La fatturazione elettronica europea

A cura di:
Camillo Loro – Ricercatore senior, Osservatorio Digital B2b

Negli ultimi 15 anni, si registra un aumento considerevole nella diffusione di diversi modelli di dichiarazione e di fatturazione elettronica (FE) in Europa. Rispetto ai 27 Paesi facenti parte dell’Unione Europea e dei 3 Paesi dell’area economica UE (Regno Unito, Norvegia e Islanda), al 20 luglio 2022, l’Italia rimane l’unico dei 30 Paesi europei analizzati con obbligo in invio totale B2g e parziale B2b/B2c. Nel 37% dei Paesi (11 su 30) vige un obbligo di invio totale B2g, mentre persiste un obbligo di invio parziale B2g in 5 dei Paesi analizzati. Nei restanti 13 Paesi l’invio B2g rimane volontario, ovvero le imprese non sono tenute a inviare fatture elettroniche; tuttavia, le PA sono obbligate a saper ricevere una fattura in formato elettronico.
 
Analizzando i modelli di interscambio di FE presenti in ciascun Paese, sono essenzialmente due le situazioni più diffuse:

  • la scelta di utilizzare il formato europeo (richiesto dalla Direttiva 2014/55/EU) come unico standard per tutti gli scambi interni al Paese;
  • la «convivenza» di entrambi gli standard: il formato europeo e il formato nazionale di riferimento.

Questa seconda situazione è spesso la conseguenza dell’evoluzione storica del processo di fatturazione elettronica del Paese: inizialmente è stato definito uno standard nazionale (in formato XML) su cui si basasse tutto il sistema di interscambio (molto spesso impostato su una piattaforma centralizzata governativa) in modo da razionalizzare e facilitare la diffusione del formato elettronico della fattura. A seguito dell’avvio del progetto PEPPOL e dell’entrata in vigore della Direttiva, si è poi affiancato allo standard nazionale quello europeo. Vi sono però alcuni Paesi ancora fermi al processo di definizione e diffusione del proprio standard nazionale, mentre in altri Stati la mancanza di una legislazione specifica ha dato vita a una grandissima varietà di formati utilizzati, strutturati (EDI, online-form, ecc.) o non strutturati (PDF, email, scansioni).
In generale, la diffusione del solo standard europeo risulta prevalente nei Paesi con obbligo parziale o volontario (9 su 18), verosimilmente a causa della trasposizione della Direttiva europea in materia. Al contrario, metà dei Paesi con obbligo totale (6 su 12) sono caratterizzati dalla coesistenza di standard nazionale ed europeo.

27 Paesi europei utilizzano Peppol come network per lo scambio delle fatture come canale principale oppure come sistema aggiuntivo rispetto all’architettura nazionale. La rete, che mira a creare un modello internazionale unificato basato su standard XML UBL, prevede una serie di Access Point (AP), ossia provider che abilitano la trasmissione dei documenti attraverso le piattaforme, accreditati dalle Authority Peppol – autorità a cui è delegata la governance sull’effettiva implementazione dell’infrastruttura e l’uso degli Access Point presenti nel dominio di competenza. Nel periodo 2018-2021, il numero di AP è aumentato costantemente, registrando un totale di 335 soggetti accreditati al termine del 2021. A livello geografico, la grande maggioranza degli AP (288 su 335) si trovano in Europa (43 in particolare in Italia). Sebbene l’elevata disponibilità di AP non si relazioni in modo diretto con il totale delle transazioni effettuate attraverso il sistema, l’elevato numero di punti di accesso certifica un’ampia possibilità per le imprese italiane di interazione attraverso la rete Peppol. Un esempio virtuoso di utilizzo dello strumento rimane la regione Emilia-Romagna, che gestisce la totalità delle proprie transazioni su Peppol. Anche nel caso delle Peppol Authority si registra un aumento nella diffusione dal 2020 (15) al 2021 (17), con l’apertura di due nuove Authority, in Portogallo e in Giappone.

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