Tech Innovation Challenge: nuove sfide per il futuro dello Smart Working
L’Osservatorio Smart Working ha proseguito il ciclo di eventi con un workshop dal titolo: “Tech Innovation Challenge: nuove sfide per il futuro dello Smart Working”. Le tecnologie digitali hanno avuto, stanno avendo e avranno un impatto significativo nel definire il lavoro del futuro e i nuovi modi di lavorare. Due in particolare sono le dimensioni su cui le tecnologie impatteranno. In primis, il livello di occupazione. Uno studio del 2020 pubblicato dal World Economic Forum evidenzia un impatto notevole, secondo cui le nuove tecnologie determineranno la comparsa di 97 milioni di posti di lavoro, a fronte della scomparsa di 85 milioni di posti di lavoro. In secondo luogo, la polarizzazione potrebbe estendersi anche alla dimensione delle condizioni lavorative delle diverse figure professionali. Un report del 2021 dell’Eurofund afferma infatti che la retribuzione dei lavoratori con avanzate competenze digitali è più alta del 3.7% rispetto a quella dei lavoratori con competenze digitali basilari. È necessario dunque capire come utilizzare gli strumenti digitali in modo intelligente, seguendo una bussola etica che consenta di rendere il mondo del lavoro più sostenibile, innovativo e in grado di rispondere al SDG 8, ossia «Promuovere una crescita economica inclusiva, sostenuta e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti».
Per comprendere appieno l’impatto delle tecnologie sul mondo del lavoro, occorre distinguere tra quelle più tradizionali, attualmente più diffuse, e quelle più innovative, attualmente meno diffuse ma in grande estensione per il futuro, considerate tecnologie disruptive per gli impatti potenziali che potrebbero avere sul mondo del lavoro.
Al primo gruppo appartengono tre macro-categorie di tecnologie, la cui diffusione è stata indagata dalla ricerca dell’Osservatorio Smart Working:
- gli strumenti per il lavoro da remoto (ossia le tecnologie di social collaboration, per il lavoro in mobilità e a supporto della sicurezza e della protezione dei dati) che presentano un’ampia diffusione tra le organizzazioni italiane;
- gli strumenti per il lavoro in sede (ossia le tecnologie per il workspace) che presentano un livello di presenza eterogeneo, più elevato nelle grandi imprese, minore nelle PMI e nel settore pubblico;
- le tecnologie per il benessere (volte a favorire il wellbeing e l’engagement delle persone), che presentano una diffusione molto limitata.
Un utilizzo errato di queste tecnologie può condurre a potenziali effetti negativi sul benessere delle persone, come il tecnostress1, che interessa il 27% dei lavoratori, e che può essere contrastato attraverso una gestione «sana» delle tecnologie, imparando a valutare quali utilizzare e in che occasione, oltre che scegliendo la modalità di interazione più efficace (ibrida, in presenza o da remoto).
Al secondo gruppo appartengono le tecnologie di frontiera. Tra queste, tre sono quelle che potrebbero potenzialmente avere i maggiori impatti, indirizzando il futuro del lavoro rispetto alle sfide appena discusse: robotica, intelligenza artificiale e metaverso. Il tema è stato approfondito grazie al coinvolgimento di esperti sul tema. Paolo Rocco, Professore Ordinario di Automatica e Robotica del Politecnico di Milano, ha spiegato come la robotica collaborativa, in cui i robot sono concepiti per collaborare con le persone, può avere un grande impatto sul mondo del lavoro. Questa tecnologia è in grado di modificare la tradizionale linea di produzione e di supportare le persone, svolgendo le attività più usuranti, ripetitive e stancanti o che richiedono lunghi spostamenti (ad esempio per i processi di manutenzione, in futuro eseguibili da robot operati a distanza). Tuttavia, è necessario considerare anche i potenziali rischi che le soluzioni di robotica implicano: oltre alle minacce in termini di cyber security, sarà necessario analizzare gli impatti sul mondo del lavoro in termini di occupazione, di competenze richieste e infine di integrazione tra robot e umani, visto il delicato processo di accettazione che la collaborazione con i robot richiede alle persone. Claudio Conti, Ricercatore Senior dell’Osservatorio Realtà Aumentata & Metaverso, ha spiegato che, sebbene le aziende stiano guardando seriamente alla possibilità di adottare il metaverso, non vi sono ancora i presupposti per farlo appieno. Se pensiamo invece alle tecnologie di Extended Reality, più consolidate rispetto al Metaverso, ci sono già esempi di applicazione di tecnologie AR che stanno influendo sul mondo del lavoro (es. supporto alla forza lavoro da remoto in ambito manutenzione). In ambito Metaverso, alcune aziende stanno costruendo uffici, altre stanno spostando alcuni processi HR, come ad esempio il recruiting e la formazione. Oltre ai benefici, sarà necessario considerare anche i potenziali aspetti critici legati alla gestione del metaverso, che riguardano soprattutto l’aspetto normativo (ad oggi non esiste una regolamentazione e sarà necessario intervenire per mitigare i rischi legati alla raccolta e alla protezione dei dati) e la capacità di utilizzo (evitando potenziali abusi e imparando a scegliere quali tecnologie sono più adatte alla realizzazione di uno specifico progetto). Carlo Negri, Ricercatore Senior dell’Osservatorio Artificial Intelligence, ha illustrato come anche in Italia ci troviamo nell’era dell’implementazione dell’intelligenza artificiale. Ciò è testimoniato principalmente da tre fattori: la vasta diffusione di questa tecnologia (adottata da sei grandi aziende su dieci); l’uscita dell’AI dai laboratori diventando strumento comune (es. chat GPT); e infine gli sviluppi sul piano normativo: la strategia nazionale italiana e l’AI Act europeo hanno proprio il compito di guidare l’implementazione dell’intelligenza artificiale. Ciò porterà alla nascita di tre nuove figure professionali: il business translator (una figura ponte tra il mondo business e quello tecnologico), l’AI Engineer (deputata a presidiare lo sviluppo tecnologico) e l’AI Manager (profilo più manageriale, con il compito di riportare al board aziendale la necessità di considerare l’intelligenza artificiale non solo come strumento chiave dell’IT Strategy, ma anche per l’intera strategia di business). Questo consentirà anche di gestire le criticità associate all’Artificial Intelligence, che riguardano soprattutto la protezione della privacy e della proprietà intellettuale, oltre che il tema della responsabilità civile delle decisioni prese dall’intelligenza artificiale. Infine, Marco Bentivogli, coordinatore e co-fondatore di BASE ITALIA, ha commentato quali sono gli impatti attesi nel mondo del lavoro derivanti dall’introduzione di queste tecnologie, considerandone le opportunità ma anche i potenziali rischi e sottolineando la necessità di una normativa che sia aperta e flessibile, adattandosi alla continua evoluzione e alla dinamicità di questi strumenti altamente innovativi.
Dunque, quali sono le tech innovation challenge per l’evoluzione dello Smart Working?
- Il miglioramento del benessere e dell’engagement delle persone: confrontando tre diversi profili di lavoratori – gli smart worker, i remote non smart e gli on-site worker2 – emerge come i primi siano caratterizzati da un maggiore livello medio di engagement e più propensi a dichiarare un elevato livello di benessere. Sorprendentemente, la categoria di lavoratori con livelli di engagement e benessere minori è quella dei remote non smart, a dimostrazione che la sola introduzione della tecnologia non è sufficiente, ma ciò che fa la differenza sono le modalità di innovazione.
- L’estensione delle iniziative di flessibilità a figure professionali che attualmente non ne dispongono: l’esperienza pandemica ha dimostrato che molte professionalità ritenute non adatte allo svolgimento a distanza fossero in realtà remotizzabili. I dati dimostrano che i lavoratori apprezzano la flessibilità, ma spesso le aziende non riescono ad implementare iniziative soddisfacenti per le persone. Si crea quindi una forte domanda che non riesce a incontrare l’offerta. L’adeguata adozione degli strumenti tecnologici potrebbe rivelarsi una misura preziosa per superare questa tensione sul mercato del lavoro.
1Si definisce tecnostress “qualsiasi impatto negativo su atteggiamenti, pensieri, comportamenti o a livello psicologico causati direttamente o indirettamente dalla tecnologia”.
2Smart worker: Coloro che lavorano da remoto e hanno altre forme di flessibilità e orientamento al risultato; Remote non smart: Coloro che lavorano da remoto ma non hanno altre flessibilità o orientamento al risultato; On-site worker: Coloro che lavorano sempre presso la propria sede di lavoro
A cura di
Dora Caronia
Smart Working, HR Innovation PracticePsicologa e Ricercatrice degli Osservatori Smart Working e HR Innovation Practice. Svolge attività di ricerca sul tema dello Smart Working con focus sullo sviluppo di una cultura dell'innovazione e di nuovi modelli di lavoro.
Giacomo Spiccia
Smart Working, Smart Working nella PARicercatore degli Osservatori Smart Working, Smart Working nella PA
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