Tre nodi per lo sviluppo dell'ecosistema delle startup sul turismo

15 marzo 2017 / Di Filippo Renga / 0 Comments

Il Consiglio dei Ministri ha approvato a febbraio in via definitiva il Piano Strategico per il Turismo 2017-2022. Tra le parole d’ordine del Piano non potevano mancare Innovazione e Competitività. Al raggiungimento di questi obiettivi crediamo che un contributo fondamentale possa arrivare dalle startup visto il grande fermento riscontrato su Turismo e Cultura da parte di giovani imprese hi-tech. Da un nostro censimento sono 144 le startup che lavorano sul Turismo nate in Italia negli ultimi tre anni. Il 37% di queste si focalizza su servizi di prenotazione e biglietteria e ha una connotazione prettamente orientata al locale, con una specializzazione sull’offerta di tour guidati o altri servizi che coinvolgono esperti o cittadini del luogo, assecondando una tendenza a ricercare l’autenticità dell’esperienza. A livello nazionale emerge, inoltre, una chiara spinta imprenditoriale verso i servizi a supporto dell’esperienza di visita, come le app per la guida a città e musei: se ne occupa una startup su cinque.

 

La vivacità riscontrata in questo ambito è un segnale estremamente positivo, un fenomeno importante che nella maggior parte dei casi vede coinvolta una giovane micro-imprenditoria che può dare un grande contributo a una nuova stagione di valorizzazione e interpretazione (anche digitale) del nostro patrimonio, non solo culturale. Tuttavia i nostri dati, come quelli dell’Associazione Startup Turismo, hanno evidenziato come le startup italiane che si trovano a competere in questo mercato soffrano di problemi di sostenibilità finanziaria e difficilmente riescono a fare il salto dimensionale.

I nodi da sciogliere per lo sviluppo dell'ecosistema delle startup sul turismo e la cultura sono principalmente tre:

  • Tra le startup che hanno registrato i risultati migliori vi sono quelle con forte specializzazione su nicchie e target particolari, come turismo religioso, viaggi-evento per millennial, vacanze in barca a vela. Questa può essere una strada da percorrere, ma è necessario puntare anche su internazionalizzazione e scalabilità.
  • La focalizzazione sull’offerta di servizi in-destination sta attirando l’attenzione delle grandi Internet Company (Google, Airbnb, Booking.com, …) che stanno lanciando app e soluzioni per offrire in un unico strumento i servizi di cui il turista ha bisogno e che rischiano di uccidere la micro-imprenditoria locale, che difficilmente potrà competere di fronte ai colossi di un mercato turistico sempre più oligopolistico.
  • L’alternativa all’integrazione con i big player di cui sopra potrebbe essere una proficua contaminazione con investitori industriali italiani, che possono sostenere, non solo con risorse economiche ma anche strategiche e organizzative, le idee innovative che hanno le gambe per competere. Di certo sappiamo, invece, che l’incentivazione pubblica in certi casi si è rivelata non inutile ma addirittura nociva: in questo settore, belle iniziative sono fallite o hanno rischiato di farlo per attori pubblici che sono venuti meno agli accordi stabiliti.

Crediamo che sia urgente lavorare sulle condizioni per la competitività delle startup per evitare che tanti sforzi promettenti siano dissolti e il futuro di un settore importante per il Paese possa essere messo in pericolo. Senza imprenditorialità sul territorio è minato alla base il futuro di un settore e l’Italia rischia di diventare una semplice ‘colonia’.


Eleonora Lorenzini, Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e nelle Attività Culturali, e Filippo Renga, Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo

  • Autore

Co-Fondatore degli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano. È inoltre Direttore degli Osservatori Innovazione Digitale nel Turismo, Fintech & Insurtech e Smart Agrifood.