AI e mondo legale: appunti e spunti di riflessione
Tra effettive necessità e moda, l’intelligenza artificiale ormai da tempo appare con continuità nei servizi di tutti i media. È fuor di dubbio che l’impatto di questa tecnologia non sia solo legata alla maggior efficienza che può produrre nei processi di lavoro, ma anche sui processi decisionali, sui modelli organizzativi e di business delle organizzazioni, sul ridisegno di ruoli e competenze.
Il mondo professionale ne è investito da un punto di vista giuridico e operativo. L’accoglienza è di tipo manicheo: chi vede più i rischi di una sostituzione delle persone e l’alterazione del ruolo professionale, chi cerca di cavalcarla valutandone gli impatti a tutto tondo.
Come spesso accade di fronte alle novità che, oggettivamente, possono scardinare paradigmi consolidati, il giudizio rimane sospeso alle effettive condizioni di applicazione. È l’uso effettivo, alla fine, che determina il verdetto. Ma è sempre l’individuo che deciderà se e come usare qualsiasi strumento, ascrivendo a sé la reale responsabilità.
Di questi temi ne abbiamo parlato con Luca Gilardoni, Presidente di Elibra, software house attiva prevalentemente nel mondo legale ed esponente di quella fascia di operatori tecnologici che propongono nuovi indirizzi e visioni al mercato.
Alla luce di ChatGPT, Harvey, Google Bard e così via, verso quali attività di sviluppo e di servizi si sta orientando la vostra offerta?
La tecnologia sottostante a ChatGPT e ai sistemi analoghi era già conosciuta. La disponibilità di servizi offerti da OpenAI e, a breve, anche da altri, permette di usarli in modo relativamente agevole anche senza dotarsi di una propria infrastruttura completa. In alcuni casi, ci ha permesso di potenziare le nostre soluzioni arricchendo alcune funzionalità già esistenti, in altri casi ci ha consentito di rilasciare funzionalità, che erano rimaste ancora allo stadio di proof of concept o di prototipo limitato.
Il vero punto chiave è, però, riuscire a calare le funzionalità in un contesto organizzativo che ne permetta l’integrazione e le comprenda realmente, sia per quanto riguarda l’uso ma anche e, soprattutto, per quanto riguarda lo sfruttamento della conoscenza già presente nell’organizzazione.
Il mondo legale nazionale è pronto ad accogliere le soluzioni di AI? Il mondo legale nazionale, in questo momento, è sicuramente interessato e reattivo. L’arrivo di ChatGPT – qualcosa di liberamente accessibile anche solo ‘per giocare’ – ha sicuramente fatto alzare il livello di attenzione. Allo stesso tempo c’è sicuramente la necessità di un lavoro serio a livello organizzativo per valutare le possibili aree di impatto, che spesso non sono quelle più immediate. Le funzionalità generative esemplificate da ChatGPT possono essere perfette, e per certi versi lo sono davvero, per scrivere un buon tema da liceale, ma non lo sono di certo per produrre un parere legale. Per l’automazione di atti ‘semplici’ e/o ripetitivi, le organizzazioni più strutturate si erano già dotate di strumenti specifici.
Intelligenza artificiale e piccoli studi: il matrimonio è possibile?
I piccoli studi beneficeranno – come i grandi – di tutti i servizi che arriveranno attraverso i produttori/ gestori di piattaforme come, a puro titolo di esempio, sistemi di trascrizione o riassunti di riunioni gestite su piattaforme di videoconferenze e sistemi applicativi. È più difficile pensare a servizi ‘sartoriali’ che, comunque, richiedono investimenti non banali e, soprattutto, non esclusivamente monetari ma che toccano la capacità di elaborare nuove visioni organizzative e di business.
A cura di
Claudio Rorato
Professionisti, Innovazione Digitale nelle PMIResponsabile Scientifico e Direttore dell'Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale, Direttore dell'Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI
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