NFT e cultura: la conoscenza delle opportunità e dei rischi è fondamentale per delle scelte consapevoli
A cura di:
Francesca Cruciani – Ricercatrice dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali
In un periodo in cui le Istituzioni culturali si interrogano con sempre maggiore frequenza in merito alla necessità di mantenere un rapporto con i propri pubblici e di creare e mantenere una community che orbiti attorno ai luoghi della cultura in modo continuativo, divenendo quasi un punto di aggregazione nel quotidiano, c’è da chiedersi se le Istituzioni stiano sfruttando al meglio gli strumenti oggi disponibili.
In questo senso, i Non Fungible Token rappresentano uno strumento che offre interessanti opportunità tra cui – oltre alla possibilità di abilitare nuovi modelli di revenue mediante la vendita dei token – la capacità di raggiungere community giovani e già aduse al loro utilizzo, nonché di fidelizzare quelle esistenti.
Tali opportunità dipendono da un insieme di vantaggi legati all’impiego di NFT. In primo luogo, con riferimento all’ampliamento dei modelli di ricavo, possiamo citare tra i vantaggi la replicabilità del concetto di scarsità nel mondo digitale o la possibilità di frazionare la proprietà di un’opera digitale. Diversamente, rispetto alla creazione e rafforzamento di community, il vantaggio offerto dai token non fungibili consiste nel poterli utilizzare come strumento di identificazione per l’offerta di vantaggi esclusivi ai loro possessori.
Tuttavia, a oggi solo una quota esigua dei musei, monumenti e aree archeologiche (il 7%) dichiara di stare esplorando le opportunità legate all’impiego di NFT1.
La concezione comune che gli NFT rappresentino esclusivamente una possibilità di vendita di un’opera digitale o digitalizzata è alquanto limitante. Infatti, oltre a rappresentare un potenziale mezzo per l’ottenimento di ricavi aggiuntivi attraverso la vendita, i token non fungibili possono essere utilizzati seguendo logiche di generazione e mantenimento di una community fidelizzata.
In generale, si parla di community NFT quando un insieme di persone iniziano a raccogliere, scambiare, vendere i token e quando al possesso di uno di essi viene associato un insieme di vantaggi commisurati rispetto al valore dell’NFT stesso. A rendere possibile l’offerta di questi vantaggi esclusivi è la tecnologia blockchain che permette di certificare il possesso di un token da parte del suo detentore.
Ad esempio, il possesso di un NFT certificato tramite blockchain può dare il diritto di fare delle scelte o delle proposte per un determinato progetto (magari entrando direttamente in contatto con gli organizzatori) proprio perché si è contribuito al suo finanziamento. Un altro vantaggio esclusivo che può essere garantito ai possessori di NFT è l’accesso a incontri o la partecipazione a dibattiti con la community di altri possessori di NFT, che possono condividere le proprie opinioni e passioni.
Tale partecipazione attiva va ad agire sulla soddisfazione di bisogni sempre più sofisticati (legati, ad esempio, al senso di appartenenza o alla percezione di sé) che in diverse altre industry viene valorizzato, ma non ancora nel comparto culturale. Ad esempio, nel caso dello sport il possesso di alcuni tipi di NFT dà l’accesso alle attività svolte dalla squadra dentro e fuori dal campo o la possibilità di incontrare i giocatori.
L’Osservatorio Innovazione digitale nei Beni e Attività Culturali sta oggi lavorando per esplorare tutte le possibilità legate all’impiego di NFT in ambito culturale al fine di offrire una chiara panoramica alle Istituzioni culturali. Cionondimeno, si impegna nella comprensione dei possibili rischi in cui l’Istituzione potrebbe incorrere, cercando di fornire le conoscenze perché non accada.
Ad esempio, una delle principali preoccupazioni rilevate tra gli operatori del settore riguarda la possibile perdita della proprietà dell’opera digitale o digitalizzata. Un altro rischio che ha fatto discutere nei mesi passati è relativo agli accordi che l’Istituzione stringe con il fornitore del servizio di tokenizzazione che possono comportare un eccessivo sbilanciamento del valore economico generato da una transazione verso il fornitore stesso.
Obiettivo del lavoro intrapreso è quindi quello di fornire conoscenze sufficienti per ridurre le asimmetrie informative e far sì che la scarsa conoscenza dei tecnicismi, delle opportunità, ma anche dei rischi non rappresentino un deterrente all’adozione di uno strumento che, come suddetto, potrebbe costituire fonte di valore monetario, ma anche relazionale per il comparto culturale.
Va sottolineato, infine, che la decisione di investire non deve però essere valutata con superficialità, ma è necessario che vi sia adesione con gli obiettivi strategici dell’Istituzione culturale. La tecnologia, infatti, rappresenta solamente uno strumento con cui l’Istituzione culturale può assolvere alla propria missione e ai propri obiettivi e come tale va ponderata la sua adozione.
1Per approfondimenti si veda il Report L’innovazione digitale nei musei italiani nel 2022
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