesso l’accesso a Internet in mobilità e l’interconnessione
permanente (attraverso di esso) di miliardi di persone. Sono nativamente digitali sette
delle prime otto imprese al mondo per capitalizzazione di Borsa – cinque statunitensi
nelle prime cinque posizioni e due cinesi al settimo e ottavo posto – con tassi di crescita
dei ricavi e livelli di profittabilità molto elevati (a differenza del periodo precedente la
bolla). Sono in fase di digitalizzazione più o meno spinta – per acquisire differenziali
competitivi rispetto ai concorrenti storici o per cercare di impedire l’entrata in gioco o
la crescita di nuovi attori pure play – le imprese incumbent della maggior parte dei comparti
tradizionali (il bancario-finanziario e l’automobilistico in primo luogo): attraverso
processi di ristrutturazione e/o acquisizioni di startup digitali. La disponibilità di nuove
tecnologie a costi decrescenti sta provocando una profonda trasformazione nel manufacturing,
l’advertising è sempre più digitale, l’intelligenza artificiale sconvolge il modus
operandi delle imprese operanti nei servizi professionali.
L’Italia? Il DESI (Digital Economy and Society Index) 2017, l’indice messo a punto dalla
Commissione UE per il Digital Single Market, ci vede solo al venticinquesimo posto in
una Europa peraltro anch’essa in ritardo su scala mondiale. Guardando ai cinque parametri
su cui il DESI è calcolato: la connettività è in miglioramento; sempre più persone
sono online, ma rimane troppo bassa la qualificazione del capitale umano in termini di
competenze; siamo al ventisettesimo posto nell’uso di Internet; in tema di integrazione
delle tecnologie digitali siamo superiori alla media UE nella fatturazione elettronica (obbligatoria
per legge quando il cliente è la PA), ma molto inferiori nell’uso dei canali di
vendita digitali; in tema di servizi pubblici digitali abbiamo una posizione migliore nell’erogazione
online di servizi pubblici che non nella percentuale di persone che utilizzano
i servizi stessi.
Siamo cioè alle spalle di Paesi ricchi come la Germania, ma anche di Paesi con un PIL
pro-capite sensibilmente inferiore al nostro. Diversi i motivi e tra questi: la persistenza,
anche se in misura decrescente, del digital divide; le forti resistenze della PA alla interoperabilità
delle reti pubbliche, vissuta come una minaccia al sistema di potere radicatosi
nel tempo; la prolungata stagnazione della domanda interna, che ha scoraggiato i nuovi
investimenti (che solitamente “incorporano” le tecnologie più innovative); la disoccupazione
elevata e la precarietà, ma anche la dispersione degli occupati “full time” in un
numero elevatissimo di imprese, con un ovvio impatto negativo sulla formazione.
È indispensabile agire, e velocemente. Due fatti però ci danno speranza. Il primo è che –
guardando con gli occhi degli Osservatori – abbiamo la sensazione che la consapevolezza
della rilevanza del digitale sia in continuo aumento nel nostro Paese: che gli imprenditori
e i manager si stiano cioè sempre più rendendo conto del rischio di rimanere travolti dalla
digital disruption, già abbattutasi su molti comparti dell’economia, e delle opportunità
viceversa che la digital transformation può offrire in termini sia difensivi sia di crescita.
Il secondo è che finalmente anche la politica sembra aver compreso il pericolo per il Paese
di rimanere indietro e la necessità di interventi volti sia a rafforzare l’infrastrutturazione
digitale (a partire dalle aree cosiddette “a fallimento di mercato”) sia a incentivare
l’afflusso di risorse private per il finanziamento degli investimenti in innovazione delle
imprese esistenti e per il decollo e la crescita di startup innovative.
Qualcosa finalmente sembra essersi messo in moto. Siamo sulla buona strada? La speranza
c’è. Ma occorre che il miglioramento del clima economico degli ultimi mesi continui,
nonostante la prospettiva di un irrigidimento della politica della BCE, favorendo
la ripresa degli investimenti delle imprese private. Occorre che il mondo politico, in un
Paese ad alto debito pubblico come il nostro, non disperda le poche risorse disponibili
in iniziative volte solamente ad acquisire consenso, ma che le utilizzi per recuperare il
ritardo accumulato ed essere in grado di fronteggiare il contesto competitivo che si va
delineando su scala mondiale.
Indice
- 1Beni e attività culturali: l'alba del rinascimento digitale
- 2Digital Rethinking nel Banking e Finance
- 3Cyber Crime: La minaccia invisibile che cambia il mondo
- 4Mobile: think out of the box
- 5Smart Home: l'Internet of Things entra dalla porta di casa
- 6Il Mobile Payment & Commerce alla conquista del mondo
- 7Il Mobile Payment & Commerce alla conquista del mondo / Il punto di vista dei consumatori
- 8Export digitale: una sfida, tante opportunità
- 9Supply Chain Finance: il domani è già qui!
- 10Gioco Online: cresce il circuito legale
- 11Professionisti "X.0" ... a ciascuno il suo!
- 12Internet of Things: oltre gli oggetti, verso i servizi
- 13La Sanità alla rincorsa del cittadino digitale
- 14Costruire l'organizzazione del futuro partendo dalle persone: il ruolo della Direzione HR nella Digital Transformation
- 15Digital B2b: le fondamenta dell'Italia digitale
- 16Internet Media: è ora di misurarsi
- 17Industria 4.0: la grande occasione per l'Italia
- 18Food&Grocery in Italia: l'eCommerce è servito?
- 19Cloud Transformation: un PaaS per il futuro
- 20eCommerce B2c in Italia: servono visione, coraggio e perseveranza!
- 21Smart Working: sotto la punta dell'iceberg
- 22Il Turista digitale fa zapping! L'Offerta cambia i programmi?
- 23Agile Digital Governance: pronti per la trasformazione digitale!
- 24Smart City in cerca d'autore: quali strategie per (ri)partire?
- 25Il Retail del futuro: tra tradizione e innovazione
- 26Omnichannel Customer Experience: tra il dire e il fare
- 27Big Data is now: tomorrow is too late
- 28In corsa per l'Italia Digitale
- 29Fintech & Digital Finance: quale modello per l'Italia?
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