Le previsioni occupazionali della rivoluzione digitale

Comunicato stampa Internet of Things Gennaio 2016

Industry 4.0: grande incertezza per il mondo del lavoro con dati poco incoraggianti, ma sul medio-lungo periodo non è ancora detta l’ultima parola.

 

Di Alessandro Perego, Direttore scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano – alessandro.perego@polimi.it

La quarta rivoluzione industriale è già in corso e il cosiddetto ‘Smart Manufacturing’, l’innovazione digitale nei processi dell’industria, rappresenta la chiave per la competitività del futuro. Ma se nel breve termine – come testimonia lo studio ‘Future Jobs’ che prevede la perdita di cinque milioni di posti di lavoro entro il 2020 in 15 grandi Paesi – si possono prevedere saldi occupazionali negativi, nel medio-lungo termine non è assolutamente certa una contrazione degli occupati in numero assoluto, considerato anche l’impatto nell’indotto, in particolar modo nel terziario avanzato. Di sicuro, assisteremo ad un’evoluzione delle forme attuali del lavoro, verso il digitale, ma il cambiamento che stiamo vivendo è da leggere in chiave positiva. Anche in Italia – che secondo la ricerca presentata al World economic forum dovrebbe uscire indenne nei prossimi quattro anni con un saldo pari a zero di 200mila posti di lavoro creati e cancellati – le imprese hanno iniziato a investire in tecnologie come Internet of Things, Big Data, Cloud computing, sistemi di produzione automatizzati, dispositivi wearable e nuove interfacce uomo/macchina o stampa 3D. Il nostro Paese però deve sapere cogliere a pieno i benefici della quarta rivoluzione industriale, attuando iniziative sistemiche per lo sviluppo dello Smart manufacturing e fornendo ai lavoratori le competenze digitali per le mansioni del futuro.

 

 “Le previsioni dello studio ‘Future Jobs’ del World Economic Forum fanno riflettere, ma non devono allarmarci oltre misura: da diverso tempo ormai si levano voci ed interrogativi sull’impatto che la rivoluzione digitale avrà sui livelli occupazionali. Ma molti autori, Brynjolfsson & McAfee e Rifkin solo per citarne alcuni, e diversi documenti di analisi e di politica industriale nazionale, come il programma “Smart Industry” olandese, evidenziato che non ci sono basi empiriche per concludere che nel medio-lungo periodo l’occupazione complessiva si ridurrà. Dal punto di vista macro-economico, le tre rivoluzioni industriali precedenti (quella del vapore, dell’energia elettrica e della prima informatizzazione) non hanno segnato l’uscita definitiva dal mondo del lavoro di segmenti della popolazione, ma piuttosto un cambiamento nel concetto di lavoro, trovando un nuovo equilibrio nell’occupazione, tutela sociale, creazione e ridistribuzione della ricchezza. Dobbiamo guardare in positivo anche alla quarta rivoluzione industriale.

 

Di certo molte mansioni tradizionali si stanno trasformando in nuove professioni ‘digitali’ e nel breve termine saldi occupazionali negativi sono prevedibili, considerando anche l’estrema rapidità della rivoluzione digitale e la complessità di molte tecnologie. Per questa ragione, è fondamentale che le aziende e le istituzioni si concentrino su strumenti di riconversione e di reinserimento professionale, per formare i lavoratori alle competenze digitali necessarie ad affrontare questa evoluzione”.

 

Lo Smart Manufacturing in Italia conosce un buon fermento. La ricerca dell’Osservatorio Smart Manufacturing ha individuato oggi 135 applicazioni in ambiti molto diversi in 43 aziende manifatturiere. Ma, rispetto alla grande accelerazione a cui si assiste nel mondo, l’adozione nel nostro Paese appare ancora rallentata da fattori di contesto, culturali, organizzativi e dalla capacita? di offerta. L’Italia, secondo Paese manifatturiero d’Europa deve adottare un programma nazionale dedicato allo Smart Manufacturing per affrontare al meglio la quarta rivoluzione industriale.

 

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Alessandro Perego

Alessandro Perego

Direttore Scientifico
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