Proctor: un nuovo modello di business per i musei, o il fallimento

24 maggio 2017 / Di Eleonora Lorenzini / 0 Comments

Grazie a Meet the Media Guru, Milano ha ospitato, nella splendida cornice di Palazzo Litta, Nancy Proctor, Direttore di Museweb, no profit statunitense che promuove l’innovazione culturale unendo Musei e web e favorendo modelli di business inediti.

L’iniziativa parte da un presupposto molto forte che evidentemente accomuna al contesto italiano - tanto vituperato - anche quello - molto più acclamato - americano. Per Proctor il business model dei musei sta fallendo, incapace di attirare un pubblico giovane e di esprimere innovazione. La produzione culturale non si fermerà, ma il punto è comprendere se faremo questo passaggio di trasmissione culturale con o senza i musei e le istituzioni culturali.

E allora, come cambiare paradigma? Partiamo col dire che non esiste una soluzione preconfezionata. Ed è irrealistico anche illudersi che basti ‘importare talenti’ (vedasi direttori) dall’estero sperando in una rivoluzione repentina. Proctor ha però fornito diversi spunti interessanti. Idee nelle quali abbiamo riconosciuto molti punti di contatto con lo slogan "il visitatore al centro", che abbiamo riproposto in tanti momenti dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali. Per Proctor i musei devono dimostrare di avere un impatto sociale rilevante, vestendo una nuova identità che oltrepassa la semplice idea di partecipazione, unendo le collezioni artistiche alla comunità. In una rivoluzione che parte dal digitale per arrivare all’arte, la parola d’ordine diventa co-creazione

La co-creazione è l’esito di un processo che parte dalle persone, dalla comunità e dalle loro storie. Facendo leva su queste, si fa spazio una ricerca volta a riscoprire la poliedrica faccia di una collezione che siamo invitati a identificare non più solo come oggetti, ma come gli oggetti e le storie che coinvolgono loro e la comunità. Pur senza dimenticare una seria ‘teoria dell’oggetto’ (i musei non devono nemmeno correre il rischio di trasformarsi in ‘community center’). Questo cambiamento di paradigma è da una parte reso necessario e dall’altra abilitato dalla cultura digitale che permea la società e ne determina i comportamenti. L’alternativa è il fallimento.

  • Autore

Direttore degli Osservatori Innovazione Digitale nel Turismo e Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali